INDICATORI BIOLOGICI
9000 - INDICATORI BIOLOGICI
I N D I C A T O R I B I O L O G I C I
Questa parte del manuale riporta la descrizione dei protocolli analitici per la determinazione
di IBE, clorofilla, ATP e conta microbica.
L’Indice Biotico Esteso (IBE) si basa sull’analisi delle comunità di macroinvertebrati che colonizzano
gli ecosistemi fluviali. Tali comunità che vivono associate al substrato sono composte
da popolazioni caratterizzate da differenti livelli di sensibilità alle modificazioni ambientali e
con differenti ruoli ecologici. Poichè i macroinvertebrati hanno cicli vitali relativamente lunghi,
l’indice fornisce un’informazione integrata nel tempo sugli effetti causati da differenti cause di
turbativa (fisiche, chimiche e biologiche). Nel monitoraggio di qualità delle acque correnti esso
deve quindi considerarsi un metodo complementare al controllo chimico e fisico delle acque.
Il D.Lgs. 152/99 dà ampio rilievo all’utilizzo dell’IBE nel monitoraggio e classificazione
dei corpi idrici. Infatti stabilisce che lo stato ecologico venga definito incrociando i dati ricavati
dalle misure dell’IBE con il livello di inquinamento espresso da alcuni parametri chimici,
chimico-fisici e microbiologici (macrodescrittori); inoltre l’IBE viene indicato come indice biologico
di qualità nell’allegato 2 del decreto, riguardante criteri generali e metodologie per il
rilevamento delle caratteristiche qualitative delle acque superficiali idonee alla vita dei pesci
salmonicoli e ciprinicoli.
Clorofilla ed ATP rappresentano invece indicatori di biomassa della componente planctonica.
Negli ecosistemi acquatici tale stima è ampiamente utilizzata unitamente ai parametri fisico-
chimici, nelle valutazioni quali-quantitative e previsionali della qualità e del livello trofico dei
corpi idrici. La clorofilla consente di stimare la biomassa riferita ai soli organismi autotrofi,
mentre l’adenosintrifosfato (ATP) fornisce una stima della biomassa totale che include anche
gli organismi a metabolismo eterotrofo. Nel D.Lgs. 152/99 la clorofilla “a” risulta tra i parametri
utilizzati (macrodescrittori) per valutare lo stato trofico ai fini di una prima classificazione
dello stato ecologico di un lago ed elemento indispensabile per il calcolo dell’indice trofico,
il cui valore numerico definisce lo stato ambientale (elevato, buono, mediocre, scadente)
delle acque marine costiere.
La conta diretta dell’abbondanza microbica, tramite tecnica di microscopia ad epifluorescenza,
consente invece di stimare la biomassa della componente batterica del plancton. Il batterioplancton
è riconosciuto come un importante costituente degli ambienti acquatici e stimarne
la biomassa è indispensabile in indagini sul flusso del carbonio e dei nutrienti e nell’elaborazione
dei relativi modelli.
I N D I C A T O R I B I O L O G I C I
9010. Indice biotico esteso (I.B.E.)
1. Generalità del metodo
1.1 Finalità
Consente di formulare diagnosi della qualità degli ambienti di acque correnti sulla base delle
modificazioni prodotte nella composizione delle comunità di macroinvertebrati a causa di
fattori di inquinamento o di significative alterazioni fisiche dell’ambiente fluviale.
1.2 Origine
Derivato dal “Trent Biotic Index”, rielaborato come “Extended Biotic Index – E.B.I.” e adattato
per una applicazione ai corsi d’acqua italiani.
1.3 Procedura di applicazione dell’Indice
La peculiarità del metodo e la complessità della procedura di applicazione rendono difficile
una sua presentazione in forma schematica. Per una corretta applicazione occorre perciò integrare
queste indicazioni con i contenuti del “Manuale di Applicazione – Indice Biotico Esteso
(I.B.E.): I macroinvertebrati nel controllo di qualità degli ambienti di acque correnti” di Pier
Francesco Ghetti edito da Provincia Autonoma e Agenzia Provinciale per la Protezione del-
l’Ambiente di Trento e con le guide per la classificazione dei macroinvertebrati dei corsi d’acqua
italiani.
1.4 Comunità da analizzare
L’I.B.E. si basa sull’analisi di un gruppo di organismi animali invertebrati, comunemente definiti
“macroinvertebrati”, che colonizzano tutte le differenti tipologie dei corsi d’acqua. I “taxa”
presi in considerazione dal metodo e il livello di determinazione tassonomica richiesto sono
definiti in Tab.1.
1.5 Caratteristiche dell’indice
L’I.B.E. è particolarmente adatto a rilevare gli effetti prodotti nel tempo dal complesso dei fattori
di alterazione dell’ambiente fluviale. Questo perché i macroinvertebrati delle acque correnti
sono legati ai substrati, sono composti da numerose popolazioni con differenti livelli di
sensibilità alle modificazioni ambientali, esercitano differenti ruoli ecologici e presentano cicli
vitali relativamente lunghi.
L’indice è quindi in grado di rilevare lo stato di qualità del tratto di corso d’acqua analizzato
integrando nel tempo gli effetti di differenti cause di alterazione dell’ambiente (fisiche, chimiche,
biologiche). L’I.B.E. è quindi dotato di una elevata capacità di “integrazione dei segnali”.
Per contro esso non consente di individuare l’azione dei singoli fattori che hanno indotto queste
modificazioni né di quantificarne la rilevanza. Questo indice possiede quindi una bassa
capacità “analitica”.
Esso segnala uno stato complessivo di “qualità ecologica” del corso d’acqua e, solo indirettamente,
la “qualità chimica e fisica” delle acque e dei sedimenti. Nel monitoraggio di qualità
esso va quindi considerato un metodo “complementare” al controllo chimico, fisico e igie
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INDICATORI BIOLOGICI
nico sanitario delle acque, in particolare per la definizione della qualità delle acque in relazione
agli usi civili, agricoli, industriali e per la balneazione. L’I.B.E. assume invece un ruolo
“centrale” nella definizione della “qualità ecologica” dei corsi d’acqua.
Per le sue caratteristiche esso si è dimostrato efficace nelle diagnosi preliminari di qualità di
interi reticoli idrografici, per il controllo nel tempo dell’evoluzione di questa qualità, per stimare
l’impatto prodotto da scarichi inquinanti puntiformi e diffusi, continui e accidentali, per
valutare l’impatto di trasformazioni fisiche del corpo idrico, nella predisposizione di carte ittiche,
per valutare le capacità autodepurative di un corso d’acqua. Nel Decreto Legislativo
152/99 è stato inserito tra le analisi di base, e quindi obbligatorio, per il monitoraggio dei
corsi d’acqua.
1.6 Principi generali su cui si fonda il calcolo del valore di indice
I valori decrescenti dell’indice vanno intesi come un progressivo allontanamento dalla condizione
“ottimale o attesa”, definita sulla base di una struttura della comunità che in condizioni di
naturalità o comunque di “buona efficienza dell’ecosistema” dovrebbe colonizzare quella determinata
tipologia fluviale. La struttura della comunità “ottimale o attesa” è ovviamente diversa
a seconda della tipologia fluviale considerata. Tuttavia le principali biotipologie di riferimento,
al livello tassonomico richiesto dall’indice, si possono ricondurre a pochi modelli generali.
Quindi la condizione necessaria per una corretta applicazione dell’indice è la possibilità e la
capacità di ricostruire, mediante idonee tecniche di campionamento dei macroinvertebrati, la
composizione “attesa” (ovvero quella che si insedierebbe in condizioni di naturalità). Di conseguenza,
quando non sussistono queste condizioni, il metodo non può essere applicato.
Altre condizioni essenziali per una corretta applicazione sono: la procedura sistematica di separazione
degli organismi dal substrato, la competenza nel classificare i vari “taxa”, un’adeguata
capacità critica nella formulazione delle diagnosi, acquisita mediante corsi di formazione
teorico-pratica e successive esperienze guidate.
Concettualmente il metodo si fonda quindi sul confronto e la valutazione delle differenze fra
la composizione di una comunità “ottimale o attesa” e la composizione della comunità “campionata”
in un determinato tratto di fiume.
Per le esigenze proprie di un indice (praticità, generalizzabilità, riproducibilità) il metodo prevede
l’ausilio di una tabella a due entrate (Tab. 2). Questa tabella rappresenta una “guida”
che serve per trasformare le informazioni racchiuse nelle liste dei “taxa” in un giudizio
espresso mediante un valore di indice (Indice Biotico). In questo modo è possibile trasformare,
seguendo una procedura uniforme, una informazione specialistica in una scala di valori
di indice comprensibile universalmente.
Il giudizio di qualità è fondato su due tipi di indicatori: la presenza nel campione di “taxa” a
differenti livelli di sensibilità alle alterazioni del corso d’acqua e la ricchezza totale della comunità.
La tabella è stata tarata per consentire una definizione comparabile dei valori di indice su differenti
tipologie di acque correnti. In ogni tipologia fluviale analizzata la scala dei valori del-
l’indice è in grado di rilevare in modo armonico i successivi livelli dello stato di qualità, da
una condizione “ottimale” ad una condizione di “massimo degrado”.
La struttura di questa tabella riflette la necessità, propria di un indice pratico, di contemperare
le esigenze di una applicazione del metodo su larga scala e adottare procedure uniformi
e comparabili su tutto il territorio nazionale con quelle della sensibilità della scala dei valori
dell’indice.
La procedura prevede alcuni accorgimenti che servono a ridurre l’effetto dei possibili errori
ricorrenti nel calcolo dell’indice (es. determinazione tassonomica a livelli superiori alla specie,
ampi intervalli nel numero totale di Unità Sistematiche campionate). Per contro non è consentito
utilizzare questo indice per discriminare differenze di valori di giudizio che si collochino
entro l’intervallo dell’errore ricorrente del metodo. In questo caso sarà necessario ricorrere
ad altri metodi di indagine con maggiore potere discriminante e più mirati al problema
specifico (es. analisi quantitativa della comunità, controllo di parametri indicatori dello
stato trofico, saggi di tossicità, ecc.).
Il valore di indice, espresso per convenzione con un numero intero entro una scala discreta,
1116
INDICATORI BIOLOGICI
riassume quindi un giudizio di qualità basato sulla modificazione qualitativa della comunità
campionata, rispetto ad una comunità di riferimento. Questo valore non può quindi essere
considerato alla stregua del dato risultante da una misura fisica (es. grado centigrado) e chimica
(es. mg/L).
Il gruppo dei macroinvertebrati è stato preferito ad altri gruppi sistematici, perché sono rappresentati
da numerosi taxa con differenti livelli di sensibilità alle alterazioni dell’ambiente,
sono adeguatamente campionabili, riconoscibili, classificabili, presentano cicli vitali mediamente
lunghi, sono legati al substrato e quindi rappresentativi di una determinata sezione di
un corso d’acqua.
Plecotteri genere
Efemerotteri genere
Tricotteri famiglia
Coleotteri famiglia
Odonati genere
Ditteri famiglia
Eterotteri famiglia
Crostacei famiglia
Gasteropodi famiglia
Bivalvi famiglia
Tricladi genere
Irudinei genere
Oligocheti famiglia
Sialidae (Megalotteri)
Osmylidae (Planipenni)
Prostoma (Nemertini)
Gordiidae (Nematomorfi)
Gruppi Faunistici Livelli di determinazione tassonomica
per definire le “Unità Sistematiche”
Tabella 1: Limiti obbligati per la definizione delle unità sistematiche (U.S.) di macroinvertebrati
Altri taxa da considerare nel calcolo dell’I.B.E.
1.7 Ambienti in cui è possibile applicare l’indice
L’I.B.E. può essere applicato a tutti i corsi d’acqua che sono stabilmente colonizzati e in cui il valore
di indice “ottimale o atteso” risulti maggiore o uguale a 10 (Tab. 2, 4). Esistono infatti alcuni
ambienti di acque correnti in cui questo valore può essere “naturalmente” inferiore a 10:
tratti prossimi a sorgenti, acque di nevaio, tratti di foce dove si verifica risalita del cuneo salino.
Il monitoraggio biologico inoltre non può essere eseguito nel periodo immediatamente successivo
ad una asciutta o a una forte piena, in quanto la comunità risente di una incompleta
ricolonizzazione. I tempi di ricolonizzazione variano da stagione a stagione e secondo l’intensità
e la durata della piena o dell’asciutta.
La capacità di valutare lo stato di colonizzazione di un tratto di fiume deve far parte del bagaglio
di conoscenze idrobiologico-ecologiche dell’operatore. Questo aspetto assume, ad
esempio, una particolare rilevanza per le fiumare del Sud Italia e delle Isole.
I tratti di pianura dei grandi fiumi e i grandi canali artificiali sono a volte difficilmente campionabili
in modo corretto, per l’altezza dell’acqua, la dispersione su ampi spazi dei microhabitat,
le differenze di qualità fra sponda e sponda. In questi casi una corretta applicazione
dell’indice è legata alla possibilità di dimostrare che il campionamento è stato eseguito
con tecniche e in condizioni ambientali idonee e che è noto il valore di indice “ottimale o
atteso”, definito sullo stesso ambiente o in tipologie analoghe.
Il campionamento per il calcolo dell’indice non deve essere eseguito immediatamente a valle
dell’immissione di uno scarico o di un affluente, ma deve essere rispettata una distanza tale
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INDICATORI BIOLOGICI
da garantire il completo rimescolamento delle acque con quelle del corpo ricevente. Lo scopo
è infatti quello di valutare la qualità del corpo recettore e non dello scarico.
Plecotteri presenti Più di una U.S. --8 9 10 11 12 13* 14*
(Leuctra °) Una sola U.S
.
--7 8 9 10 11 12 13*
Efemerotteri presenti °° Più di una U.S. --7 8 9 10 11 12 -
(Escludere Baetidae Una sola U.S. --6 7 8 9 10 11 -
e Caenidae)
Tricotteri presenti Più di una U.S. -5 6 7 8 9 10 11 -
(Comprendere Una sola U.S. -4 5 6 7 8 9 10 -
Baetidae e Caenidae)
Gammaridi e/o Atiidi Tutte le U.S. -4 5 6 7 8 9 10 -
e/o Palemonidi presenti sopra assenti
Asellidi e/o Nifargidi Tutte le U.S. -3 4 5 6 7 8 9 -
presenti sopra assenti
Oligocheti o Tutte le U.S. 1 2 3 4 5 ----
Chironomidi sopra assenti
Altri organismi Tutte le U.S.
sopra assenti 0 1-2-3------
Legenda:
°: nelle comunità in cui Leuctra è presente come unico “taxon” di Plecotteri e sono assenti gli Efemerotteri (tranne even-
tualmente generi delle famiglie di Baetidae e Caenidae), Leuctra deve essere considerata al livello dei Tricotteri per
definire l’entrata orizzontale in tabella;
°°: per la definizione dell’ingresso orizzontale in tabella ogni genere delle famiglie Baetidae e Caenidae va conside-
rato a livello dei Tricotteri;
-: giudizio dubbio, per errore di campionamento, per presenza di organismi di “drift” erroneamente considerati nel
computo, per ambiente non colonizzato adeguatamente, per tipologia non valutabile con l’I.B.E. (es. sorgenti, acque
di scioglimento di nevai, acque ferme, zone deltizie, salmastre);
*: questi valori di indice vengono raggiunti raramente negli ecosistermi di acqua corrente italiani per cui occorre pre-
stare attenzione, sia nell’evitare la somma di biotipologie (incremento artificioso del numero di “taxa”), che nel va-
lutare eventuali effetti prodotti dall’inquinamento, trattandosi di ambienti con elevata ricchezza in “taxa”.
Numero totale delle Unità Sistematiche costituenti la comunità (ingresso verticale)
Tabella 2: Tabella per il calcolo del valore di I.B.E.
0-1 2-5 6-10 11-15 16-20 21-25 26-30 31-35 36-..
Gruppi faunistici che determinano
con la loro presenza l’ingresso
orizzontale in tabella
(ingresso orizzontale)
1.8 Attività di campo
Il campionamento della comunità di macroinvertebrati che colonizza la sezione del corso
d’acqua studiato va effettuato tenendo conto dei “microhabitat” rappresentativi della tipologia
fluviale, possibilmente lungo un transetto da sponda a sponda ed occorre evitare il campionamento
di differenti biotipologie lungo la sezione del corso d’acqua, perchè potrebbe aumentare
artificiosamente il valore di Indice.
Come strumento di campionamento viene utilizzato il retino immanicato con rete a 21 ma-
glie/cm (altre tecniche di campionamento possono essere adottate in particolari condizioni).
La separazione in vivo degli organismi dal detrito e una prima classificazione degli organismi
al fine di esprimere un giudizio preliminare di qualità devono essere effettuati sul posto.
Solo in queste condizioni è possibile pervenire ad una valutazione affidabile e che può essere
immediatamente controllata con ulteriori campionamenti.
Una corretta analisi delle comunità di macroinvertebrati è essenziale ma non esaurisce il quadro
degli indicatori da prendere in considerazione per arrivare ad una diagnosi attendibile.
Un’adeguata lettura dei principali caratteri dell’ambiente costituisce un corollario utile per capire
i possibili fattori di alterazione dell’ambiente e per fornire all’operatore un’adeguata casistica
e la capacità di associare differenti indicatori. Per leggere l’ambiente secondo criteri il
più possibile oggettivi è opportuno adottare una scheda di campo che guidi nella registra
1118
INDICATORI BIOLOGICI
zione dei vari caratteri (Tab. 3). Questi dati, registrando lo stato di fatto di un particolare ambiente
ad un determinato tempo, assumono anche un importante valore documentario.
La struttura di questa scheda e il suo dettaglio potranno variare in relazione agli scopi del-
l’indagine. Si potrà così passare dalla scheda base, utilizzabile per indagini di monitoraggio
su larga scala, ad una scheda di maggiore dettaglio per indagini specifiche (es. studi di impatto
ambientale, carte ittiche, monitoraggio di aree protette, ecc.). Alla scheda dovranno essere
allegati i metodi con cui vengono rilevati i vari caratteri ambientali in modo che il dato
registrato possa essere interpretato correttamente anche da operatori diversi.
1.9 Attività di laboratorio
L’applicazione dell’I.B.E. richiede una fase preliminare di studio dell’ambiente e di organizzazione
delle campagne di campionamento. Richiede inoltre una fase successiva di controllo
in laboratorio delle comunità campionate, di verifica delle diagnosi formulate in campo, di
organizzazione, registrazione ed elaborazione delle informazioni raccolte. I criteri e le procedure
da seguire possono variare leggermente a seconda delle peculiarità degli ambienti
studiati e delle differenti finalità dell’indagine.
1.10 Competenze degli operatori
L’applicazione dell’I.B.E. per la sorveglianza ecologica dei corsi d’acqua richiede un’adeguata
formazione degli operatori in campo ecologico, idrobiologico e tassonomico, oltre ad
un periodo di formazione specifica sotto la guida di personale qualificato.
2. La tabella a due entrate per il calcolo dei valori di I.B.E. e le relative classi di qualità
La definizione del valore di indice da assegnare ad una determinata sezione di un corso d’acqua
si basa su di una tabella a due entrate (Tab. 2).
In ordinata sono riportati alcuni gruppi di macroinvertebrati che, dall’alto verso il basso, riflettono
una sempre minore sensibilità agli effetti di alterazione della qualità dell’ambiente. In
ascissa sono riportati degli intervalli numerici che fanno riferimento al numero totale di Unità
Sistematiche (“taxa” al livello di classificazione previsto in Tab. 1) rinvenute nella stazione di
campionamento.
Il metodo tiene conto del fatto che, non essendo possibile in una indagine con finalità pratiche
classificare gli organismi di queste comunità a livello di specie, è stato definito un livello
superiore di classificazione (famiglia o genere). Il calcolo dell’I.B.E. richiede quindi che vengano
rispettati rigorosamente questi limiti di definizione tassonomica per i vari gruppi, altrimenti
la “ricchezza in taxa” delle comunità potrebbe variare a seconda del grado di approfondimento
della classificazione dei vari gruppi.
Il totale delle “Unità Sistematiche” rinvenute in una determinata stazione determina la “ricchezza
in U.S. o taxa” della stessa.
INDICATORI BIOLOGICI
Tabella 3: Scheda di rilevamento e registrazione dei dati di campo
LOCALIZZAZIONE DELLA STAZIONE
Ambiente....................................Stazione................................................Coord. UTM……………...................
Codice..............
Quota s.m................m Regione.............................…....Provincia...............................Comune……………………
Lungh. del corso d’acqua...............km Distanza dalla sorgente.............km Superficie bacino idrogr............km2
Corpi idrici recettori.............................................................................................
RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE AMBIENTALI
Data ................... Ora................ Condizioni meteo............................................................................
FOTOGRAFIA O DISEGNO DELLA SEZIONE CAMPIONATA CON RELATIVE QUOTE STIMATE
DISEGNO IN PIANTA DELL’ALVEO BAGNATO CON SITO DI CAMPIONAMENTO ED EMERGENZE AMBIENTALI
(N. Tavoletta IGM……….Quadrante……….Orientamento………...)
segue
INDICATORI BIOLOGICI
segue tabella 3
Granulometria substrati nell’alveo bagnato (ordine di prevalenza): roccia...................................................
massi........................... ciottoli.................... ghiaia..................... sabbia................... limo....................
Manufatti artificiali: fondo........................................................................................................................
Sponda dx..............................................................................................................................................
Sponda sx..........................................................................................................................................................
Ritenzione detrito organico: • sostenuta • moderata • scarsa
Decomposizione materia organica. Prevalenza di: • strutture grossolane • frammenti fibrosi
• frammenti polposi
Presenza di anaerobiosi sul fondo: • assente • tracce • sensibile localizzata • estesa
Organismi incrostanti: • feltro rilevabile solo al tatto • alghe crostose
• feltro sottile • feltro spesso, anche con pseudofilamenti incoerenti • alghe filamentose
Batteri filamentosi: • assenti • scarsi • diffusi
Vegetazione acquatica:…………………………………………………….......................................................
.......……………………………………………................................ Copertura alveo.................%
Vegetazione riparia..................................................................................................………………..…….
……………………………………………………………………………………………………………………...…
Larghezza dell’alveo bagnato (..................m) rispetto all’alveo di piena (....................m):
• 0-1% • 1-10% • 10-20% • 20-30% • 30-40% • 40-50%
• 50-60% • 60-70% • 70-80% • 90-100%
Velocità media della corrente: • impercettibile o molto lenta • lenta
• media e laminare • media e con limitata turbolenza • elevata e quasi laminare
• elevata e turbolenta • molto elevata e turbolenta
h media dell’acqua: .............cm h max dell’acqua:................cm
Caratteri dell’ambiente naturale e costruito circostante:
in dx idrografica. ...................................................................................................................................
..............................................................................................................................................................
in sx idrografica: ...................................................................................................................................
..............................................................................................................................................................
segue
INDICATORI BIOLOGICI
segue tabella 3
Plecotteri
(genere)
Efemerotteri
(genere)
Tricotteri
(famiglia)
Coleotteri
(famiglia)
Odonati
(genere)
Ditteri
(famiglia)
Eterotteri
(famiglia)
Crostacei
(famiglia)
Gasteropodi
(famiglia)
Bivalvi
(famiglia)
pres. abb. pres. abb.Organismi
segue
INDICATORI BIOLOGICI
segue tabella 3
Tricladi
(genere)
Irudinei
(genere)
Oligocheti
(famiglia)
Altri
(famiglia)
Totale U.S.
pres. abb. pres. abb.Organismi
VALORE DI I.B.E. (in campo)............................... (in laboratorio).....................Classe di Qualità...........................
Giudizio....................................................................................................................................................
.................................................................................................................................................................
Note..........................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................
............................................
Responsabile dell’analisi e qualifica .................................................................................................
La tabella dell’I.B.E. presenta quindi:
-una entrata orizzontale (primo ingresso in tabella 2 ), che deve essere utilizzata
in corrispondenza delle U.S. più sensibili presenti nella comunità della stazione
in esame. Ad esempio se in una stazione si rinvengono 3 U.S. di Plecotteri
(ritenute più sensibili), assieme ad altre U.S., si deve entrare alla prima riga
orizzontale (“Plecotteri presenti”), al livello superiore (“più di una sola U.S.”). Un
secondo esempio: nella comunità non si rinvengono Plecotteri, e nemmeno Efemerotteri
e Tricotteri, ma il “taxon” più sensibile presente è quello dei Gamma-
ridi, si entra allora a livello della riga corrispondente a questi ultimi;
-una entrata verticale, che va utilizzata in corrispondenza della colonna che
comprende il numero totale di U.S. che formano la comunità complessiva in
esame. Se ad esempio le U.S. presenti sono complessivamente 9, si entra a livello
della colonna con l’indicazione dell’intervallo 6-10.
Il valore di indice sarà definito dal numero indicato nella casella che si trova all’incrocio della
riga di entrata orizzontale con la colonna di entrata verticale.
Particolare attenzione va posta all’entrata orizzontale, essendo quella che può determinare il
maggior intervallo di errore. Per questo è necessario verificare in modo rigoroso attraverso il
campionamento la reale presenza dei “taxa” più sensibili.
INDICATORI BIOLOGICI
La procedura si avvale quindi di due tipi di indicatori: la diversa sensibilità di alcuni gruppi
di organismi alle alterazioni della qualità dell’ambiente (ordinata) e l’effetto prodotto da questa
alterazione sulla “ricchezza in U.S. o taxa” della comunità (ascissa).
Dal momento che i valori decrescenti di indice vanno intesi come una misura progressiva del-
l’allontanamento da una condizione “ottimale o attesa” è possibile che la scala dei valori di
qualità, essendo discreta e non continua, tenda ad appiattire eccessivamente questi giudizi
verso il valore superiore o inferiore. A volte il numero totale di unità sistematiche può trovarsi
all’estremo inferiore o superiore degli intervalli stabiliti in tabella. Se ad esempio in una stazione
troviamo 2 U.S. di Plecotteri e 16 U.S. complessive, il valore di I.B.E. dovrebbe essere
10; in un’altra stazione troviamo 2 U.S. di Plecotteri e 15 U.S. complessive e il valore dovrebbe
essere 9. Appare tuttavia evidente che in questi due casi è una sola U.S. di ingresso
verticale che condiziona il passaggio fra un valore di 10 ed un valore di 9. Quando ci si trova
in casi analoghi, con un numero di U.S. agli estremi degli intervalli previsti in tabella 2, è
necessario attribuire un valore intermedio di indice, che sarà 10-9 nel primo caso e 9-10 nel
secondo. I valori intermedi di indice consentono di rappresentare in modo più obiettivo la progressività
del processo di allontanamento dalla condizione “ottimale”.
2.1 Dai valori di indice alle classi di qualità
In Tab. 4 i valori di I.B.E. sono stati raggruppati in 5 Classi di Qualità (C.Q.), ciascuna individuata
da un numero romano.
Le 5 Classi di Qualità possono essere facilmente visualizzate in cartografia mediante colori
convenzionali (nell’ordine: azzurro, verde, giallo, arancione e rosso) o altro simbolismo grafico
(Tab. 4).I valori intermedi tra le classi vengono rappresentati mediante tratteggio formato
dai colori corrispondenti alle due classi.
Classi di qualità Valori di I.B.E. Giudizio di qualità Colore e/o retinatura relativi
alla classe di qualità
Tabella 4: Tabella di conversione dei valori di I.B.E. in classi di qualità, con relativo giudizio e colore per la rappre-
sentazione in cartografia. I valori intermedi tra due classi vanno rappresentati mediante tratteggio con colori o re-
tinature corrispondenti alle due classi
Classe I 10-11-12-... Ambiente non alterato in modo sensibile Azzurro
Classe II 8-9 Ambiente con moderati sintomi di alterazione Verde
Classe III 6-7 Ambiente alterato Giallo
Classe IV 4-5 Ambiente molto alterato Arancione
Classe V 0-1-2-3 Ambiente fortemente degradato Rosso
3. Protocollo di applicazione
Il complesso delle procedure da seguire per l’applicazione dell’indice costituisce parte integrante
del metodo e sono descritte in dettaglio e con esemplificazioni nel Manuale di Applicazione
– Indice Biotico Esteso (I.B.E.): I macroinvertebrati nel controllo di qualità degli ambienti
di acque correnti” di Pier Francesco Ghetti edito da Provincia Autonoma e Agenzia
Provinciale per la Protezione dell’Ambiente di Trento.
In estrema sintesi le attività per l’applicazione dell’indice possono essere raggruppate in tre
fasi:
-indagini preparatorie;
-attività di campo e compilazione della scheda di rilevamento;
-attività di laboratorio, compilazione e certificazione del verbale di analisi e della
relazione a commento dei risultati e delle eventuali carte di qualità.
INDICATORI BIOLOGICI
3.1 Adempimenti conseguenti alle procedure richieste dal D.Lgs. 152/99
Il Decreto Legislativo n.152/99 sulla Tutela delle acque, al fine della classificazione dello
Stato Ecologico dei corsi d’acqua, prevede, per corpi idrici significativi, di effettuare 4 campagne
di monitoraggio all’anno mediante I.B.E. che possono essere distribuite stagionalmente
o in relazione agli specifici regimi idrologici. Viene inoltre richiesto di calcolare il valore
medio di I.B.E. rilevato nei 4 campionamenti da inserire nella tabella di intersezione con
il Livello di Inquinamento espresso dai Macrodescrittori (LIM). Si sottolineano a tale proposito
le modalità di calcolo o di procedura nel caso siano stati rilevati in alcuni campionamenti
valori intermedi di indice, o quando si deve convertire un valore medio decimale in un valore
di indice.
Il Decreto prevede che per classi intermedie (es. 8/9 o 9/8) si esegua il seguente procedimento:
-per la classe 10-9 si attribuisce il valore 9,6; per quella 9-10 il valore 9,4; per
9-8 il valore 8,6; per 8-9 il valore 8,4; ed a seguire per gli altri valori;
-per ritrasformare la media in valori di I.B.E. si procederà in modo contrario,
avendo cura di assegnare la classe più bassa nel caso di frazione di 0,5: esempio
8,5 = 8-9 , 6,5 = 6-7 ecc..
Per agevolare ed uniformare la procedura di calcolo si conviene, per analogia a quanto prescritto
dal Decreto, di attenersi alle seguenti indicazioni:
-frazioni da 8,0 a 8,3 e da 8,7 a 9,0 corrispondono rispettivamente a IBE di 8
e 9;
-valori intermedi di I.B.E. 7-8 o 8-7 vanno ricondotti, per essere inseriti nella
classificazione di Stato Ecologico, ai primitivi valori di sorgente 7 e 8.
Per le tabelle di transcodifica e di riconversione confronta Spaggiari e Franceschini, 2000.
3.2 Rappresentazione grafica dei dati
Avendo progettato in modo adeguato la distribuzione delle stazioni di campionamento lungo
un intero reticolo idrografico è possibile realizzare delle mappe di qualità di interi reticoli
idrografici utili per organizzare i piani di monitoraggio e per valutare nel tempo l’efficacia
degli interventi di risanamento. In queste mappe di qualità è opportuno utilizzare uno spessore
diverso del tratto colorato a seconda della gerarchia idrologica del corso d’acqua, sulla
base dei dati di portata media annua, di lunghezza del corso d’acqua, di ampiezza del bacino
idrografico. La realizzazione di una mappa di qualità continua di un intero reticolo idrografico
presuppone che sia stato campionato un adeguato numero di stazioni lungo i vari corsi
d’acqua e che vi sia una precisa e documentata conoscenza della distribuzione delle fonti
di inquinamento su tutto il territorio. Pur essendo questa la forma di rappresentazione più efficace
è possibile infatti commettere errori di giudizio nel tracciare il tratto colorato che congiunge
una stazione con la successiva.
In alternativa occorre rappresentare esclusivamente e puntualmente la qualità di ogni singola
stazione campionata utilizzando, ad esempio, dei ciclogrammi che consentono di rappresentare
le classi di qualità con colori, simboli, numeri e anche di riportare le variazioni stagionali.
BIBLIOGRAFIA
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base al indice espan ol SBMWP como paso previo al estabilicimiento del estado ecològico de
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1125
INDICATORI BIOLOGICI
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WOODIWISS F.S. (1978): “Comparative study of biological-ecological water quality assessment
methods”, Second practical demonstration. Summary Report. Commission of the European
Communities.
INDICATORI BIOLOGICI
Allegato 1
Elenco dei macroinvertebrati delle acque correnti italiane con indicazioni sintetiche su ecologia,
propensione al drift, sensibilità agli inquinanti
Legenda
In questo allegato sono riportati gli elenchi dei “taxa” di macroinvertebrati delle acque correnti
italiane, da considerare nel calcolo dell’IBE, sulla base della revisione tassonomica più
recente. (Campaioli et al., 1994; 1999). Per ciascun gruppo vengono indicati anche i “taxa”
che, per le loro caratteristiche ecologiche, non vanno considerati nel calcolo dell’indice, ma
che possono ritrovarsi nelle acque correnti.
Per i vari “taxa” si riportano alcune informazioni utili ai fini di una corretta analisi delle strutture
di comunità. Esse sono indicate come segue:
-(A): “Taxon” a respirazione aerea e la cui presenza può essere, in genere, indipendente
dalla qualità dell’ambiente acquatico. Questi taxa non vanno conteggiati
per il calcolo dell’IBE (tranne il caso di un ingresso in ultima riga della
Tab. 2).
-(A.M): “Taxon” a respirazione aerea, ma dipendente anche dalle condizioni
complessive di qualità dell’ambiente acquatico. Vanno conteggiati per il calcolo
dell’IBE.
-R: Adattamento alla corrente: R=”taxon” tipicamente reofilo; L=”taxon” tipicamente
limnofilo; ( )= “taxon” secondariamente R o L.
-M.N.: Modo di Nutrizione prevalente: T=tagliuzzatori; A=collettori aspiratori;
F=collettori filtratori; Fr=filtratori con rete; Ra=raschiatori; P=predatori;
Pi=predatori succhiatori. ( ): Modo di nutrizione secondario.
I tagliuzzatori si nutrono di elementi grossolani di materia organica (CPOM),
quali foglie cadute, rametti, organismi morti (riducono i detriti in particelle fecali
con diametro <1 mm).
I collettori si nutrono di particelle organiche di dimensioni <1 mm (FPOM). Possono
essere suddivisi in collettori aspiratori, che aspirano particolato organico
deposto sul substrato di fondo, e in collettori filtratori che filtrano il particolato
trasportato dalla corrente. Un caso particolare è costituito da alcuni Tricotteri
che filtrano producendo reti con dimensioni di maglie variabili. Questi particolari
filtratori (Fr) si nutrono mangiando la rete ed il suo contenuto (animali o vegetali)
periodicamente o rimuovendo le particelle dalle maglie.
I raschiatori si nutrono soprattutto di alghe e di altri organismi incrostanti i substrati
duri.
I predatori catturano e si nutrono di prede vive mediante apparati boccali specializzati.
I predatori succhiatori succhiano i liquidi corporei di altri animali.
-R.T.: Ruolo Trofico prevalente: E=erbivori; D=detritivori; C=carnivori; ( ) = Ruolo
Trofico secondario. Gli erbivori si nutrono di organismi autotrofi, i detritivori
si nutrono di detrito vegetale od animale, mentre i carnivori si nutrono di altri
animali. Per alcuni taxa è difficile definire un ruolo trofico preciso; in molti
casi lo stesso “taxon” (o le sue diverse specie) svolge contemporaneamente diversi
ruoli (es. D-C).
-N.M.P.: Numero minimo di presenze (DRIFT). Per ciascun “taxon” viene ripor
INDICATORI BIOLOGICI
tato il numero minimo di presenze nel materiale campionato necessario per poter
considerare l’organismo catturato come appartenente in modo stabile alla
comunità. Al di sotto di questo valore di presenze si ritiene che l’organismo catturato
sia di drift e quindi solo occasionalmente e temporaneamente presente.
In questo caso il “taxon” non viene conteggiato per il calcolo dell’indice.
Questa indicazione ha solo un valore orientativo, dal momento che le abbondanze
nel campione possono essere influenzate dall’intensità del drift in una fase
particolare del ciclo vitale della specie, dal livello di trofia dell’ambiente, dalle
modalità e dall’intensità di campionamento. Particolare attenzione va riservata
ai “taxa” che definiscono l’ingresso orizzontale in Tab. 2 e la cui presenza
stabile nella comunità deve essere sicura.
Nel calcolo dell’I.B.E. possono essere commessi errori anche sensibili di giudizio
per una considerazione, nel calcolo dell’indice, di taxa di drift che vengono
catturati anche se presenti solo occasionalmente (in particolare tenendo
sommerso a lungo il retino in contro corrente).
Altri criteri per valutare se i taxa non appartengono alla comunità possono essere:
effettuare sui substrati raccolte di conferma senza retino; valutare la congruità
del “taxon” rispetto alla biotipologia e al resto della comunità campionata;
considerare per ciascun “taxon” la propensione al drift rispetto alla tipologia
ambientale, al periodo, alla presenza di affluenti a monte.
-B.S.: Biotic Score- Indice proposto da Chandler, 1970. Questa indicazione viene
riportata solo allo scopo di fornire ulteriori informazioni per una valutazione
sulla sensibilità dei vari taxa all’inquinamento. Altre informazioni possono
essere tratte dalle liste sul valore saprobico dei vari taxa.
-SBMWP: Score Biological Monitoring Waters Pollution - Versione aggiornata
(2002) del BMWP’ di ALBA-TERCEDOR & SANCHEZ-ORTEGA, 1988: riportata
a titolo di informazione supplementare sul significato indicatore dei diversi
“taxa” di macroinvertebrati. Per alcuni gruppi (si vedano ad esempio gli Efemerotteri)
il metodo spagnolo consente, rispetto a quello inglese, maggiore articolazione
di giudizio ed una più ampia rispondenza ai connotati faunistici ed
ecoregionali italiani: poichè il livello di determinazione previsto dal metodo
spagnolo è la famiglia, il punteggio relativo viene attribuito indifferentemente a
tutti i generi compresi nella medesima famiglia.
INDICATORI BIOLOGICI
Capniidae Capnia 5-9 R T D 4-6 84-98 10
Capnioneura 3-5 R T D 4-6 84-98 10
Capnopsis 5-7 R T P 4-6 84-98 10
Chloroperlidae Chloroperla 6-8 R P(T) C(D) 2-3 90-100 10
Siphonoperla 9-12 R P C 2-3 10
Xanthoperla 5-7 R P C 2-3 10
Leuctridae Leuctra 5-16 R(L) T D 6-8 84-98 10
Tyrrhenoleuctra 6 R T D 6-8 10
Nemouridae Amphinemura 4-7 R(L) T D 4-6 47-63 7
Nemoura 5-10 R(L) T D 4-6 84-98 7
Nemurella 5-10 R(L) T D 4-6 84-98 7
Protonemura 5-11 R(L) T D 4-6 84-98 7
Perlidae Dinocras 20-31 R P C 2-3 90-100 10
Perla 12-33 R P C 2-3 90-100 10
Perlodidae Dictyogenus 15-25 R P C 2-3 90-100 10
Isogenus° 15-21 R P C 2-3 90-100 10
Isoperla 10-16 R P C 2-4 90-100 10
Perlodes 15-25 R P D 2-3 90-100 10
Taeniopterygidae Brachyptera 8-13 R Ra E-D 4-6 90-100 10
Rhabdiopteryx 8-13 R Ra E-D 4-6 90-100 10
Taeniopteryx 9-12 L(R) T E-D 4-6 90-100 10
(1) considerare il valore più alto nel caso non siano presenti altri taxa di Plecotteri
° si ritiene estinta in Italia
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T.
N° minimo
di
presenze(1)
B.S. SBMWPFamiglia Genere
Plecotteri
Beraeidae 4-10 L(R) Ra(T) E-D 2 75-94 10
Brachycentridae 6-12 R Ra-T(F) E-D 2 75-94 10
Ecnomidae 8 L F E-D 2 38-31 7
Glossosomatidae 5-8 R Ra(P) E(C-D) 2 75-94 8
Goeridae 6-12 R Ra E-D 2 75-94 10
Helicopsychidae 5-6 R Ra E 2 75-94
Hydropsychidae 10-20 R(L) Ra C-E-D 6 38-31 5
Hydroptilidae <5 L Si(Ra) E(D) 2 75-94 6
Lepidostomatidae 7-11 R T E-D 2 75-94 10
Leptoceridae 9-15 L(R) Ra-T(P) E-D-(C) 2 75-94 10
Limnephilidae 7-38 R T(P) D(E-C) 2 75-94 7
Odontoceridae 18 R Ra-P C-E(D) 2 75-94 10
Philopotamidae 6-22 R Fr D(E) 2 38-31 8
Phryganeidae 20-40 L T(P) D-E(C) 2 75-94 10
Polycentropodidae 10-25 R(L) Fr C(D-E) 2 38-31 7
Psychomyidae 4-11 R(L) F D-E 2 38-31 8
Rhyacophilidae 10-30 R P C 4 65-88 7
Sericostomatidae 12 R(L) T(Ra) T(R) 2 75-94 10
Thremmatidae 5,5 R R E 2 75-94
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia
Tricotteri
INDICATORI BIOLOGICI
Ametropodidae Ametropus 11-20 R(L) Ra D 3 79-97
Baetidae Baetis 6-12 R A(Ra-P) D-E(C) 8 44-52 4
Centroptilum 8 R A(Ra-P) D-E(C) 6 79-97 4
Cloeon 8-10 R(L) A(Ra-P) D-E(C) 6 79-97 4
Pseudocentroptilum 8-10 A(Ra-P) D-E(C) 6 79-97 4
Procloeon 9 R(L) A(Ra-P) D-E(C) 6 79-97 4
Caenidae Brachycercus 9 A D 6 4
Caenis 4-9 R-L A D 6 79-97 4
Ephemerellidae Ephemerella 5-7 R(L) A(Ra-P) D(E-C) 6 79-97 7
Torleya 9 R A(Ra-P) D(E-C) 6 79-97 7
Ephemeridae Ephemera 20-30 R-L A(P) D(C) 3 79-97 10
Heptageniidae Ecdyonurus 7-15 R Ra-A D-E 4-6 79-97 10
Electrogena <13 R Ra-A D-E 4-6 79-97 10
Epeorus 11-14 R Ra-A D-E 4-6 79-97 10
Heptagenia 9-12 R(L) Ra-A D-E 4-6 79-97 10
Rhithrogena 6-9 R Ra-A D-E 4-6 79-97 10
Leptophlebiidae Choroterpes 8 R(L) A D(E) 4-6 79-97 10
Habroleptoides 7-11 A D(E) 4-6 79-97 10
Habrophlebia 7-8 R A D(E) 4-6 79-97 10
Paraleptophlebia 8-12 L A D(E) 4-6 79-97 10
Thraulus 9 L A D(E) 4-6 79-97 10
Oligoneuriidae Oligoneuriella 15 R Ra-A-T D-E 4-6 79-97 5
Polymitarcidae Ephoron 17 L(R) A(P) D(C) 3 79-97 5
Potamanthidae Potamanthus 14 R A(P) D(C-E) 3 79-97 10
Siphlonuridae Siphlonurus 16 L F(P) D(C-E) 3 79-97 10
(1) Considerare il valore più alto nel caso non siano presenti altri taxa di Efemerotteri
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T.
N° minimo
di
presenze(1)
B.S. SBMWPFamiglia Genere
Efemerotteri
Chrysomelidae (A.M.) 5 L E 2 51-72 4
Dryopidae
(A.M. da adulti) 3-6 L(R) T E-D 2 51-72 5
Dytiscidae (A.M.) 1-50 L(R) a = P C 2 51-72 3
l = Pi
Elmidae
(A.M. da adulti) 1,2-8,3 R A(Ra-T) E 3 51-72 5
Eubriidae R Ra E 2 51-72
Gyrinidae 3-8 L(R) a = P C 1 51-72 3
(A.M. da adulti) l = Pi
Haliplidae
(A.M. da adulti) 2,2-4,3 L-R T E 3 51-72 4
Helodidae (A.M.) L-R A-T E 2 51-72 3
Hydraenidae (A.M.) <3 R-L Ra E 3 51-72 5
Hydrophilidae (A.M.) 1-48 L a = T(P) a = E(D-C) 2 51-72 3
l = Pi l = C
Hydroscaphidae 1 E 2
Hygrobiidae
(A.M. da adulti) 8-11 L P C 1 51-72 3
Limnebiidae (A.M.) 0,6-3 R Ra E 2 51-72
(1) Sono i soli insetti olometaboli che vivono negli ambienti acquatici sia in forma larvale che imaginale (alcune fami-
glie presentano un solo stadio acquatico)
a= adulti; l= larve
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia
Coleotteri(1)
INDICATORI BIOLOGICI
Altri “taxa” di Coleotteri che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi
ai fini del calcolo dell’I.B.E.
Coleotteri (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.)
Helophoridae 2,2-9 Respirazione aerea. Preferiscono le acque sta-
gnanti. Le larve hanno abitudini ripicole
Hydrochidae 2,4-5 Gli adulti vivono nelle acque stagnanti; le larve
sono terrestri
Spercheidae 7 Poco frequenti, vivono nelle acque stagnanti sul
le radici delle idrofite.
Sphaeridiidae 3,5-5 Vivono nelle acque stagnanti
Dimensioni
(mm)Famiglia Note
Aeschnidae Aeschna 30-45 L P C 1 8
Anax 55-60 L P C 1 8
Boyeria <40 L P C 1 8
Brachytron <40 L P C 1 8
Calopterygidae Calopteryx 25-35 L(R) P C 1 8
Coenagrionidae Agrion-Coenagrion 20-35 L P C 1 6
Cercion 25 L P C 1 6
Erythromma 25-35 L P C 1 6
Ischnura 20-25 L P C 1 6
Pyrrosoma 20 L P C 1 6
Ceriagron 15-20 L P C 1 6
Cordulegasteridae Cordulegaster <45 L-R P C 1 8
P
Corduliidae Cordulia 20-25 L P C 1 8
Oxygastra 20 L P C 1 8
Somatochlora 15-25 P C 1 8
Gomphidae Gomphus <30 L P C 1 8
Onychogomphus 20-25 L P C 1 8
Ophiogomphus <30 P C 1 8
Paragomphus <25 L P C 1 8
Stylurus <35 P C 1 8
Lestidae Chalcolestes 25-30 P C 1 8
Libellulidae Brachythemis 15-20 P C 1 8
Crocothemis 20 L P C 1
Ladoma 20-25 P C 1 8
Orthetrum 15-30 L P C 1 8
Sympetrum 10-20 L P C 1 8
Trithemis 20 P C 1 8
Platycnemididae Platycnemis 15-20 L P C 1 6
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia Genere
Odonati
INDICATORI BIOLOGICI
Altri “taxa” di Odonati che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi
ai fini del calcolo dell’I.B.E.
Odonati (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.)
Aeschnidae Hemianax 45 Colonizza acque temporanee (laghetti irrigui)
Coenagrionidae Enallagma 20-25 Colonizza acque ferme in quota
Corduliidae Ephiteca <30 Colonizza acque ferme
Gomphidae Lyndenia 45 Colonizza esclusivamente laghi grandi e poco
profondi
Lestidae Lestes 24-30 Colonizza laghi e pozze anche salmastri
Sympecma 25 Colonizza acque ferme e tollera anche condizioni
debolmente salmastre
Libellulidae Leucorrhinia 20 Colonizza laghetti e torbiere acide
Libellula <25 Colonizza laghi e pozze con vegetazione
Platetrum 25 Colonizza acque ferme anche artificiali e prive di
vegetazione
Selysiothemis 20 Colonizza acque ferme, con preferenza per
grandi specchi d’acqua poco profondi
Tarnetrum 15-20 Colonizza acque ferme anche temporanee e/o
artificiali
Genere
Dimensioni
(mm)Famiglia Note
Anthomyidae o
Muscidae 8-17 R Pi C 2 4
Athericidae 16-30 R(L) Pi C 2 10
Blephariceridae 5-12 R Ra E 2 10
Ceratopogonidae 3-18 L P(A-Ra) C(D) 2 4
Chironomidae 3-30 L-R P(A-Ra) C(E-D) 8 28-4 3
Cylindrotomidae 25 E? 2
Dixidae (A.M.) 8-13 R F-Ra D 2 4
Empididae 5-7 R Pi C 1 4
Ephydridae 6-13 L(R) Ra(P) E(D-C) 2 3
Limoniidae 6-15 R(L) P(T) C(E-D) 2 60-84 4
Psycodidae (AM) 6-15 L Ra D-E 2 19-1 4
Rhagionidae <22 Pi C(D) 1 4
Sciomyzidae 2-7 L Pi C 1 4
Simuliidae 4-12 R F E-D 8 56-75 10
Stratiomyidae (AM) 4-14 L F E-C 2 19-1 4
Tabanidae 10-20 R Pi C 2 4
Thaumaleidae 6-11 2 3
Tipulidae 6-40 L T(P) D(E-C) 2 10
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia
Ditteri
INDICATORI BIOLOGICI
Altri “taxa” di Ditteri che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi ai
fini del calcolo dell’I.B.E.
Ditteri (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.)
Chaoboridae 9-14 Larve e pupe vivono nelle acque dei laghi
Cordyluridae o Scatophagidae 8-14 La famiglia comprende specie terrestri e
semiacquatiche che vivono nei terreni umidi
degli ambienti ripari delle acque correnti
e stagnanti
Culicidae 5-10 Larve a respirazione aerea; vivono in una
varietà notevole di ambienti di acque ferme,
assai di rado debolmente correnti
Dolichopodidae 9-15 Larve prevalentemente terrestri, raramente se-
miacquatiche degli ambienti di sedimenti umidi
ripari
Ptychopteridae 15-20 Larve a respirazione aerea che colonizzano le
acque calme e poco profonde di risorgive,
stagni e paludi. Il rinvenimento in acque
correnti è raro
Syrphidae 5-20 Larve a respirazione aerea terrestri e semiac-
quatiche. Costituiscono la fauna caratteristica
di fosse settiche e liquami
Dimensioni (mm)Famiglia Note
Aphelocheiridae (A.M.) 8,5-10 R Pi C 2 10
Corixidae (A.M.) 1,7-9,5 Ra - Pi E-C 2 19-1 3
Naucoridae(A M) 8-16 L-R Pi C 2 19-1 3
Nepidae (A.M.) 14-35 L Pi C 2 19-1 3
Notonectidae (A.M.) 7-16 L Pi C 2 19-1 3
(1) Mentre i Gerromorfi hanno una tipica respirazione aerea e vivono sopra l’acqua sfruttando la tensione superficia-
le, i Nepomorfi hanno dei sistemi respiratori più complessi che variano da genere a genere e spesso tra forme giova-
nili e adulti (a volte con dipendenza sia dall’ossigeno atmosferico che da quello disciolto nelle acque).
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia
Eterotteri(1)
INDICATORI BIOLOGICI
Altri “taxa” di Eterotteri che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi
ai fini del calcolo dell’I.B.E.
Asellidae <15 L T D 6 25-10 3
Astacidae* <110 L-R T(P) D-E(C) 1 8
Atyidae <40 L T(P) D-E(C) 4 6
Crangonyctidae T D
Gammaridae <15 R(L) T D 6 40-40 6
Niphargidae T D 4
Palaemonidae <45 L T(P) D(C) 4
Potamidae <200 L T(P) D(C) 1
*comprende solo Astropotamobius pallipes italicus e Astacus astacus
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia
Crostacei
Gerridae 5,5-1,7 Colonizzano le rive dei fiumi e pattinano
sulle acque ferme
Hebridae 1,6-2,3 Camminano sia sull’acqua che sul terreno.
Prediligono le sponde sabbiose o ghiaiose di
laghi e di paludi e di piccoli corsi d’acqua a
lento deflusso
Hydrometridae 7,5-13 Vivono lungo le sponde di laghi, stagni,
paludi e corsi d’acqua a lento corso
Mesoveliidae 3-3,5 Si muovono sull’acqua ma prediligono stare
sulle foglie galleggianti delle ninfee e di altre
piante acquatiche
Ochteridae 4-6 Vivono normalmente fuori dall’acqua e si
immergono per la predazione
Pleidae 2,5-3 Colonizza le acque ferme e limpide
Veliidae 1,4-9,4 Vivono sull’acqua in prossimità delle rive.
Prediligono acque calme purchè limpide
Famiglia Dimensioni (mm) Note
Eterotteri (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.)
Altri “taxa” di Crostacei che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi
ai fini del calcolo dell’I.B.E.
Ostracoda 1-3 Abitatore di acque lacustri o molto lente
(monte do briglie o sbarranenti)
Triopsidae 15-30 Abitatore di risaie e acque temporanee
Famiglia Dimensioni (mm) Note
Crostacei (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.)
INDICATORI BIOLOGICI
Acroloxidae L:<6,5 W:<3,7 L R E-D 1 30-18
Ancylidae L:<4,7 W:3,9 R R E(D) 1 70-91 6
Bythiniidae H:5-14 D:4-6,2 L(R) T-R D-E 1 30-18 3
Emmericiidae H:5,6-8,8 D:4-6,2 L R E(D) 1
Hydrobioidea H:1,9-3,9 R(L) R E(D) 1 30-18 3
Lymnaeidae L:6-70 W:4-30 L(R) R-T(P) E(C) 1 30-18 3
Neritidae H:8 L:10-13 R R E 1 30-18 6
Physidae L:8-17 W:3-10 L(R) R(T) E(D) 1 30-18 3
Planorbidae H:0,2-15 D:4-19 L R-T E-D 1 30-18 3
Valvatidae H:1-6 D:<5 L(R) R-T E-D 1 30-18 3
Viviparidae L:<50 D:<25 L(R) R-T E-D 1 30-18 6
(1) Non vanno mai considerati i gusci vuoti nel calcolo dell’I.B.E.
(2) L= lunghezza; H: altezza; W= larghezza; D= diametro
R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia Dimensioni(2)
(mm)
Gasteropodi (1)
Altri “taxa” di Gasteropodi che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno
esclusi ai fini del calcolo dell’I.B.E.
Pyrgulidae H:7,6-10 D:2,5-3,6 Comune nei laghi prealpini italiani dove vive
nel fango, nella sabbia o fra la vegetazione
di fondo
(2) L= lunghezza; W= larghezza; H= altezza; D= diametro
Famiglia
Dimensioni (2)
(mm) Note
Gasteropodi (da non considerare nel calcolo dell’I.B.E.)
Dreissenidae L:<28 L(R) F E-D 1 30-18
Pisidiidae L:<4 R-L F E-D 1 30-18 3
H:3-4
Sphaeriidae L:<15 L(R) F E-D 1 30-18 3
H:<11
Unionidae L:<200 L F E-D 1 30-18 3
(1) Non vanno mai considerati i gusci vuoti nel calcolo dell’I.B.E.
(2) L= lunghezza; H: altezza
R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia Dimensioni(2)
(mm)
Bivalvi(1
Dendrocoelidae Dendrocoelum 15-25 R-L Pi C 1 35-25 5
Dugesiidae Dugesia 20-35 L-R Pi C 1 35-25 5
Planariidae Crenobia 7-15 R(L) Pi C 1 90-100 5
Planaria <15 L Pi C 1 35-25 5
Phagocata <15 L Pi C 1 35-25 5
Polycelis 12-20 R-L Pi C 1 35-25 5
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia Genere
Tricladi
INDICATORI BIOLOGICI
Erpobdellidae Dina <80 L-R P C 1 24-8 3
Erpobdella <75 R-L P C 1 24-8 3
Trocheta 75-150 L-R P C 1 24-8 3
Glossiphoniidae Batracobdella 7-30 L-R C 1 24-8 3
Glossiphonia 10-30 L(R) Pi C 1 26-13 3
Helobdella 5-10 L Pi C 1 24-8 3
Haemopidae Haemopis 50-200 L P C 1 23-7 3
Piscicolidae Piscicola 20-50 R(L) PI C 1 24-8 3
Dimensioni
(mm) R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia Genere
Irudinei
Altri “taxa” di Irudinei che possono essere rinvenuti nei corsi d’acqua ma che vanno esclusi
ai fini del calcolo dell’I.B.E.
Enchytraeidae <20-30 L(R) A D 1 1
Haplotaxidae 200-250 L A D 1 1
Lumbricidae e/o
Criodrilidae <300 L (R) A D 1 1
Lumbriculidae 10-40 R (L) A D 1 1
Naididae <20-30 L (R) A (P) C (D-E) 1 20-2 1
Propappidae A D 1 1
Tubificidae >20-30 L (R) A D (E) 1 22-9 1
R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPFamiglia Dimensioni
(mm)
Oligocheti
Sialidae
(Megalotteri) <26 L(R) P C 1 75-94
Osmylidae
(Planipenni) <15 L(R) P C 1 4
Prostoma
(Nemertini) <20 P C 1
Gordiidae
(Nematomorfi) <160 R Pi C 1
R M.N. R.T. N° minimo
di presenze B.S. SBMWPTaxon Dimensioni
(mm)
Altri taxa che vanno considerati nel calcolo dell’I.B.E.
Irudinei (da non considerare nel calcolo dell’IBE)
Glossiphoniidae Hemiclepsis <30 Si nutre di sangue di pesci, anfibi e tartarughe
Placobdella 20-70 Legata alle tartarughe d’acqua e agli ambienti
palustri
Theromyzon 15-18 Ectoparassita di uccelli
Hirudinae Hirudo 100-150 Frequenta stagni e paludi. Gli adulti si nutrono di
sangue di vertebrati a sangue caldo
Limnatis 100-150 Frequenta acque ferme anche temporanee
Piscicolidae Cystobranchus 20-30 Ectoparassita di pesci
Genere
Dimensioni
(mm)Famiglia Note
Altri “taxa” di microinvertebrati non indicati espressamente in queste tabelle non vanno considerati
per il calcolo dell’I.B.E.
INDICATORI BIOLOGICI
9020. Determinazione della clorofilla: metodo
spettrofotometrico
Introduzione
In ambienti acquatici la misura della clorofilla a è utilizzata come indicatore di biomassa autotrofa
in quanto rappresenta il pigmento indispensabile per il processo di fotosintesi per tutti
gli organismi autotrofi. La clorofilla a costituisce l’1-2% del peso secco della sostanza organica
delle alghe. Dalla misura della clorofilla è così possibile risalire al contenuto di sostanza
organica utilizzando fattori di conversione. Il rapporto tra carbonio organico e clorofilla
varia tra le specie, in funzione delle diverse condizioni fisiologiche ed ambientali; in ambienti
marini tale rapporto è compreso nell’intervallo di valori 23-79. L’APHA propone un
coefficiente unico pari a 67.
Le alghe planctoniche contengono altri pigmenti fotosintetici tra cui la clorofilla b e c. La stima
di tali clorofille, diversamente distribuite tra i gruppi tassonomici, può essere utilizzata per
identificare i vari gruppi algali presenti nel campione.
Tre metodi sono generalmente utilizzati per l’analisi della clorofilla: spettrofotometrico, fluorimetrico
e cromatografico. I metodi spettrofotometrico e fluorimetrico sono largamente utilizzati
per indagini di campo. La tecnica fluorimetrica, fino a 50 volte più sensibile di quella
spettrofotometrica, consente l’utilizzo di volumi ridotti di campione e la misura della clorofilla
in vivo. La tecnica cromatografica è ritenuta la più opportuna per identificare e quantificare
accuratamente tutti i pigmenti fotosintetici.
I metodi ottici possono significativamente sovrastimare o sottostimare la concentrazione di
clorofilla a causa della sovrapposizione delle bande di assorbimento o di fluorescenza di
pigmenti diversi o di prodotti di degradazione. Ad esempio in campioni di profondità o
provenienti da aree ad elevata trofia, i prodotti di degradazione della clorofilla, derivanti
da cellule senescenti, detrito e materiale di origine fecale, rappresentano a volte una frazione
significativa dei pigmenti autotrofi indicati con il termine generico di “feopigmenti”.
Tali prodotti possono essere misurati sia per spettrofotometria che per fluorimetria ma in
quest’ultima tecnica la presenza di clorofilla b (posseduta dalle alghe verdi e largamente
distribuita anche in acque oligotrofiche) interferisce sia con la stima della clorofilla a che
dei feopigmenti.
Il metodo spettrofotometrico, descritto nel seguito, offre numerosi vantaggi in termini di semplicità,
accuratezza, costo e tempo d’analisi, risultando particolarmente adatto ad essere impiegato
in indagini di campo.
1. Principio del metodo
II metodo si basa sulla proprietà della clorofilla di assorbire la luce nella zona del rosso dello
spettro visibile. Dal campione concentrato su filtro la clorofilla è estratta in acetone e la concentrazione
determinata tramite lettura dell’assorbanza. In presenza di prodotti di degradazione,
la cui emissione interferisce con quella della clorofilla a, la stima dei pigmenti può essere
effettuata più correttamente attraverso l’acidificazione dell’estratto. A pH acido la clorofilla
a perde l’atomo di magnesio dal nucleo porfirinico e si converte con rapporto stechiometrico
in feofitina a. L’uso di appropriate equazioni permette successivamente di calcolare
algebricamente le concentrazioni nel campione sia della clorofilla a che della somma dei prodotti
di degradazione spettralmente simili (feofitina a e feoforbide a) indicati da Lorenzen come
“feopigmenti”.
INDICATORI BIOLOGICI
2. Campo di applicazione
Il metodo è valido per diverse tipologie di acque ed in particolare è raccomandato per acque
ad elevata trofia e di profondità. L’intervallo di concentrazione misurabile è funzione delle
condizioni sperimentali quali il volume di acqua filtrata e la sensibilità dello spettrofotometro
utilizzato per cui non si ritiene opportuno specificare il campo di applicazione.
3. Interferenze e cause d’errore
I pigmenti fitoplanctonici sono biochimicamente reattivi e labili per cui i campioni dovrebbero
essere analizzati immediatamente dopo il prelievo. In alternativa il campione concentrato
su filtro può essere conservato per periodi limitati di tempo (vedi Capitolo 4).
La concentrazione del campione sul filtro deve essere effettuata con cura. Un’eccessiva depressione
creata dalla pompa aspirante avrebbe come effetto la rottura delle cellule vegetali
con il conseguente passaggio dei pigmenti attraverso il filtro.
La stabilità della clorofilla dipende in larga misura dalla luce, dalla temperatura e dal pH
del mezzo, quindi particolare attenzione merita la manipolazione del campione e dell’estratto.
Una elevata presenza di organismi zooplanctonici di grandi dimensioni può rappresentare
un problema per l’analisi dei pigmenti fotosintetici. La clorofilla contenuta nell’apparato
digerente può infatti contribuire significativamente alla concentrazione finale. In questo caso
si consiglia di prefiltrare il campione attraverso un retino con maglie da 200-250 µm.
La selezione della banda passante e delle lunghezze d’onda per le letture allo spettrofotometro
è causa frequente d’errore e pertanto va effettuata con cura. Il picco di assorbimento della
clorofilla è molto stretto e la banda passante ottimale è tra 0,5 e 2 nm. Una banda spettrale
di 20 nm di larghezza, ad esempio, sottostimerebbe la concentrazione di clorofilla del40%. È consigliabile inoltre verificare il picco di assorbimento della clorofilla, che varia a seconda
della capacità risolutiva dello strumento, mediante scansione tra 600 ed 800 nm.
L’operazione di acidificazione dell’estratto deve essere effettuata con cautela. Concentrazioni
di acido cloridrico superiori a 3·10-3 M provocano interferenze nella lettura dei feopigmenti
a causa della formazione di prodotti di degradazione dei carotenoidi.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il campione di acqua può essere prelevato tramite le comuni bottiglie usate nella pratica
oceanografica e limnologica. Si consiglia l’uso di bottiglie scure per la conservazione dei
campioni poiché l’esposizione alla luce diretta del campione produce una degradazione fotochimica
dei pigmenti. Il campione va conservato a +4°C e filtrato non oltre 8 ore dal prelievo.
I filtri derivanti da campioni a pH 7 possono essere posti in un recipiente a tenuta, ripiegati
(con le alghe all’interno) e avvolti in strati di carta assorbente. Conservare i filtri alla
temperatura di –20°C per non oltre una settimana, o a –90°C fino a 60 giorni. I campioni
derivanti da ambienti a pH acido devono essere filtrati e trattati subito per prevenire la degradazione
dei pigmenti.
5. Apparecchiature
5.1 Normale attrezzatura di laboratorio
5.2 Accessori per filtrazione: pompa aspirante con manometro, beuta da vuoto, portafiltro
e imbuto da filtrazione da 47 mm di diametro, pinze a molla per saldare l’imbuto alla base,
pinzette a punte piatte per la manipolazione dei filtri.
5.3 Filtri in fibra di vetro (porosità nominale 0,7 µm; diametro 47 mm).
1138
INDICATORI BIOLOGICI
5.4 Bottiglia scura da reagente con dosatore da 10 mL.
5.5 Pipette da 0,1 e 5 mL.
5.6 Sistema di omogeneizzazione
completo di “potter” in vetro Pyrex da 25
mL, pestello in teflon con scanalature all’estremità
(per ulteriori dettagli vedi Fig. 1) ebagno di ghiaccio. È importante che lo
spazio tra il pestello e la parete di vetro
permetta il passaggio del filtro durante l’operazione
di omogeneizzazione. L’omogeneizzazione
può essere effettuata con un
motore elettrico applicato al pestello.
5.7 Provette graduate da 15 mL con
tappo a tenuta.
5.8 Sistema di filtrazione monouso a
siringa resistente ai solventi, con supporto
per filtri da 25 mm di diametro e membrane
con porosità 1,0 µm.
In alternativa centrifuga per provette da 15
mL.
5.9 Spettrofotometro munito di celle
da 1-4-10 cm di cammino ottico.
dei filtri.
6. Reattivi
6.1 Soluzione acquosa di acetone al 90%
Porre 100 mL di acqua deionizzata in un matraccio da un litro e portare a volume con acetone
(CH3COCH3) di grado analitico. Conservare la soluzione nella bottiglia scura da reagente
(5.4).
Nota: si raccomanda particolare attenzione durante la manipolazione dell’acetone in quanto
estremamente infiammabile ed irritante.
6.2 Soluzione acquosa di acido cloridrico 0,1 M
7. Procedimento
7.1 Preparazione del campione
Condurre le operazioni a luce attenuata. Agitare il campione e filtrarne un volume idoneo utilizzando
gli apparati (5.2) e (5.3). L’aspirazione deve esercitare una depressione non superiore
ai 150 mm Hg. Registrare con esattezza il volume filtrato. Interrompere la filtrazione prima
che il filtro si intasi.
7.2 Estrazione
Prosciugare il filtro per aspirazione, evitando l’essiccamento, ripiegarlo in due, tagliarlo in pic
1139
Figura 1: Apparato utilizzato per l’omogeneizzazione
INDICATORI BIOLOGICI
cole porzioni e porlo nell’apposito sistema di omogeneizzazione (5.6) in 5 mL della soluzione
acquosa di acetone (6.1). Omogeneizzare per 1 minuto (a 500 giri per minuto nel caso si disponga
di un motore) raffreddando nel ghiaccio l’estremità dell’omogenizzatore. Raccogliere
l’omogenato in una provetta e lavare il pestello e il “potter” con due aliquote di soluzione acquosa
di acetone (6.1). Dopo averle raccolte accuratamente aggiungerle all’omogenato e portare
il volume finale a 10 mL. Evitare eccessive diluizioni dell’estratto. Conservare per 2 ore gli
estratti a +4°C e al buio.
Procedere alla chiarificazione dell’estratto per filtrazione (5.8). Al fine di ridurre la ritenzione
sul sistema di filtrazione forzare il passaggio di 2 mL di aria dopo il campione. In alternativa
l’estratto può essere centrifugato per un tempo da stabilire in base al modello della centrifuga
e al grado di chiarificazione raggiunto dall’estratto.
Versare l’estratto chiarificato in una provetta da 15 mL (5.7) e misurare il volume finale.
7.3 Misura dell’assorbanza
Azzerare lo strumento con la soluzione di acetone (6.1), utilizzando celle accoppiate otticamente
e tappate, alle lunghezze d’onda di 750 nm, 664 nm e 665 nm. La scelta del percorso
ottico delle cuvette va effettuata in funzione del grado di diluizione degli estratti. Leggere le assorbanze
dell’estratto alle lunghezze d’onda di 750 nm e 664 nm contro la cella di riferimento
riempita di soluzione acquosa di acetone. La lettura dell’estratto a 750 nm serve a misurarne
la torbidità che, utilizzando una cuvetta di 10 cm di cammino ottico, deve essere inferiore
a 0,05 unità di assorbanza.
Acidificare il campione aggiungendo direttamente nella cuvetta 30 µL della soluzione di acido
cloridrico per ogni mL di estratto. Capovolgere più volte la cuvetta accuratamente tappata,
attendere dai 3 ai 10 minuti per la degradazione a feofitina di tutta la clorofilla. Leggere,
quando il valore di assorbanza si è stabilizzato, alle lunghezze d’onda di 750 nm e 665 nm.
Le letture dell’estratto acidificato hanno valori di assorbanza inferiori alle corrispondenti del
campione non acidificato ed il rapporto tra i picchi di assorbimento (664/665) varia da 1,0
(nel caso siano presenti solo prodotti di degradazione) a 1,7 (nel caso sia presente solo clorofilla).
Prima di procedere alla lettura del campione successivo lavare accuratamente la cella
con la soluzione di acetone (6.1) per eliminare ogni traccia di acido.
8. Calcoli
Calcolare le concentrazioni di clorofilla a e di feofitina a nel campione come segue:
Clorofilla a (mg/m3) = {26,7 [(664 – 750) – (665a – 750a)] v}/V·L
Feofitina a (mg/m3) = {26,7 [1,7 (665a – 750a) – (664 – 750)] v}/V·L
dove:
750 e 664 = assorbanze dell’estratto alle corrispettive lunghezze d’onda;
750a e 665a = assorbanze dell’estratto acidificato alle corrispettive lunghezze d’onda;
v = volume (mL) dell’estratto;
V = volume (L) d’acqua filtrata;
L = cammino ottico (cm) della cella.
8.1 Calcolo della clorofilla a in assenza di feopigmenti
Nel caso in cui la concentrazione dei prodotti di degradazione della clorofilla sia trascurabile,
ad esempio in campioni provenienti da colture algali in fase di crescita logaritmica o in
acque superficiali eufotiche, è possibile calcolare la concentrazione delle clorofille a, b e c
(data come somma della clorofilla c1 e c2) usando lo stesso metodo di estrazione. La lettura
delle assorbanze è effettuata solo sull’estratto non acidificato alle lunghezze d’onda di 750
1140
INDICATORI BIOLOGICI
nm, 664 nm, 647 nm e 630 nm. Per il calcolo delle clorofille estratte in acetone al 90% sono
disponibili equazioni che, avvalendosi di appropriati coefficienti di estinzione, permettono
una elevata accuratezza. Quindi:
Clorofilla a (mg/m3) = {[11,85 (664 – 750) – 1,54 (647 – 750) – 0,08 (630 – 750)] v}/V·L
Clorofilla b (mg/m3) = {[21,03 (647 – 750) – 5,43 (664 – 750) – 2,66 (630 – 750)] v}/V·L
Clorofilla c (mg/m3) = {[24,52 (630 – 750) – 7,60 (647 – 750) – 1,67 (664 – 750)] v}/V·L
dove i numeri in parentesi indicano le assorbanze degli estratti alle corrispettive lunghezze
d’onda.
Per la descrizione di v, V e L si rimanda al Capitolo 8.
9. Qualità del dato
L’accuratezza delle concentrazione dei pigmenti calcolata con il metodo spettrofotometrico non
è uniforme per tutte le potenziali miscele di clorofilla a e feofitina a che possono caratterizzare
il campione. Errori variabili sono anche quelli di natura algebrica derivanti dall’applicazione
delle citate equazioni.
Un estratto di clorofilla pura in acetone 90% riduce l’assorbanza a 665 nm di 1,7 quando
acidificato. Campioni contenenti 50% clorofilla a e 50% di feofitina a su base molare sono
caratterizzati da un rapporto di 1,35. Per una semplice propagazione di errori strumentali
nella lettura di estratti prima e dopo acidificazione è stato osservato che errori sono stati commessi
nel calcolo dei feopigmenti quando questi costituiscono una piccola frazione del totale
(clorofilla+feopigmenti) e cioè quando il rapporto delle assorbanze prima e dopo acidificazione
supera 1,35. In questo caso per il calcolo delle clorofille si consiglia di applicare la procedura
descritta nel Paragrafo (8.1). Egualmente, errori possono essere commessi quando il
rapporto cade al di sotto di 1,35, cioè quando la clorofilla rappresenta una piccola frazione
del totale. Quindi è raccomandata particolare cautela nel considerare concentrazioni di feopigmenti
o clorofilla in campioni che mostrano tali caratteristiche.
L’acidificazione dell’estratto trasforma stechiometricamente i pigmenti su base molare mentre
Lorenzen formula le equazioni in funzione dei pesi specifici per mantenere uniforme l’unità di
misura con i coefficienti di estinzione spesso dati in unità per peso specifico. La clorofilla a e
la feofitina a sono caratterizzati da una differenza del 3% nel peso molecolare (893 e 869)
e quindi l’errore di trasformazione da massa a mole è considerato trascurabile. Di conseguenza
è trascurabile l’errore nel calcolo della clorofilla e dei feopigmenti nel caso in cui tutti
i prodotti di degradazione siano costituiti da sola feofitina a. Il calcolo dei feopigmenti può
invece essere sovrastimato di un fattore 1,5 quando il campione è caratterizzato da una cospicua
presenza di feoforbide a poiché è spettralmente vicino alla feofitina a ma è caratterizzato
da un peso molecolare 1,51 volte inferiore a quello della clorofilla a. Inoltre tutta la
clorofilla b, se presente nel campione, è egualmente degradata a feofitina a e quindi erroneamente
espressa come componente dei feopigmenti.
In una miscela di clorofille a, b e c la migliore stima è effettuata tramite le equazioni descritte
nel Paragrafo (8.2), i cui coefficienti di estinzione assicurano una elevata accuratezza, con
errori inferiori all’1% per la clorofilla a e b, e pari al 24% per la clorofilla c. Tali equazioni
non tengono però conto delle eventuali interferenze dovute ai feopigmenti.
BIBLIOGRAFIA
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INDICATORI BIOLOGICI
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INDICATORI BIOLOGICI
9030. Determinazione dell’Adenosintrifosfato
(ATP)
Introduzione
La misura dell’ATP è utilizzata come indicatore di biomassa totale in ambienti acquatici in
quanto è presente in tutti gli organismi, sia autotrofi che eterotrofi, come molecola indispensabile
al sistema energetico cellulare. Questa tecnica, proposta nel 1966 da Holm-
Hansen e Booth, è stata largamente utilizzata in quanto rappresenta una stima affidabile
di biomassa vivente. Gli autori hanno infatti misurato una rapida idrolisi della molecola
dopo la morte della cellula con una perdita di ATP pari al 50% dopo 5 minuti e al 65%
dopo venti minuti.
Il rapporto tra ATP e biomassa varia tra specie e specie, tuttavia nell’ambito della stessa specie
rimane sufficientemente costante consentendo stime attendibili di biomassa. Tale rapporto
può subire variazioni più rilevanti nel caso di stress fisiologici. Da misure di ATP è possibile
stimare la biomassa totale planctonica considerando un contenuto di 2,4 µg ATP/mg di peso
secco di sostanza organica.
Per la misura dell’ATP sono proposte in letteratura varie metodologie che differiscono essenzialmente
per le diverse modalità con cui viene effettuata l’estrazione. Il metodo proposto nel
seguito è stato preferito, anche rispetto a quello più frequentemente utilizzato introdotto da
Holm-Hansen e Booth, per le ottime caratteristiche di resa e per l’estrema semplicità che ne
permette l’applicazione anche in indagini di campo.
1. Principio del metodo
Il campione è raccolto su filtro e l’ATP estratto dalle cellule con dimetilsolfossido (DMSO).
Quando l’ATP è messo in presenza del complesso enzimatico luciferina-luciferasi, estratto
dall’addome di lucciola (Photinus piralys), avviene una rapida emissione di fotoni la cui
intensità decade nel tempo esponenzialmente. Poiché per ogni fotone di luce emesso una
molecola di ATP viene idrolizzata, l’intensità della luce emessa è direttamente proporzionale
all’ATP contenuto nell’estratto del campione. La reazione enzimatica è così schematizzata:
dove:
E = luciferasi
LH = luciferina
E·LH2·AMP =complesso luciferiladenilato
PP = pirofosfato
AMP = adenosin-monofosfato
L’emissione luminosa è misurata tramite un luminometro. Dalla comparazione tra le letture del
campione e quelle ottenute da soluzioni a concentrazione nota di ATP si risale alla concentrazione
di quest’ultimo nel campione in esame.
INDICATORI BIOLOGICI
2. Campo di applicazione
Il limite di rivelabilità dipende dal volume di acqua filtrata e dal tipo di strumento usato. In
genere in base alle diverse caratteristiche del campione si consigliano 250-500 mL per acque
eutrofiche o costiere, 1000 mL per acque oligotrofiche e 2000 mL per acque di profondità.
Con la procedura esposta è possibile rivelare 0,20 µg/L di ATP come concentrazione minima
nell’estratto, con probabilità 95% di ottenere un risultato diverso dal valore zero. Per concentrazioni
comprese tra 0,70 e 700 µg/L la risposta è lineare (r = 0,999; n = 5).
3. Interferenze e cause di errore
II tempo di trasformazione (“turnover”) dell’ATP è estremamente rapido e molte sono le cause
che possono alterarne il contenuto cellulare, tra cui l’esposizione alla luce diretta del campione
(specialmente in organismi fotosintetici), le variazioni di ossigeno o di temperatura, il
congelamento, la centrifugazione o una inaccurata filtrazione. II tempo che intercorre tra il
prelievo del campione e l’estrazione deve essere ridotto al minimo per evitare che gli enzimi
idrolitici intracellulari (ATPasi, adenilatochinasi, fosfatasi) alterino le molecole di ATP.
In campioni derivanti da ambienti iperalini la biomassa potrebbe essere sovrastimata in quanto
in queste particolari condizioni l’ATP persiste dopo la morte della cellula.
La variazione della forza ionica del mezzo influenza negativamente sia la stabilità dell’estratto
che l’emissione luminosa e quest’ultima, essendo il prodotto di una reazione enzimatica,
è influenzata anche da variazioni di temperatura.
I metalli pesanti o gli ioni alcalino-terrosi eventualmente presenti nei campioni naturali inibiscono
la reazione di bioluminescenza. Alcuni di questi inconvenienti vengono ridotti nel corso
delle operazioni analitiche tramite l’uso di DMSO, che inibisce le attività degli enzimi idrolitici
sopracitati e di EDTA che ha capacità complessanti nei confronti di ioni alcalino-terrosi
(ad esempio Ca2+) e alcuni metalli pesanti.
4. Campionamento e conservazione del campione
Le bottiglie utilizzate per il prelievo sono del tipo comunemente usato nella pratica limnologica
ed oceanografica.
La vetreria, unitamente alle bottiglie di prelievo, deve essere accuratamente pulita e lavata in
acqua bidistillata e conservata asciutta. Si raccomanda di curare tale procedura specialmente
per campionamenti in zone oligotrofiche e afotiche ove la quantità di biomassa presente è
particolarmente ridotta.
Immediatamente dopo il prelievo, il campione è filtrato attraverso un retino (5.2) per eliminare
lo zooplancton.
L’estrazione deve essere effettuata al più presto. L’estratto tamponato può essere conservato
per qualche ora in frigorifero o per qualche mese a –20°C.
5. Apparecchiature
5.1 Normale attrezzatura da laboratorio
5.2 Accessori per filtrazione: pompa, manometro, beute da vuoto in Pirex con supporto
per filtri, filtri a membrana (diametro 47 mm, porosità 0,45 µm), pinzette a punte piatte, retino
da zooplancton con maglie di 200-250 µm.
5.3 Vetreria: oltre alla normale vetreria da laboratorio è necessario disporre di beute da
25 mL a collo largo con tappo, accuratamente lavate in acqua distillata e conservate asciutte.
5.4 Centrifuga
1144
INDICATORI BIOLOGICI
5.5 Cuvette monouso per la reazione enzimatica.
5.6 Luminometro collegato ad un registratore.
6. Reattivi
Tutti i reattivi sono di grado analitico e l’acqua bidistillata.
6.1 Soluzione tampone
Sciogliere in circa 800 mL di acqua bidistillata 2,09 g di acido 3-morfolinpropansolfonico
(MOPS, 10 mM) e 0,74 g di acido etilendiaminotetracetico, sale disodico (EDTA, 2 mM). Correggere
il pH a 7,40 con una soluzione acquosa di NaOH, 100 mM. Portare il volume a
1000 mL avendo cura di controllare il pH finale. Conservare le soluzioni in una bottiglia per
reagenti alla temperatura di +4°C.
6.2 Dimetilsolfossido (DMSO, d=1,10)
6.3 Complesso enzimatico luciferina-luciferasi
Per migliorare il limite di rivelabilità della misura dell’ATP nell’estratto è indispensabile usare
un prodotto di alta qualità. L’estratto commerciale di addome di lucciola, conservato a 20°
C, è reidratato in un volume di acqua bidistillata secondo le istruzioni del produttore. La
sospensione è tenuta un’ora a temperatura ambiente e centrifugata per la rimozione del particolato.
Il supernatante è trasferito in una provetta e mantenuto al buio a temperatura ambiente
per 2-3 ore. Il preparato deve essere utilizzato subito dopo perché non può essere
conservato.
6.4 Soluzione di riferimento di ATP
Sciogliere 11,9 mg di adenosin-5’-trifosfato, sale bisodico triidrato (C10H14N5O13P3Na2·3H2O,
P.M. 605,2) corrispondente a 10 mg di acido adenosintrifosforico (C10H16N5O13P3, P.M. 507,2)
in 1000 mL di acqua bidistillata. Diluire 1 mL in 100 mL di soluzione tampone (6.1) (0,2 mL
= 0,02 µg di ATP). Quest’ultima soluzione, se non usata immediatamente, può essere conservata
a –20°C per qualche mese.
7. Procedimento
7.1 Preparazione del campione
Predisporre tre beute (del tipo descritto nel Paragrafo 5.3) per ogni campione e introdurre in
ciascuna 1,8 mL di DMSO.
Filtrare il campione attraverso il retino da zooplancton e successivamente attraverso l’apparato
di filtrazione descritto al Paragrafo (5.2) sul cui setto poroso è stato posto il filtro a membrana
prelevato con una pinzetta. Durante l’aspirazione la pressione deve essere mantenuta
intorno ai 100 mmHg e interrotta un momento prima che l’ultimo strato di acqua passi attraverso
il filtro.
7.2 Estrazione dell’ATP
Recuperare il filtro con le apposite pinze e introdurlo rapidamente in una beuta contenente il
DMSO. II tempo che intercorre tra la filtrazione e l’estrazione deve essere il minimo indispensabile,
tenendo conto che la distruzione dell’ATP inizia entro 15 secondi dall’essiccazione
del filtro.
1145
INDICATORI BIOLOGICI
Agitare dolcemente per 5 minuti ciascuna beuta e quindi aggiungere 10 mL di soluzione tampone
(6.1).
7.3 Misura dell’emissione luminosa
Prelevare 0,2 mL di estratto a temperatura ambiente, introdurli successivamente nella cuvetta
del luminometro e quindi nella camera di lettura. Iniettare vigorosamente 0,2 mL di enzima
(6.3) nell’estratto. Registrare più di una emissione luminosa per ogni campione; per la determinazione
del bianco, dopo aver introdotto 1,8 mL di DMSO in una beuta, seguire il procedimento
descritto al Paragrafo (7.2) utilizzando un filtro pulito ed evitando il contatto con le
dita.
7.4 Taratura
Effettuare una serie di diluizioni della soluzione di riferimento di ATP (6.4) fino ad ottenere
letture prossime al campione. Leggere contro un bianco costituito da 0,2 mL di tampone (6.1).
Il fattore di taratura si ricava dalla seguente espressione:
dove:
Fs = fattore di taratura alla scala di lettura s;
C = concentrazione (µg/mL) di ATP della soluzione di riferimento;
Lss = lettura media dell’emissione luminosa della soluzione di riferimento alla scala di lettura s
corretta per il bianco.
8. Calcoli
Calcolare la concentrazione di ATP nel modo seguente:
Lcs·Ve·Fs
ATP (µg/L) =
Vc
dove:
Lcs = lettura media dell’emissione luminosa del campione alla scala di lettura s corretta per il
bianco;
Ve = volume (mL) dell’estratto (11,8 mL);
Fs = fattore di taratura;
Vc = volume (L) di campione filtrato.
9. Qualità del dato
In campioni naturali di acqua di mare con concentrazione di ATP intorno a 0,30 µg/L si è
ottenuto un coefficiente di variazione, [CV(%)= scarto tipo/valore medio)·100], pari al 4%
(n= 10).
INDICATORI BIOLOGICI
BIBLIOGRAFIA
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biomasse di microrganismi acquatici: confronto di metodologie”, Inquinamento, 10, 60-63.
I N D I C A T O R I B I O L O G I C I
9040. Conta diretta dell’abbondanza microbica
(DAPI)
Introduzione
La conta diretta delle cellule al microscopio ad epifluorescenza permette la misura delle abbondanze
cellulari con affidabilità e relativa velocità e rappresenta uno strumento necessario
per studiare la dinamica delle popolazioni batterioplanctoniche. Tale tecnica consente inoltre
di distinguere facilmente le cellule microbiche dal detrito inerte. Le abbondanze cellulari così
ottenute sono generalmente superiori a quelle stimate tramite diversi metodi indiretti (conta su
piastra e MPN), affetti da errori causati dai fenomeni legati alla vitalità cellulare (la selettività
del mezzo di coltura, le diverse velocità di crescita degli organismi e l’aggregazione).
Dall’abbondanza così ottenuta è possibile stimare la biomassa, espressa in termini di carbonio,
utilizzando fattori di conversione tra cui il più utilizzato attribuisce 20 fg C per cellula.
Questa elaborazione, pur fornendo in prima approssimazione una stima di biomassa, non
tiene conto del volume delle singole cellule che può variare significativamente in diverse condizioni
ambientali. Quindi stime più accurate sono ottenibili dalla misura del biovolume cellulare
determinato attraverso il metodo fotografico associato all’uso di un modello di conversione.
1. Principio del metodo
Le cellule colorate con un fluorocromo specifico e raccolte su un filtro a porosità 0,2 µm sono
successivamente contate attraverso l’osservazione diretta al microscopio ad epifluorescenza.
Il fluorocromo, legato al DNA cellulare, produce fluorescenza in seguito all’eccitazione
con luce di appropriate lunghezze d’onda. Le cellule di dimensioni inferiori al limite di risoluzione
del microscopio ottico (generalmente <1 µm) possono essere così visualizzate. L’operatore
potrà quindi agevolmente distinguere, dal fondo scuro del filtro, le cellule colorate in
blu e il materiale di origine detritica colorato in giallo.
Il campione colorato e raccolto su filtro comprende tutti gli organismi di dimensioni superiori
a 0,2 µm, includendo sia organismi a metabolismo autotrofo che eterotrofo. Quindi, sebbene
i procarioti acquatici morfologicamente siano riconducibili a poche e semplici forme (bastoncelli,
sfere e filamenti), il loro metabolismo si differenzia in maniera significativa. La stima
delle abbondanze cellulari tramite conta diretta su filtro si intende totale, in quanto non permette
il riconoscimento delle cellule su base tassonomica o metabolica né fornisce indicazioni
sulla vitalità delle cellule.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile ad acque naturali (superficiali o sotterranee).
L’intervallo di abbondanze batteriche misurabile dipende dal volume di acqua filtrata. Il volume
varia a seconda delle caratteristiche trofiche delle acque o della profondità di prelievo
(vedi Capitolo 4 e Paragrafo 7.2).
3. Interferenze e cause di errore
Diminuzioni significative di cellule nei campioni sono causate da una cattiva conservazione
INDICATORI BIOLOGICI
del campione o da fenomeni di aggregazione o adesione delle cellule al materiale in sospensione
di diversa origine (neve marina, presenza di materiale particolato di origine fecale
o detritica). Questi fenomeni sono causa sia di una irregolare deposizione delle cellule sul
filtro che di una stratificazione delle stesse che rendono inadeguato il metodo di conteggio
esposto. Poiché questi casi non sono frequenti si rimanda alla letteratura specializzata per ottenere
informazioni sulla corretta procedura da seguire per ottenere un buon preparato.
Particolari cure devono essere riservate alla manipolazione del campione al fine di evitare
contaminazioni.
La specificità del fluorocromo per il DNA impedisce la discriminazione all’interno del campione
tra cellule autotrofe ed eterotrofe. Nonostante questo limite, la conta delle cellule colorate
con il DAPI (4’,6–Diamidino-2-fenilindolo diidrocloruro) è generalmente riferibile a cellule
eterotrofe, in grado cioè di ossidare i substrati organici, poiché il loro contributo numericogeneralmente domina nel batterioplancton. È possibile però identificare le cellule a metabolismo
autotrofo sfruttando la proprietà di autofluorescenza dei pigmenti fotosintetici e sottrarre
la loro abbondanza dal totale.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il campionamento può essere effettuato con le normali procedure, utilizzando bottiglie a chiusura
comandata del tipo Niskin.
Il volume di campione necessario per l’analisi varia tra 0,5 mL, sufficienti per acque ad elevata
trofia, a più di 20 mL per acque oligotrofiche o di profondità. Il volume prescelto deve
infatti garantire in fase di osservazione al microscopio un’adeguata densità cellulare (da 20
a 50 cellule per campo). In fase di prelievo è necessario prevedere un volume di campione
sufficiente per consentire almeno una replica del preparato.
Entro 3 ore dal prelievo il campione deve essere fissato con formalina (concentrazione finale
2%) precedentemente filtrata su filtri a porosità 0,2 µm. Dopo l’aggiunta il campione va agitato
energicamente e conservato al buio e in frigorifero. I campioni devono essere filtrati entro
24 ore dal prelievo e montati su vetrini da microscopio. I preparati possono così essere
conservati a –20°C, senza subire alterazioni, fino ad un massimo di 70 giorni.
5. Apparecchiature
5.1 Normale attrezzatura da laboratorio
Tutta la vetreria che entra in contatto con il campione deve essere accuratamente lavata e sterile.
5.2 Provette sterili da 20 mL e da 2 mL a tenuta.
5.3 Apparato di filtrazione: completo di pompa aspirante con manometro, beuta da vuoto,
portafiltro e imbuto da filtrazione (diametro 25 mm), pinze a molla per fissare l’imbuto alla
base e pinzetta per filtri.
5.4 Siringa completa di supporto per filtri e filtri sterili a porosità 0,2 µm.
5.5 Filtri a membrana: filtri di supporto (porosità 0,45 µm, diametro 25 mm), filtri neri in
policarbonato (porosità 0,2 µm, diametro 25 mm). I filtri in policarbonato si trovano in commercio
già colorati e con un basso livello di fluorescenza. In alternativa possono essere utilizzati
filtri bianchi da colorare successivamente con Irgalan black (ad 1 litro di acqua distillata
filtrata su 0,2 µm aggiungere 2 g di Irgalan black, 20 mL di acido acetico, 5,7 mL di formalina
al 37%).
5.6 Micropipette e puntali sterili
1150
INDICATORI BIOLOGICI
5.7 Vetrini da microscopio completi di coprioggetti.
5.8 Olio da immersione per microscopia non fluorescente.
5.9 Congelatore e frigorifero per la conservazione dei campioni e delle soluzioni.
5.10 Autoclave
5.11 Guanti monouso
5.12 Microscopio ad epifluorescenza, dotato di lampada a vapori di mercurio (100 W),
combinazione di filtri (eccitazione 340-380 nm, lamina dicromatica 400 nm, filtro di sbarramento
425 nm), oculari 10X di cui uno dotato di reticolo quadrettato, micrometro oggetto,
obiettivo ad immersione 100X.
6. Reattivi
6.1 Formaldeide al 37% filtrata attraverso fitri da 0,2 µm.
Per campioni di acqua dolce è necessario utilizzare formaldeide tamponata a pH=7,5, ottenuta
aggiungendo, con pipetta Pasteur, alla soluzione (6.2) alcune gocce di NaOH 2 M.
6.2 Soluzione di 4’6-diamidino-2-fenilindolo (DAPI, 0,5 mg/mL)
Tutte le operazioni devono essere condotte al riparo dalla luce per evitare il decadimento della
fluorescenza del prodotto. Sciogliere 10 mg di sale in 20 mL di acqua distillata. Porre la
soluzione in una provetta e agitare fino alla completa solubilizzazione del sale. Utilizzando
una siringa e relativo portafiltro sterile filtrare la soluzione su un filtro a porosità 0,2 µm. Distribuire
il filtrato in provette sterili da 2 mL con tappo a tenuta. La soluzione conservata a
–20°C mantiene inalterate a lungo le proprie caratteristiche. Ogni preparazione va osservata
al microscopio prima della conservazione per verificarne l’effettiva sterilità.
Nota: il DAPI è un composto mutageno per l’elevata specificità di legame nei confronti del
DNA. Si consiglia pertanto di evitare accuratamente il contatto diretto e l’inalazione.
7. Procedimento
7.1 Colorazione e filtrazione
Predisporre l’apparato di filtrazione ponendo con le apposite pinze il filtro nero da 0,2 µm
sovrapposto a quello di supporto da 0,45 µm. Il filtro di supporto può essere utilizzato per
numerose preparazioni. Evitare accuratamente il contatto delle dita con i filtri. Fissare l’imbuto
da filtrazione alla base con le pinze a molla. Agitare energicamente il campione, introdurre
un’aliquota nell’imbuto da filtrazione e aggiungere 2 µL di soluzione DAPI per ogni mL di
campione da filtrare. Attendere 4 minuti, mantenendo il campione al buio. Il campione così
colorato è stabile per ore. Procedere alla filtrazione esercitando una pressione di vuoto non
superiore a 80 mm Hg. Non lasciare essiccare completamente il filtro per evitare la compromissione
delle cellule.
7.2 Preparazione del vetrino
Poggiare il filtro al centro del vetrino portaoggetto su cui è stata precedentemente posta una
piccola goccia di olio (5.8). Porre un’altra goccia di olio sulla superficie del filtro e montare
il coprioggetti esercitando una leggera pressione fino a che l’olio abbia ricoperto il filtro. L’u
1151
INDICATORI BIOLOGICI
so di una quantità eccessiva di olio determina la fuoriuscita delle cellule dal vetrino e la distribuzione
delle cellule su più piani focali. Nel caso in cui il preparato debba essere conservato
si consiglia di verificare al microscopio la qualità dell’immagine, controllando, in particolare,
che l’immagine giaccia su un solo piano focale e che le cellule siano uniformemente
distribuite sul filtro.
7.3 Osservazione al microscopio
Osservare da 20 a 40 campi distribuiti con criterio di casualità su tutta l’area del filtro e contare
un minimo di 600 cellule per filtro. Un’appropriata densità cellulare sul filtro è data da
un numero di cellule approssimativamente compreso tra 20 e 50 per campo. Se le cellule sono
troppo numerose è necessario ridurre il volume da filtrare. È utile tenere presente che la
fluorescenza delle cellule decade con il tempo durante l’osservazione.
8. Calcoli
Il numero di cellule batteriche nel campione può essere così calcolato:
dove:
Xn = numero totale di cellule/numero dei campi esplorati (ai fini del calcolo un campo senza
cellule va considerato come un campo esplorato);
Ab = area (mm2) del filtro su cui sono state raccolte le cellule;
Ac = area (mm2) del reticolo quadrettato, ottenuta dalla misurazione con il micrometro oggetto;
Vc = volume (mL) di campione filtrato/1,06 (*).
9. Qualità del dato
Seguendo le indicazioni fornite nel metodo la precisione della misura è di ±10% al 95% di
intervallo di confidenza. Per una migliore precisione è raccomandabile la lettura di due preparati
per ogni campione. Se non è richiesta una precisione elevata è sufficiente contare un
totale di 200 cellule per filtro.
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