COSTITUENTI ORGANICI
5000 - COSTITUENTI ORGANICI
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
La determinazione del materiale organico nelle acque può essere effettuata attraverso due differenti
tipi di misure:
-misure adatte alla quantificazione di sostanze aventi caratteristiche comuni;
-misure adatte alla quantificazione di singole sostanze.
Premesso che la determinazione di singole sostanze non ha bisogno di particolari commenti,
occorre precisare che alcuni parametri, come ad esempio il carbonio organico e la richiesta
chimica di ossigeno, possono essere utilizzati per stabilire la quantità totale di sostanze organiche
presenti.
Di queste, una frazione importante è rappresentata dalla richiesta biochimica di ossigeno,
che può essere impiegato come indice del materiale organico biodegradabile.
Altri parametri, come i grassi e oli animali e vegetali e gli idrocarburi totali, rappresentano
le sostanze organiche estraibili con solvente non polare, a loro volta separabili mediante passaggio
su colonna impaccata di gel di silice.
I metodi descritti in questa sezione prevedono l’impiego delle seguenti tecniche:
-spettrofotometria di assorbimento molecolare nella regione del visibile;
-spettrofotometria infrarossa;
-gascromatografia;
-gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa;
-cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC);
-volumetria;
-potenziometria.
Queste tecniche sono ampiamente descritte nella parte generale (Sezione 1020), dove sono
anche riportati i metodi di campionamento e conservazione dei campioni (Sezione 1030).
Esistono molte raccomandazioni sull’uso in sicurezza di strumentazione analitica e di reattivi
di laboratorio. Data la diversità di tipologie e modelli di strumenti e l’elevato numero di reattivi
utilizzati nei singoli metodi proposti in questa sezione del manuale, non è possibile in questa
sede operare una lista di tutte le possibili avvertenze. Pertanto, si rimanda alla consultazione
dei manuali d’uso dei singoli strumenti e delle schede di sicurezza dei singoli reattivi
nonché alla lettura delle frasi di rischio riportate sulle etichette degli imballaggi delle sostanze
e preparati utilizzati.
Solo in alcuni casi particolari si è provveduto ad esplicitare, all’interno del singolo metodo,
particolari avvertenze sulla sicurezza d’uso della strumentazione e dei reattivi. Comunque tutte
le operazioni analitiche devono essere effettuate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla
normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5010. Aldeidi (Composti carbonilici)
Introduzione
I composti carbonilici sono inquinanti di rilevante interesse ambientale in quanto vengono generati
durante i processi di ossidazione. Nelle acque naturali e di scarico, questi composti
possono essere prodotti dalla foto-degradazione del materiale organico disciolto e possono
essere rilasciati come metaboliti di processi microbiologici. Recentemente, i composti carbonilici
di basso peso molecolare hanno ricevuto particolare attenzione in quanto è stata dimostrata
la loro formazione durante i processi di disinfezione e di ossidazione.
Diversi composti carbonilici sono pericolosi per la salute umana anche quando sono presenti
nelle acque a basse concentrazioni. In particolare è stato dimostrato che la formaldeide è
un composto mutageno e carcinogeno mentre il gliossale può indurre tumori allo stomaco.
Nel seguito vengono descritti tre procedimenti analitici per il dosaggio di detti composti nelle
acque.
Il primo (Metodo A) si basa sulla reazione di aldeidi alifatiche con il cloridrato di 3-metil-2benzotiazolone
idrazone (MBTH) e cloruro ferrico, con formazione di un derivato di colore
blu, la cui assorbanza è misurata alla lunghezza d’onda di 628 nm.
Il secondo (Metodo B1) consiste in una preventiva derivatizzazione dei composti carbonilici,
estrazione liquido-solido dei composti derivatizzati ed analisi successiva in cromatografia liquida
ad alta prestazione (HPLC).
Il terzo (Metodo B2) consiste in una derivatizzazione dei composti carbonilici, estrazione liquido-
liquido dei composti derivatizzati ed analisi in gascromatografia.
A differenza dei metodi cromatografici, il metodo spettrofotometrico soffre di notevoli limitazioni:
-non è adatto, per la sua scarsa sensibilità, alla determinazione di aldeidi in
tracce;
-come tutti i metodi aspecifici, è scarsamente accurato e tende generalmente a
sovrastimare il contenuto di aldeidi nel campione;
-non è in grado di distinguere aldeidi con diversa tossicità e quindi risulta inadatto
a valutare l’impatto di questi composti sull’ambiente.
Tale metodo può essere impiegato, tuttavia, in valutazioni preliminari (“screening”) sul contenuto
di aldeidi in un campione acquoso o per caratterizzare effluenti a composizione chimica
nota. Pertanto, limitatamente a questi ambiti di applicazione, si è ritenuto opportuno mantenere
detto metodo.
Per una valutazione più accurata degli effetti di questi composti sull’ambiente si deve ricorrere
all’impiego dei metodi cromatografici precedentemente indicati.
METODO A – Determinazione spettrofotometrica mediante cloridrato di 3-metil-2-benzotiazolone
idrazone (MBTH)
1. Principio del metodo
Le aldeidi alifatiche idrosolubili presenti nelle acque vengono determinate per reazione con il
cloridrato di 3-metil-2-benzotiazolone idrazone (MBTH) e cloruro di ferro (III) con formazione
di un derivato di colore blu.
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Il meccanismo di reazione, applicato alla formaldeide, è il seguente:
a) Reazione dell’aldeide con l’idrazone A (MBTH) per formare l’azina B.
b) Ossidazione della parte A che non ha reagito per formare il reattivo cationico C.
c) Reazione fra B e C con formazione del catione condensato D di colore blu.
Il catione colorato (D) presenta in soluzione acquosa due massimi di assorbimento: il primo
a circa 625 nm, il secondo intorno a 665 mn.
Come per la determinazione dello stesso parametro nell’aria, si è ritenuto opportuno adottare
la lunghezza d’onda di 628 nm.
L’assorbimento molare varia da composto a composto; è più elevato per le prime quattro aldeidi
della serie alifatica e per queste la variazione è minima.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile ad acque naturali e di scarico nell’intervallo di concentrazione 0,051
mg/L. Concentrazioni superiori possono essere rilevate diluendo il campione.
3. Interferenze e cause d’errore
Interferiscono ammine aromatiche, composti imminoeterociclici, carbazoli, stilbeni, coloranti
azoici, basi di Schiff.
4. Conservazione del campione
Il campione deve essere conservato in bottiglia di vetro scuro, completamente piena e tappata,
mantenuta alla temperatura di circa +4°C. Il campione va analizzato entro 48 ore dal prelievo.
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5. Apparecchiature
5.1 Spettrofotometro munito di celle aventi cammino ottico di 1 cm.
5.2 Normale attrezzatura di laboratorio
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono essere del tipo puro per analisi e l’acqua distillata o deionizzata.
6.1 Soluzione di MBTH (P.M. 215,7) allo 0,05%
Sciogliere 0,5 g di cloridrato di 3-metil-2-benzotiazolone idrazone (MBTH) in 1000 mL di acqua.
Questa soluzione non deve essere colorata e se torbida va filtrata.
Il reattivo conservato in bottiglie di vetro scuro, alla temperatura di 4°C, è stabile una settimana.
6.2 Soluzione ossidante
Sciogliere 16,0 g di acido solfammico (NH2SO3H) e 10,0 g di FeCl3·6H2O in 1000 mL di acqua.
La soluzione è stabile almeno un mese, se conservata a 4°C.
6.3 Soluzione di Dimedone
Sciogliere 1,07 g di dimedone (5,5-Dimetilcicloesan-1,3-dione) in acqua e diluire a 500 mL.
6.4 Soluzione di riferimento di formaldeide (1000 mg/L di HCHO)
Diluire 2,7 mL di una soluzione di formaldeide al 37-39% in peso a 1000 mL con acqua.
Il controllo del titolo viene eseguito con le seguenti modalità: introdurre in tre palloni da 100
mL 3 aliquote di 50 mL di soluzione di dimedone (6.3) ed aggiungere in ognuno di essi 10
mL della soluzione di riferimento di formaldeide (6.4). Agitare bene, tappare e lasciare a riposo
almeno una notte a temperatura ambiente. Filtrare attraverso crogioli a setto poroso (tipo
Gooch) precedentemente pesati. Seccare i precipitati sotto vuoto a 70°C (o a temperatura
ambiente su P2O5) fino a peso costante.
Il titolo della soluzione (6.4) si ricava dalla seguente formula:
dove:
C = concentrazione (mg/L);
P = peso (mg) del precipitato (valore medio di tre determinazioni);
0,1027 = fattore gravimetrico di conversione in formaldeide;
V = volume (mL) di soluzione di riferimento utilizzata.
6.5 Soluzione intermedia di formaldeide (100 mg/L di HCHO)
Introdurre 10 mL di soluzione di riferimento (6.4) in un matraccio tarato da 100 mL e portare
a volume con acqua.
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6.6 Soluzione diluita di formaldeide (1 mg/L di HCHO)
Introdurre 10 mL della soluzione intermedia (6.5) in un matraccio tarato da 1000 mL e portare
a volume con acqua (1 mL=1 µg di HCHO)
7. Procedimento
7.1 Taratura
Prelevare 1 mL; 2 mL; 4 mL; 8 mL e 10 mL di soluzione diluita (6.6), corrispondenti a 1 µg;
2 µg; 4 µg; 8 µg e 10 µg di HCHO, ed introdurli in cilindri graduati da 25 mL, portando a
volume di 10 mL con acqua. Aggiungere 10 mL di soluzione MBTH (6.1), miscelare e dopo
1 ora aggiungere 5 mL della soluzione ossidante (6.2). Preparare secondo le stesse modalità,
ma senza la soluzione diluita (6.6), una quinta soluzione di taratura (bianco).
Attendere almeno 5 minuti per consentire lo sviluppo completo del colore e misurare allo spettrofotometro
le assorbanze delle soluzioni alla lunghezza d’onda di 628 nm usando celle da
1 cm di cammino ottico.
Riportare in grafico i valori di assorbanza delle soluzioni, corrette del valore del bianco, in
corrispondenza dei µg di HCHO, tenendo conto delle correzioni ricavate dal controllo gravimetrico.
7.2 Dosaggio del campione
In cilindri tarati da 25 mL introdurre 10 mL di campione o una sua aliquota diluita a 10 mL
e procedere come descritto al Paragrafo 7.1.
8. Calcoli
Per calcolare la concentrazione di aldeidi nel campione utilizzare la seguente formula:
dove:
C = concentrazione (mg/L) di aldeidi;
a = quantità di aldeidi (µg) ricavata dalla curva di taratura;
V = volume (mL) di campione analizzato.
9. Qualità del dato
Prove effettuate (n=7) da un singolo laboratorio su campioni di acqua di scarico contenenti
300 µg/L di HCHO hanno fornito un coefficiente di variazione [CV (%) = (scarto tipo/valore
medio)·100] pari all’1% e un’accuratezza del 30%.
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METODI B – Determinazioni cromatografiche
B1 – Determinazione mediante cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC)
1. Principio del metodo
Il metodo si basa su una derivatizzazione dei composti carbonilici nella fase acquosa mediante
reazione con dinitro-fenil-idrazina (DNPH) e successiva estrazione liquido-solido, su
cartucce SPE (“solid phase extraction”), dei composti derivatizzati. I composti carbonilici derivatizzati
contenuti nell’estratto organico concentrato vengono separati e rilevati mediante
cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) accoppiata ad una rivelazione spettrofotometrica
nell’ultravioletto (UV).
L’analisi qualitativa dei singoli composti è basata sul confronto dei tempi di ritenzione dei picchi
ottenuti nel cromatogramma del campione con quelli ottenuti da idonee miscele di riferimento.
La determinazione quantitativa dei vari composti viene effettuata con le aree dei rispettivi
picchi cromatografici sulla base di opportune rette di taratura di miscele di riferimento.
I risultati sono di norma espressi in µg/L, per ciascun composto carbonilico.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile alle acque superficiali, sotterranee e di scarico e consente la determinazione
dei composti carbonilici riportati in Tab. 1.
Per le acque superficiali e di scarico il metodo presenta un limite di rilevabilità, per ciascun
composto carbonilico, inferiore a 10 µg/L.
625
1 acetaldeide
2 acetone
3 acroleina
4 benzaldeide
5 butanale
6 crotonaldeide
7 cicloesanone
8 decanale
9 2,5-dimetilbenzaldeide
10 formaldeide
11 eptanale
12 esanale
13 gliossale
14 isovalerialdeide
15 nonanale
16 ottanale
17 pentanale
18 propanale
19 m-tolualdeide
20 o-tolualdeide
21 p-tolualdeide
Composto
Tabella 1: Composti carbonilici analizzabili con il presente metodo
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3. Interferenze e cause di errore
Normali interferenti possono essere quei composti organici che danno luogo, durante l’analisi
cromatografica, a picchi con tempi di ritenzione coincidenti con quelli dei composti in esame.
Solventi, reattivi, vetreria, contaminazione dell’ambiente di lavoro ed ogni trattamento del campione
possono causare la presenza di picchi interferenti e/o alterazioni della corrente di fondo
del rivelatore con conseguenti difficoltà d’interpretazione del tracciato cromatografico.
Pertanto, al fine di essere sicuri che tutti i materiali utilizzati siano esenti da interferenze nelle
condizioni operative adottate è buona norma, sia all’inizio dell’indagine che periodicamente,
sottoporre all’intera procedura uno o più “bianchi” sostituendo al campione acqua distillata.
Nel caso di evidenza d’interferenze, individuarne la provenienza analizzando ogni
singolo passaggio della procedura e procedere alla loro eliminazione. Può essere richiesta
una specifica selezione dei reattivi ed una purificazione dei solventi mediante distillazione.
Particolare attenzione deve essere rivolta alla formaldeide in quanto essendo ormai ubiquitario
nell’ambiente può contaminare il derivatizzante. Qualora questo venga accertato, si consiglia
di utilizzare una nuova confezione di derivatizzante o di purificarlo per cristallizzazione.
La vetreria da utilizzare non deve venire in contatto con acetone e con metanolo, che possono
reagire con il derivatizzante dando luogo a composti interferenti.
4. Campionamento e conservazione del campione
I campioni vengono prelevati in bottiglie di vetro neutro, possibilmente scuro, con chiusura a
smeriglio oppure a vite con guarnizione di teflon. Non filtrare l’acqua ed evitare ogni operazione
che faciliti la perdita dei composti organici volatili disciolti. Riempire la bottiglia fino all’orlo
e tappare subito evitando di lasciare spazi gassosi nei quali possono passare i componenti
più volatili che vanno perduti all’apertura della bottiglia, dando risultati in difetto.
Le analisi devono essere effettuate al più presto e in ogni caso non oltre 48 ore dopo il prelievo
del campione, conservando questo in frigorifero a 4°C nel periodo d’attesa.
5. Apparecchiature
5.1 HPLC
Si consiglia l’uso di uno strumento dotato di rivelatore UV a lunghezza d’onda variabile, o a
serie di diodi (DAD), impostato a 360 nm e di colonna a fase inversa. La fase mobile è costituita
da una miscela di acetonitrile/acqua o metanolo/acqua. L’analisi viene effettuata in
gradiente la cui composizione e durata, così come il flusso di lavoro, dipende dal tipo e dalle
dimensioni della colonna utilizzata.
5.2 Adsorbenti per l’estrazione SPE
Per l’estrazione liquido-solido si consiglia di utilizzare cartucce costituite da materiale polimerico,
con fase stazionaria polare o di materiale siliceo con fase stazionaria C18 o C8. La
quantità di materiale adsorbente dipenderà dal tipo di cartucce utilizzate. La procedura di
condizionamento, estrazione ed eluizione viene effettuata sotto vuoto montando la cartuccia
su una beuta da vuoto o su un sistema per estrazione liquido-solido disponibile in commercio,
secondo le modalità consigliate dal produttore delle cartucce.
5.3 “Vial”
Flaconcini di vetro (“vials”) di idonea capacità con tappo a vite e guarnizione in silicone teflonata.
5.4 Bilancia tecnica, risoluzione 0,1 g.
626
COSTITUENTI ORGANICI
5.5 Bilancia analitica, risoluzione 0,1 mg.
5.6 Normale vetreria di laboratorio
Dopo il lavaggio e prima dell’uso, la vetreria deve essere sciacquata con acqua bidistillata ed
asciugata in stufa.
6. Reattivi
6.1 Acetonitrile o metanolo (per HPLC)
6.2 Acqua (per HPLC)
6.3 NaOH 6 M
6.4 HCl 6 M
6.5 Soluzione di 2,4-dinitro-fenilidrazina (DNPH)
Sciogliere 428,7 mg di DNPH al 70% in 100 mL di acetonitrile.
6.6 Tampone citrato 1 M, pH=3
Miscelare 80 mL di una soluzione di acido citrico 1 M con 20 mL di una soluzione di citrato
di sodio 1 M e aggiustare il pH con NaOH.
6.7 Soluzioni di composti carbonilici
Sono disponibili in commercio delle soluzioni multicomponente di alcuni composti carbonilici
derivatizzati con DNPH. Queste soluzioni, essendo vendute con certificato d’analisi, possono
essere utilizzate come riferimenti primari. Le soluzioni di riferimento per la taratura, a concentrazione
di circa 0,1-10 mg/L vengono ottenute per diluizioni successive delle soluzioni di
riferimento concentrate impiegando come solvente la fase mobile usata nell’analisi HPLC.
Le soluzioni concentrate dei rimanenti composti carbonilici si preparano pesando esattamente
una quantità di circa 100 mg in un matraccio tarato (100 mL) e portando a volume con
acqua o acetonitrile. Queste soluzioni possono essere conservate a 4°C per un mese. Le soluzioni
di riferimento, a concentrazione di circa 0,005-10 mg/L, vengono ottenute per diluizioni
successive delle soluzioni concentrate impiegando come solvente acqua e derivatizzatecome per il campione. È preferibile che le soluzioni di riferimento siano preparate e derivatizzate
giornalmente.
7. Procedimento
7.1 Trattamento preliminare
Se il campione è stato refrigerato, prima dell’estrazione farlo riequilibrare a temperatura ambiente.
Controllare l’eventuale presenza di particelle in sospensione ed agitare per consentire
una migliore omogeneità.
7.2 Derivatizzazione con DNPH
In una beuta introdurre 50 mL di campione acquoso e aggiungere 2 mL di tampone citrato.
Portare il pH a 3 con HCl o NaOH. Aggiungere 3 mL di soluzione di DNPH, chiudere la beuta
e riscaldare a 40°C per 1 ora tenendo la soluzione in agitazione.
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COSTITUENTI ORGANICI
Condizionare la cartuccia SPE come suggerito dal produttore. Far passare quantitativamente
il volume di soluzione dopo averla lasciata raffreddare. Seccare la cartuccia sotto vuoto, o
con azoto, ed eluire le aldeidi derivatizzate con 6 mL di acetonitrile. Portare il volume dell’estratto
a 2 mL sotto moderato flusso d’azoto. Eseguire l’analisi in HPLC-UV a 360 nm. La separazione
di tutti i composti carbonilici di Tab. 1 in un’unica analisi risulta abbastanza problematica
a causa della co-eluizione di alcuni di essi. Se necessario si possono utilizzare due
colonne in serie per migliorare la separazione dei vari componenti o, alternativamente, si
possono effettuare due analisi, la prima ottimizzata alla separazione dei composti con tempi
di ritenzione più piccoli, la seconda ottimizzata alla separazione dei composti con tempi di
ritenzione più grandi.
La Fig. 1 mostra una tipica separazione di alcuni composti carbonilici con questa procedura.
Figura 1: Cromatogramma ottenuto mediante derivatizzazione ed estrazione con cartucce SPE Bondelut C18 da 1 g
di un campione di acqua di scarico contaminato con 100-150 ppb di alcuni composti carbonilici di Tab. 1. Condizioni
analitiche: colonna cromatografica Supelcosil LC-18 250x3 mm, dimensione particelle 5 µ
µµm, volume iniettato
10 µ
µµL, flusso 0,7 mL/min, rivelazione 360 nm. Gradiente (acqua/acetonitrile): 60/40 da 0 a 7 min, 40/60 a 40
min, 30/70 a 41 min.
8. Calcoli
Introdurre nel cromatografo liquido volumi uguali di campione e di soluzioni di riferimento.
Preparare almeno 3 miscele di composti carbonilici (6.7) ad opportune concentrazioni. Costruire
quindi le rette di taratura per i singoli composti, accertandosi di operare nel campo di
linearità dello strumento, riportando in grafico l’area del picco del componente (A) in funzione
della concentrazione del componente stesso e interpolando i punti sperimentali con il metodo
dei minimi quadrati. Ricavare il coefficiente angolare (a) e l’intercetta (b) della retta di
taratura. La concentrazione incognita di ogni componente è data dalla relazione:
A– b Vf
C = ·
a Vi
dove:
C = concentrazione (µg/L) di aldeidi;
A = area del picco del composto nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
COSTITUENTI ORGANICI
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
9. Qualità del dato
Le iniezioni del campione e delle soluzioni di riferimento vanno ripetute almeno due volte al
fine di migliorare l’accuratezza delle misure sperimentali. La ripetibilità dell’analisi viene verificata
ripetendo per 10 volte l’analisi di una delle soluzioni di riferimento.
L’impiego di soluzioni multicomponente di alcuni composti carbonilici già derivatizzati ha
permesso di stabilire che i recuperi sono superiori all’80% con un coefficiente di variazione
del 12%.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
METODO B2 – Determinazione mediante gascromatografia
1. Principio del metodo
Il metodo si basa su una derivatizzazione dei composti carbonilici nella fase acquosa mediante
reazione con O-(2,3,4,5,6-pentafluorobenzil)-idrossilammina idrocloruro (PFBHA-
HCl) e successiva estrazione liquido-liquido (LLE). I composti carbonilici derivatizzati contenuti
nell’estratto organico concentrato vengono separati e rilevati mediante gascromatografia
(GC) accoppiata ad un rivelatore a cattura di elettroni (ECD).
L’analisi qualitativa dei singoli composti è basata sul confronto dei tempi di ritenzione dei picchi
ottenuti nel cromatogramma del campione con quelli ottenuti da idonee miscele di riferimento.
La determinazione quantitativa dei vari composti viene effettuata con le aree dei rispettivi
picchi cromatografici sulla base di opportune rette di taratura di miscele di riferimento.
I risultati sono di norma espressi in µg/L, per ciascun composto carbonilico.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile alle acque superficiali, sotterranee e di scarico e consente la determinazione
dei composti carbonilici riportati in Tab. 1 (vedi Metodo B1).
Per le acque superficiali e di scarico il metodo presenta un limite di rilevabilità, per ciascun
composto carbonilico, inferiore a 10 µg/L.
3. Interferenze e cause di errore
Normali interferenti possono essere quei composti organici che danno luogo, durante l’analisi
cromatografica, a picchi con tempi di ritenzione coincidenti con quelli dei composti in esame.
Solventi, reattivi, vetreria, contaminazione dell’ambiente di lavoro ed ogni trattamento del
campione possono causare la presenza di picchi interferenti e/o alterazioni della corrente di
fondo del rivelatore con conseguenti difficoltà d’interpretazione del tracciato cromatografico.
COSTITUENTI ORGANICI
Pertanto, al fine di essere sicuri che tutti i materiali utilizzati siano esenti da interferenze nelle
condizioni operative adottate è buona norma, sia all’inizio dell’indagine che periodicamente,
sottoporre all’intera procedura uno o più “bianchi” sostituendo al campione acqua distillata.
Nel caso di evidenza d’interferenze, individuarne la provenienza analizzando ogni
singolo passaggio della procedura e procedere alla loro eliminazione. Può essere richiesta
una specifica selezione dei reattivi ed una purificazione dei solventi mediante distillazione.
Particolare attenzione deve essere rivolta alla formaldeide in quanto essendo ormai ubiquitario
nell’ambiente può contaminare il derivatizzante. Qualora questo venga accertato, si consiglia
di utilizzare una nuova confezione di derivatizzante o di purificarlo per cristallizzazione.
Si deve evitare che la vetreria da utilizzare venga in contatto con acetone in quanto questo
solvente reagisce con il derivatizzante dando luogo a composti interferenti.
4. Campionamento e conservazione del campione
I campioni vengono prelevati in bottiglie di vetro neutro, possibilmente scuro, con chiusura a
smeriglio oppure a vite con guarnizione di teflon. Non filtrare l’acqua ed evitare ogni operazione
che faciliti la perdita dei composti organici volatili disciolti. Riempire la bottiglia fino all’orlo
e tappare subito evitando di lasciare spazi gassosi nei quali possono passare i componenti
più volatili che vanno perduti all’apertura della bottiglia, dando risultati in difetto.
Le analisi devono essere effettuate al più presto e in ogni caso non oltre 48 ore dopo il prelievo
del campione, conservando questo in frigorifero a 4°C nel periodo d’attesa.
5. Apparecchiature
5.1 Gascromatografo
Si consiglia l’uso di un gascromatografo dotato di iniettore “splitless” o “on-column”, colonna
capillare di vetro o silice fusa di media polarità, di opportuna lunghezza e diametro interno,
e di rivelatore ECD. Si consiglia l’uso di un elaboratore di dati cromatografici per la
misura delle aree dei picchi con possibilità di stampa di dati e cromatogrammi.
L’analisi viene effettuata in “programmata di temperatura” le cui caratteristiche e durata, così
come il flusso del gas di trasporto, dipendono dal tipo e dalle dimensioni della colonna utilizzata.
5.2 “Vial”
Flaconcini di vetro (“vials”) di idonea capacità con tappo a vite e guarnizione in silicone teflonata.
5.3 Bilancia tecnica, risoluzione 0,1 g.
5.4 Bilancia analitica, risoluzione 0,1 mg.
5.5 Normale vetreria di laboratorio
Dopo il lavaggio e prima dell’uso, la vetreria deve essere sciacquata con acqua bidistillata ed
asciugata in stufa.
6. Reattivi
6.1 O-(2,3,4,5,6-pentafluorobenzil)-idrossilammina idrocloruro (PFBHA-HCl)
Preparare una soluzione 1 g/L in acqua.
630
COSTITUENTI ORGANICI
6.2 Tiosolfato di sodio (Na2S2O3) 0,1 M
6.3 n-Esano puro per analisi
6.4 Acido solforico 0,1 M e 18 M
6.5 Solfato di sodio anidro (Na2SO4)
6.6 Elio o idrogeno puri per gas cromatografia usati come gas di trasporto, eventualmente
passati attraverso una trappola a carbone attivo e una trappola a setacci molecolari.
Un’ulteriore purificazione può essere fatta tramite passaggio in una trappola per l’eliminazione
delle tracce d’ossigeno.
6.7 Soluzioni di riferimento di composti carbonilici
6.7.1 Soluzioni concentrate
Le soluzioni concentrate si preparano pesando una quantità di circa 100 mg di ognuno dei
composti carbonilici di Tab. 1, trasferendola in un matraccio tarato (100 mL) e portando a volume
con acqua o metanolo. Queste soluzioni possono essere conservate a 4°C per un mese.
6.7.2 Soluzioni diluite
Le soluzioni diluite, a concentrazione di circa 0,005-10 mg/L, vengono ottenute per diluizioni
successive delle soluzioni di riferimento (6.7.1) impiegando come solvente acqua e derivatizzate
come per il campione. È preferibile che dette soluzioni siano preparate e derivatizzate
giornalmente.
7. Procedimento
7.1 Trattamento preliminare
Se il campione è stato refrigerato, prima dell’estrazione farlo riequilibrare a temperatura ambiente.
Controllare l’eventuale presenza di particelle in sospensione ed agitare per consentire
una migliore omogeneità.
7.2 Derivatizzazione con PFBHA-HCl
In una “vial” introdurre 5 mL di campione acquoso, aggiungere 2 gocce di soluzione di tiosolfato
0,1 M e 0,5 mL di soluzione di PFBHA-HCl. Chiudere la beuta e agitare la soluzione
per 2 ore. Aggiungere 1 goccia di soluzione di acido solforico 18 M, 1 mL di n-esano e agitare
vigorosamente per estrarre i composti carbonilici per 2-3 minuti. Trasferire la fase di esano
in un’altra “vial”, aggiungere 5 mL di soluzione di acido solforico 0,1 M e agitare vigorosamente
per 2-3 minuti. Trasferire la fase di esano in un’altra “vial”, anidrificare con solfato
di sodio ed eseguire l’analisi in GC-ECD.
La Fig. 2 mostra una tipica separazione di alcuni composti carbonilici con questa procedura.
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 2: Cromatogramma ottenuto mediante estrazione di un campione di acqua di pozzo contaminato con 50 ppb
di alcuni composti carbonilici di Tab. 1. Condizioni analitiche: colonna cromatografica Chrompack CP-Sil 60 m x 0,32
mm, spessore del film 0,25 µ
µµm, gas di trasporto idrogeno (40 cm/s), volume iniettato 1 µ
µµL. Temperatura del forno:
40°C per 1 min, 6°C/min fino a 150°C, 15°C/min fino a 280°C, isoterma per 5 min.
8. Calcoli
Introdurre nel cromatografo liquido volumi uguali di campione e di soluzioni di riferimento.
Preparare almeno 3 miscele di composti carbonilici (6.7.2) ad opportune concentrazioni. Costruire
quindi le rette di taratura per i singoli composti, accertandosi di operare nel campo di
linearità dello strumento, riportando in grafico l’area del picco del componente (A) in funzione
della concentrazione del componente stesso e interpolando i punti sperimentali con il metodo
dei minimi quadrati. Ricavare il coefficiente angolare (a) e l’intercetta (b) della retta di
taratura. La concentrazione incognita di ogni componente è data dalla relazione:
C =
A– b
·
Vf
a Vi
dove:
C = concentrazione (µg/L) di aldeidi;
A = area del picco del composto nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
9. Qualità del dato
Le iniezioni del campione e delle soluzioni di riferimento vanno ripetute almeno due volte al
fine di migliorare l’accuratezza delle misure sperimentali. La ripetibilità dell’analisi viene verificata
ripetendo per 10 volte l’analisi di una delle soluzioni di riferimento.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
COSTITUENTI ORGANICI
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
BIBLIOGRAFIA
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drinking water disinfectants and their by-products”, Cambridge, MA.
CHORUS I., KLEIN G., FASTNER J. & ROTARD W. (1992): “Off-flavors in surface waters -
How efficient is bank filtration for their abatement in drinking water?” Wat. Sci. Technol., 25,
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quid chromatography”, November 1992, Cincinnati, Ohio, USA.
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hydrazine derivatization and high performance liquid chromatography”, November
1992, Cincinnati, Ohio, USA.
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compounds formed by the ozonation of drinking water”, Environ. Sci. Technol., 23,
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Society, Washington, 237-245.
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5020. Ammine alifatiche
Il metodo descritto consente la determinazione di mono-, di-, trimetilammina, n-propilammina,
acetilammina o ammide dell’acido acetico e cicloesilammina. In generale, la determinazione
gascromatografica delle ammine presenta alcuni problemi dovuti alla elevata basicità
di questi composti, superiore in qualche caso a quella dell’ammoniaca, con conseguenti problemi
di eluizione in colonna.
Alcune ammine presentano inoltre elevata tensione di vapore e temperature di ebollizione inferiori
alla temperatura ambiente. L’acidificazione immediata del campione, prima della determinazione
mediante gascromatografia liquido-solida (GLSC) con rivelatore specifico
(AFD), consente di attenuare le difficoltà insite nella procedura analitica.
1. Principio del metodo
Il metodo si basa sull’estrazione, rispettivamente, con diclorometano e n-esano della componente
acida e neutra eventualmente presente nel campione, sulla successiva alcalinizzazione
dello stesso e sulla determinazione delle ammine mediante gascromatografia liquido-solido
(GLSC) con rivelatore specifico per composti azotati (Alkali Flame Detector, AFD).
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile al di sopra delle seguenti concentrazioni riportate in Tab. 1:
Tabella 1: Campo di applicazione del metodo
Monometilammina 0,2 mg/L
Dimetilammina 0,3 mg/L
Trimetilammina 0,3 mg/L
n-Propilammina 2,5 mg/L
Cicloesilammina 0,3 mg/L
Acetilammina (ammide dell’acido acetico) 2 mg/L
3. Interferenze e cause di errore
Nelle condizioni operative di analisi possono interferire altre ammine con tempi di ritenzione
similari. Le interferenze di altri composti azotati e fosforati possono essere eliminate applicando
il procedimento di purificazione descritto nel Capitolo 7.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il prelievo e la conservazione del campione devono essere effettuati in accordo con quanto
previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”.
È necessario acidificare il campione, immediatamente dopo il prelievo, con una soluzione di
acido cloridrico (6.4) fino a pH 1 (±10%).
COSTITUENTI ORGANICI
5. Apparecchiature
5.1 Normale vetreria di laboratorio
La vetreria deve essere accuratamente lavata e risciacquata con acqua bidistillata ed asciugata
in stufa con circolazione di aria a 50°C.
5.2 Matracci da 100 mL e 250 mL
5.3 Cilindri graduati da 100 mL
5.4 Bilancia analitica con risoluzione di 0,1 mg.
5.5 Vetrini da orologio ed imbuti
5.6 Microsiringhe da 10 µL, 25 µL, 50 µL, 100 µL
5.7 Imbuti separatori da 150 mL, 250 mL
5.8 Pipette graduate da 1 mL, 5 mL, 10 mL
5.9 Pipette Pasteur
5.10 pHmetro
5.11 Microsiringa da 5 µL per iniezione del campione e delle soluzioni di taratura.
5.12 Gascromatografo per colonne impaccate con rivelatore per composti azotati e fosforati
(Alkali Flame Detector, AFD)
5.13 Sistema di registrazione e di calcolo delle aree dei picchi
5.14 Colonna impaccata in vetro (L=1,80 m; d.i.=2 mm) con 4% Carbowax 20 M+0,8%
di KOH su Carbopack B 80/100 mesh (vedi nota 2)
5.15 Elio, idrogeno, ed Aria ultrapura (UPP) ulteriormente purificati con gel di silice e setacci
molecolari.
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono avere un grado di purezza analitica tale che una prova in bianco non
dia interferenze.
6.1 Acqua bidistillata
6.2 Soluzione di riferimento di ammine (grado di purezza superiore al 98%)
Per la mono-, di- e trimetilammina è necessario utilizzare il relativo cloridrato data la loro
bassa temperatura di ebollizione come ammine libere.
6.3 Soluzioni di riferimento concentrate di ammine (300 ng/µL)
Pesare, rispettivamente, 166 mg, 121 mg e 123 mg dei cloridrati della mono-, di- e trimetilammina.
Trasferire quantitativamente ogni ammina in un matraccio da 250 mL e portare a
volume con acqua bidistillata.
636
COSTITUENTI ORGANICI
Pesare 76 mg di acetilammina, trasferire quantitativamente in un matraccio da 250 mL e portare
a volume con acqua bidistillata.
Prelevare, rispettivamente, 88 µL e 107 µL di cicloesilammina e n-propilammina, trasferirle
in un matraccio da 250 mL contenente 100 mL di acqua bidistillata, aggiungere 3-4 gocce di
HCl (6.4) e portare a volume con acqua.
Per diluizioni successive delle soluzioni concentrate si preparano almeno 4 soluzioni miste di
taratura all’interno del campo di indagine analitico.
6.4 Acido cloridrico 1:4
Aggiungere 1 volume di acido cloridrico di elevata purezza al 37% a 4 volumi di acqua bi-
distillata.
6.5 Diclorometano per HPLC
6.6 n-Esano per HPLC
6.7 Sodio idrossido solido, reattivo puro per analisi.
7. Procedimento
In un imbuto separatore estrarre 100 mL di campione, precedentemente acidificati con HCl
(6.4) a pH=1 (il valore di pH 1 non è critico per cui oscillazioni del 10% non inficiano i risultati
dei recuperi durante la procedura di estrazione del campione con i due solventi 6.5 e
6.6), per tre volte con 30 mL di diclorometano (6.5) e per tre volte con n-esano (6.6). Scartare
gli estratti organici e alla soluzione acquosa aggiungere 1-2 pasticche di NaOH solido
(6.7) per raggiungere il valore di pH=13.
Data l’elevata volatilità di alcune ammine, è necessario procedere all’analisi gascromatografica
del campione immediatamente dopo l’alcalinizzazione. L’analisi viene effettuata iniettando
1 µL della soluzione acquosa direttamente in colonna. Al Paragrafo 7.1 si descrivono a
titolo esemplificativo, le condizioni operative tipiche dell’analisi gascromatografica e in Fig. 1
si riporta un esempio di cromatogramma di un campione di acqua di scarico.
7.1 Condizioni gascromatografiche
Temperatura del forno:
- Isoterma iniziale a 75°C per 0,5 minuti
-Gradiente di temperatura di 30°C/minuto fino a 190°C;
- Isoterma finale a 190°C per 15 minuti o fino a completa eluizione dei composti
contenuti nel campione.
Rivelatore per composti azotati e fosforati (AFD):
-Temperatura 280°C (le altre condizioni operative del rivelatore vanno ottimizzate
al fine di ottenere la massima sensibilità);
-Idrogeno al flusso di 3 mL/minuto
-Aria al flusso di 50 mL/minuto;
- Tensione applicata: 19 volt.
Temperatura iniettore: 250°C
Gas di trasporto: elio al flusso di 35 mL/minuto.
637
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 1: Cromatogramma di un’acqua di scarico addizionata con una miscela di ammine (3 ng/µ
µµL). 1=monometilammina;
2=dimetilammina; 3=trimetilammina; 4=n-propilammina; 5=cicloesilammina; 6=acetilammina.
8. Calcoli
La concentrazione di ogni ammina viene determinata confrontando l’area del picco cromatografico
relativo a ciascuna ammina nel campione con quella dell’analogo picco nella soluzione
di riferimento e apportando le correzioni relative al recupero (R%) e alla diluizione del
campione per l’aggiunta della soluzione di acido cloridrico (6.4).
La formula da applicare è la seguente:
dove:
C = concentrazione (mg/L) di ammina;
Ac = area del picco dell’ammina nel campione;
As = area del picco dell’ammina nella soluzione di riferimento;
Cs = concentrazione (mg/L) dell’ammina nella soluzione di riferimento;
Vc = volume (mL) di campione prelevato;
Va = volume (mL) di soluzione di HCl (6.4) aggiunto;
R = recupero (%) calcolato con almeno 5 determinazioni.
COSTITUENTI ORGANICI
9. Qualità del dato
Effettuando cinque prove su 100 mL di acqua di scarico (priva delle ammine da determinare),
cui sono state aggiunte quantità note di ogni ammina in modo da realizzare concentrazioni
di 0,5 mg/L, 1 mg/L, 2,5 mg/L e 5 mg/L si sono ottenuti valori del coefficiente di variazione,
[CV (%) = (scarto tipo/valore medio)·100], compresi tra il 2% e il 6% e recuperi
compresi tra il 93% e il 97%.
Nota 1: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare
verificando le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo,
su materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di
riferimento non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli
organismi che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
Nota 2: la preparazione e l’utilizzo della colonna gascromatografica (5.14) richiede molta
attenzione in quanto il Carbopack B è particolarmente frantumabile per cui è necessario operare
delicatamente durante la sua preparazione. Inoltre, dopo aver condizionato la colonna
per 24 ore a 220°C, occorre iniettare 10 µL di H2O bidistillata per almeno 30 volte. Quest’ultima
operazione va ripetuta ogni volta che i picchi delle ammine non siano opportunamente
separati tra loro e soprattutto se risultano scodati. È opportuno, infine, iniettare, ogni
4-5 campioni analizzati, 1 µL di acqua bidistillata per verificare l’effetto “memoria” della colonna.
BIBLIOGRAFIA
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C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5030. Azoto organico
Per azoto organico s’intende l’azoto presente in diversi composti organici (ammine, ammidi,
immine, ecc.) incluso l’azoto albuminoideo. La sua presenza nelle acque è dovuta principalmente
a sostanze di origine animale e vegetale, quali amminoacidi, polipeptidi e proteine.
L’azoto organico può essere determinato per digestione del campione, dopo rimozione del-
l’ammoniaca libera, distillando l’ammoniaca formatasi nella digestione stessa e titolandola
con una soluzione di riferimento di un acido minerale forte o dosandola per via spettrofotometrica.
Nel caso non si ricorra alla preventiva rimozione dell’ammoniaca libera, si ottiene
la misura del tradizionale azoto Kjeldahl.
Con il presente metodo non si determinano nitrati e nitriti. Inoltre, il metodo non determina
l’azoto presente in azidi, azine, azocomposti, idrazoni, nitrili, nitro e nitroso composti, ossi-
me e semicarbazoni per la cui determinazione è richiesto un trattamento del campione mediante
digestione-ossidazione al persolfato.
1. Principio del metodo
L’azoto organico viene trasformato in solfato monoidrogeno di ammonio attraverso un processo
di mineralizzazione, realizzato per digestione del campione con H2SO4 concentrato,
previa aggiunta di solfato di rame, come catalizzatore, e di solfato di potassio per raggiungere
un punto di ebollizione di 345°-370°C. La temperatura non deve superare i 382°C per
evitare perdite di azoto.
Dopo raffreddamento e diluizione con acqua distillata esente da ammoniaca, il campione acido
viene portato ad un pH alcalino per aggiunta di idrossido di sodio, quindi si distilla raccogliendo
il distillato tal quale per la determinazione dell’ammoniaca con il reattivo di Nessler,
oppure raccogliendo il distillato in una soluzione di acido borico per il dosaggio titrimetrico.
In questo ultimo caso, il borato di ammonio viene titolato con una soluzione di riferimento
di acido solforico in presenza di un indicatore misto.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile nell’intervallo 1-100 mg/L.
3. Interferenze e cause di errore
Il nitrato, in concentrazioni superiori a 10 mg/L, interferisce negativamente in quanto può ossidare
ad N2O una parte dell’ammoniaca prodotta nel processo di digestione.
Interferenze positive sono causate dalla presenza di elevate concentrazioni di composti organici
riducenti, che possono ridurre il nitrato ad ammoniaca.
In presenza di elevate quantità di sostanze organiche non azotate, che consumano acido
solforico per la loro ossidazione a CO2 ed H2O, è necessario aggiungere altri 50 mL della soluzione
acida (6.3) per ogni grammo di COD presente nel campione in esame, in modo tale
da mantenere un rapporto ottimale tra acido e sali della miscela ossidante ed impedire un innalzamento
della temperatura di digestione al di sopra di 380°C. In tal caso può risultare necessario
aggiungere un volume maggiore della soluzione alcalina (6.5) per avere un pH nettamente
basico (pH>11), come richiesto dalla procedura di distillazione.
COSTITUENTI ORGANICI
4. Campionamento e conservazione del campione
Il prelievo e la conservazione del campione devono essere effettuati in accordo con quanto
previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”.
Poiché l’azoto organico nei campioni di acqua di scarico non sterili viene trasformato in ammoniaca,
è necessario eseguire il dosaggio su campioni prelevati di fresco. Se l’analisi non può essere
effettuata entro le 24 ore dal prelievo, il campione deve essere filtrato su filtro da 0,45 µm
e conservato a 4°C, previa aggiunta di 1 mL di acido solforico concentrato su 1 L di campione.
5. Apparecchiature
5.1 Apparecchio di digestione comprendente un pallone di Kjeldahl a collo lungo di vetro
Pyrex della capacità di 500/1000 mL.
5.2 Apparecchio di distillazione per la determinazione dell’azoto ammoniacale.
5.3 Spettrofotometro, dotato di celle con cammino ottico da 1 cm.
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono essere di grado analitico. L’acqua utilizzata nella preparazione dei reattivi
deve essere deionizzata ad elevato grado di purezza.
6.1 Soluzione tampone di borato
Sciogliere 9,5 g di Na2B4O7·10H2O in 500 mL di acqua, aggiungere 88 mL di NaOH 0,1 N
e diluire a 1 L.
6.2 Acido solforico concentrato H2SO4 (d=1,84)
6.3 Soluzione di acido solforico-solfato di rame-solfato di potassio
Sciogliere 134 g di K2SO4 e 7,3 g di CuSO4 in circa 800 mL di acqua, aggiungere cautamente
134 mL di acido solforico concentrato. Raffreddare la soluzione e diluirla a 1 litro. La
soluzione va mantenuta a 20°C per impedirne la cristallizzazione.
6.4 Soluzione di idrossido di sodio (NaOH) 6 M
6.5 Soluzione di idrossido di sodio-tiosolfato di sodio
Sciogliere 500 g di idrossido di sodio (NaOH) e 25 g di tiosolfato di sodio(Na2S2O3·5H2O)
in acqua e diluire a 1 litro.
6.6 Indicatore misto
Mescolare 2 volumi di una soluzione allo 0,2% di rosso di metile in alcool etilico al 95% con
1 volume di soluzione allo 0,2% di blu di metilene in alcool etilico al 95%. La soluzione, conservata
a 4°C, è stabile per circa 1 mese.
6.7 Soluzione di acido borico con indicatore
Sciogliere 20 g di acido borico (H3BO3) in acqua, aggiungere 10 mL di soluzione di indicatore
misto e diluire a 1 L con acqua. Questa soluzione è stabile per circa un mese, se conservata
a 4°C.
642
COSTITUENTI ORGANICI
6.8 Soluzione di riferimento di acido solforico (H2SO4) 0,02 N
6.9 Reattivo di Nessler
7. Procedimento
Introdurre nel pallone Kjeldahl un volume noto del campione di acqua da esaminare. Il quantitativo
di campione da impiegare può essere dedotto dalla seguente Tab. 1.
0-1 500
1-10 250
10-20 100
20-50 50
50-100 25
Contenuto di N organico
nell’acqua (mg/L)
Volume di campione
(mL)
Tabella 1: Relazione tra concentrazione N org e volume
campione
Diluire, se necessario, il campione a 300
mL e neutralizzare a pH=7. Se il campione
contiene cloro residuo aggiungere un
volume opportuno di soluzione di tiosolfato
di sodio (3,5 g/L di Na2S2O3·5H2O): 1
mL di questa soluzione rimuove 1 mg/L di
cloro residuo in 500 mL di campione. Aggiungere
25 mL di soluzione tampone di
borato (6.1) e NaOH 6 N (6.4) fino a
pH=9,5. Distillare l’ammoniaca libera finchè
il distillato non dia più reazione positiva
con il reattivo di Nessler.
La soluzione rimasta dalla distillazione dell’ammoniaca viene utilizzata per la determinazio
ne dell’azoto organico. Aggiungere 50 mL del reattivo (6.3). Se il campione in esame con
tiene elevate quantità di sostanze organiche non azotate, aggiungere altri 50 mL di reattivo
(6.3) per ogni grammo di COD contenuto nel campione.
Effettuare la digestione, facendo bollire la soluzione fino a che non diventa chiara e poi per
altri 20-30 minuti. Lasciar raffreddare la soluzione ed aggiungere 300 mL di acqua distillata
esente da ammoniaca. Connettere il pallone Kjeldahl all’apparecchio di distillazione immediatamente
prima dell’aggiunta di 50 mL del reattivo (6.5); in tal modo si evitano perdite
di ammoniaca, rilasciata a seguito del riscaldamento della soluzione conseguente al mesco-
lamento. Il pH della soluzione dovrebbe essere maggiore di 11.
Distillare fin quando il distillato non dia più reazione con il reattivo di Nessler. Poiché i reattivi
utilizzati possono contenere tracce di ammoniaca, sottoporre un bianco (acqua deionizzata)
all’intera procedura analitica.
L’ammoniaca distillata può essere determinata:
a) con il metodo di Nessler, previa preparazione di una curva di taratura (vedi
Sezione 4030 “Azoto ammoniale” Metodo A2);
b) per titolazione mediante una soluzione di riferimento di H2SO4 0,02 N, impiegando
l’indicatore rossometile-blu di metilene.
Nel caso in cui si utilizzi il metodo per titolazione, raccogliere il distillato in 50 mL di soluzione
di acido borico contenente l’indicatore misto (6.7). Durante l’operazione di distillazione,
l’estremità inferiore del refrigerante deve essere costantemente immersa nella soluzione di
acido borico e la temperatura del refrigerante non deve superare i 29°C.
8. Calcoli
Il contenuto di azoto organico si ottiene dalla formula:
COSTITUENTI ORGANICI
dove:
C = concentrazione (mg/L) di N organico;
a = volume (mL) di H2SO4 0,02 N impiegato per il campione;
b = volume (mL) di H2SO4 0,02 N impiegato per il bianco;
V = volume (mL) di campione di acqua utilizzato;
N = normalità dell’H2SO4 titolante;
14 = peso equivalente dell’azoto.
9. Qualità del dato
Determinazioni eseguite (n=5) alla concentrazione di 3 mg/L di azoto hanno fornito un coefficiente
di variazione, [CV (%) = (scarto tipo/valore medio)·100], pari all’1%. I valori di recupero
sono risultati pari al 98% nell’intervallo 1-5 mg/L e del 99% nell’intervallo 5-50 mg/L.
Per valutare l’accuratezza della procedura di digestione è consigliabile effettuare prove di recupero
utilizzando soluzioni a concentrazione nota di acido nicotinico (verifica della completezza
della procedura di digestione) e di cloruro di ammonio (verifica di eventuali perdite di
azoto).
BIBLIOGRAFIA
APHA, AWWA, WEF (1998): “Standard Methods for the Examination of Water and Wastewater”,
XX Ed. (Washington, APHA).
COSTITUENTI ORGANICI
5040. Carbonio organico disciolto
Introduzione
Il carbonio può essere presente nelle acque sotto forma di specie inorganiche (carbonati, bicarbonati
e anidride carbonica) e di composti organici che si distribuiscono tra fase disciolta
e sospesa (Tab. 1). Il carbonio complessivo risultante dalla somma del carbonio inorganico
(TIC) e di quello organico (TOC) presente nelle due fasi costituisce il carbonio totale (TC). Il
carbonio organico disciolto (DOC) rappresenta la frazione organica di carbonio che passa
attraverso una membrana filtrante da ~ 1 µm, mentre il carbonio organico sospeso o parti-
colato (POC) rappresenta la frazione trattenuta dalla membrana. La somma di queste due frazioni
dà il carbonio organico totale (TOC).
La determinazione della sostanza organica nelle acque è stata spesso effettuata, in attività di
monitoraggio di corpi idrici e di controllo di qualità degli effluenti, facendo ricorso a parametri
di tipo aspecifico quali la richiesta chimica di ossigeno (COD) e la richiesta biologica
Tabella 1: Acronimi utilizzati per indicare le diverse spe-
cie di carbonio presenti nelle acque
Carbonio inorganico totale TIC
Carbonio organico totale TOC = DOC + POC
Carbonio totale TC = TIC + TOC
Carbonio inorganico disciolto DIC
Carbonio organico disciolto DOC
Carbonio totale disciolto DC = DIC + DOC
Carbonio organico POC
particolato
di ossigeno (BOD). La diffusione di questo
tipo di misure, che fa riferimento all’effetto
prodotto dal carico organico sul bilancio di
ossigeno del sistema, è stata favorita dalla
semplicità e dal basso costo delle apparecchiature
richieste. Tuttavia, la necessità di
avere in tempi rapidi risposte sul contenuto
di sostanza organica, l’opportunità di ridurre
la produzione di rifiuti tossici derivanti
dall’attività analitica (Hg, Ag e Cr(VI)
nel caso del COD; sodioazide per il BOD)
e l’interesse scientifico ad avere informa
zioni puntuali sul carbonio organico hanno determinato un crescente interesse per determinazioni
di tipo strumentale rivolte direttamente alla misura del carbonio.
La determinazione del carbonio come indice di sostanza organica è, tra l’altro, indipendente
dallo stato di ossidazione di quest’ultima ed inoltre non comprende specie inorganiche che
invece possono contribuire alla richiesta di ossigeno espressa dal BOD e dal COD. Il TOC, o
meglio il DOC e il POC assumono notevole importanza nelle acque di mare, in quanto rappresentano
l’unica via praticabile per determinare il contenuto di carbonio organico in matrici
saline. Il BOD e il COD, infatti, a causa dell’interferenza dei cloruri (presenti in elevate
concentrazioni) e dei bassi contenuti di sostanza organica, non possono essere utilizzati in
acqua di mare.
Il problema chiave da affrontare per una corretta determinazione del carbonio organico è
quello del bianco. In analisi strumentali di questo tipo il bianco risulta da due diversi contributi,
quello dell’acqua ultrapura utilizzata per la taratura dello strumento e quello strumenta-
le connesso con il tipo di apparecchiatura e, in particolare, di catalizzatore impiegato. Solo
il secondo contributo è effettivamente da sottrarre alle misure sperimentali, ma in pratica è
molto difficile distinguere i due contributi, per cui si finisce con il sottrarre il bianco complessivo;
è ovvio quindi, che le misure potranno essere accurate solo nel caso in cui il bianco del-
l’acqua sia trascurabile rispetto a quello strumentale.
La delicatezza nell’esecuzione delle misure del bianco si manifesta soprattutto qualora si operi
in acque marine ove i livelli di DOC sono in genere nell’intervallo 100-200 µM. In altre
matrici ove le concentrazioni di carbonio organico sono maggiori le incertezze sul bianco influenzano
in misura minore l’accuratezza delle misure.
COSTITUENTI ORGANICI
Il TOC è inserito tra i parametri indicatori nel D.Lgs. 31/2001 concernente le caratteristiche
di qualità delle acque destinate al consumo umano, in quanto le sostanze organiche contenute
in un’acqua possono reagire con i reattivi utilizzati nei processi di disinfezione e dar luogo
a composti potenzialmente tossici o cancerogeni.
In un’acqua potabile i valori tipici di carbonio organico sono in genere inferiori a 1 mg/L
mentre nelle acque di scarico si riscontrano livelli molto elevati di composti organici (>100
mg/L).
1. Principio del metodo
Il carbonio organico viene determinato mediante ossidazione catalitica ad alta temperatura
(HTO) di una idonea quantità di campione. Il catalizzatore impiegato è costituito da platino
supportato su una matrice inorganica (es. allumina, quarzo). Il campione di acqua viene, se
necessario, diluito e ben omogeneizzato, quindi iniettato manualmente o mediante autocampionatore
in corrente di ossigeno o di aria purificata nel tubo di combustione dove l’acqua
viene vaporizzata e il carbonio organico ossidato a CO2 e H2O. La CO2 gassosa viene determinata
all’uscita del tubo mediante un rivelatore all’infrarosso.
Il metodo consente di impiegare un microcampione di acqua (50-200 µL) e di eseguire il dosaggio
con rapidità e possibilità di automazione.
Dalla misura dell’area del picco di assorbimento IR della CO2 prodotta, corretta del contributo
del bianco, si ricava la concentrazione del carbonio organico o totale (vedi Capitolo 3 per
interferenze da CO2 inorganica) mediante confronto con una curva di taratura ottenuta con
soluzioni a concentrazione nota comprese nel campo di indagine analitico.
2. Campo di applicazione
Il metodo è in grado di determinare le concentrazioni comunemente riscontrate in diverse matrici
acquose (acque di scarico, superficiali e di mare). L’intervallo di concentrazioni misurabile
è variabile in funzione delle condizioni sperimentali (tipo di apparecchiatura impiegata,
aliquota di campione dosata).
3. Interferenze e cause di errore
Le operazioni di omogeneizzazione del campione, soprattutto in presenza di un innalzamento
della temperatura, possono determinare una perdita di sostanze organiche volatili. L’eliminazione
del carbonio inorganico mediante acidificazione e allontanamento della CO2 con
un gas inerte può provocare un’ulteriore perdita di sostanze organiche volatili. In questo caso
la misura del carbonio organico si riferisce alla sola frazione non volatile (“not purgeable
organic carbon”, NPOC). Si può comunque notare che in molte acque superficiali e sotterranee
la frazione volatile fornisce un contributo trascurabile al carbonio organico totale. Nel caso
in cui si voglia tenere conto anche della frazione volatile si procede alla misura separata
del carbonio totale e del carbonio inorganico, ricavando, poi, per differenza il carbonio organico
totale (DOC). Il carbonio totale viene determinato iniettando il campione nel tubo di
ossidazione senza procedere alla preventiva acidificazione del campione e all’allontanamento
della CO2 prodotta, mentre il solo carbonio inorganico viene dosato (quando lo strumento
lo consenta) introducendo il campione in un recipiente di reazione dove viene fatto reagire
con un acido (HCl) a temperatura ambiente. In questo modo, solo i carbonati e bicarbonati
convertiti in CO2 e la CO2 disciolta raggiungono il rivelatore.
Si desidera sottolineare la delicatezza dell’interferenza da CO2 inorganica. Nelle acque naturali,
infatti, il carbonio inorganico è superiore di un fattore 20 circa rispetto all’organico,
per cui anche piccole tracce residuali di inorganico dell’ordine dell’1% comporteranno un errore
significativo nella determinazione del carbonio organico.
La filtrazione del campione, operazione necessaria per eliminare il materiale sospeso, può
COSTITUENTI ORGANICI
comportare un aumento o una diminuzione del DOC, in funzione delle proprietà fisiche dei
composti del carbonio e dell’eventuale adsorbimento o desorbimento di materiale carbonio-
so. È opportuno valutare il contributo al DOC dovuto al filtro analizzando un bianco di filtrazione.
Eventuali contaminazioni derivanti dai reattivi, dalla vetreria, dai materiali plastici utilizzati
possono essere verificate mediante l’effettuazione di bianchi procedurali.
4. Campionamento e conservazione del campione
Conservare i campioni di acqua in bottiglie di vetro scuro, dotate di tappi con guarnizioni
in teflon o in contenitori di polietilene ad alta densità. Nel primo caso le bottiglie vanno lavate
con acido diluito (HCl 1 M) e trattate in muffola a 550°C per 3-4 ore. Per i tappi è sufficiente
un lavaggio accurato in acqua. Nel secondo caso è consigliabile una procedura di
decontaminazione mediante trattamento con HNO3 1,5 M in stufa a 50°C per un’ora, seguito
da risciacqui abbondanti con acqua ultrapura. Contenitori di altro materiale plastico
possono essere utilizzati dopo aver attentamente verificato che non rilascino sostanze contenenti
carbonio.
Procedure di pulizia meno rigorose sono consentite se le concentrazioni di carbonio organico
da determinare sono relativamente alte.
Per la determinazione del carbonio organico disciolto (DOC) i campioni di acqua vengono
filtrati immediatamente dopo il prelievo su filtri in fibra di vetro precombusti in muffola a
480°C per quattro ore. Per la filtrazione di piccoli volumi (fino a 100 mL) si possono utilizzare
filtri montati su un sistema filtrante costituito da una siringa in PVC con portafiltri in policarbonato,
un dispositivo che limita le possibilità di contaminazione del campione. Per la filtrazione
di volumi più elevati (1-2 litri) si può ricorrere ad un sistema filtrante in vetro boro-
silicato, preliminarmente trattato in muffola, collegato ad una pompa da vuoto per facilitare
la filtrazione. Tra il prelievo del campione e l’analisi deve intercorrere il minor tempo possibile.
I campioni debbono essere conservati a bassa temperatura, al riparo della luce e del-
l’aria, onde prevenire fenomeni di decomposizione batterica e di ossidazione così come fenomeni
di produzione di sostanze organiche da attività fitoplanctonica. Nel caso in cui non
sia possibile analizzare immediatamente il campione si consiglia di congelarlo a –20°C.
5. Apparecchiature
5.1 Normale attrezzatura da laboratorio
Tutta la vetreria e i contenitori di materiale plastico dovranno essere preventivamente trattati
secondo le modalità indicate al Capitolo 4.
5.2 Miscelatore a sbattimento o omogeneizzatore
5.3 Agitatore magnetico dotato di ancorette in teflon.
5.4 Microsiringhe per iniettare volumi fino a 1000 µL.
5.5 Analizzatore di carbonio organico totale
Utilizza la tecnica della combustione ed è dotato di un sistema di rivelazione all’infrarosso
non dispersivo (Fig. 1). In alternativa, esistono in commercio strumenti dotati di rivelatori a ionizzazione
di fiamma in grado di determinare il metano prodotto dalla reazione di conversione
della CO2.
5.6 pHmetro, completo di elettrodo indicatore e di riferimento.
647
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 1: Schema di analizzatore di carbonio organico.
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono essere di grado ultrapuro per analisi in tracce.
6.1 Acqua ultrapura
Utilizzare l’acqua, esente da CO2, per la preparazione dei bianchi, delle soluzioni di riferimento
e per il risciacquo finale della vetreria, avendo cura di evitare al massimo il contatto
con l’aria.
6.2 Acido cloridrico concentrato HCl (d=1,19)
6.3 Soluzione di riferimento concentrata contenente 1000 mg/L di carbonio organico
Sciogliere 0,2125 g di ftalato acido di potassio (C8H5KO4) in acqua (6.1) e portare a volume
in matraccio tarato da 100 mL. Acidificare con HCl (6.2) fino a pH=2 e conservare in recipiente
ben chiuso, al buio e a 4°C. La soluzione è stabile per circa due mesi.
6.4 Soluzione di riferimento concentrata contenente 1000 mg/L di carbonio inorganico
Sciogliere 0,3497 g di idrogeno carbonato di sodio, NaHCO3, e 0,4418 g di carbonato di
sodio anidro, Na2CO3, in acqua (6.1) e portare a volume in matraccio tarato da 100 mL.
Conservare la soluzione in un recipiente ben chiuso.
6.5 Materiale per il riempimento dei tubi per lo sviluppo di CO2
Il materiale e le modalità di riempimento devono essere quelli consigliati dalla ditta costruttrice
dell’apparecchio analizzatore (5.5).
6.6 Aria ultrapura, esente da CO2 e idrocarburi.
Il controllo della linea di base strumentale consente di verificare la purezza dell’aria.
648
COSTITUENTI ORGANICI
7. Procedimento
Le differenze tra le varie apparecchiature (5.5) disponibili non consentono una codificazione
dettagliata di istruzioni adatte ad ogni tipo di strumento. Quindi, per l’attivazione e la predisposizione
dell’apparecchio al funzionamento attenersi alle indicazioni riportate nel manuale
dello strumento che indica, di norma, anche le condizioni più appropriate per l’esecuzione
delle analisi.
Il volume di campione da iniettare nel tubo di combustione è variabile a seconda della capacità
del tubo stesso e della quantità di carbonio da dosare.
Il campione viene iniettato quando l’apparecchio è già stato portato a regime per quello che
riguarda il flusso di aria, la temperatura dei tubi di combustione, la parte elettronica, ecc.
7.1 Taratura
Costruire la curva di taratura all’inizio di ogni ciclo analitico utilizzando soluzioni di riferimento
in numero sufficiente a garantire una corretta interpolazione delle concentrazioni misurate.
Le concentrazioni delle soluzioni di riferimento saranno scelte all’interno del campo di
linearità dello strumento, nell’intervallo di valori atteso per i campioni.
Verificare ad intervalli regolari la validità della curva di taratura inserendo, in una serie di
campioni, l’analisi di un bianco e di una soluzione di riferimento.
7.1.1 Carbonio totale e organico
Per la preparazione delle soluzioni di riferimento per la taratura, diluire opportunamente con
acqua (6.1) la soluzione di riferimento concentrata (6.3). Iniettare a turno un’aliquota delle
soluzioni preparate nel tubo di combustione e registrare l’area del picco di assorbimento IR
della CO2 prodotta. Effettuare almeno tre repliche per ogni soluzione da analizzare. Costruire
la curva di taratura riportando in ascissa le concentrazioni di carbonio organico in mg/L
e in ordinata le aree dei picchi corrette del valore ottenuto da un bianco di acqua (6.1) sottoposto
alla stessa procedura delle soluzioni di riferimento.
La curva di taratura può essere ottenuta direttamente se si dispone di un sistema di elaborazione
dati collegato all’apparecchio analizzatore.
7.1.2 Carbonio inorganico
Per la preparazione delle soluzioni di riferimento per la taratura, diluire opportunamente con
acqua (6.1) la soluzione di riferimento concentrata (6.4). Iniettare a turno un’aliquota delle
soluzioni preparate nel recipiente di reazione per il carbonio inorganico nel caso di uso di
strumenti che prevedono questa possibilità; la CO2 prodotta viene trasferita dal gas di trasporto
al rivelatore IR ed ivi misurata. Effettuare, anche in questo caso, almeno tre repliche
per ogni soluzione da analizzare. Per la costruzione della curva di taratura procedere come
descritto nel Sottoparagrafo 7.1.1.
7.2 Dosaggio del campione
Se il campione contiene sostanze oleose in superficie e/o sostanze colloidali, dibattere per 10
minuti nell’apposito miscelatore (5.1) circa 250 mL di campione in modo da favorirne la dispersione.
Per campioni che presentano tenori elevati di acidi, basi e sali è opportuno procedere
ad una preventiva diluizione del campione per migliorare la precisione delle misure
ed evitare un rapido deterioramento del catalizzatore e la corrosione di parti strumentali.
Iniettare il campione nel tubo di combustione adottando le stesse condizioni operative utilizzate
per la curva di taratura. Ripetere le iniezioni più volte fino ad avere una ripetibilità su
tre letture consecutive entro il ±2%.
Per ricavare dal carbonio totale la concentrazione del carbonio organico (DOC), il carbonio
inorganico deve essere determinato separatamente o allontanato mediante acidificazione del
campione sotto flusso di gas inerte. La misura del carbonio inorganico, quando lo strumento
649
COSTITUENTI ORGANICI
lo consenta, viene effettuata seguendo le modalità indicate al Sottoparagrafo 7.1.2 per la costruzione
della relativa curva di taratura. La determinazione del carbonio organico può essere
effettuata soltanto nel caso in cui le frazioni organica ed inorganica siano confrontabili.
Nel caso di differenze marcate (ad esempio qualora la frazione organica sia molto piccola),
c’è il rischio che le incertezze associate alle misure del carbonio totale e della frazione inorganica
producano errori elevati sulla stima per differenza.
Se, invece, si ricorre all’eliminazione del carbonio inorganico prima dell’analisi, trasferire
un’aliquota di campione rappresentativa (20-50 mL) in un recipiente e aggiungere acido cloridrico
concentrato (6.2) per avere un pH inferiore a 2. In queste condizioni, i carbonati e i
bicarbonati vengono trasformati in CO2 che viene allontanato dalla soluzione facendo gorgogliare
un gas, aria purissima (6.6) o altro gas esente da CO2 e idrocarburi, per 10 minuti.
Iniettare quindi il campione nel tubo di combustione seguendo le modalità indicate per il
carbonio totale. In questo caso, la frazione volatile del carbonio organico viene eliminata insieme
al carbonio inorganico e si ottiene il NPOC (“not purgeable organic carbon”), per distinguerlo
dal DOC indicato in precedenza.
8. Calcoli
8.1 Carbonio totale disciolto
Il valore medio dell’area del picco, corretto del valore del solo bianco strumentale o del bianco
complessivo (bianco dell’acqua + bianco strumentale) qualora non sia possibile distinguere
tra i due contributi e comunque nel caso in cui il valore complessivo sia inferiore a 15-20
µM e quindi possa essere attribuito in gran parte al bianco strumentale, consente di ricavare
dalla curva di taratura (7.1.1) la concentrazione di carbonio totale disciolto (DC) nel campione
in esame, espressa im mg/L.
8.2 Carbonio inorganico disciolto
Dal valore medio dell’area del picco, corretto del valore del bianco strumentale (in questo caso
la procedura di acidificazione e insufflazione con azoto o aria ultrapura consente di avere
un’acqua esente da CO2), ricavare mediante la curva di taratura (7.1.2) la concentrazione
di carbonio inorganico disciolto (DIC) nel campione in esame, espressa in mg/L.
8.3 Carbonio organico disciolto
Il carbonio organico disciolto si ottiene dalla differenza:
DOC = DC - DIC
dove:
DOC = concentrazione (mg/L) di carbonio organico disciolto;
DC = concentrazione (mg/L) di carbonio totale disciolto;
DIC = concentrazione (mg/L) di carbonio inorganico disciolto.
Se il carbonio inorganico viene rimosso prima dell’analisi del campione, ricavare dalla curva
di taratura 7.1.1 la concentrazione di mg/L di NPOC, espressa im mg/L.
9. Qualità del dato
Con gli analizzatori di carbonio attualmente disponibili è possibile ottenere una precisione,
espressa come coefficiente di variazione, dell’1-2%. Misure di DOC effettuate da 59 laboratori
su due campioni di acqua di mare, uno tal quale, l’altro addizionato con glucosio ad una
concentrazione di 50 µmoli/L di C, hanno fornito un’accuratezza del ±10%.
650
COSTITUENTI ORGANICI
BIBLIOGRAFIA
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C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5050. Diserbanti ureici
Introduzione
I diserbanti fenilureici, tra cui il più utilizzato in Italia è il Linuron, sono erbicidi selettivi, impiegati
in pre- e post-emergenza per il controllo di un’ampia varietà di colture quali quelle
orticole (patate, carote, pomodori, ecc.), floreali, intensive (mais, frumento, orzo, soia, girasole)
e frutteti.
Il loro meccanismo d’azione si esplica attraverso l’inibizione della fotosintesi mediante assorbimento
radicale o per contatto sulle superfici fogliari delle infestanti. Nell’ambiente, questi
composti sono rapidamente degradati per fotolisi, come descritto in diversi studi già da tempo
effettuati, particolarmente in soluzione acquosa. Anche i microorganismi giocano un ruolo
importante nella degradazione delle feniluree. La loro azione, che è molto complessa, si
esplica attraverso diversi possibili meccanismi, che dipendono da numerosi fattori, quali la
temperatura, il pH del terreno, la presenza di nutrienti o di sostanze tossiche, le caratteristiche
di adsorbimento e deadsorbimento da parte delle particelle del terreno.
Accanto alle feniluree, sono state recentemente immesse sul mercato le solfoniluree, caratterizzate
da bassi quantitativi d’uso ed alta fitotossicità. A causa della loro alta selettività verso
le infestanti e la loro bassa tossicità versi i mammiferi, questi diserbanti sono diventati i nuovi
sostituti di alcuni vecchi composti come le triazine e i clorofenossicarbossilici.
Le solfoniluree sono usate in pre- e post-emergenza, per il controllo dei cereali, in particolare
del riso, delle patate e della barbabietola da zucchero. La loro attività erbicida è dovuta
alla rapida inibizione di un enzima, Acetolattato Sintetasi (ALS), necessario per la sintesi di
aminoacidi essenziali per la crescita delle piante.
Poiché questi composti sono termicamente instabili, la loro determinazione per via gascromatografica
è generalmente preceduta da derivatizzazione o idrolisi. Al contrario, la cromatografia
liquida permette di determinare direttamente la loro presenza, dopo aver effettuato
una efficace preconcentrazione del campione, per poter raggiungere bassi livelli di rilevabilità.
1. Principio del metodo
I diserbanti fenil e solfonilureici vengono estratti dalla matrice acquosa mediante estrazione
liquido/liquido o estrazione in fase solida (SPE) ed analizzati in cromatografia liquida ad
alta prestazione (HPLC) con rivelatore UV, possibilmente con Diode Array (UV-DAD). I costituenti
sono separati in gradiente di eluizione e quantificati per confronto tra le aree dei rispettivi
picchi cromatografici e quelle delle relative soluzioni di riferimento, sulla base di opportune
rette di taratura. Per una migliore accuratezza del metodo, si può utilizzare come
riferimento interno, aggiunto nel campione acquoso, immediatamente prima dell’estrazione,
il Monolinuron (erbicida non in vendita in Italia). I risultati sono espressi in µg/L per ciascun
principio attivo.
2. Campo di applicazione
Il metodo viene applicato alle acque naturali (superficiali, sotterranee) e di scarico, nell’intervallo
di concentrazione compreso tra 0,1 µg/L e 50 µg/L. La quantità iniziale di campione
da estrarre può variare da 100 mL a 2000 mL, in relazione alla complessità della matrice da
COSTITUENTI ORGANICI
1 Diuron
2 Isoproturon
3 Metobromuron
4 Linuron
5 Tifensulfuron metile
6 Metasulfuron metile
7 Cinosulfuron
8 Clorsulfuron
9 Rimsulfuron
10 Bensulfuron metile
Composto
Tabella 1: Principi attivi
esaminare ed alla concentrazione degli
analiti. I principi attivi ricercati, appartenenti
a queste categorie, sono riportati in
Tab. 1.
3. Interferenze e cause di errore
Composti organici con tempi di ritenzione simili o identici a quelli degli analiti di interesse
possono interferire con la determinazione. Per i picchi con tempo di ritenzione uguale al riferimento,
è opportuno verificarne la presenza variando le condizioni cromatografiche ed
usando una colonna di diversa polarità. Il sistema UV-DAD, che permette di richiamare lo
spettro di assorbimento dei composti rilevati, consente di stabilire se il picco con lo stesso tempo
di ritenzione del riferimento corrisponde effettivamente al composto ricercato. Nel caso di
sovrapposizioni parziali di picchi, si dovranno considerare accettabili, per la quantificazione,
quelli con una risoluzione superiore al 70% oppure utilizzare un “software” dedicato per
la lettura della deconvoluzione dei segnali parzialmente sovrapposti.
La presenza di picchi interferenti, dovuti alla contaminazione dell’ambiente di lavoro, può essere
mantenuta sotto controllo mediante l’effettuazione di uno o più bianchi, ottenuti sottoponendo
ad analisi completa campioni di acqua distillata esente da sostanze organiche.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il prelievo dei campioni dovrà essere effettuato in bottiglie di vetro scuro, con chiusura a smeriglio
oppure a vite con guarnizione di teflon. La concentrazione di diserbanti presenti può
essere diminuita dall’attività biologica del campione, pertanto si dovrà procedere all’analisi
nel minor tempo possibile dopo il prelievo (al massimo 48 ore), mantenendo i campioni fino
al momento dell’analisi a 4°C e al riparo dalla luce.
Se non è possibile analizzare il campione in breve tempo è consigliabile effettuare almeno
l’estrazione e conservare l’estratto a 4°C, oppure verificare la stabilità del campione aggiungendo
un riferimento interno, ad esempio Monolinuron, o comunque un composto con comportamento
chimico–fisico equivalente.
5. Apparecchiature
5.1 Cromatografo liquido ad alta prestazione (HPLC) con rivelatore UV a lunghezza
d’onda variabile o a serie di diodi. Si consiglia l’uso di una colonna di separazione a fase
inversa con resina del tipo C8, C18, fenil, ciano. La colonna deve essere in grado di fornire
un’adeguata efficienza e risoluzione nella separazione dei picchi degli analiti. La fase mobile,
la composizione e la durata del gradiente ed il flusso di lavoro sono correlati al tipo e dimensioni
della colonna utilizzata. Il sistema di acquisizione dei dati può essere costituito da
personal computer o integratore.
5.2 Adsorbenti per l’estrazione SPE, costituiti da silice legata a catene a 8 o 18 atomi di
654
COSTITUENTI ORGANICI
carbonio, resine stirene divinilbenzene, su supporti a disco o in cartucce, e cartucce di carbone
grafitato. La procedura di condizionamento, estrazione ed eluizione viene effettuata sotto
vuoto, secondo le modalità consigliate dal produttore, montando il supporto del materiale
adsorbente su una beuta da vuoto o su un sistema multiplo per estrazione liquido-solido, disponibile
in commercio.
5.3 Normale vetreria da laboratorio di classe A.
5.4 Bilancia analitica, risoluzione 0,1 mg.
5.5 Evaporatore rotante
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono essere puri per analisi e l’acqua deve essere esente da sostanze organiche.
6.1 Acetone, etile acetato, metanolo, diclorometano puri per pesticidi.
6.2 Acetonitrile per HPLC
6.3 HCl, NaCl e Na2SO4
6.4 Filtri in fibra di vetro o polvere di vetro con particelle da 40 microns di diametro, da
utilizzare per la filtrazione in linea delle acque contenenti solidi sospesi particellari o colloidali.
6.5 Acido acetico glaciale
6.6 Soluzioni di riferimento (Diserbanti ureici con purezza non inferiore al 95%, possibilmente
certificati).
6.6.1 Soluzioni concentrate di diserbanti ureici
Pesare 10 mg di ognuno dei principi attivi della Tabella 1 sopramenzionata, trasferirli in matracci
tarati da 100 mL e portare a volume con acetonitrile. Queste soluzioni possono essere
conservate a 4°C per tre mesi.
6.6.2 Soluzioni di riferimento
Preparare un minimo di tre soluzioni di riferimento contenenti gli analiti in miscela, aggiungendo
accuratamente, in funzione della concentrazione degli analiti desiderata, volumi misurati
delle singole soluzioni concentrate (6.6.1) in matracci tarati, portando poi a volume con
acetonitrile.
È consigliabile costruire rette di taratura lineari non superiori ad un ordine di grandezza, ad
esempio da 0,1 mg/L a 1 mg/L con almeno un punto intermedio (ad esempio 0,5 mg/L).
Le soluzioni di lavoro possono essere conservate a 4°C per circa un mese.
7. Procedimento
7.1 Trattamento preliminare del campione
Portare tutte le soluzioni di riferimento (6.6.2) ed i campioni a temperatura ambiente prima
di iniziare ogni analisi.
655
COSTITUENTI ORGANICI
Prima dell’estrazione, agitare il campione per ottenere una maggiore omogeneità. Se si utilizza
il riferimento interno, aggiungere un volume idoneo di soluzione, in modo che la sua
concentrazione finale, dopo la procedura di estrazione, sia la stessa usata nelle soluzioni di
riferimento (6.6.2).
7.1.1 Estrazione liquido/liquido
Un litro di campione viene addizionato con 50 mL di una soluzione satura di sodio cloruro
ed estratto in imbuto separatore, o con analogo dispositivo idoneo all’estrazione liquido/liquido,
con 100 mL di etile acetato. La fase acquosa, successivamente portata a pH acido (circa
2) con acido cloridrico, è estratta con una seconda aliquota da 100 mL di etile acetato.
Gli estratti riuniti, anidrificati con solfato di sodio anidro e portati a secchezza mediante evaporatore
rotante in bagno termostatico a 35°C, seccati in corrente di azoto, sono ripresi con
1 mL di acetonitrile. L’estratto ottenuto è analizzato mediante HPLC-UV.
La Fig. 1 mostra una tipica separazione dei principi attivi in esame, con questa procedura.
Figura 1: Cromatogramma, ottenuto a 240 nm, di un litro di acqua superficiale contaminato con 10 µ
µµg/L di ciascun
principio attivo di Tab. 1, estratto con tecnica liquido/liquido. Condizioni analitiche: colonna cromatografica Hypersil
ODS, 200x2,1 mm, dimensione particelle 5 µ
µµm, flusso 1,2 mL/min. Gradiente (acetonitrile + acido acetico 1%/acqua
+ acido acetico 1%): da 15:85 (inizio gradiente) a 65:35 in 50 min, volume iniettato 10 µ
µµL.
7.1.2 Estrazione in fase solida con resine stirene-divinilbenzene (SDVB)
Lavare e condizionare il substrato adsorbente con metanolo seguito da acqua ultrapura.
Filtrare attraverso la fase solida, con un flusso non superiore a 3 mL/min, un volume noto di
campione, variabile da 100 mL a 1000 mL in relazione alla complessità della matrice. Nel
caso di campioni contenenti materiale in sospensione, è consigliabile utilizzare filtri in fibra
di vetro o polvere di vetro in linea al substrato adsorbente, in modo tale da effettuare una preventiva
filtrazione del particolato che potrebbe intasare il substrato stesso, e da consentirne
l’estrazione all’atto del passaggio dell’eluente.
Far passare aria per 30 minuti attraverso l’adsorbente in modo da eliminare le tracce di acqua
trattenuta ed eluire gli analiti mediante due aggiunte successive, con un intervallo di 5
minuti tra l’una e l’altra, di 2,5 mL di una soluzione acetonitrile/metanolo 1:1 (v/v).
Evaporare a piccolo volume l’eluato sotto debole corrente d’azoto a temperatura ambiente e
portare a un volume finale di 1 mL con acqua distillata, esente da sostanze organiche.
656
COSTITUENTI ORGANICI
Come riferimento interno (surrogato) può essere utilizzato Monolinuron (erbicida non in vendita
in Italia) aggiunto al campione nel momento dell’arrivo in laboratorio, in modo da verificare
la stabilità del campione stesso e l’efficacia dell’estrazione.
La Fig. 2 mostra una tipica separazione di diserbanti fenilureici con questa procedura.
Figura 2: Cromatogramma, ottenuto a 250 nm, di un campione di acqua di falda superficiale contaminato con 1
µ
µµg/L di ciascun composto, estratto con cartuccia LiChrolut EN (Merck, Germania) da 200 mg. Condizioni analitiche:
colonna cromatografica Lichrosphere 5100 C18 (HPLC Technology, Gran Bretagna) 250 x 4,6 mm, dimensione particelle
5 µ
µµm, flusso 0,7 mL/min. Gradiente (acqua/acetonitrile) da 40:60 (inizio gradiente) a 75:25 in 20 min, volume
iniettato 25 µ
µµL. I picchi non contrassegnati dal numero si riferiscono a metaboliti ureici non inseriti nel gruppo
degli analiti considerati nel presente metodo.
7.1.3 Estrazione SPE con cartuccia di carbone grafitato
Per l’estrazione in fase solida, possono essere utilizzate le cartucce SPE in carbone grafitato
disponibili in commercio (0,5 g).
Condizionare la cartuccia SPE con 8 mL di fase eluente (diclorometano/metanolo 80:20
(v/v), acidificato con acido acetico 10 mmoli/L), 2 mL di metanolo e 20 mL di acqua distillata
(acidificata a pH=2). Far passare il campione (500 mL o 50 mL, rispettivamente per acque
superficiali o di scarico), attraverso la cartuccia SPE ad un flusso di 70-100 mL/min. Staccare
la pompa e riempire la cartuccia con 20 mL di acqua distillata, che viene fatta passare attraverso
il carbone ad un flusso di 5 mL/min. Portare a secco il substrato adsorbente sotto
vuoto per un minuto. Far passare 0,5 mL di metanolo per gravità e portare a secco il substrato
adsorbente sotto vuoto per un minuto. Invertire la cartuccia introducendo in essa un pistone
cilindrico di teflon, avente base conica e una punta di tipo Luer, fino a venire a contatto
con il setto superiore della cartuccia stessa. Eluire le solfoniluree con 8 mL di una miscela
diclorometano/metanolo 80:20 (v/v), acidificata con acido acetico 10 mmoli/L, raccogliendo
l’eluato in una provetta. Evaporare a secchezza a 40°C con un moderato flusso di azoto.
Non lasciare la provetta per più di un minuto nel bagno termostatico dopo la totale evaporazione
del solvente. Riprendere il residuo con 200 µL di una miscela acqua/acetonitrile
(80:20 v/v) acidificata con acido acetico 2 mmoli/L ed analizzarlo mediante HPLC-UV.
La Fig. 3 mostra una tipica separazione di diserbanti solfonilureici con questa procedura.
7.2 Analisi
Dopo aver impostato le condizioni cromatografiche, attendere che il sistema sia stabilizzato,
controllando la linearità della linea di base, quindi iniettare la miscela dei principi attivi esaminati
a tre o più livelli di concentrazione, per la costruzione della retta di taratura.
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 3: Cromatogramma, ottenuto a 230 nm, di 0,5 L di un campione di acqua superficiale contaminato con 2
µ
µµg/L di 5 solfoniluree tra quelle esaminate ed estratto con una cartuccia di carbone grafitato “Carbograph-4” da
500 mg. Condizioni analitiche: colonna cromatografica Alltech Alltima C18, 250 x 4,6 mm, dimensione particelle 5
µ
µµm, flusso 1 mL/min. Gradiente (acetonitrile + TFA 3 mmoli/L / acqua + TFA 3 mmoli/L): da 32:68 (inizio gradiente)
a 62:38 in 40 min, volume iniettato 50 µ
µµL.
Verificare la presenza di eventuali interferenti dovuti al processo, mediante l’iniezione di un
campione d’acqua esente da sostanze organiche estratto con le stesse modalità del campione
(“bianco”).
Iniettare i campioni ed effettuare l’eventuale riconoscimento qualitativo per confronto con i
tempi di ritenzione delle soluzioni di riferimento. Nei casi di positività, qualora si operi con
un sistema UV-DAD, è possibile richiamare lo spettro di assorbimento del picco cromatografico
con lo stesso tempo di ritenzione del riferimento e verificarne la sovrapponibilità con lo
spettro del riferimento stesso. In assenza di sistema DAD, ripetere l’analisi cromatografica con
un’altra colonna di differente polarità.
Completata l’identificazione qualitativa dei picchi, procedere all’analisi quantitativa, introducendo
nel cromatografo volumi uguali di campione e di soluzioni di riferimento. Preparare almeno
3 miscele di riferimento dei principi attivi (vedi Sottoparagrafo 6.6.2) ad opportune
concentrazioni. Costruire quindi le rette di taratura per i singoli composti, accertandosi di
operare nel campo di linearità dello strumento, riportando in grafico l’area del picco del componente
(A) in funzione della concentrazione del componente stesso ed interpolando i punti
sperimentali con il metodo dei minimi quadrati. Ricavare il coefficiente angolare (a) e l’intercetta
(b) della retta di taratura.
8. Calcoli
La concentrazione incognita di ogni componente è data dalla relazione:
A– b Vf
C = ·
a Vi
dove:
C = concentrazione (µg/L) di diserbante;
A = area del picco del diserbante nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
COSTITUENTI ORGANICI
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
Nel caso in cui si utilizzi il riferimento interno, si riporta in grafico il rapporto area picco com-
ponente/area picco di riferimento interno (A/Asi) in funzione della concentrazione del componente
stesso. La concentrazione incognita di ogni componente è data dalla relazione:
A/Asi– b Vf
C = ·
a Vi
dove:
C = concentrazione (µg/L) di diserbante;
A = area del picco del diserbante nella miscela incognita;
Asi = area del picco del riferimento interno nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
Accertarsi che la concentrazione del campione sia all’interno dell’intervallo di concentrazione
utilizzato per la curva di taratura.
9. Qualità del dato
La precisione del metodo è calcolata mediante misure di ripetibilità del dato, ottenute iniettando
campioni di acqua superficiale incrementati a due diversi livelli di concentrazione ed
estratti. Il procedimento è ripetuto su almeno cinque aliquote di campione a ciascuna concentrazione.
Le procedure sperimentali sopra riportate sono state verificate mediante una sperimentazione
che ha consentito di stabilire che i recuperi dei vari composti fenilureici sono superiori all’80%
con un coefficiente di variazione inferiore al 10%. Per le solfoniluree, estratte con il metodo
liquido/liquido, i recuperi sono superiori al 70% con un coefficiente di variazione inferiore al
12%.
L’accuratezza del metodo è ottenuta dal recupero medio percentuale delle prove effettuate sulle
diverse aliquote dei due campioni incrementati.
Per verificare l’efficacia dell’estrazione, è conveniente effettuare, contemporaneamente ai
campioni, l’analisi di un “bianco” incrementato con la miscela dei composti di interesse, alla
concentrazione più vicina possibile a quella presunta dei campioni stessi.
Il limite di rivelabilità del metodo calcolato per acque naturali è di 0,1 µg/L, mentre per le
acque di scarico è di 1 µg/L.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
COSTITUENTI ORGANICI
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COSTITUENTI ORGANICI
5060. Prodotti fitosanitari
(Antiparassitari, pesticidi)
1. Principio del metodo
Recentemente, per la determinazione dei prodotti fitosanitari nelle acque, sono stati proposti
vari metodi multiresidui che utilizzano diverse procedure di estrazione delle sostanze attive e
diverse tecniche analitiche.
Poiché tutti questi metodi presentano indubbi vantaggi, nello schema analitico che proponiamo
si è ritenuto opportuno lasciare all’operatore una certa discrezionalità nella scelta delle
procedure.
Vengono quindi proposte diverse soluzioni, da scegliere anche in funzione della strumentazione
disponibile in laboratorio.
Per quanto concerne la procedura di estrazione, potrà essere utilizzata la tecnica liquido/liquido
o l’estrazione in fase solida con l’ausilio di supporti di prefiltrazione, in linea con il substrato
adsorbente, (quale ad esempio fibra di vetro in polvere) in modo da permettere il passaggio
finale dell’eluente. Questo accorgimento è reso necessario dal fatto che la presenza di
materiale in sospensione potrebbe creare problemi nell’adsorbimento su fase solida e successiva
eluizione (ostruzione parziale o totale durante il passaggio del campione).
Poichè l’analisi di estratti da matrici acquose ha messo in evidenza la possibilità della presenza
di composti interferenti, si è ritenuto opportuno prevedere nel metodo un’analisi di conferma.
Detta analisi si basa sull’impiego di tecniche di separazione diverse (gascromatografia
ed HPLC), di colonne a diversa polarità nell’ambito della stessa tecnica analitica e, qualora
sia possibile, per una identificazione più certa, della spettrometria di massa come sistema
di rivelazione (GC/MS).
Il metodo descritto nel seguito riguarda un sottoinsieme di sostanze attive (erbicidi azotati) che
possono essere determinate in gascromatografia con rivelatore NPD o in cromatografia liquida
ad alta prestazione (HPLC). È possibile l’estensione del presente metodo ad altre sostanze
attive, come specificato in Appendice, utilizzando le stesse tecniche di estrazione indicate
nel metodo. In essa si riporta anche un cromatogramma esemplificativo, riguardante
un’ampia gamma di sostanze attive, compresi gli erbicidi azotati, ottenuto mediante analisi
in gascromatografia con rivelazione di massa (GC/MS).
2. Campo di applicazione
II metodo è applicabile alle acque di scarico e consente l’analisi degli erbicidi riportati in Tab. 1
con un limite di quantificazione di 1 µg/L, partendo da un campione di 100 mL.
Inoltre, il metodo è applicabile anche alle acque superficiali, sotterranee e potabili e consente
l’analisi con un limite di quantificazione, per ciascun analita, di 0,05 µg/L, partendo da un
campione di 500-2000 mL.
3. Interferenze e cause di errore
Le più comuni interferenze sinora segnalate, nel caso di analisi con rivelatore selettivo al fosforo
ed all’azoto, sono rappresentate dagli insetticidi organofosforici (tipo Parathion, Malathion
ecc.), dagli alchil e alchilarilfosfati, dagli aloalchil e aloalchilarilfosfati e dai mercaptobenzotiazoli.
COSTITUENTI ORGANICI
Atrazina C8H14ClN5 2-cloro-4-etilamino-6-isopropilamino-1,3,5-triazina
Atrazina deetilata (metabolita) C6 H9ClN5 2-cloro-4-amino-6-isopropilamino-1,3,5-triazina
Atrazina deisopropilata (metabolita) C5H7ClN5 2-cloro-4-etilamino-6-amino-1,3,5-triazina
Propazina** C9H16ClN5 2-cloro-4,6-bis (isopropilamino)-1,3,5-triazina
Simazina C7H12ClN5 2-cloro-4,6-bis(etilamino)-1,3,5-triazina
Terbutilazina C9H16ClN5 2-cloro-4-etilamino-6-ter-butilamino-1,3,5-triazina
Terbutilazina deetilata (metabolita) C7H12ClN5 2-cloro-4-amino-6-ter-butilamino-1,3,5-triazina
Prometrina Cl0 H19 N5S 2,4-bis (isopropilamino)-6-metiltio-1,3,5-triazina
Cianazina C9H13ClN6 2-cloro-4 (1-ciano-1-metiletilamino)-6-etilamino-
1,3,5-triazina
Pendimetalin C13Hl9N3O4 N-(1-etilpropil)-2,6-dinitro-3,4-xilidina
Alaclor C14H2OClNO2 2-cloro-2’,6’-dietil-N-metossimetil-acetanilide
2,6-dietilanilina C10H10N
(metabolita)
Metolaclor C15H22ClNO2 2-cloro-6’-etil-N(2-metossi-1-metiletil) aceto-
o-toluidide
2-etil-6-metilanilina C9H8N
(metabolita)
Molinate C7H17NOS S-etil peridroazepina-1-tiocarbossilato
Desmetrina C8H15N5S 2-isopropilamino-4-metilamino-6 metiltio-
4,3,5-triazina
Ametrina C9H17N5S 2-etilamino-4-isopropilamino-6-metiltio-
1,3,5–triazina
Terbutrina Cl0H19N5S 2-terbutilamino-4-etilamino-6-metiltio-1,3,5-triazina
(*) Chemical Abstracts
(**) Sostanza attiva non autorizzata in Italia
Erbicida Formula bruta Nome chimico (C.A.)
Tabella 1: Erbicidi determinabili con il metodo proposto
In particolare gli esteri fosforici sono molto diffusi e possono essere causa di contaminazione
anche attraverso i materiali di laboratorio.
Per eliminare l’interferenza di molti di questi composti (alchil ed aloalchilfosfati, ecc.) si può
effettuare l’analisi in HPLC, dal momento che essi non vengono rivelati in UV.
Per campioni particolarmente complessi è possibile operare la purificazione e frazionamento del-
l’estratto su microcolonna di gel di silice, secondo la procedura proposta da Leoni e collaboratori.
4. Campionamento e conservazione del campione
I campioni vengono prelevati in bottiglie di vetro neutro, possibilmente scuro, con chiusura a
smeriglio oppure a vite.
Essi debbono essere conservati in frigorifero fino al momento dell’estrazione, che deve essere
eseguita preferibilmente entro 48 ore dal prelievo.
5. Apparecchiature
5.1 Gascromatografo
Si consiglia l’uso di colonne capillari e sistemi di iniezione “on column” o “split/splitless”.
In Tab. 2 si riportano, a titolo di esempio, le condizioni operative tipiche per l’analisi in
gascromatografia.
662
COSTITUENTI ORGANICI
Tabella 2: Condizioni operative - GC
Colonna: metilfenilsilicone (es. SPB5, PS 255, o equivalente)
Colonna di conferma: vinilsilicone (es. OV 1701, o equivalente)
Dimensioni colonna: l = 25-30 m, d.i.=0,32 mm, spessore film=0,25-0,35 µm
l = 30 m, d.i.=0,25 mm, spessore film=0,25 µm
Iniettore:
“on column” (le modalità di iniezione dipendono dalle caratteristiche
costruttive dell’iniettore, comunque in genere si inietta al massimo 1
µL oppure: “split/splitless” (“splitless” valvola chiusa per 60 sec),
temp. 250°C
Rivelatore: -tipo: rivelatore azoto-fosforo (nitrogen-phosphorous detector NPD)
-temp.: 250°C
-flussi: idrogeno e aria secondo il rapporto suggerito dal costruttore
(di solito da 1:10 a 1:20)
Gas di trasporto: elio
Gas ausiliario: elio o azoto; flusso: 30 mL/min (o secondo specifiche rivelatore)
Temperatura colonna:
programma: 80°C per 1 min, 15°C/min fino a 150°C, 150°C per 1
min, 3°C/min fino a 220°C, 220°C per 1 min, 20°C/min fino a
280°C (o altro programma di temperatura del quale si verifichi
l’idoneità)
5.2 HPLC
Si consiglia l’uso di uno strumento dotato di rivelatore UV a lunghezza d’onda variabile e di
colonne a fase inversa del tipo C18 o C8 (per la messa a punto del metodo è stata utilizzata una
colonna C18 di lunghezza 15 cm, diametro interno 4,6 mm, diametro particelle 5 µm).
Tabella 3: Condizioni operative - HPLC
Colonna: C18 (5 µm); l=15 cm
Miscela eluente: metanolo:acetonitrile:acqua (40:20:40)
Flusso: 1 mL/min
Lunghezza d’onda rivelatore UV: 220 nm
5.3 Evaporatore rotante, con possibilità di operare con il vuoto, con bagno termostatico
ed opportuno sistema per il recupero dei solventi.
5.4 Colonne cromatografiche
Colonne cromatografiche in vetro (h=30 cm, d.i.=4,2 mm) con parte inferiore sfinata (h=3,5
cm, d.i.=2 mm) e serbatoio solventi avente una capacità di circa 40 mL.
5.5 Provette da concentrazione in vetro (“vials”), da 5 mL, 10 mL, 15 mL e 25 mL, preferibilmente
con gambo sfinato graduato a 0,5 mL ed 1 mL.
5.6 Normale vetreria di laboratorio
Dopo il lavaggio, la vetreria deve essere sciacquata con acqua bidistillata ed infine con acetone,
prima dell’uso.
6. Reattivi
6.1 Diclorometano (tipo per determinazione residui pesticidi).
6.2 Etilacetato (tipo per determinazione residui pesticidi).
6.3 Acetonitrile (per HPLC)
663
COSTITUENTI ORGANICI
6.4 Metanolo (per HPLC)
6.5 Acqua (per HPLC)
6.6 Sodio solfato anidro (tipo granulare per analisi di pesticidi).
II prodotto va tenuto in muffola per almeno 3 ore a 550°C e successivamente conservato in
contenitore di vetro a chiusura ermetica (precedentemente lavato come descritto sopra per la
vetreria).
6.7 Adsorbenti per l’estrazione SPE
Costituiti da silice legata a catene a 8 o 18 atomi di carbonio, resine stirene divinilbenzene,
su supporti a disco o in cartucce, e cartucce di carbone grafitato. La procedura di condizionamento,
estrazione ed eluizione viene effettuata sotto vuoto, secondo le modalità riportate in
bibliografia, montando il supporto del materiale adsorbente su una beuta da vuoto o su un
sistema multiplo per estrazione liquido-solido, disponibile in commercio.
6.8 Filtri in fibra di vetro o polvere di vetro, con particelle da 40 µm di diametro, da utilizzare
per la filtrazione in linea delle acque contenenti solidi sospesi particellari o colloidali.
6.9 Soluzioni di riferimento di erbicidi
Le sostanze attive, preferibilmente certificate o garantite, devono avere una purezza superiore
al 98%.
6.9.1 Per analisi con tecniche gascromatografiche
Preparare le soluzioni di riferimento concentrate pesando 10 mg di ognuna delle sostanze attive
costituenti la miscela, trasferendole in matraccio tarato (100 mL) e portando a volume con
etilacetato o metanolo. Queste soluzioni possono essere conservate in frigorifero per tre mesi
(ricontrollando gravimetricamente l’eventuale evaporazione del solvente).
Le soluzioni di riferimento diluite, a concentrazione di circa 0,2 ng/µL, 0,5 ng/µL, 1 ng/µL
e 2 ng/µL, vengono ottenute per diluizioni successive delle soluzioni di riferimento concentrate
impiegando come solvente sempre l’etilacetato. È preferibile che queste soluzioni siano
preparate almeno una volta al mese o al momento dell’uso.
Si suggeriscono le seguenti miscele che tengono conto dei tempi di ritenzione relativi alle colonne
consigliate:
Molinate Simazina Atrazina
Atrazina deetilata Atrazina [Tris-2-cloroetilfosfato]
Terbutilazina deetilata Terbutilazina Alaclor
Propazina Prometrina Cianazina
Desmetrina Alaclor Atrazina deisopropilata
Ametrina Metolaclor Metolaclor
Terbutrina Pendimetalin 2,6-dietilanilina
2-etil-6-metilanilina
A) Metilfenilsilicone B) Metilfenilsilicone C) Vinilsilicone
6.9.2 Per analisi in HPLC
Preparare le soluzioni di riferimento concentrate pesando 10 mg di ognuna delle sostanze attive,
trasferendole in matraccio tarato (100 mL) e portando a volume con metanolo. Queste
soluzioni possono essere conservate in frigorifero per tre mesi (ricontrollando gravimetrica-
mente la eventuale evaporazione del solvente).
664
COSTITUENTI ORGANICI
Le soluzioni di riferimento diluite, a concentrazione di circa 0,2 ng/µL, 0,5 ng/µL, 1 ng/µL
e 2 ng/µL, vengono ottenute per diluizioni successive delle soluzioni concentrate sempre conmetanolo. È preferibile che queste soluzioni siano preparate al momento dell’uso e comunque
conservate in frigorifero per non più di un mese.
7. Procedimento
7.1 Estrazione liquido/liquido del campione
Trasferire 100 mL di campione d’acqua di scarico in un imbuto separatore da 250 mL ed
estrarli per tre volte con diclorometano (50 + 25 + 25 mL), agitando energicamente ogni volta
per 3 minuti. Nel caso di acque superficiali o potabili l’estrazione avviene in una bottiglia
di vetro scuro da 2,5 L e successivamente il suo contenuto è trasferito in un imbuto separatore
da 2,5 L. Lasciar poi separare le fasi raccogliendo gli estratti (filtrati su circa 20 g di solfato
di sodio anidro) in un pallone da concentrazione. Evaporare poi in evaporatore rotante
su bagno termostatico (40-45°C) e sotto vuoto leggero fino a circa 5 mL; quindi trasferire l’estratto
nella provetta da concentrazione.
a) Analisi gascromatografiche: aggiungere nella provetta 1 mL di etilacetato e
concentrare sino a circa 0,5 mL sotto moderato flusso di azoto, portando poi
a 1 mL con etilacetato.
b) Analisi in HPLC: completare l’evaporazione sino quasi a secchezza sotto moderato
flusso di azoto e riprendere poi portando al volume di 1 mL con metanolo.
Particolari cautele nella concentrazione degli estratti vanno prese quando si
accerti la presenza di Molinate. Infatti considerevoli perdite dello stesso possono
verificarsi durante la fase di concentrazione dell’estratto. Si consiglia
quindi di evitare di portare a secco, concentrando nelle condizioni meno drastiche
possibili.
7.2 Estrazione in fase solida del campione
Per questo tipo di estrazione, possono essere utilizzate resine stirene-divinilbenzene (SDVB),
substrati octil o octadecilsilanici e carbone grafitato.
Le condizioni tipiche di estrazione prevedono per le acque sotterraneee e superficiali un fattore
di concentrazione di 1000 partendo da un volume di 500-2000 mL di campione. Nel
caso di campioni contenenti materiale in sospensione, è consigliabile utilizzare filtri in fibra
di vetro o polvere di vetro in linea al substrato adsorbente, in modo tale da effettuare una preventiva
filtrazione del particolato che potrebbe intasare il substrato stesso e da consentirne l’estrazione
all’atto del passaggio dell’eluente (acetato di etile, metanolo, miscela diclorometano-
metanolo).
Concentrare il solvente sotto debole corrente d’azoto a temperatura non superiore a 40°C e
riprendere con il solvente più adatto al tipo di analisi cromatografica da condurre.
In Fig. 1 è riportata una tipica separazione gas cromatografica di erbicidi azotati, estratti da
un campione di acqua superficiale utilizzando un substrato a base di resina stirene-divinilbenzene.
7.3 Analisi cromatografiche
7.3.1 Gascromatografia
In Tab. 4 sono riportati i tempi di ritenzione, relativi all’atrazina, degli erbicidi considerati in
questo metodo e di altre sostanze che potrebbero interferire nelle determinazioni (tra parentesi
in tabella: pesticidi organofosforici, alchilarilfosfati e aloalchilarilfosfati).
665
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 1: Gas cromatogramma ottenuto da 1 L di acqua superficiale contaminata con 1 µµg/L degli erbicidi azotati
indicati in Tab. 1, ad eccezione della deisopropilatrazina, mediante estrazione con resina stirene-divinilbenzene su
disco in fibra di vetro. Condizioni gascromatografiche: colonna HP-5, 30 m x 0,25 mm x 0,25 µµm, “carrier” elio a
30 mL/min misurato a 50°C, temperatura iniettore 250°C, temperatura rivelatore NPD 270°C, temperatura iniziale
50°C per 2 min, rate A: 6°C/min fino a 140°C, rate B: 3°C/min fino a 230°C, rate C: 8°C/min fino a 290, tempe-
ratura finale 290°C per 2 min. A=molinate; B=desetilatrazina; C=atrazina; D=propazina; E=terbutilazina; F=alaclor;
G=ametrina; H=prometrina; I=terbutrina; L=metolaclor; M=cianazina; N=pendimetalin.
2-etil-6-metilanilina 0,541 -
2,6-dietilanilina 0,598 -
(tri-iso-butilfosfato) 0,720 0,750
molinate 0,728 0,790
(tri-n-butilfosfato) 0,833 0,872
(forate) 0,879 0,967
(diazinone) 0,952 1,074
atrazina deetilata 0,952 0,900
atrazina deisopropilata 0,956 -
terbutilazina deetilata 0,966 -
Propazina 0,993 1,012
atrazina* 1a 1b
simazina 1,006 0,986
desmetrina -1,181
ametrina -1,247
terbutrina -1,298
(tris-monocloroisopropilfosfato) 1,06: 1,10; 1,12 1,05; 1,07; 1,072
(tris-2cloroetilfosfato) 1,092 0,988
(malation) 1,099 1,313
terbutilazina 1,015 1,042
alaclor 1,129 1,230
prometrina 1,131 1,250
OV 1701 SPB -5Erbicidi ed altri composti
Colonne
Tabella 4: Tempi di ritenzione di erbicidi e di altri composti relativi all’atrazina*
segue
COSTITUENTI ORGANICI
segue
metolaclor 1,213 1,399
(metilparathion) 1,233 1,215
pendimetalin 1,296 1,511
(paration) 1,299 1,378
cianazina 1,498 >2
a) circa 10 minuti; b) circa 20 minuti.
OV 1701 SPB -5
Erbicidi ed altri composti
Colonne
Per le condizioni generali cromatografiche si fa riferimento al Paragrafo (5.1), mentre nelle
didascalie delle Fig. 2-4 sono indicate le specifiche condizioni utilizzate. Come già detto è
consigliabile procedere sempre ad analisi di conferma impiegando una colonna di differente
polarità.
Le Fig. 2-4 riportano i gascromatogrammi di miscele di riferimento di erbicidi in diverse condizioni
operative e con differenti fasi stazionarie. Dette figure possono rappresentare inizialmente
un punto di riferimento per l’operatore per scegliere le condizioni di lavoro più opportune
al suo specifico problema.
Figura 2: Gascromatogramma di una soluzione di riferimento di erbicidi su una colonna capillare OV 1701 (l=25
m, d.i.=0,32 mm). Condizioni operative: gas di trasporto = elio a 1 mL/min; temperatura programmata =
70..210°C, a 20°C/min e 210..250°C, a 4°C/min (A=molinate, B=propazina, C=atrazina, D=simazina, E=terbuti-
lazina, F=alaclor, G=metolaclor, H=pendimetalin, I=cianazina).
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 3: Gascromatogramma di erbicidi su colonna PS 255 (l=25 m, d.i.=0,32 mm). Condizioni operative: gas di
trasporto = elio a 1 mL/min; temperatura programmata = 70.
..210°C, a 20°C/min e 210.
..250°C, a 4°C/min (A=simazina,
B=atrazina, C=propazina, D=terbutilazina, E=prometrina, F=pendimetalin).
Figura 4: Gascromatogramma di erbicidi su colonna SBP (l=30 m, d.i.=0,32 mm, spessore film=0,25 µ
µµm). Condizioni
operative: 80°C per 1 min; 80.
..150°, 15°C/min; 150°C per 1 min; 150.
..220°, 3°C/min; 220°C per 1 min;
220.
..280°, 20°C/min (A=simazina, B=atrazina, C=propazina, D=terbutilazina, E=desmetrina, F=ametrina, G=prometrina,
H=terbutrina).
Utilizzando colonne capillari con fase stazionaria metilfenilsiliconica (SPB 5 o equivalente) si
possono separare praticamente tutte le sostanze di interesse; tuttavia, per permettere una buona
risoluzione delle triazine dal tris-2-cloroetilfosfato, un contaminante molto diffuso, è conveniente
utilizzare anche la colonna di conferma con fase vinilsiliconica (OV 1701 o equivalente).
COSTITUENTI ORGANICI
7.3.2 Cromatografia liquida (HPLC)
In Tab. 5 sono riportati i fattori di capacità (k’) su colonna a fase inversa (C18) in HPLC nelle
condizioni descritte nel Capitolo 5. Le Fig. 5 e 6 mostrano tipiche separazioni di erbicidi su
colonne (C18).
Atrazina deisopropilata 0,423
Atrazina deetilata 0,686
Terbutilazina deetilata 0,832
Simazina 1,372
Cianazina 1,385
Atrazina 2,109
Propazina 3,277
Terbutilazina 3,839
Prometrina 6,956
Alaclor 6,293
Metolaclor 6,827
* I k’ sono stati calcolati rispetto al tempo di ritenzione della formammide (1,37 min)
Principio attivo Fattori di capacità (k’)
Tabella 5: Fattori di capacità (k’) in HPLC *
8. Calcoli
Si può utilizzare il metodo del riferimento esterno iniettando volumi uguali di campione e di
riferimento.
Preparare opportune miscele di riferimento delle sostanze attive (vedi Paragrafo 6.9), di composizione
tale da non provocare sovrapposizioni di picchi ed a concentrazioni di circa 0,2
ng/µL, 0,5 ng/µL, 1ng/µLe 2 ng/µL per ogni singola sostanza attiva.
Ricavare quindi le curve di taratura per le singole sostanze attive calcolando i fattori di risposta
e accertandosi di operare nel campo di linearità dello strumento.
9. Qualità del dato
La Tab. 6 riporta i risultati di alcune prove di recupero di miscele di erbicidi addizionati a
campioni di acqua, mediante piccoli volumi di soluzioni di riferimento di essi, preparate in
acetone in modo da avere concentrazioni comprese tra 0,1 µg/L e 2,0 µg/L. I dati, ottenuti
mediante determinazioni gascromatografiche, si riferiscono a prove condotte su campioni di
un litro di acqua potabile, estratto per tre volte con diclorometano (100 + 50 + 50 mL).
Per quanto concerne i dati di precisione ed accuratezza relativi alla procedura che impiega
l’estrazione in fase solida, si rimanda ai riferimenti bibliografici.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 5: Cromatogramma HPLC di una miscela di sei erbicidi in metanolo (S) su colonna C18; l=15 cm, fase mobile:
metanolo-acetonitrile-acqua (40:20:40). A=simazina; B=atrazina; C=propazina; D=terbutilazina; E=alaclor;
F=metolaclor.
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 6: Cromatogramma HPLC di una miscela di sei triazine in metanolo (S) su colonna C18, l=15 cm, fase mobi-
le: acqua-metanolo (65:35), flusso: 0,5 mL/min. A=simazina, B=atrazina, C=desmetrina, D=propazina, E=prometri-
na F=terbutrina.
Atrazina 105,0 90,3 94,6 94,7 80,2
Simazina 91,6 93,9 103,4 96,5 91,7
Ametrina 87,1 97,7 103,1 96,7 102,5
Molinate 86,5 73,5 70,8
Terbutrina 90,8 92,5 91,4
Propazina 87,3 87,0
Terbutilazina 103,5 104,2
Trifluralin 88,0 88,9
Desmetrina 99,8
Prometrina 103,3
Cianazina 97,5
Clorsulfuron 100,7
Alaclor 100,3
Principio attivo 0,1 µg/L 0,2 µg/L 0,5 µg/L 1,0 µg/L 2,0 µg/L
Tabella 6: Valori % medi (n=3) ottenuti nelle prove di recupero
COSTITUENTI ORGANICI
BIBLIOGRAFIA
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APPENDICE
Il presente metodo può essere applicato per la determinazione in acqua mediante GC-NPD,
GC-ECD e GC-MS SIM delle sostanze attive riportate in Tab. 7, che rappresentano un discreto
numero dei più comuni insetticidi, erbicidi, fungicidi ed acaricidi. Le condizioni gascromatografiche
devono essere adeguate ai composti che si vogliono determinare. In Tab. 7, per ogni
sostanza, sono riportate le sensibilità nei confronti dei rivelatori selettivi ed indicati gli ioni più
significativi per l’analisi mediante spettrometria di massa.
COSTITUENTI ORGANICI
In Fig. 7 si riporta anche un cromatogramma esemplificativo, riguardante un’ampia gamma
di sostanze attive, compresi gli erbicidi azotati, ottenuto mediante analisi in gascromatografia
con rivelazione di massa (GC/MS).
Alaclor 15972-60-8 C14H20ClNO2 269 X X X 160 188 146 238
Aldrin 309-00-2 C12H8Cl6 362 O X X 66 261 263 265
Alfametrina 67375-30-8 C22H19Cl2NO3 415 X X X 163 165 181 209
Ametrina 834-12-8 C9H17N5S 227 X O X 227 212 170 185
Atrazina 1912-24-9 C8H14ClN5 215 X X X 200 202 215 217
Azinfos-Etile 2642-71-9 C12H16N3O3PS2 345 X X X 132 160 77 105
Azinfos-Metile 86-50-0 C10H12N3O3PS2 317 X X X 77 160 132 105
Benalaxil 71626-11-4 C20H23NO3 325 X O X 148 206 204 176
Benfluralin 1861-40-1 C13H16F3N3O4 335 X X X 292 264 145 318
Benzoilprop 22212-55-1 C18H17Cl2NO3 365 X X X 105 77 292
Etile
Bitertanolo 55179-31-2 C20H23N3O2 337 X X X 170 168 171 112
Bromofos-Etile 4824-78-6 C10H12BrCl2O3PS 392 X X X 357 359 301 303
Bromofos-Metile 2104-96-3 C8H8BrCl2O3PS 364 X X X 329 331 333 125
Bromopropilato 18181-80-1 C17H16Br2O3 426 O X X 339 341 183 185
Carbofenotion 786-19-6 C11H16ClO2PS3 342 X X X 157 159 121 153
Carbofuran 1563-66-2 C12H15NO3 221 X X X 164 149 122 121
Cianazina 21725-46-2 C9H13ClN6 240 X X X 225 227 172 198
Cicloate 1134-23-2 C11H21NOS 215 X O X 83 154 215
Clorfenson 80-33-1 C12H8Cl2O3S 302 O X X 175 177 111 113
Clorfenvinfos 470-90-6 C12H14Cl3O4P 358 X X X 267 269 323 325
Clorotalonil 1897-45-6 C8Cl4N2 264 X X X 264 266 268 133
Clorpirifos 2921-88-2 C9H11Cl3NO3PS 349 X X X 197 199 314 316
Clorpirifos-5598-13-0 C7H7Cl3NO3PS 321 X X X 286 288 125 109
Metile
Clorprofam 101-21-3 C10H12ClNO2 213 X X X 127 129 213 215
Clortal Dimetile 1861-32-1 C10H6Cl4O4 330 O X X 299 301 303 332
Clortoluron 15545-48-9 C10H13ClN2O 212 X X X 72 212 214
DDD op’ 53-19-0 C14H10Cl4 318 O X X 235 237 165 199
DDD pp’ 72-54-8 C14H10Cl4 318 O X X 235 237 165 199
DDE op’ 3424-82-6 C14H8Cl4 316 O X X 246 248 316 318
DDE pp’ 72-55-9 C14H8Cl4 316 O X X 246 248 316 318
DDT op’ 784-02-6 C14H9Cl5 352 O X X 235 237 165 199
DDT pp’ 50-29-3 C14H9Cl5 352 O X X 235 237 165 199
Diazinone 333-41-5 C12H21N2O3PS 304 X X X 179 137 152 304
Diclobenil 1194-65-6 C7H3Cl2N 171 X X X 171 173 100 136
Diclofluanide 1085-98-9 C9H11Cl2FN2O2S2 332 X X X 123 167 224 226
Dieldrin 60-57-1 C12H8Cl6O 378 O X X 79 263 277 237
Dimetaclor 50563-36-5 C13H18ClNO2 255 X X X 134 197 199
Dinitramina 29091-05-2 C11H13F3N4O4 322 X X X 305 307 261 232
Endosulfan alfa 959-98-7 C9H6Cl6O3S 404 O X X 195 237 239 241
Endosulfan Beta 33213-65-3 C9H6Cl6O3S 404 O X X 195 237 239 241
Endosulfan 1031-07-8 C9H6Cl6O4S 420 O X X 270 272 274 237
Solfato
Endrin 72-20-8 C12H8Cl6O 378 O X X 261 263 265 243
Eptacloro 76-44-8 C10H5Cl7 370 O X X 100 270 272 274
Eptenofos 23560-59-0 C9H12ClO4P 250 X X X 124 126 89 215
P.M.
NPD ECD MS
Sostanza attiva CAS Formula ioni
Tabella 7: Sensibilità ai rivelatori selettivi e ioni più significativi (per l’analisi in GC/MS) di alcuni antiparassitari
segue
Rivelatore
COSTITUENTI ORGANICI
segue
segue
P.M.
NPD ECD MS
Sostanza attiva CAS Formula ioniRivelatore
Esaconazolo 79983-71-4 C14H17Cl2N3O 313 X X X 83 214 216 231
Etion 563-12-2 C9H22O4P2S4 384 X X X 97 231 153 125
Etoprofos 13194-48-4 C8H19O2PS2 242 X X X 158 97 126 200
Fenamifos 22224-92-6 C13H22NO3PS 303 X O X 154 303 217 260
Fenarimol 60168-88-9 C17H12Cl2N2O 330 X X X 139 141 251 253
Fenclorfos 299-84-3 C8H8Cl3O3PS 320 X X X 285 287 125 109
Fenitrotion 122-14-5 C9H12NO5PS 277 X X X 125 109 277 260
Fenson 80-38-6 C12H9ClO3S 268 O X X 77 141 268 270
Fention 55-38-9 C10H15O3PS2 278 X O X 278 125 109 169
Fentoato 2597-03-7 C12H17O4PS2 320 X X X 274 125 121 93
Flamprop 52756-22-6 C19H19ClFNO3 363 X X X 105 77 276
Isopropile
Fluvalinate 69409-94-5 C26H22ClF3N2O3 502 X X X 250 252 209 181
Forate 298-02-2 C7H17O2PS3 260 X X X 75 121 97 93
Fosalone 2310-17-0 C12H15ClNO4PS2 367 X X X 182 184 121 97
Fosfamidone 13171-21-6 C10H19ClNO5P 299 X X X 127 264 72 138
Fosmet 732-11-6 C11H12NO4PS2 317 X X X 160 161 104 76
Furalaxil 57646-30-7 C17H19NO4 301 X O X 95 242 152
Iprodione 36734-19-7 C13H13Cl2N3O3 329 X X X 314 316 187 189
Isofenfos 25311-71-1 C15H24NO4PS 345 X X X 213 121 185 255
Isopropalin 33820-53-0 C15H23N3O4 309 X X X 280 238 264 309
Lindano 58-89-9 C6H6Cl6 288 O X X 181 183 217 219
Linuron 330-55-2 C9H10Cl2N2O2 248 X X X 61 248 250 160
Malation 121-75-5 C10H19O6PS2 330 X X X 127 125 173 158
Metalaxil 57837-19-1 C15H21NO4 279 X O X 206 160 192 132
Metazaclor 67129-08-2 C14H16ClN3O 277 X X X 81 132 133 134
Metidation 950-37-8 C6H11N2O4PS3 302 X X X 145 85 93 125
Metabenztiazuron 18691-97-9 C10H11N3OS 221 X O X 164 135
Metobromuron 3060-89-7 C9H11BrN2O2 258 X X X 61 258 260 170
Metolaclor 51218-45-2 C15H22ClNO2 283 X X X 162 238 240 146
Metoprotrina 841-06-5 C11H21N5OS 271 X O X 256 213 226 271
Miclobutanil 88671-89-0 C15H17ClN4 288 X X X 179 181 150 152
Molinate 2212-67-1 C9H17NOS 187 X O X 126 55 83 187
Nitrotal Isopropile 10552-74-6 C14H17NO6 295 X X X 236 194 212 254
Nuarimol 63284-71-9 C17H12ClFN2O 314 X X X 235 237 314 316
Oxadiazon 19666-30-9 C15H18Cl2N2O3 344 X X X 175 177 258 262
Oxadixil 77732-09-3 C14H18N2O4 278 X X X 163 132 233 118
Oxifluorfen 42874-03-3 C15H11ClF3NO4 361 X X X 252 361 363 300
Paration 56-38-2 C10H14NO5PS 291 X X X 97 109 291 139
Paration-Metile 298-00-0 C8H10NO5PS 264 X X X 109 125 263 93
Penconazolo 66246-88-6 C13H15Cl2N3 283 X X X 159 161 248 250
Pendimetalin 40487-42-1 C13H19N3O4 281 X X X 252 162 192 281
Permetrina 52645-53-1 C21H20Cl2O3 390 O X X 183 163 165 127
Pirazofos 13457-18-6 C14H20N3O5PS 373 X X X 221 232 237 373
Piridafention 119-12-0 C14H17N2O4PS 340 X X X 199 340 125 188
Pirimicarb 23103-98-2 C11H18N4O2 238 X O X 166 72 238 123
Pirimifos-Metile 29232-93-7 C11H20N3O3PS 305 X X X 290 276 305 233
Procimidone 32809-16-8 C13H11Cl2NO2 283 X X X 96 67 283 285
Procloraz 67747-09-5 C15H16Cl3N3O2 375 X X X 144 130 145 102
Profam 122-42-9 C10H13NO2 179 X O X 93 179 137 120
COSTITUENTI ORGANICI
segue
P.M.
NPD ECD MS
Sostanza attiva CAS Formula ioniRivelatore
Profenofos 41198-08-7 C11H15BrClO3PS 372 X X X 206 208 139 339
Prometon 1610-18-0 C10H19N5O 225 X O X 210 225 183 168
Prometrina 7287-19-6 C10H19N5S 241 X O X 184 241 226 199
Propaclor 1918-16-7 C11H14ClNO 211 X X X 120 176 211 213
Propazina 139-40-2 C9H16ClN5 229 X X X 214 216 229 231
Propiconazolo 60207-90-1 C15H17Cl2N3O2 341 X X X 173 175 259 261
Propizamide 23950-58-5 C12H11Cl2NO 255 X X X 173 175 255 257
Quinalfos 13593-03-8 C12H15N2O3PS 298 X X X 146 157 156 298
Secbumeton 26259-45-0 C10H19N5O 225 X O X 196 169 225 210
Simazina 122-34-9 C7H12ClN5 201 X X X 201 203 186 188
Terbufos 13071-79-9 C9H21O2PS3 288 X X X 231 153 288 186
Terbumeton 33693-04-8 C10H19N5O 225 X O X 169 210 154 225
Terbutilazina 5915-41-3 C9H16ClN5 229 X X X 214 216 173 175
Terbutilazina Desetil C7H12ClN5 201 X O X 186 188 201
Terbutrina 886-50-0 C10H19N5S 241 X O X 185 226 170 241
Tetraclorvinfos 22248-79-9 C10H9Cl4O4P 364 X X X 329 331 333 109
Tetradifon 116-29-0 C12H6Cl4O2S 354 O X X 354 356 159 161
Tiocarbazil 36756-79-3 C16H25NOS 279 X O X 91 100 156 279
Tolclofos Metile 57018-04-9 C9H11Cl2O3PS 300 X X X 265 267 125 93
Triadimefon 43121-43-3 C14H16ClN3O2 293 X X X 57 208 210 128
Triadimenol 55219-65-3 C14H18ClN3O2 295 X X X 112 168 128 130
Triazofos 24017-47-8 C12H16N3O3PS 313 X O X 161 162 172 257
Trifluralin 1582-09-8 C13H16F3N3O4 335 X X X 306 264 307 206
Vinclozolin 50471-44-8 C12H9Cl2NO3 285 X X X 212 214 285 287
PM: peso molecolare
O: non rilevato
X: rilevato
Ioni MS: masse di ioni caratteristici (m/z) per l’analisi in GC-MS SIM
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 7: Cromatogramma CG/MS-SIM di un’estratto di acqua addizionata di prodotti fitosanitari (SPE C18; 500 mL
a 0,5 mL) su colonna HP1-MS (l=30 m, d.i.=0,25 mm, spessore film=0,25 µµm). Condizioni operative: 50°C per 1,1
min; 50..120°, 30°C/min; 120..285°, 8,4°C/min; 285°C per 4 min – “splitless” 1 minuto.
COSTITUENTI ORGANICI
Sostanza attiva concentrazione (µg/L) ioni acquisiti
molinate 0,11 126-55-187
eptenofos 0,12 124-126-89
desetilatrazina 0,17 172-174-187
desetilterbutilazina 0,17 186-188-201
trifluralin 0,12 306-264-335
benfluralin 0,12 292-264-293
simazina 0,16 201-203-186
atrazina 0,13 200-202-215
terbumeton 0,17 210-169-225
terbutilazina 0,12 214-216-229
propizamide 0,13 173-175-255
pirimicarb 0,14 166-72-238
clorpirifos metile 0,18 286-288-125
vinclozolin 0,15 212-214-285
alaclor 0,14 160-188-238
linuron 0,12 61-248-250
diclofluanide 0,14 123-224-226
metolaclor 0,16 162-238-240
pendimetalin 0,10 252-281-220
procimidone 0,14 283-285-96
esaconazolo 0,15 214-216-231
endrin 0,18 261-263-265
etion riferimento interno 231-97-153
oxadixil 0,14 163-132-105
fosalone 0,12 182-184-367
fenarimol 0,11 139-141-251
bitertanolo 0,13 170-168-171
Tabella 8: Concentrazioni determinate e relativi ioni
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5070. Fenoli
I composti fenolici, per la loro diffusione, sono inquinanti di rilevante interesse ambientale, risultato
di diverse attività industriali, agricole e dei processi di disinfezione con cloro di acque
potabili e di scarico.
Composti fenolici sono presenti negli scarichi delle industrie della plastica, dei coloranti e
delle cartiere. I cloro ed i nitro-fenoli sono i maggiori prodotti di degradazione degli erbicidi
appartenenti alla classe dei fenossiacidi clorurati e degli organofosforati. Inoltre i fenoli
possono derivare dalla biodegradazione di prodotti naturali quali gli acidi umici e la
lignina.
In particolare, i clorofenoli sono pericolosi per la salute umana anche quando sono presenti
nelle acque a basse concentrazioni.
Vengono descritti nel seguito due metodi, uno spettrofotometrico basato sulla reazione, preceduta,
o meno, da estrazione con cloroformio, del gruppo idrossilico con 4-amminoantipirina
(Metodi A1 e A2, rispettivamente), l’altro che impiega la cromatografia liquida ad alta
prestazione (HPLC).
Il metodo spettrofotometrico soffre di notevoli limitazioni:
-non è adatto, per la sua scarsa sensibilità, alla determinazione di fenoli in
tracce;
-come tutti i metodi aspecifici, è scarsamente accurato e tende generalmente a
sovrastimare il contenuto di fenoli nel campione;
-non è in grado di distinguere fenoli con diversa tossicità e quindi risulta inadatto
a valutare l’impatto di questi composti sull’ambiente.
Può essere impiegato, tuttavia, in valutazioni preliminari (“screening”) sul contenuto di fenoli
in un campione o per caratterizzare effluenti a composizione chimica nota.
Nonostante queste limitazioni, il metodo alla 4-amminoantipirina, tradizionalmente molto conosciuto,
è inserito in numerosi protocolli per l’analisi dei fenoli, utilizzati in Italia e all’estero
ed è indicato come metodo di riferimento in alcune normative nazionali (All. 2 del D.Lgs.
152/99, Sez. A, riguardante i criteri di classificazione delle acque superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile e Sez. B, criteri di classificazione delle acque idonee alla vita
dei pesci).
Per questi motivi si è ritenuto opportuno mantenere detto metodo affiancando ad esso un metodo
cromatografico (Metodo B) che consente di superare le limitazioni precedentemente indicate
e di determinare singoli fenoli a livelli di tracce (µg/L).
METODI A – Determinazione spettrofotometrica
I metodi A1 e A2 consentono la determinazione dei fenoli distillabili (fenolo, fenoli orto e me-
ta-sostituiti e alcuni para-sostituiti nei quali il sostituente può essere un carbossile, un alogeno,
un metossile o un gruppo solfonico) che reagiscono con la 4-amminoantipirina.
I fenoli che presentano come sostituente in para un alchile, un arile, un gruppo benzoilico, un
nitro gruppo, un gruppo nitroso, o un gruppo aldeidico, non vengono determinati con il presente
metodo. Un tipico esempio di composto, appartenente a questa seconda categoria, è il
para-cresolo (4-metilfenolo) che può essere presente in acque di scarico industriali.
COSTITUENTI ORGANICI
METODO A1 - Determinazione spettrofotometrica mediante 4-amminoantipirina previa
estrazione con cloroformio
1. Principio del metodo
I fenoli (fenolo, cresoli, xilenoli e relativi omologhi e derivati separabili mediante distillazione
in ambiente acido) nelle acque naturali e di scarico vengono determinati mediante un metodo
spettrofotometrico basato sulla formazione nella soluzione acquosa, a pH=10±0,2, di un
composto colorato in giallo per reazione con la 4-amminoantipirina in presenza di esacianoferrato
(III). Il composto viene estratto con cloroformio e l’assorbanza misurata alla lunghezza
d’onda di 460 nm. La sensibilità del metodo e l’intensità del colore del composto colorato
non sono le stesse per composti fenolici diversi. La concentrazione di composti fenolici
nel campione viene espressa come mg/L di fenolo (C6H5OH).
2. Campo di applicazione
II metodo è applicabile ad acque naturali e di scarico nell’intervallo di concentrazione 0,0050,1
mg/L.
3. Interferenze e cause di errore
3.1 Sostanze chimiche ossidanti
II cloro o altri ossidanti, rivelabili per aggiunta di ioduro di potassio, acidificazione e conseguente
liberazione di iodio, possono essere distrutti aggiungendo una soluzione di solfato di
ferro (II) o di arsenito di sodio. L’eventuale eccesso di questi reattivi non interferisce nel dosaggio
dei fenoli in quanto il campione viene successivamente sottoposto a distillazione. La rimozione
delle sostanze ossidanti deve avvenire immediatamente dopo il campionamento, altrimenti
si corre il rischio che i composti fenolici, ossidati rapidamente, in parte o totalmente,
vengano determinati in difetto.
3.2 Oli e catrami
Molti composti di natura fenolica possono essere sottratti alla determinazione in quanto si
sciolgono in oli e catrami, che, se presenti, vanno eliminati mediante estrazione selettiva con
tetracloruro di carbonio in ambiente fortemente basico. In queste condizioni non vengono
estratti i fenoli.
In pratica si porta il pH dell’acqua in esame a 12,0÷12,5 mediante aggiunta di idrossido di
sodio in pasticche e si effettua l’estrazione; successivamente si elimina ogni traccia di tetracloruro
di carbonio mediante leggero riscaldamento su bagno termostatico.
3.3 Composti solforati
I composti che per acidificazione liberano idrogeno solforato (H2S) o biossido di zolfo (SO2)
possono interferire nella determinazione dei fenoli; per eliminare queste interferenze, si acidifica
il campione con acido fosforico fino a viraggio del metilarancio, quindi si aggiunge una
quantità di solfato di rame (CuSO4) sufficiente ad impartire un leggero colore blu al campione
o finchè non si osservi più formazione di precipitato (CuS). L’eccesso di H2S o SO2 può essere
rimosso aerando il campione per 5-10 minuti sotto agitazione.
COSTITUENTI ORGANICI
4. Campionamento e conservazione del campione
Per il campionamento e la conservazione del campione bisogna operare secondo quanto previsto
dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”. Poiché i composti fenolici in acqua
possono essere facilmente ossidati, occorre procedere rapidamente all’analisi del campione.
Le interferenze, dovute alla biodegradazione operata da specifici batteri presenti nelle acque,
che possono tradursi in diminuzione della quantità dei fenoli da determinare, possono essere
contenute conservando il campione a temperatura intorno a 4°C od eliminate per cauta
acidificazione del campione con acido solforico concentrato fino a pH<2.
5. Apparecchiature
Attrezzatura di uso comune di laboratorio.
5.1 Apparecchio di distillazione in vetro, con giunti smerigliati, costituito da un pallone
da distillazione a collo lungo avente capacità di 1 L, collegato ad un refrigerante e matraccio
di raccolta del distillato.
5.2 Spettrofotometro dotato di celle con cammino ottico da 1-10 cm.
6. Reattivi
6.1 Soluzione di 4-amminoantipirina al 2%
Sciogliere 2,0 g di 4-amminoantipirina in acqua distillata e diluire a 100 mL. Questa soluzione
va preparata giornalmente.
6.2 Soluzione di cloruro di ammonio al 2%
Sciogliere 20 g di cloruro di ammonio (NH4Cl) in acqua distillata e diluire a 1000 mL.
6.3 Soluzione concentrata di ammoniaca (d=0,90)
6.4 Cloroformio
6.5 Diclorometano
6.6 Soluzione di metilarancio allo 0,1 %
Sciogliere 0,1 g di metilarancio in 100 mL di acqua distillata.
6.7 Acido solforico concentrato (96%) (d=1,84)
6.8 Acido solforico diluito 1 + 1
Aggiungere cautamente 100 mL di acido solforico concentrato (6.7) a 100 mL di acqua sotto
continua agitazione. Raffreddare a temperatura ambiente prima dell’uso.
6.9 Acido fosforico concentrato (85%)
6.10 Soluzione di acido fosforico (1+9)
Miscelare 10 mL di acido fosforico (6.9) con 90 mL di acqua distillata.
681
COSTITUENTI ORGANICI
6.11 Idrossido di sodio in pasticche
6.12 Soluzione di idrossido di sodio al 10%
Sciogliere 10 g di idrossido di sodio (6.11) in acqua distillata e diluire a 100 mL.
6.13 Cloruro di sodio
6.14 Soluzione di esacianoferrato (III) di potassio all’8%
Sciogliere 8 g di esacianoferrato (III) di potassio (K3Fe(CN)6) in acqua distillata e diluire a 100
mL. Se necessario, filtrare e conservare in bottiglia di vetro scura. Questa soluzione è stabile
per una settimana.
6.15 Soluzione di solfato di rame (100 g/L)
Sciogliere 100 g di solfato di rame CuSO4 ·5H2O in acqua distillata e diluire a 1000 mL.
6.16 Soluzione concentrata di fenolo (1000 mg/L) (1 mL=1 mg)
Sciogliere 100 mg di fenolo (C6H5OH) puro in acqua distillata precedentemente bollita e raffreddata
e portare a 100 mL con la stessa acqua. La soluzione si può usare per un mese.
6.17 Soluzione diluita di fenolo (10 mg/L) (1 mL=0,01 mg)
Introdurre 2,5 mL di soluzione concentrata in un matraccio tarato da 250 mL e portare a volume
con acqua distillata trattata come in (6.16). Questa soluzione va preparata giornalmente.
6.18 Solfato di sodio anidro
7. Procedimento
Se necessario, effettuare preliminarmente i trattamenti previsti per l’eliminazione delle sostanze
interferenti descritti al Capitolo 3.
Prelevare poi 500 mL di campione. Portare la soluzione a pH=4 circa con acido fosforico diluito
(6.10) usando come indicatore il metilarancio (6.6) oppure un pHmetro. Se il campione
e stato conservato con aggiunta di acido solforico come indicato al Capitolo 4, omettere l’aggiunta
di acido fosforico e portare la soluzione a pH=4 circa con idrossido di sodio al 10%
(6.12). Aggiungere 5 mL della soluzione di solfato di rame (6.15).
7.1 Distillazione
Trasferire la soluzione nel pallone di distillazione (5.1) e distillare fino a raccogliere circa 450
mL di distillato in pallone tarato da 500 mL.
Interrompere la distillazione e, quando cessa l’ebollizione, aggiungere altri 50 mL di acqua
distillata calda nel pallone di distillazione (5.1). Riprendere la distillazione fino a raccogliere
un volume di 500 mL.
Qualora il distillato fosse torbido, sottoporlo a nuova distillazione, operando con le stesse modalità
di prima; nel caso in cui il distillato risultasse ancora torbido è necessario ricorrere al
procedimento descritto al punto successivo.
7.2 Trattamento di distillati torbidi
A 500 mL del campione originale aggiungere 4 gocce di indicatore metilarancio (6.6) e una
quantità di acido solforico (6.8) fino al viraggio; trasferire la soluzione in un imbuto separato
682
COSTITUENTI ORGANICI
re ed aggiungere 150 g di cloruro di sodio (6.13). Estrarre con cinque successive porzioni di
cloroformio (6.4), impiegando la prima volta 40 mL di solvente e 25 mL le altre successive.
Trasferire l’estratto cloroformico in un secondo imbuto separatore ed agitare con tre successive
aggiunte di soluzione di idrossido di sodio (6.12), impiegando un volume di 4 mL per la
prima volta e 3 mL per le due successive.
Riunire gli estratti alcalini in un beaker, riscaldare su un bagno ad acqua fino a rimozione
completa del cloroformio, quindi raffreddare e diluire a 500 mL con acqua distillata.
Procedere con la distillazione come descritto in (7.1).
Nota:si può usare il diclorometano (6.5) al posto del cloroformio, specialmente se si forma
un’emulsione stabile durante l’estrazione della soluzione cloroformica con idrossido di sodio.
7.3 Taratura
Prendere 5 beaker da 1000 mL ed in ognuno di essi versare 500 mL di acqua distillata. Uno
di questi fungerà da bianco mentre negli altri quattro aggiungere, con pipetta tarata, rispettivamente,
0,5 mL, 1,0 mL, 2,0 mL e 5,0 mL di soluzione di riferimento di fenolo (6.17) ed
agitare.
Aggiungere 25 mL di soluzione di cloruro di ammonio (6.2) e portare le soluzioni a pH= 10,0
±0,2 con la soluzione di ammoniaca (6.3).
Trasferire ciascuna soluzione in un imbuto separatore da 1000 mL ed aggiungere 3 mL di soluzione
di 4-amminoantipirina (6.1) agitando immediatamente.
Aggiungere a ciascuna soluzione 3 mL di soluzione di esacianoferrato (III) di potassio (6.14)
agitando immediatamente ed attendere 5 minuti per lo sviluppo del colore. Le soluzioni dovrebbero
essere chiare, leggermente colorate in giallo. In caso contrario, sono presenti sostanze
interferenti che vanno rimosse.
Ad ogni imbuto separatore aggiungere esattamente 25 mL di cloroformio (6.4) ed agitare per
alcuni minuti.
Attendere la separazione delle fasi e filtrare la fase organica attraverso uno strato di solfato
di sodio anidro (6.18) posto su lana di vetro, raccogliendola direttamente nelle celle di
misura.
Effettuare le letture spettrofotometriche alla lunghezza d’onda di 460 nm, usando celle da 15
cm e azzerando lo strumento con il bianco. Qualora si utilizzino celle da 10 cm dovranno
essere impiegati aliquote di 50 mL di cloroformio per l’estrazione. Costruire la curva di taratura
riportando in ascisse le concentrazioni di fenolo espresse in mg/L e in ordinate i valori
di assorbanza delle soluzioni corrispondenti.
7.4 Determinazione preliminare dei composti fenolici
Trasferire 500 mL di distillato in un beaker da 1 L ed operare come descritto per la costruzione
della curva di taratura (7.3).
7.5 Determinazione dei composti fenolici
Operare come descritto in (7.3) per le soluzioni di riferimento. Se la determinazione preliminare
(7.4) ha fornito un valore compreso nella curva di taratura questo può essere utilizzato
direttamente senza effettuare ulteriori misure.
Se invece la determinazione preliminare (7.4) ha indicato una concentrazione di fenoli superiore
a 0,1 mg/L si può seguire il metodo A2 (determinazione spettrofotometrica diretta con
4-amminoantipirina).
8. Calcoli
La concentrazione dei fenoli nel campione, espressa come milligrammi/litro di fenolo, è data
da:
683
COSTITUENTI ORGANICI
dove:
C = concentrazione (mg/L) di fenoli;
a = concentrazione (mg/L) di fenoli ricavata dalla curva di taratura;
V1 = volume (mL) utilizzato per la curva di taratura;
V2 = volume (mL) utilizzato per la determinazione.
9. Qualità del dato
Prove effettuate (n=5) da sei laboratori su soluzioni sintetiche di acqua deionizzata aventi una
concentrazione in fenoli di 0,09 mg/L hanno fornito un coefficiente di variazione [CV(%) =
(scarto tipo/valore medio)·100] del 5%.
L’accuratezza del metodo dipende, oltre che dalle sostanze interferenti, dai coefficienti di
estinzione dei fenoli presenti.
METODO A2 - Determinazione spettrofotometrica diretta mediante 4-amminoantipirina
1. Principio del metodo
I fenoli (fenolo, cresoli, xilenoli e relativi omologhi e derivati separabili mediante distillazione
in ambiente acido) nelle acque naturali e di scarico vengono determinati mediante un metodo
spettrofotometrico basato sulla formazione nella soluzione acquosa, a pH=10±0,2, di un
composto colorato in giallo per reazione con la 4-amminoantipirina in presenza di esacianoferrato
(III). L’assorbanza del composto viene misurata alla lunghezza d’onda di 510 nm.
La sensibilità del metodo e l’intensità del colore del composto colorato non sono le stesse per
composti fenolici diversi. La concentrazione di composti fenolici nel campione viene espressa
come mg/L di fenolo (C6H5OH).
2. Campo di applicazione
II metodo è applicabile ad acque naturali e di scarico nell’intervallo di concentrazione 0,1-5
mg/L.
3. Interferenze e cause di errore
3.1 Sostanze chimiche ossidanti
II cloro o altri ossidanti, rivelabili per aggiunta di ioduro di potassio, acidificazione e conseguente
liberazione di iodio, possono essere distrutti aggiungendo una soluzione di solfato di
ferro (II) o di arsenito di sodio. L’eventuale eccesso di questi reattivi non interferisce nel dosaggio
dei fenoli in quanto il campione viene successivamente sottoposto a distillazione. La rimozione
delle sostanze ossidanti deve avvenire immediatamente dopo il campionamento, altrimenti
si corre il rischio che i composti fenolici, ossidati rapidamente, in parte o totalmente,
vengano determinati in difetto.
3.2 Oli e catrami
Molti composti di natura fenolica possono essere sottratti alla determinazione in quanto si
sciolgono in oli e catrami, che, se presenti, vanno eliminati mediante estrazione selettiva con
684
COSTITUENTI ORGANICI
tetracloruro di carbonio in ambiente fortemente basico. In queste condizioni non vengono
estratti i fenoli.
In pratica si porta il pH dell’acqua in esame a 12,0÷12,5 mediante aggiunta di idrossido di
sodio in pasticche e si effettua l’estrazione; successivamente si elimina ogni traccia di tetracloruro
di carbonio mediante leggero riscaldamento su bagno termostatico.
3.3 Composti solforati
I composti che per acidificazione liberano idrogeno solforato (H2S) o biossido di zolfo (SO2)
possono interferire nella determinazione dei fenoli; per eliminare queste interferenze, si acidifica
il campione con acido fosforico fino a viraggio del metilarancio, quindi si aggiunge una
quantità di solfato di rame (CuSO4) sufficiente ad impartire un leggero colore blu al campione
o finchè non si osservi più formazione di precipitato (CuS). L’eccesso di H2S o SO2 può essere
rimosso aerando il campione per 5-10 minuti sotto agitazione.
4. Campionamento e conservazione del campione
Per il campionamento e la conservazione del campione bisogna operare secondo quanto previsto
dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”. Poichè i composti fenolici in acqua
possono essere facilmente ossidati, occorre procedere rapidamente all’analisi del campione.
Le interferenze, dovute alla biodegradazione operata da specifici batteri presenti nelle acque,
che possono tradursi in diminuzione della quantità dei fenoli da determinare, possono essere
contenute conservando il campione a temperatura intorno a 4°C od eliminate per cauta
acidificazione del campione con acido solforico concentrato fino a pH<2.
5. Apparecchiature
Attrezzatura di uso comune di laboratorio.
5.1 Apparecchio di distillazione in vetro, con giunti smerigliati, costituito da un pallone
da distillazione a collo lungo avente capacità di 1 L, collegato ad un refrigerante e matraccio
di raccolta del distillato.
5.2 Spettrofotometro dotato di celle con cammino ottico da 1 cm.
6. Reattivi
6.1 Soluzione di 4-amminoantipirina al 2%
Sciogliere 2,0 g di 4-amminoantipirina in acqua distillata e diluire a 100 mL. Questa soluzione
va preparata giornalmente.
6.2 Soluzione di cloruro di ammonio al 2%
Sciogliere 20 g di cloruro di ammonio (NH4Cl) in acqua distillata e diluire a 1000 mL.
6.3 Soluzione concentrata di ammoniaca (d=0,90)
6.4 Cloroformio
6.5 Diclorometano
685
COSTITUENTI ORGANICI
6.6 Soluzione di metilarancio allo 0,1%
Sciogliere 0,1 g di metilarancio in 100 mL di acqua distillata.
6.7 Acido solforico concentrato (96%) (d=1,84)
6.8 Acido solforico diluito 1+1
Aggiungere cautamente 100 mL di acido solforico concentrato (6.7) a 100 mL di acqua sotto
continua agitazione. Raffreddare a temperatura ambiente prima dell’uso.
6.9 Acido fosforico concentrato (85%)
6.10 Soluzione di acido fosforico (1+9)
Miscelare 10 mL di acido fosforico (6.9) con 90 mL di acqua distillata.
6.11 Idrossido di sodio in pasticche
6.12 Soluzione di idrossido di sodio al 10%
Sciogliere 10 g di idrossido di sodio (6.11) in acqua distillata e diluire a 100 mL.
6.13 Cloruro di sodio
6.14 Soluzione di esacianoferrato (III) di potassio all ‘8%
Sciogliere 8 g di esacianoferrato (III) di potassio (K3Fe(CN)6) in acqua distillata e diluire a 100
mL. Se necessario, filtrare e conservare in bottiglia di vetro scura. Questa soluzione è stabile
per una settimana.
6.15 Soluzione di solfato di rame (100 g/L)
Sciogliere 100 g di solfato di rame CuSO4 ·5H2O in acqua distillata e diluire a 1000 mL.
6.16 Soluzione concentrata di fenolo (1000 mg/L) (1 mL=1 mg)
Sciogliere 100 mg di fenolo (C6H5OH) puro in acqua distillata precedentemente bollita e raffreddata
e portare a 100 mL con la stessa acqua. La soluzione si può usare per un mese.
6.17 Soluzione diluita di fenolo (10 mg/L) (1 mL=0,01 mg)
Introdurre 2,5 mL di soluzione concentrata in un matraccio tarato da 250 mL e portare a volume
con acqua distillata trattata come in (6.16). Questa soluzione va preparata giornalmente.
6.18 Solfato di sodio anidro
7. Procedimento
Se necessario, effettuare preliminarmente i trattamenti previsti per l’eliminazione delle sostanze
interferenti descritti al Capitolo 3.
Prelevare poi 500 mL di campione. Portare la soluzione a pH=4 circa con acido fosforico diluito
(6.10) usando come indicatore il metilarancio (6.6) oppure un pHmetro. Se il campione
è stato conservato con aggiunta di acido solforico come indicato al Capitolo 4, omettere l’ag
686
COSTITUENTI ORGANICI
giunta di acido fosforico e portare la soluzione a pH=4 circa con idrossido di sodio al 10%
(6.12). Aggiungere 5 mL della soluzione di solfato di rame (6.15).
7.1 Distillazione
Trasferire la soluzione nel pallone di distillazione (5.1) e distillare fino a raccogliere circa 450
mL di distillato in pallone tarato da 500 mL.
Interrompere la distillazione e, quando cessa l’ebollizione, aggiungere altri 50 mL di acqua
distillata calda nel pallone di distillazione (5.1). Riprendere la distillazione fino a raccogliere
un volume di 500 mL.
Qualora il distillato fosse torbido, sottoporlo a nuova distillazione, operando con le stesse modalità
di prima; nel caso in cui il distillato risultasse ancora torbido è necessario ricorrere al
procedimento descritto al punto successivo.
7.2 Trattamento di distillati torbidi
A 500 mL del campione originale aggiungere 4 gocce di indicatore metilarancio (6.6) e una
quantità di acido solforico (6.8) fino al viraggio; trasferire la soluzione in un imbuto separatore
ed aggiungere 150 g di cloruro di sodio (6.13). Estrarre con cinque successive porzioni
di cloroformio (6.4), impiegando la prima volta 40 mL di solvente e 25 mL le altre successive.
Trasferire l’estratto cloroformico in un secondo imbuto separatore ed agitare con tre successive
aggiunte di soluzione di idrossido di sodio (6.12), impiegando un volume di 4 mL per la
prima volta e 3 mL per le due successive.
Riunire gli estratti alcalini in un beaker, riscaldare su un bagno ad acqua fino a rimozione
completa del cloroformio, quindi raffreddare e diluire a 500 mL con acqua distillata.
Procedere con la distillazione come descritto in 7.1.
NOTA:si può usare il diclorometano (6.5) al posto del cloroformio, specialmente se si forma
un’emulsione stabile durante l’estrazione della soluzione cloroformica con idrossido di sodio.
7.3 Curva di taratura
Introdurre con pipetta tarata rispettivamente, 1 mL, 5 mL, 10 mL e 50 mL di soluzione di riferimento
di fenolo (6.17) in matracci tarati da 100 mL e diluire con acqua distillata a circa 75
mL. In un altro matraccio tarato da 100 mL, che fungerà da bianco, porre 75 mL di acqua distillata.
Aggiungere in ciascun matraccio tarato 5 mL di soluzione di cloruro d’ammonio (6.2) e portare
la soluzione a pH (10,0±0,2) con soluzione di ammoniaca (6.3).
Aggiungere 2 mL della soluzione di 4-amminoantipirina (6.1) a ciascuna soluzione e agitare.
Aggiungere 2 mL di soluzione di esacianoferrato (III) di potassio (6.14), agitare immediatamente
e portare a volume a 100 mL con acqua distillata.
Dopo 15 minuti effettuare le letture allo spettrofotometro alla lunghezza d’onda di 510 nm
usando celle da 1 cm e azzerando ogni volta lo strumento con il bianco.
Costruire la curva di taratura riportando le letture ottenute su un grafico avente in ascisse le
concentrazioni di fenolo espresse in mg/L e in ordinate i valori di assorbanza delle soluzioni
corrispondenti.
7.4 Determinazione preliminare dei composti fenolici
Trasferire in un beaker 100 mL di distillato ed operare come descritto per la costruzione della
curva di taratura (7.3).
7.5 Determinazione dei composti fenolici
Operare come descritto in (7.3) per le soluzioni di taratura. Se la determinazione prelimina
687
COSTITUENTI ORGANICI
re (7.4) ha fornito un valore compreso nella curva di taratura questo può essere utilizzato direttamente
senza effettuare ulteriori misure.
Se invece la determinazione preliminare (7.4) ha indicato una concentrazione di fenoli superiore
a 5 mg/L occorre stabilire il volume di distillato (7.1) da impiegare per la determinazione.
Per conoscere detto volume effettuare diluizioni successive della soluzione acquosa fino
a che la lettura rientri nell’intervallo della curva di taratura. Una volta trovato il rapporto
di diluizione ottimale risalire al volume di distillato da impiegare nell’analisi e procedere al-
l’esecuzione del metodo operando come descritto in (7.3).
8. Calcoli
La concentrazione dei fenoli nel campione, espressa come milligrammi/litro di fenolo, è data
da:
dove:
C = concentrazione (mg/L) di fenoli;
a = concentrazione (mg/L) di fenoli ricavata dalla curva di taratura;
V1 = volume (mL) utilizzato per la curva di taratura;
V2 = volume (mL) utilizzato per la determinazione.
9. Qualità del dato
Prove effettuate (n=5) da sei laboratori su soluzioni sintetiche di acqua deionizzata aventi una
concentrazione in fenoli di 4,7 mg/L hanno fornito un coefficiente di variazione [CV(%) =
(scarto tipo/valore medio)·100] del 3,8%. Va tenuto presente che la precisione di un metodo
generalmente peggiora all’aumentare della complessità della matrice.
L’accuratezza del metodo dipende, oltre che dalle sostanze interferenti, dai coefficienti di
estinzione dei fenoli presenti.
METODO B – Determinazione mediante cromatografia liquida ad alta prestazione con rivelazione
spettrofotometrica nell’ultravioletto (HPLC-UV)
1. Principio del metodo
Il metodo consiste in una estrazione liquido-liquido o liquido-solido, su cartucce SPE (solid
phase extraction), dei fenoli contenuti nel campione acquoso. I fenoli contenuti nell’estratto organico
concentrato vengono separati e rilevati mediante cromatografia liquida ad alta prestazione
(HPLC) accoppiata ad una rivelazione spettrofotometrica nell’ultravioletto (UV).
L’analisi qualitativa dei singoli fenoli è basata sul confronto dei tempi di ritenzione dei picchi
ottenuti nel cromatogramma HPLC-UV del campione con quelli ottenuti da idonee soluzioni di
riferimento. La determinazione quantitativa dei vari fenoli viene effettuata con le aree dei rispettivi
picchi cromatografici sulla base di opportune rette di taratura di soluzioni di riferimento.
Per una migliore accuratezza del metodo si può utilizzare come riferimento interno, aggiunto
nel campione acquoso, il 4-fluorofenolo. I risultati sono di norma espressi in µg/L per
ciascun fenolo.
COSTITUENTI ORGANICI
Tabella 1: Fenoli analizzabili con il presente metodo
2. Campo di applicazione
1 Fenolo
2 4-nitrofenolo
3 2-clorofenolo
4 2,4-dinitrofenolo
5 2-nitrofenolo
6 2,4-dimetilfenolo
7 4-cloro-3-metilfenolo
8 2,4-diclorofenolo
9 4,6-dinitro-2-metilfenolo
10 2,4,6-triclorofenolo
11 pentaclorofenolo
Composto
Il metodo è applicabile alle acque
superficiali, sotterranee e di scarico
e consente la determinazione
dei fenoli riportati in Tab. 1.
Per le acque superficiali, partendo
da un campione di 1000 mL, il
metodo consente di determinare
ciascun analita ad una concentrazione
di almeno 1 µg/L. Per le acque
di scarico, partendo da un
campione di 50 mL, il metodo
consente di dosare gli analiti ad
una concentrazione di 50 µg/L.
3. Interferenze e cause di errore
Normali interferenti possono essere quei composti organici che danno luogo, durante l’analisi
cromatografica, a picchi con tempi di ritenzione coincidenti a quelli dei fenoli in esame.
Solventi, reagenti, vetreria, contaminazione dell’ambiente di lavoro ed ogni trattamento del
campione possono causare la presenza di picchi interferenti e/o alterazioni della corrente di
fondo del rivelatore con conseguenti difficoltà d’interpretazione del tracciato cromatografico.
Pertanto, al fine di essere sicuri che tutti i materiali utilizzati siano esenti da interferenze nelle
condizioni operative adottate, è buona norma, sia all’inizio dell’indagine che periodicamente,
sottoporre all’intera procedura uno o più “bianchi” sostituendo al campione acqua distillata.
Nel caso di evidenza d’interferenze, individuarne la provenienza analizzando ogni
singolo passaggio della procedura e procedere alla loro eliminazione. Può essere richiesta
una specifica selezione dei reattivi ed una purificazione dei solventi mediante distillazione.
Oli e catrami, se presenti, vanno eliminati mediante estrazione selettiva con un solvente organico
(tetracloruro di carbonio, esano, ecc.) in ambiente fortemente basico. In queste condizioni
non vengono estratti i fenoli. Portare il pH dell’acqua in esame a 12,0÷12,5 mediante aggiunta
di idrossido di sodio in pasticche ed effettuare l’estrazione; successivamente eliminare
ogni traccia di tetracloruro di carbonio mediante leggero riscaldamento su bagno maria.
4. Campionamento e conservazione del campione
I campioni vengono prelevati in bottiglie di vetro neutro, possibilmente scuro, con chiusura a
smeriglio oppure a vite con guarnizione di teflon. Poiché i composti fenolici in acqua possono
essere facilmente ossidati, occorre procedere rapidamente all’analisi del campione, preferibilmente
entro 48 ore dal prelievo. Le interferenze, dovute alla biodegradazione operata da
specifici batteri presenti nelle acque, che possono tradursi in una diminuzione della quantità
dei fenoli da determinare, possono essere limitate conservando il campione a temperatura intorno
a 4°C od eliminate per cauta acidificazione del campione con acido solforico concentrato
fino a pH<2.
5. Apparecchiature
5.1 Normale vetreria di laboratorio
Dopo il lavaggio e prima dell’uso, la vetreria deve essere sciacquata con acqua bidistillata,
con acetone ed asciugata in stufa.
689
COSTITUENTI ORGANICI
5.2 HPLC
Si consiglia l’uso di uno strumento dotato di rivelatore UV a lunghezza d’onda variabile o a
serie di diodi (DAD) e di colonna a fase inversa. La fase mobile è costituita da una miscela di
acetonitrile/acqua o metanolo/acqua tamponata a pH=3 mediante acido fosforico o acetico
o formico o trifluoroacetico. L’analisi viene effettuata in gradiente la cui composizione e durata,
così come il flusso di lavoro, dipende dal tipo e dalle dimensioni della colonna utilizzata.
5.3 Adsorbenti per estrazione SPE
Per l’estrazione liquido-solido si consiglia di utilizzare cartucce costituite da carbone grafitato
o da materiale polimerico, con fase stazionaria polare o specifica per composti fenolici o
da materiale siliceo con fase stazionaria C18 o C8. In alternativa di possono utilizzare i dischi
SPE. La quantità di materiale adsorbente dipenderà dalle cartucce utilizzate. La procedura di
condizionamento, estrazione ed eluizione viene effettuata sotto vuoto montando la cartuccia
su una beuta da vuoto o su un sistema per estrazione liquido-solido disponibile in commercio
secondo le modalità consigliate dal produttore delle cartucce.
La presenza di particolato nel campione acquoso (acque superficiali, di scarico) può determinare
un’ostruzione parziale o totale della cartuccia durante il procedimento di estrazione.
Tale inconveniente può essere superato utilizzando filtri in fibra di vetro o polvere di vetro in
linea al substrato adsorbente in modo tale da effettuare una preventiva filtrazione del campione
o filtrando il campione su filtri in fibra di vetro, lavando il filtro con metanolo ed aggiungendo
il metanolo raccolto al campione prima del passaggio sulla cartuccia.
5.4 Evaporatore rotante
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono essere puri per analisi e l’acqua utilizzata deve essere esente da sostanze
organiche.
6.1 Acetonitrile o metanolo (per HPLC)
6.2 Acido fosforico oppure acido acetico oppure acido formico oppure acido trifluoroacetico
6.3 Diclorometano
6.4 Tetrabutilammonio fluoruro (TBAF)
6.5 Carbonato di sodio (Na2CO3)
6.6 Soluzioni di riferimento di fenoli
6.6.1 Soluzioni concentrate di fenoli
Le soluzioni concentrate di fenoli si preparano pesando esattamente una quantità di circa 100
mg di ognuno dei fenoli di Tab. 1 e del riferimento interno, trasferendola in un matraccio tarato
(100 mL) e portando a volume con acetonitrile. Queste soluzioni possono essere conservate
a 4°C per un mese. Sono disponibili in commercio delle soluzioni di riferimento multi-
componente di fenoli. Queste soluzioni, essendo vendute con certificato d’analisi, possono essere
utilizzate in sostituzione della procedura sopra riportata.
6.6.2 Soluzioni diluite di fenoli
Le soluzioni diluite a concentrazione di circa 0,1-10 mg/L, contenenti il riferimento interno, se
690
COSTITUENTI ORGANICI
utilizzato, ad una concentrazione compresa tra 1 e 10 mg/L, vengono ottenute per diluizioni
successive delle soluzioni concentrate impiegando come solvente la fase mobile usata nell’analisi
HPLC. È preferibile che tali soluzioni di riferimento siano preparate giornalmente.
7. Procedimento
7.1 Trattamento preliminare
Se il campione è stato refrigerato, prima dell’estrazione farlo riequilibrare a temperatura ambiente.
Controllare l’eventuale presenza di particelle in sospensione ed agitare per consentire
una migliore omogeneità. Se si utilizza il riferimento interno, aggiungere un volume idoneo
di soluzione in maniera che la sua concentrazione, dopo la procedura di concentrazione,
sia la stessa usata per le soluzioni diluite (6.6.2).
7.2 Estrazione
7.2.1 Estrazione liquido-liquido
Il campione (1 litro o 50 mL, rispettivamente per acque superficiali o di scarico), portato a
pH=2 con acido solforico, viene estratto con due aliquote successive di diclorometano da 50
mL o 10 mL ciascuna, rispettivamente per un campione di acqua superficiale o di scarico.
Anidrificare gli estratti riuniti con solfato di sodio anidro e portare a piccolo volume (circa 5
mL) con un rotoevaporatore, avendo cura di utilizzare un vuoto moderato (40-50 mmHg) ed
una temperatura del bagno termostatato non superiore ai 30°C. Questo stadio è particolarmente
critico in quanto è stata evidenziata la perdita dei fenoli più volatili quando è stato usato
un vuoto più spinto ed una temperatura più elevata. Portare a secco con un moderato flusso
di azoto e riprendere con 0,5 mL della fase mobile di partenza del gradiente cromato-
grafico. Per evitare la perdita dei fenoli più volatili si possono utilizzare alcuni accorgimenti
descritti nel Sottoparagrafo 7.2.4. L’estratto ottenuto viene analizzato mediante HPLC-UV.
La Fig. 1 mostra una tipica separazione di fenoli con questa procedura.
Figura 1: Cromatogramma ottenuto a 220 nm di un campione di acqua superficiale contaminato con 10 ppb di ciascun
composto fenolico di Tab. 1, estratto con tecnica liquido/liquido. Condizioni analitiche: colonna cromatografica
Supelcosil LC-8 150x4,6 mm, dimensione particelle 5 µ
µµm, flusso 1,2 mL/min. Gradiente (acetonitrile + acido acetico
1%/acqua + acido acetico 1%): da 35:65 (inizio gradiente) a 100:0 in 20 min, volume iniettato 10 µ
µµL.
COSTITUENTI ORGANICI
7.2.2 Estrazione SPE con cartuccia di carbone grafitato
Condizionare la cartuccia SPE con 6 mL di diclorometano/metanolo 80:20, 2 mL di metano-
lo e 14 mL di acqua a pH=2. Portare il pH del campione acquoso a 2 con acido solforico.
Far passare il campione (1 litro o 50 mL, rispettivamente per acque superficiali o di scarico),
attraverso la cartuccia SPE ad un flusso di 60-70 mL/min. Successivamente far passare 7 mL
di acqua distillata (per eliminare i sali) per gravità, portare a secco il substrato adsorbente
sotto vuoto, lavare con 0,5 mL di metanolo (per eliminare l’acqua residua) avendo cura di farlo
passare lentamente regolando opportunamente il vuoto e quindi portare a secco sotto vuoto
per un minuto. Invertire la cartuccia introducendo in essa un pistone cilindrico di teflon,
avente base conica e una punta di tipo Luer, fino a venire a contatto con il setto superiore della
cartuccia stessa. Eluire i fenoli con 6 mL di una miscela diclorometano/metanolo 80:20
(v/v) contenente TBAF 10 mM. Portare a secco con un moderato flusso di azoto e riprendere
con 0,5 mL della fase mobile di partenza del gradiente cromatografico. Analizzare l’estratto
ottenuto mediante HPLC-UV.
La Fig. 2 mostra una tipica separazione di fenoli con questa procedura.
Figura 2: Cromatogramma ottenuto a 220 nm di un campione di acqua di pozzo contaminato con 5 ppb di ciascun
composto fenolico di Tab. 1, estratto con cartuccia di carbone grafitato “Carbograph-4” da 500 mg. Condizioni ana-
litiche: colonna cromatografica Alltech Alltima C18 250x3 mm, dimensione particelle 5 µµm, flusso 0,6 mL/min. Gra-
diente (acetonitrile + TFA 0,025%/acqua + TFA 0,025%): da 22/78 (inizio gradiente) a 90/10 in 20 min, volume
iniettato 10 µµL.
7.2.3 Estrazione SPE con cartuccia di materiale polimerico con fase stazionaria polare o di
materiale siliceo con fase stazionaria C18 o C8
Condizionare la cartuccia SPE secondo quanto suggerito dal produttore della cartuccia. Portare
il pH del campione acquoso a 2 con acido solforico.
Far passare il campione (1 litro o 50 mL, rispettivamente per acque superficiali o di scarico),
attraverso la cartuccia SPE al flusso suggerito dal produttore della cartuccia. Successivamente
far passare 5 mL di acqua distillata (per eliminare i sali) e portare a secco il substrato ad-
sorbente con un flusso di azoto o sotto vuoto. Eluire i fenoli con una miscela il cui volume e
la cui composizione sono consigliati dal produttore. Portare a secco con un moderato flusso
692
COSTITUENTI ORGANICI
di azoto e riprendere con 0,5 mL della fase mobile di partenza del gradiente cromatografico.
Per evitare la perdita dei fenoli più volatili si possono utilizzare alcuni accorgimenti descritti
nel Sottoparagrafo 7.2.4. L’estratto ottenuto viene analizzato mediante HPLC-UV.
La Fig. 3 mostra una tipica separazione di fenoli con questa procedura.
Figura 3: Cromatogramma ottenuto a 220 nm di un campione di acqua superficiale contaminato con 36,5 ppb di
ciascun composto fenolico di Tab. 1, estratto con cartuccia ENV+ Isolute da 500 mg. Condizioni analitiche: colonna
cromatografica Waters Resolve C18 150x3,9 mm, dimensione particelle 5 µ
µµm, flusso 1 mL/min. Gradiente (acetonitrile/
acqua + TFA 0,02%): 20/80 (inizio gradiente) per 2 min, 80/20 al tempo 15 min, volume iniettato 50 µ
µµL.
7.2.4 Accorgimenti per evitare la perdita dei fenoli più volatili
La concentrazione del volume dell’estratto risulta essere lo stadio più critico dell’intero procedimento
a causa della possibile perdita per evaporazione dei fenoli più volatili. Per minimizzare
tale inconveniente, prima di portare a secco l’estratto, si può aggiungere un’aliquota di
soluzione di TBAF, in modo che la sua concentrazione finale risulti essere di 10 mM. Questo
consente la formazione di coppie ioniche fenoli-TBA la cui volatilità è molto bassa.
Alternativamente si può aggiungere una soluzione di carbonato di sodio in modo da trasformare
i fenoli in fenati la cui volatilità è molto bassa.
8. Calcoli
Iniettare nel cromatografo volumi uguali di campione e di soluzioni di riferimento diluite
(6.6.2). Costruire quindi le rette di taratura per i singoli fenoli, accertandosi di operare nel
campo di linearità dello strumento, riportando in grafico l’area del picco del componente (A)
in funzione della concentrazione del componente stesso e interpolando i punti sperimentali
con il metodo dei minimi quadrati. Ricavare il coefficiente angolare (a) e l’intercetta (b) della
retta di taratura. La concentrazione incognita di ogni componente è data dalla relazione:
693
COSTITUENTI ORGANICI
A– b Vf
C = ·
a Vi
dove:
C = concentrazione (µg/L) di fenolo;
A = area del picco del fenolo nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
Nel caso in cui si utilizzi il riferimento interno, si riporta in grafico il rapporto area picco com-
ponente/area picco riferimento interno (A/Asi) in funzione della concentrazione del componente
stesso. La concentrazione incognita di ogni componente (C), espressa in µg/L, è data
dalla relazione:
C =
A/Asi – b
·
Vf
a Vi
dove:
C = concentrazione (µg/L) di fenolo;
A = area del picco del fenolo nella miscela incognita;
Asi = area del picco del riferimento interno nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
9. Qualità del dato
Le iniezioni del campione e delle soluzioni di riferimento vanno ripetute almeno due volte al
fine di migliorare l’accuratezza delle misure sperimentali. Per verificare la ripetibilità della risposta
strumentale si consiglia di effettuare 10 iniezioni di una delle soluzioni di riferimento.
Le procedure sperimentali sopra riportate sono state verificate mediante una sperimentazione
interlaboratorio che ha coinvolto 5 laboratori di riferimento nazionali. Detta sperimentazione
ha consentito di stabilire che i recuperi dei vari fenoli sono superiori al 75% con un coefficiente
di variazione inferiore al 10%.
Pertanto si consiglia di ripetere il procedimento di concentrazione qualora, durante la procedura
di concentrazione, venga riscontrato un recupero inferiore al 50%.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
COSTITUENTI ORGANICI
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C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5080. Idrocarburi policiclici aromatici
Introduzione
Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) rappresentano una delle più significative classi di
composti chimici il cui monitoraggio in varie matrici ambientali, quali aria, acqua e sedimenti,
è di fondamentale importanza allo scopo di valutare l’impatto che questi inquinanti hanno sul-
l’ambiente e sull’uomo.
L’attenzione allo sviluppo di metodi di identificazione e successiva quantificazione degli idrocarburi
policiclici aromatici in varie matrici ambientali è legata alla riconosciuta azione cancerogena
che alcuni di questi composti hanno dimostrato.
Questi idrocarburi sono il risultato di diverse attività industriali; possono inoltre essere rilasciati
nelle acque potabili dal rivestimento bituminoso delle tubature. In ragione della loro natura
idrofobica e della loro bassa solubilità tendono ad accumularsi nel particolato aeriforme
organico ed inorganico che sotto l’azione degli agenti atmosferici può essere diffuso in tutto
l’ecosistema.
Gli IPA si sviluppano durante i processi di combustione incompleta di combustibili fossili come
carboni e petroli, nella combustione della biomassa e dalle emissioni del traffico veicolare.
L’origine di tali composti è prevalentemente di tipo antropico, ma esistono anche delle fonti
di tipo naturale come l’autocombustione delle foreste o biosintesi ad opera di batteri, funghi
ed alghe (questa sintesi avviene in misura maggiore nei sedimenti profondi e anaerobici).
Gli IPA sono inquinanti ubiquitari in quanto possono essere ritrovati in tracce anche in ambienti
remoti, quindi lontani dall’attività industriale principale responsabile della loro produzione,
per opera del trasporto e delle precipitazioni atmosferiche.
Gli IPA per la loro lipofilicità presentano mediamente una solubilità piuttosto ridotta (<1 mg/L)
che tende comunque a diminuire con l’aumento del peso molecolare. Per questo motivo questi
composti tendono a lasciare la fase acquosa ed a formare legami con le particelle in sospensione
o a depositarsi nei sedimenti dove è presente una grande quantità di carbonio organico.
Un altro comparto verso il quale gli IPA presentano particolare affinità è il biota, per
la presenza di grassi nei tessuti degli organismi. Questo rappresenta un grave problema ecotossicologico
poiché, pur dimostrando bassa tossicità acuta, alcuni IPA si sono rivelati degli
agenti cancerogeni e genotossici.
La pericolosità di questi composti dipende anche dalla loro persistenza che diventa molto elevata
quando sono presenti più di due o tre anelli o quando le condizioni ambientali sono riducenti.
La tossicità può aumentare in seguito all’esposizione alla luce, in particolare ai raggi
UV.
La degradazione degli IPA può avvenire con una reazione relativamente rapida sull’interfaccia
acqua-sedimento a carico di alcuni batteri aerobi. Questi microrganismi possiedono degli
enzimi in grado di incorporare una molecola di ossigeno ad ogni singolo anello aromatico
sotto forma di due gruppi ossidrili. Il prodotto della reazione è un intermedio aromatico
chiamato catecolo. I gruppi ossidrilici hanno una funzione destabilizzante in quanto l’ulteriore
incorporazione di una molecola di ossigeno al catecolo porta all’apertura dell’anello aromatico.
Il composto così generato è un acido carbossilico che viene successivamente scisso a
formare degli intermedi del ciclo di Krebs. Nei sedimenti più profondi, invece, tale reazione
è per lo più inibita in quanto l’ossigeno disciolto nella colonna d’acqua diffonde molto lentamente
nei sedimenti e viene rapidamente utilizzato dai microrganismi presenti sull’interfaccia
acqua-sedimento. In questo modo nelle zone sottostanti vengono a crearsi delle condizioni di
anaerobiosi che rendono impossibile la degradazione precedentemente descritta.
COSTITUENTI ORGANICI
1. Principio del metodo
Il metodo prevede la determinazione quantitativa di alcuni tra i principali idrocarburi policiclici
aromatici in campioni di acque potabili, di falda , superficiali e di scarico mediante estrazione
liquido-liquido o su fase solida ed analisi in gascromatografia/spettrometria di massa
(HRGC/LRMS) con detector a selezione di massa, oppure in cromatografia liquida (HPLC) con
rivelatore ultravioletto (UV) e a fluorescenza.
Nel caso di matrici complesse l’analisi in HRGC/LRMS deve essere preceduta da una purificazione
dell’estratto organico su gel di silice in modo da isolare la frazione contenente gli
idrocarburi policiclici aromatici dagli interferenti idrocarburi alifatici.
Il riconoscimento e la quantificazione dei singoli IPA è basata sul confronto dei tempi di ritenzione
dei picchi del cromatogramma ottenuto dall’analisi dell’estratto organico del campione
acquoso con quelli ottenuti da idonee soluzioni di riferimento.
La determinazione quantitativa degli IPA viene effettuata con le aree dei rispettivi picchi cromatografici
sulla base di opportune rette di taratura di soluzioni di riferimento.
2. Campo di applicazione
Il metodo consente di dosare gli analiti riportati in Tab. 1 ad una concentrazione non inferiore
a 0,005 µg/L.
1 naftalene
2 acenaftene
3 acenaftilene
4 fluorene
5 fenantrene
6 antracene
7 fluorantene
8 pirene
9 benzo (a) antracene
10 crisene
11 benzo (k) fluorantene
12 benzo (j) fluorantene
13 benzo (b) fluorantene
14 benzo (a) pirene
15 benzo (e) pirene
16 perilene
17 dibenzo (a,h) antracene
18 indeno (1,2,3-c,d) pirene
19 benzo (g,h,i) perilene
Composto
Tabella 1: Idrocarburi policlici aromatici analizzabili con il presente metodo
Oltre ai composti riportati in Tab. 1, il metodo consente la determinazione di altri idrocarburi
con caratteristiche simili.
3. Interferenze e cause di errore
Tutti quei composti organici con tempi di ritenzione coincidenti a quelli dei composti in esame
possono essere considerati interferenti; procedimenti di purificazione utilizzati per isolare
gli IPA possono ridurre al minimo queste interferenze.
Solventi, reagenti, vetreria, contaminazione dell’ambiente di lavoro possono essere causa di
artefatti ed elevate linee di base che possono determinare errori nell’interpretazione dei dati
COSTITUENTI ORGANICI
cromatografici. Si deve dimostrare che tutti i materiali non diano interferenze nelle condizioni
di analisi adottate con l’utilizzo di prove in bianco.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il campionamento e la conservazione del campione vengono eseguiti conformemente alle norme
generali riportate nella Sezione 1030 “Metodi campionamento”. Il campionamento deve
essere effettuato in bottiglie di vetro della capacità 1-2 L. Le bottiglie e i tappi (possibilmente
con sottotappi in teflon) devono essere risciacquati con acetone e seccati prima dell’uso.
I campioni vanno conservati al buio ed in frigorifero a 4°C (è consigliabile effettuare le operazioni
di estrazione il più presto possibile e comunque non oltre 48 ore).
5. Apparecchiature
Normale vetreria di laboratorio che dopo il lavaggio deve essere sciacquata con acqua bidistillata,
con acetone e seccata prima dell’uso.
5.1 Bottiglie di vetro da 1 o 2 L
5.2 Imbuti separatori di vetro Pyrex di varie capacità con rubinetto e tappi di teflon.
5.3 Matracci e pipette (classe A) di varie capacità ed accuratamente pulite.
5.4 Flaconi di vetro di varie capacità con tappi in gomma teflonata.
5.5 Microsiringhe per liquidi di varie capacità.
5.6 Palloni da 250 mL in Pyrex con cono normalizzato.
5.7 Bilancia analitica
5.8 Evaporatore rotante
5.9 Colonne per cromatografia in vetro (1 cm d.i., 30 cm lunghezza) dotate di setto poroso
G0, rubinetto in teflon e serbatoio da 50 mL.
5.10 Gascromatografo, equipaggiato con colonne capillari e rivelatore a selezione di
massa con sistema di integrazione dati (HRGC/LRMS).
In alternativa:
5.11 HPLC
Si consiglia l’uso di uno strumento dotato di rivelatore UV (a lunghezza d’onda variabile) e/o
fluorescenza e di colonna a fase inversa. La fase mobile è costituita da una miscela di aceto-
nitrile/acqua o metanolo/acqua. L’analisi viene effettuata in gradiente la cui composizione e
durata, così come il flusso di lavoro, dipende dal tipo e dalle dimensioni della colonna utilizzata.
5.12 Colonna capillare per GC e colonna per HPLC
COSTITUENTI ORGANICI
6. Reattivi
6.1 Acqua bidistillata esente da sostanze interferenti.
6.2 Solventi (esano, cicloesano, diclorometano, etilacetato, metanolo, acetonitrile, pentano,
acetone) per uso pesticidi.
6.3 Sodio solfato anidro
6.4 Sodio cloruro RPE per analisi
6.5 Gel di silice 70/230 mesh
6.6 Cartucce per estrazione in fase solida (es. Empore disc C8 47 mm).
6.7 Lana di vetro silanizzata
6.8 Riferimenti interni deuterati: naftalene D8, acenaftene D10, fenentrene D10, crisene
D12, perilene D12.
6.9 Soluzioni di riferimento concentrate di IPA (1000 mg/L)
Per la preparazione delle soluzioni di riferimento per la taratura devono essere impiegati
composti di purezza superiore al 98%.
I riferimenti primari si preparano pesando esattamente in un matraccio tarato da 25 mL una
quantità di 25 mg di ciascun idrocarburo e portando a volume con metanolo.
Queste soluzioni madri possono essere conservate in congelatore e sono stabili per sei mesi
se conservate in congelatore, per due mesi se conservate in frigorifero a 4°C. In modo analogo
vengono preparate le soluzioni concentrate per i riferimenti interni ad una concentrazione
nominale di 500 mg/L.
Possono essere utilizzate soluzioni di riferimento multicomponente ad una concentrazione di
2000 mg/L purchè vendute con certificato di analisi.
6.10 Soluzione di riferimento diluita di IPA (20 mg/L)
In un matraccio tarato da 25 mL introdurre 0,5 mL di ciascuna delle soluzioni da 1000 mg/L
ad esclusione dei riferimenti interni e portare a volume con metanolo. Nel caso si utilizzino
soluzioni di riferimento multicomponente già preparate queste vengono diluite in modo da ottenere
una soluzione a 20 mg/L.
La soluzione dei riferimenti interni (SI metanolo) da utilizzare per le soluzioni di riferimento
diluite viene preparata prelevando 1 mL delle soluzioni concentrate di ciascun componente e
portando a volume in un matraccio tarato da 50 mL con metanolo.
La soluzione dei riferimenti interni da addizionare al campione (SI acetone) viene preparata
prelevando 0,1 mL delle soluzioni concentrate di ciascun componente e portando a volume in
un matraccio tarato da 50 mL con acetone. La soluzione conservata in fiale silanizzate e in
congelatore è stabile per due mesi.
6.11 Soluzioni diluite per taratura
Le soluzioni diluite utilizzate per la taratura sono ottenute diluendo opportunamente con metanolo
la soluzione diluita di IPA (6.10).
6.11.1 Soluzione di riferimento IPA a 2 mg/L (Stdipa2)
In un matraccio tarato da 10 mL introdurre 1,0 mL della soluzione diluita (6.10) e 1,0 mL della
soluzione SI metanolo e portare a volume con metanolo.
700
COSTITUENTI ORGANICI
6.11.2 Soluzione di riferimento IPA a 0,2 mg/L (Stdipa02)
In un matraccio tarato da 10 mL introdurre 0,1 mL della soluzione diluita (6.10) e 1,0 mL della
soluzione SI metanolo e portare a volume con metanolo.
7. Procedimento
7.1 Estrazione
7.1.1 Estrazione liquido/liquido
Trasferire quantitativamente il campione di acqua in un imbuto separatore da 2 L. Risciacquare
accuratamente la bottiglia con 50 mL di diclorometano.
Aggiungere il riferimento interno 0,1 mL (SI acetone) agitando per una accurata distribuzione.
Aggiungere il solvente di estrazione diclorometano (50 mL), agitare vigorosamente per 2 minuti.
Lasciare decantare e trasferire l’estratto ottenuto in un pallone da 250 mL. Ripetere l’estrazione
altre due volte con uguali aliquote di solvente (50÷60 mL). Riunire gli estratti e anidrificarli
con solfato di sodio anidro.
Concentrare a piccolo volume (circa 5 mL) l’estratto organico con evaporatore rotante; la
temperatura del bagno termostatatico non deve essere superiore a 40°C.
Dopo aver concentrato l’estratto a circa 1 mL sotto flusso di azoto trasferirlo quantitativamente
in una fiala da 4 mL con diclorometano.
Fare attenzione durante le fasi di concentrazione a non andare a secco con l’estratto per non
perdere gli IPA più volatili.
7.1.2 Estrazione su fase solida
Gli analiti vengono estratti tramite estrazione su fase solida (SPE) utilizzando Empore disk C18
(o cartuccia C18). Lavare il disco con 10 mL di diclorometano e condizionarlo aggiungendo
metanolo (10 mL) sotto vuoto. Rimuovere l’eccesso di solvente con acqua esente da contaminanti
organici (10 mL). Far passare 2 litri di campione contenente 10 mL di metanolo attraverso
il disco sotto un vuoto di 10 cm di Hg.
Durante questa operazione è necessario prevenire che il disco vada a secco controllando il
vuoto e chiudendolo al momento opportuno.
Alla fine della filtrazione, far passare aria attraverso la membrana per alcuni minuti per rimuovere
l’eccesso di acqua.
Eluire gli analiti facendo passare diclorometano (10 mL) con un vuoto moderato (circa 0,5 cm
di Hg). Raccogliere l’eluato in provetta graduata e concentrare sotto flusso di azoto a temperatura
ambiente a piccolo volume (esattamente misurato).
7.2 Purificazione dell’estratto su colonna di gel di silice
7.2.1 Preparazione della fase stazionaria
Purificare il gel di silice con diclorometano in Soxhlet per 12 ore. Evaporare il solvente residuo
con evaporatore rotante e successivamente in stufa a 35°C. Attivare il gel di silice in stufa
a 250°C per 16 ore e raffreddarlo in essiccatore sotto vuoto.
Attivare il sodio solfato a 400°C per 8 ore e raffreddarlo in essiccatore sotto vuoto. Le fasi
stazionarie, conservate in essiccatore sotto vuoto, sono attive per 5 giorni.
7.2.2 Preparazione della colonna cromatografica
Pesare in una beuta da 50 mL, munita di tappo smeriglio, 6,0 g di gel di silice, aggiungere
5 mL di una miscela esano/acetone 8:2 (v:v) e chiudere la beuta. Agitare e lasciare la beuta
immersa in un bagno ad ultrasuoni per 5 minuti.
701
COSTITUENTI ORGANICI
Introdurre nella colonna cromatografica pochi millilitri di esano. Trasferire nella colonna parzialmente
riempita con esano, il gel di silice avendo cura che non si formino bolle d’aria. Aggiungere
2,0 g di solfato di sodio mantenendo la colonna sempre bagnata da esano. Condizionare
la colonna con 10 mL di esano degasato mediante ultrasuoni.
7.2.3 Eluizione cromatografica
Portare l’estratto del campione proveniente dal trattamento 7.1.1 ad un volume di 0,5 mL in
esano mediante leggero flusso di azoto (prepurificato per passaggio su setacci molecolari) e
caricare quantitativamente il campione aiutandosi se necessario con una piccola quantità di
esano. Eluire per gravità in successione con:
- 30 mL di esano (prima frazione di scarto contenente gli alifatici);
- 20 mL acetone/esano 1:1 (v/v) (seconda frazione contenente gli IPA).
Concentrare lentamente la seconda frazione in evaporatore rotante fino a 0,5 mL (evitando
di andare a secco), quindi trasferirla in una fiala da 1,8 mL aiutandosi con esano. Aggiustare
il volume fino ad una quantità nota compresa tra 0,5-1 mL (con esano o mediante leggero
flusso di azoto, prepurificato per passaggio su setacci molecolari) a seconda delle concentrazioni
attese. Fino al momento dell’analisi conservare l’estratto a 4°C al buio.
7.3 Analisi dell’estratto
7.3.1 Analisi in HRGC/LRMS
L’estratto organico proveniente dalla procedura di estrazione 7.1.1 o 7.1.2 può essere analizzato
direttamente in HRGC/LRMS oppure, nel caso di matrici complesse, sottoposto a purificazione
su colonna di gel di silice come descritto in (7.2) e poi analizzato.
È opportuno prima di iniziare l’analisi porre il forno alla massima temperatura raggiunta dall’analisi
e monitorare la linea di base fino a che questa resti costante.
L’acquisizione di dati viene eseguita sui soli ioni caratteristici dei composti da analizzare. Qui
di seguito viene riportata a titolo di esempio la tabella con gli ioni di quantificazione e conferma
di una serie di IPA. È compito dell’operatore valutare la necessità di inserire altri ioni
a seconda delle richieste.
Naftalene 128 64 6 Naftalene D8
Acenatilene 152 76 13 Naftalene D8
Acenaftene 154 152 51 Acenaftene D10
Fluorene 166 164 12 Acenaftene D10
Fenantrene 178 89 8 Fenantrene D10
Antracene 178 89 9 Fenantrene D10
2-fenilnaftalene 204 101 11 Fenantrene D10
Fluorantene 202 101 9 Fenantrene D10
Pirene 216 101 12 Fenantrene D10
Benzo(a)fluorene 216 215 74 Fenantrene D10
Benzo(b)fluorene 228 215 74 Fenantrene D10
Benzo(a)antracene 228 114 7 Fenantrene D10
Crisene 252 114 7 Crisene D12
Benzofluoranteni 252 126 8 Crisene D12
(b+k+j)
benzo(e)pirene 252 126 6 Crisene D12
benzo(a)pirene 252 126 6 Crisene D12
Perilene 276 126 8 Perilene D12
Analita
Massa M1
quantificazione
Massa M2
Conferma
%
M2/M1
Calcoli con
riferimento interno
segue
COSTITUENTI ORGANICI
segue
In Fig. 1 è riportato un tipico cromatogramma ottenuto analizzando l’estratto in HRGC/LRMS.
indeno(1, 2, 3-cd) 278 138 3 Perilene D12
pirene
Dibenzo(a,h) 276 139 3 Perilene D12
antracene
Coronene 300 138 6 Perilene D12
150 6 Perilene D12
Naftalene D8 136 85,2 ± 3,1
Acenaftene D10 164 91,4 ± 2,1
Fenantrene D10 188 93,1 ± 2,2
Crisene D12 240 89,8 ± 2,9
Perilene D12 364 88,4 ± 3,3
Analita
Massa M1
quantificazione
Massa M2
Conferma
%
M2/M1
Calcoli con
riferimento interno
Riferimento interno
Massa M1
quantificazione
Recupero medio %
± scarto tipo
Figura 1: Cromatogramma di un campione di acqua di falda contaminato con 20 ppb di alcuni IPA ottenuto analiz-
zando l’estratto in HRGC/LRMS. Condizioni gas-cromatografiche: iniettore “splitless” (“liner” silanizzato da 800 µµL); T
= 295°C, “purge” time = 45 sec; linea di trasferimento MS a 300°C; temperatura forno 60°C per 1 minuto, rampa a
25°C/min fino a 200°C, rampa a 10°C/min fino a 270°C, isoterma per 6 minuti, rampa a 25°C/min fino a 295°C, iso-
terma per 12 minuti; gas di trasporto elio a 10 psi, flusso di “split” 60 mL/min. Condizioni operative dello spettrome-
tro di massa: temperatura sorgente = 260°C, sorgente ad impatto elettronico (EI), potenziale di ionizzazione 70 eV.
7.4 Analisi in HPLC/fluorescenza
Per effettuare l’analisi in HPLC/fluorescenza l’estratto organico proveniente dalla procedura
di estrazione (7.1.1 o 7.1.2) deve essere reso compatibile con la fase mobile impiegata. Ciò
viene realizzato concentrando a 100 µL l’estratto in diclorometano e aggiungendo acetonitrile
fino ad un volume finale di 1 mL.
Il rivelatore a fluorescenza viene usato per la determinazione simultanea dei differenti com
703
COSTITUENTI ORGANICI
posti. Le lunghezze d’onda di eccitazione e di emissione vengono variate in dipendenza del
tipo di colonna e delle condizioni cromatografiche utilizzate. A titolo di esempio, nella seguente
Tab. 2 sono riportate le lunghezze d’onda di eccitazione e di emissione utilizzate nel
cromatogramma di Fig. 2.
< 0 250 360
17,9 375 425
20,5 335 440
24,8 350 430
33,5 305 500
Tempo di ritenzione (min) eccitazione (nm) emissione (nm)
Tabella 2: Tempi di ritenzione e lunghezza d’onda
Figura 2: Cromatogramma di un campione di acqua superficiale contaminato con 0,1 ppb di alcuni IPA ottenuto ana-
lizzando l’estratto in HPLC/fluorescenza. Condizioni operative: colonna C18 (Analytical Technology) (250 x 4 mm, 5
µµm), flusso = 1 mL/min, 50/50 acqua/acetonitrile (isocratica per 6 min), gradiente a 30/70 in 24 min, gradiente a
20/80 in 10 min, gradiente a 0/100 in 10 min; volume iniettato = 10 µµL.
8. Calcoli
Iniettare nel cromatografo volumi uguali di estratto e di soluzioni di riferimento diluite (6.11).
Costruire quindi le rette di taratura per i singoli IPA, accertandosi di operare nel campo di linearità
dello strumento. La quantificazione viene effettuata mediante la tecnica del riferimento
interno.
Riportare in grafico il rapporto area picco componente/area picco riferimento interno (A/Asi)
in funzione della concentrazione del componente stesso.
La concentrazione incognita di ogni componente è data dalla relazione:
A/Asi– b Vf
C = ·
a Vi
dove:
COSTITUENTI ORGANICI
C = concentrazione (µg/L) di analita;
A = area del picco dell’analita nella miscela incognita;
Asi = area del picco del riferimento interno nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
9. Qualità del dato
Le iniezioni del campione e dei riferimenti interni vanno ripetute almeno due volte al fine di
migliorare l’accuratezza delle misure sperimentali. Per verificare la ripetibilità della risposta
strumentale si consiglia di effettuare 10 iniezioni di una delle soluzioni di riferimento.
Valutare il recupero dei riferimenti interni effettuando cinque determinazioni su una matrice
reale.
Il recupero di ogni riferimento interno calcolato rispetto alla soluzione di lavoro deve essere
maggiore del 50%. Si raccomanda di riestrarre e rianalizzare i campioni, i cui recuperi sono
inferiori al 40% o maggiori del 120%.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
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XX Edition, (Washington, APHA).
GUIDOTTI M. (1996): “Presenza di idrocarburi policiclici aromatici e composti organoclorurati
persistenti in sedimenti di acque superficiali”, Acqua e aria, 9, 783-785.
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Acque, 64, Roma.
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photoxidation product to the bacteria Photobacterium Phosphoreum and the duckweed Lemna
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Toxicol. and Chemistry, 16, 892-899.
WILCOCK R.J., CORBAN G.A., NORTHCOTT C.L. & LANGDON A.G. (1995): “Persistence
of polycyclic aromatic compounds of different molecular size and water solubility in surfacial
sediment of interstitial sandflat”, Environ. Toxicol. and Chemistry, 15, 670-676.
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5090. Pesticidi clorurati
I pesticidi clorurati sono composti organici clorurati ad attività insetticida con meccanismo di
azione prevalentemente a danno del sistema nervoso. Questi prodotti, unitamente all’esaclorobenzene
ed al captano aventi proprietà spiccatamente fungicide, costituiscono una classe
di pesticidi di grande rilevanza dal punto di vista della contaminazione ambientale per le caratteristiche
di persistenza e tossicità.
Il metodo descritto permette la determinazione dei pesticidi clorurati nelle acque di scarico.
Alcune considerazioni possono essere fatte sulla procedura analitica. Qualsiasi metodo di
estrazione capace di rimuovere efficacemente dal campione queste sostanze clorurate per la
successiva analisi, può estrarre contemporaneamente anche elevate quantità di sostanze potenzialmente
interferenti che in un’acqua di scarico sono generalmente molto abbondanti e di
varia natura e possono ostacolare una accurata determinazione analitica. Varie fasi di purificazione
dell’estratto possono quindi essere indispensabili e nel metodo ne vengono suggerite
alcune, selezionate sulla base della loro efficacia.
In ogni caso, per ridurre la possibilità di errore, l’applicazione della procedura descritta più
avanti richiede personale addestrato a questo tipo di determinazioni e l’effettuazione di periodici
controlli di qualità. Inoltre, nel caso di risposte positive è ovvio che il chimico responsabile
dell’analisi curerà la conferma del risultato con adeguate procedure.
Una importante osservazione deve essere fatta riguardo ai policlorobifenili (PCB). Questi sono
composti che presentano un comportamento analogo, nelle diverse fasi della procedura
analitica, ai pesticidi clorurati. Anche nella attuale normativa essi sono in genere assimilati ai
pesticidi organoclorurati (così come nei metodi EPA per il controllo delle acque di scarico sia
civili che industriali), nonostante la diversa utilizzazione e la diversa tossicità. Nonostante ciò,
per esigenze schematiche, le procedure di analisi sono descritte in due metodi separati. In
questo metodo i PCB sono inclusi nelle interferenze. Per la loro analisi si rimanda al metodo
specifico 5110 basato su numerosi riferimenti al presente metodo. Si ricorda infine che la
maggior parte dei pesticidi clorurati presi in esame è attualmente soggetta a divieti d’uso come
fitofarmaci e quindi è anche limitatissima la produzione, indirizzata quasi esclusivamente
alla esportazione. Per quanto riguarda i PCB, dei quali è vietata la produzione e l’uso, la
loro eventuale presenza nelle acque di scarico può in generale derivare da operazioni di manutenzione
o smantellamento di trasformatori contenenti miscele commerciali di questi composti
utilizzati come additivi per gli oli.
1. Principio del metodo
Il metodo consiste in una estrazione liquido-liquido con miscela n-esano/diclorometano, una
purificazione preliminare per ripartizione con acetonitrile, una fase di desolforazione seguita
da una purificazione/frazionamento per cromatografia su gel di silice ed infine un’analisi gascromatografica
con rivelatore a cattura di elettroni. L’operatore, in base alla sua esperienza e
in base ad eventuali notizie sul campione (provenienza, possibile presenza di sostanze interferenti,
ecc.) potrà, nell’ambito della procedura successivamente descritta, operare delle scelte;
potrà scegliere il volume di campione da sottoporre all’analisi e il volume finale al quale concentrare
l’estratto, ma soprattutto potrà decidere riguardo all’opportunità o meno di procedere
ad una o più fasi di purificazione. Iniezioni dell’estratto concentrato prima delle operazioni di
purificazione, anche se possono dare all’operatore informazioni molto utili sull’opportunità delle
successive fasi di purificazione, sono in genere sconsigliate perché possono determinare la
necessità di intervenire sul rivelatore o sulla colonna per ripristinarne l’efficienza analitica.
COSTITUENTI ORGANICI
L’eliminazione di oli e grassi, spesso presenti nell’estratto di un’acqua di scarico, per ripartizione
con acetonitrile, è preferibile al trattamento acido o alcalino che, anche se economico,
veloce ed efficiente, distrugge parzialmente o totalmente alcuni pesticidi organoclorurati. La
successiva cromatografia con silice disattivata, ampiamente sperimentata e utilizzata permette
un’ulteriore purificazione ed un frazionamento dei composti organoclorurati utile per la loro
identificazione.
Per quanto riguarda la determinazione finale, alcune delle colonne gascromatografiche con le
più idonee fasi stazionarie attualmente reperibili in commercio sono riportate nella sezione relativa
alla determinazione gascromatografica. Nel metodo sono indicate altresì le più probabili
interferenze, che si possono incontrare nella determinazione di composti organoclorurati in
un’acqua di scarico, e alcune tra le migliori tecniche per la loro minimizzazione o eliminazione.
L’analisi qualitativa si basa sul confronto dei tempi di ritenzione dei picchi osservati nel campione
con quelli di idonee soluzioni di riferimento. Per la conferma dell’identità delle sostanze
individuate è consigliato l’uso di colonne a differente polarità o, nel caso in cui il laboratorio
ne sia provvisto, di un rivelatore di massa operante in SIM (Selected Ion Monitoring).
La determinazione quantitativa dei pesticidi organoclorurati è basata sul confronto delle aree dei
picchi nel campione e nella soluzione di riferimento. I risultati sono di norma espressi in µg/L.
2. Campo di applicazione
Il metodo permette la determinazione di pesticidi clorurati nelle acque di scarico. In Tab. 1 è
riportato l’elenco delle sostanze che possono essere determinate con il presente metodo.
La normativa vigente stabilisce un limite di 0,05 mg/L di pesticidi totali, esclusi i fosforati ma
inclusi i PCB e i PCT, nelle acque di scarico (Tab. 3, All. 5 del D.Lgs. 152/99).
Tabella 1: Elenco dei pesticidi clorurati analizzabili con il presente metodo
Esaclorobenzene (HCB)* p,p’~DDT*
(pentaclorobenzene) (o,p’-DDT)
Aldrina* (p,p’-DDE)
Endrina* (o,p’-DDE)
(endrina aldeide) (p,p’-DDD)
Dieldrina* (o,p’-DDD)
HCH esaclorocicloesano: isomeri a, ß, d* a~clordano*
.-HCH [lindano] .-clordano*
Dicofol [Keltane] endosulfan a
Pertane endosulfan ß
Eptacloro* metossicloro
(eptacloro epossido) captano
* Sostanza il cui impiego in agricoltura o nell’igiene pubblica è vietato o sottoposto a restrizioni di impiego.
() Prodotti di degradazione o principali impurezze di produzione.
Nota: nell’elenco sono compresi solo composti normalmente classificati come pesticidi clorurati. Non sono stati considerati
altri pesticidi che, pur contenendo atomi di cloro o di altri alogeni, sono classificati in base ad altri gruppi funzionali
presenti nella molecola (ad esempio erbicidi quali atrazina; 2,4-D).
Il controllo dei limiti di accettabilità imposti dalla attuale normativa per le acque di scarico
non pone problemi; infatti il presente metodo di analisi ha un limite di quantificazione per singolo
composto in esame inferiore a 0,1 µg/L, ampiamente adeguato ai suddetti limiti normativi
(e comunque può essere, senza problemi, ulteriormente abbassato, fino a 1 ng/L, concentrando
l’estratto da iniettare per l’analisi gascromatografica a volumi più piccoli di quelli
previsti dal metodo).
Per quanto riguarda i volumi di campione da sottoporre all’analisi, in considerazione dei limiti
di rivelabilità del metodo e dei limiti di legge, un volume di acqua di 100-500 mL è generalmente
sufficiente per le acque di scarico.
COSTITUENTI ORGANICI
3. Interferenze e cause di errore
Solventi, reagenti, vetreria, contaminazione dell’ambiente di lavoro ed ogni trattamento del
campione possono causare problemi e portare alla presenza di picchi interferenti nei cromatogrammi
e/o alterazioni della corrente di fondo del rivelatore con conseguenti difficoltà di
interpretazione e/o interpretazioni errate del tracciato gascromatografico. Tutti i materiali utilizzati
pertanto devono essere esenti da interferenze nelle condizioni operative adottate. È
quindi buona norma di laboratorio, all’inizio dell’indagine e periodicamente, sottoporre all’intera
procedura uno o più “bianchi” sostituendo al campione acqua distillata, per la verifica
di eventuali interferenze provenienti da materiali e reagenti. Nel caso di presenza di interferenze,
individuarne la provenienza, analizzando ogni singolo passaggio della procedura
e procedere alla loro eliminazione. Può essere richiesta una specifica selezione dei reattivi
ed una purificazione dei solventi per mezzo di distillazione.
Le sostanze di varia natura coestratte insieme ai pesticidi organoclorurati dagli effluenti industriali
sono spesso in quantità non trascurabile e possono causare difficoltà nell’ottenere misure
precise ed accurate, soprattutto quando si usa un rivelatore a cattura di elettroni.
Uno dei maggiori problemi nelle determinazioni gascromatografiche di inquinanti organici
con rivelatore a cattura di elettroni è rappresentato dagli esteri ftalici, una classe di plastificanti
contenuti in varie percentuali nei comuni materiali plastici flessibili dai quali sono facilmente
estratti producendo picchi interferenti nel gascromatogramma. Essendo di vastissima
diffusione ambientale possono anche provenire dallo stesso laboratorio che effettua le analisi.
La loro interferenza può essere mitigata evitando l’uso di questi materiali in laboratorio.
Può essere inoltre necessaria una purificazione dei reagenti (distillazione dei solventi e trattamento
in muffola degli altri materiali) e della vetreria (lavaggio con solventi) per eliminare
una contaminazione di fondo. Con la purificazione dell’estratto su gel di silice disattivato descritta
nel metodo, gli ftalati non vengono eluiti e la loro interferenza viene eliminata.
Altra sostanza che può causare seria interferenza è lo zolfo; la sua interferenza si può manifestare
con la saturazione del rivelatore a cattura di elettroni, o, se il livello è più basso, con
la presenza di tre o più picchi che possono interferire nella determinazione degli HCH e del-
l’aldrina. Numerosi sono i metodi descritti in letteratura per rimuovere lo zolfo.
Per la rimozione di composti dello zolfo dall’estratto si possono usare i seguenti metodi: trattamento
con solfito di tetrabutilammonio, che converte lo zolfo a tiosolfato; trattamento con
una lega rame-alluminio, trattamento con nickel Raney o potassio idrossido; cromatografia
con un adsorbente desolforante costituito da allumina (disattivata all’11%), solfito di sodio e
idrossido di sodio; infine agitazione dell’estratto con una piccola quantità (0,1 g) di polvere
di rame attivato che fa precipitare lo zolfo come solfuro di rame. Considerando l’efficacia di
rimozione dello zolfo, i recuperi dei composti organoclorurati, la facilità di esecuzione e la
tossicità di alcuni reagenti si raccomanda l’uso della cromatografia con l’agente desolforante;
quest’ultima procedura è descritta dettagliatamente nel metodo.
Come prima accennato i policlorobifenili (PCB), classe di composti comprendente 209 congeneri,
possono essere considerati una delle interferenze più probabili e meno facilmente eliminabili.
Per quanto riguarda le tecniche di separazione per cromatografia su colonna, dalla
letteratura risulta che la separazione dei PCB dai pesticidi organoclorurati può essere ottenuta
solo parzialmente su Florisil, su allumina o su silice. Con la purificazione su gel di silice
disattivato, adottata nel presente metodo, i PCB vengono eluiti nella prima frazione con alcuni
pesticidi clorurati. L’uso di colonne capillari e di adeguati programmi di temperatura (con
tempi di analisi molto lunghi) può permettere una sufficiente anche se non completa risoluzione
dei picchi mentre, se disponibile, l’uso di un rivelatore di massa (GC/MS) permette in
genere di quantificare anche picchi eventualmente sovrapposti. Si può inoltre adottare la tecnica
di Snyder e Reinert lievemente modificata, per il frazionamento del primo eluato proveniente
dalla cromatografia su gel di silice disattivato. La separazione dei PCB dal DDT e DDE
che ne risulta può essere utile per una identificazione più sicura dei pesticidi organoclorurati.
Tale procedura è descritta in dettaglio al Sottoparagrafo (7.3.4).
Anche i polibromobifenili (PBB), che possono essere utilizzati come ritardanti di fiamma, potrebbero
causare interferenza. Il PBB più usato ha la sigla PB-6b (Michigan Chem. Co., St.
Louis, U.S.A.) ed è costituito prevalentemente da 2,4,5,2’,4’,5’esabromobifenile; sono tutta
COSTITUENTI ORGANICI
via presenti altri 8 composti e isomeri (dal pentabromo all’eptabromobifenile) che contribuiscono
a dare un gascromatogramma complesso e simile a quello dei PCB. Se nei campioni
da analizzare si sospetta, in base al ciclo produttivo dell’azienda, la presenza di PBB è necessario
porre attenzione nell’attribuzione degli eventuali picchi nel cromatogramma del campione
e, se disponibile, utilizzare un rivelatore di massa (GC/MS).
Un’altra interferenza può essere rappresentata infine da alcuni esteri fosforici che, quando
presenti negli effluenti analizzati, possono essere rivelati con il procedimento indicato per i
pesticidi organoclorurati. In particolare con la tecnica di purificazione su gel di silice disattivato,
essi possono essere presenti nella seconda frazione. Per gli esteri fosforici che presentano
sulle più comuni colonne gascromatografiche tempi di ritenzione vicini a quelli dei composti
organoclorurati si possono effettuare controlli analitici sia mediante gascromatografia
con rivelatore fotometrico per il fosforo o a ionizzazione di metalli alcalini (NPD), sia mediante
l’impiego di tecniche ausiliarie di conferma.
4. Campionamento e conservazione del campione
I campioni vanno prelevati in bottiglie di vetro neutro, possibilmente scuro, della capacità di
1 L con chiusura a smeriglio oppure a vite. Prima del riempimento le bottiglie devono essere
risciacquate con la stessa acqua che si desidera campionare. Evitare l’uso di qualsiasi dispositivo
in plastica. È buona norma prelevare due aliquote per ciascun campione. Se si sospetta
che i campioni così prelevati non siano abbastanza rappresentativi della composizione del-
l’effluente, allora il campionamento andrà effettuato secondo i criteri e le modalità descritte
nella Sezione 1030 “Metodi di campionamento”, salvo diverse disposizioni di legge.
I campioni possono essere conservati in frigorifero per una settimana. Eventuali degradazioni
microbiche possono essere bloccate dall’aggiunta di HCl concentrato (1 mL/L di campione); è
comunque necessario accertare in via preliminare che l’aggiunta di HCl non causi alterazioni
quali-quantitative di altri composti eventualmente contenuti nel campione da analizzare.
5. Apparecchiature
5.1 Gascromatografo che consenta l’impiego di colonne capillari.
5.2 Rivelatori
Rivelatore a cattura di elettroni (ECD). Se disponibile, può essere vantaggiosamente adottato
il rivelatore di massa (MS) operante in SIM, soprattutto per l’analisi quantitativa di composti
non separabili cromatograficamente.
5.3 Sistema di acquisizione ed elaborazione dei dati cromatografici
5.4 Colonne gascromatografiche
Le colonne e le fasi stazionarie consigliate per l’analisi dei pesticidi organoclorurati sono descritte
nello schema seguente. Si consiglia di utilizzare colonne con rapporto di fase (raggio/2
x spessore di fase) pari a circa 250 e lunghezza non inferiore a 30 m.
Non polare
metil silicone SE-30, DB-1, SPB-1o equivalenti
5% fenile + 95% metilsilicone SPB-5, PTE-5, SE-54, ULTRA-2 o equivalenti
Polare
(non dichiarata) SPB-608
cianopropilsilicone stabilizzato SP-2331 o equivalenti
Fase stazionaria Nomi commerciali fase/colonna
COSTITUENTI ORGANICI
5.5 Evaporatore rotante, con possibilità di operare con il vuoto, bagno termostatico e
adatto sistema per il recupero dei solventi.
5.6 Vetreria
5.6.1 Colonna in vetro per disidratazione su solfato di sodio anidro (lunghezza 10 cm; 3,5
cm d.i.) senza setto poroso, con gambo sfinato (10 mm d.i.). Il setto poroso è sostituito da un
piccolo batuffolo di cotone sgrassato, opportunamente inserito nel punto di restringimento in
fondo alla colonna. In alternativa si possono utilizzare le colonne per la disidratazione in accordo
con le specifiche EPA (serbatoio per 60 mL di estratto, colonna di lunghezza 10 cm e
2 cm d.i., gambo sfinato 8 mm d.i., vedi Fig. 1).
Figura 1: Colonna per disidratazione secondo le specifiche EPA (le misure sono espresse in mm).
5.6.2 Microcolonna in vetro (lunghezza 30 cm; 4,2 mm d.i.), con estremità superiore munita
di smeriglio per il collegamento con un serbatoio per l’eluente, per la cromatografia su
gel di silice disattivato (Fig. 2).
Figura 2: Microcolonna per la separazione di pesticidi ed altri composti in quattro gruppi. A, ingresso aria per ot-
tenere una leggera pressione; B, giunto 10/19 (le misure sono espresse in mm).
COSTITUENTI ORGANICI
5.6.3 Fiale o provette da concentrazione in vetro da 2 mL, 5 mL, 10 mL, 15 mL e 25 mL
preferibilmente con gambo sfinato.
5.6.4 Imbuti separatori da 125 mL, 250 mL, 500 mL, 1000 mL, muniti di tappo a smeriglio
e rubinetto in teflon.
5.6.5 Palloni (preferibilmente a cuore) con cono smeriglio adatto per l’evaporatore rotante,
di cui al punto 5.5, aventi capacità 50 mL, 100 mL e 250 mL.
5.6.6 Matracci tarati con tappo smeriglio da 10 mL, 50 mL, 100 mL e 1000 mL.
5.6.7 Pipette tarate (volumi da 0,5 mL a 10 mL).
5.6.8 Altra vetreria normalmente in dotazione in qualsiasi laboratorio chimico (beute con
tappo smeriglio, cilindri graduati, imbuti, pipette Pasteur).
5.7 Microsiringhe per gascromatografia (tipo Hamilton o equivalenti) aventi capacità di
5 µL e 10 µL.
5.8 Microsiringhe per dosaggio di liquidi (tipo Hamilton o equivalenti per HPLC) da 25 µL,
50 µL, 100 µL, 250 µL e 500 µL.
5.9 Bilancia analitica, risoluzione 0,1 mg.
6. Reattivi
Tutti i solventi, a meno che non siano specificatamente dichiarati “per analisi di pesticidi” vanno
sottoposti a purificazione mediante distillazione con apparecchiature “tutto vetro”. È consigliabile
che per ogni solvente si disponga di una apposita apparecchiatura di distillazione.
Tutti i solventi vanno comunque controllati prima di essere utilizzati, usando le quantità impiegate
nella procedura, concentrando al volume finale indicato e controllando mediante
analisi gas cromatografica. Analogamente, è sempre consigliato l’uso di reattivi specificatamente
dichiarati per “analisi di pesticidi”.
6.1 n-Pentano “per analisi pesticidi”
6.2 n-Esano “per analisi pesticidi”
6.3 Diclorometano “per analisi pesticidi”
6.4 Acetonitrile “per analisi pesticidi”
6.5 Benzene “per analisi pesticidi”
6.6 Acqua distillata, esente da sostanze organiche che possano interferire nelle analisi
(esempio: ottenuta da acqua distillata trattata su sistemi dotati di apposita cartuccia in carbone
attivo). L’acqua deve essere controllata con una prova di “bianco”.
6.7 Acido cloridrico concentrato
6.8 Solfato di sodio granulare anidro trattato in muffola a 450°C per almeno 4 ore; conservare
in recipiente di vetro ermeticamente chiuso.
6.9 Soluzione satura di cloruro di sodio in acqua distillata (trattato preventivamente inmuffola a 450°C per almeno 4 ore e lasciato raffreddare) (6.6). È consigliabile eseguire un’e712
COSTITUENTI ORGANICI
strazione con n-esano (50 mL per 500 mL di soluzione satura) per rimuovere eventuali impurezze
residue.
6.9.1 Soluzione al 2% p/p di cloruro di sodio in acqua distillata (trattato preventivamentein muffola a 450°C per almeno 4 ore e lasciato raffreddare) (6.6). È consigliabile eseguire
un’estrazione con n-esano (50 mL per 500 mL di soluzione) per rimuovere eventuali impurezze
residue.
6.10 Cotone sgrassato in Soxhlet con n-esano/acetone 1:1 (v/v) per 6 ore e lasciato asciugare.
Conservare in recipiente di vetro chiuso.
6.11 Gel di silice, tipo 950, 60-200 mesh, attivato in stufa ad aria a 200°C per 8 ore e conservato
in beuta con tappo a smeriglio, posta in essiccatore in presenza di agenti essiccanti.
6.12 Gel di silice
Gel di silice (100-200 mesh) disattivato mediante aggiunta di acqua distillata (6.6) al 6,5%
(p/p). La disattivazione è effettuata nel seguente modo: a 25 g di gel di silice (trattato a
200°C per 8 ore e conservato in beuta con tappo a smeriglio posta in essiccatore in presenza
di agenti essiccanti) viene addizionata la giusta quantità di acqua distillata determinata in
base a risultati di prove di taratura dell’adsorbente condotte come descritto al Sottoparagrafo
(7.3.3 B). L’aggiunta viene effettuata goccia a goccia in una beuta sotto costante agitazione.
Agitare per 20 minuti e lasciare riposare una notte prima dell’uso. Conservare in recipiente
ermeticamente chiuso, ma non in presenza di agenti essiccanti. Il gel così preparato conserva
le sue caratteristiche per circa una settimana.
6.13 Allumina basica tipo 90 (attività II-III, 70-230 mesh) trattata a 250°C per 6 ore e conservata
in beuta con tappo a smeriglio, posta in essiccatore in presenza di agenti essiccanti.
6.14 Sodio solfito, anidro, grado analitico.
6.15 Sodio idrossido, grado analitico.
6.16 Lana di vetro silanizzata
6.17 Agente silanizzante, soluzione al 10% di dimetildiclorosilano in toluene.
6.18 Agente desolforante
Sciogliere 9 g di solfito di sodio e 1 g di idrossido di sodio in un piccolo volume di acqua
che viene poi estratta due volte con un piccolo volume di esano per rimuovere le eventuali
sostanze organiche; aggiungere questa soluzione a 79 g di allumina basica e portare il peso
finale a 100 g per essiccamento in modo da avere un contenuto finale di acqua pari
all’11%.
6.19 Soluzioni di riferimento di pesticidi
I riferimenti dei pesticidi elencati in Tab. 1 debbono essere reperiti al più elevato grado di purezza
(comunque >95%, considerando le eventuali correzioni da apportare ai calcoli per livelli
di purezza inferiori al 98%). In generale é preferibile acquistare il principio attivo puro,
piuttosto che sue soluzioni a concentrazione nota, essendo queste ultime generalmente meno
stabili e più difficilmente conservabili a causa delle variazioni del volume di solvente. La purezza
dei riferimenti deve essere controllata per via gascromatografica.
713
COSTITUENTI ORGANICI
6.19.1 Soluzioni concentrate dei singoli pesticidi
Pesare circa 0,01 g di principio attivo puro e solubilizzarlo in n-esano portando a volume in
un matraccio da 50 mL (concentrazione finale di circa 200 µg/mL). Le soluzioni devono essere
conservate in frigorifero e le eventuali variazioni di volume del solvente possono essere
controllate periodicamente per pesata. I pesticidi clororganici in genere restano inalterati per
lunghi periodi (almeno 6 mesi).
6.19.2 Soluzioni diluite dei singoli pesticidi
Preparare dette soluzioni diluendo opportunamente le soluzioni concentrate (6.19.1) in modo
da avere concentrazioni di circa 0,500 ng/µL, 0,100 ng/µL e 0,025 ng/µL.
6.19.3 Soluzioni di riferimento cumulative
In rapporto a particolari problemi delle varie fasi della procedura (purificazione e separazione,
risoluzione gascromatografica) può essere utile preparare soluzioni di riferimento cumulative,
diluendo opportunamente le soluzioni di cui ai Sottoparagrafi precedenti.
Èpreferibile preparare soluzioni cumulative a concentrazioni differenziate, in rapporto alla
risposta specifica del rilevatore utilizzato ai vari principi attivi.
6.19.4 Soluzioni di riferimento diluite per prove di recupero
Per le prove di recupero, ai fini del controllo dell’intero procedimento, si debbono utilizzare
soluzioni preparate in un solvente miscibile con acqua. Preparare queste soluzioni seguendo
le modalità riportate nei Sottoparagrafi precedenti, utilizzando acetone.
7. Procedimento
7.1 Trattamento preliminare
Se il campione è stato refrigerato, prima dell’estrazione farlo equilibrare a temperatura ambiente.
Controllare l’eventuale presenza di particelle in sospensione ed agitare per consentire
la migliore omogeneità.
7.2 Estrazione
Trasferire 500 mL (od un volume minore) di campione in un imbuto separatore da 1 L, aggiungere
60 mL (ridurre a 20-30 mL se la quantità di campione prelevata è di 100 mL) di miscela
di diclorometano/n-esano 15:85 (v/v) ed estrarre per 3 minuti con forte agitazione. Attendere
la separazione tra le due fasi. Nel caso di formazione di emulsione, aggiungere una
soluzione satura di cloruro di sodio (50-100 mL), agitare ed attendere; se la quantità di emulsione
rimane comunque elevata (volume di emulsione pari ad un terzo della fase organica)
centrifugare o filtrare su lana di vetro. Scaricare la fase acquosa (fase inferiore) in un secondo
imbuto separatore e raccogliere la fase organica (fase superiore) per percolazione su sodio
solfato anidro (circa 30 g) in un pallone da 250 mL. Ripetere l’estrazione con due successive
aliquote di 60 mL di miscela diclorometano/n-esano 15:85 (v/v). Riunire le fasi organiche
disidratate su sodio solfato anidro; lavare il sodio solfato con circa 20 mL di n-esano
che vengono raccolti insieme alle altre fasi organiche. Concentrare a piccolo volume (circa
5 mL) mediante evaporatore rotante con bagno termostatico alla temperatura di 45°C e
sotto vuoto moderato (400 mm Hg). Trasferire quantitativamente l’estratto in una provetta da
concentrazione aiutandosi con circa 5 mL di esano per i lavaggi, aggiungere 1 mL di iso-ottano
e concentrare sotto flusso di azoto a circa 2 mL per assicurare la completa eliminazione
del diclorometano.
714
COSTITUENTI ORGANICI
7.3 Purificazione
Di seguito sono descritte le tecniche di purificazione più idonee per l’eliminazione delle più
probabili interferenze. L’analista dovrà decidere se sottoporre l’estratto ad una o più di una
delle seguenti procedure. Si consiglia comunque di sottoporre sempre l’estratto alla ripartizione
con acetonitrile.
7.3.1 Ripartizione con acetonitrile
Questa procedura è utilizzata per separare grassi ed oli dall’estratto.
Trasferire quantitativamente l’estratto in un imbuto separatore da 125 mL con un volume di n-
esano sufficiente ad avere un volume finale nell’imbuto di 15 mL. Estrarre il campione per
quattro volte con 30 mL di acetonitrile saturo di esano, agitando ogni volta vigorosamente per
1 minuto. Riunire le soluzioni di acetonitrile in un imbuto separatore da 1000 mL già contenente
700 mL di soluzione al 2% di NaCl. Miscelare ed estrarre con due aliquote successive
di 100 mL di n-esano, agitando ogni volta.
Riunire gli estratti esanici in un imbuto separatore da 1000 mL e lavare con due porzioni successive
di 100 mL di acqua distillata. Scartare le acque di lavaggio e disidratare l’esano su
solfato di sodio anidro. Lavare l’imbuto separatore e il sodio solfato con tre porzioni di 10 mL
di n-esano, riunendole all’estratto esanico. Concentrare in evaporatore rotante a volume noto
(=10 mL) ed analizzare in gascromatografia. Ridurre sotto flusso di azoto fino a 1 mL, se
è necessario procedere alla purificazione successiva.
7.3.2 Rimozione dello zolfo elementare
Èconsigliabile adottare questa purificazione anche se si sospetta una interferenza molto lieve.
Riempire una colonnina cromatografica (d.i. 7 mm) con 7 g di agente desolforante (6.18). Trasferire
quantitativamente l’estratto concentrato nella colonnina ed eluire con 25 mL di esano. Concentrare
in evaporatore rotante a volume noto (=10 mL) ed analizzare in gascromatografia. Ridurre
sotto flusso di azoto fino a 1 mL, se è necessario procedere alla purificazione successiva.
7.3.3 Cromatografia su gel di silice disattivato
La cromatografia su gel di silice viene effettuata per completare il procedimento di purificazione
dell’estratto e per ottenere un frazionamento, anche se parziale, dei composti organoclorurati
in due frazioni al fine di facilitare l’identificazione cromatografica. Lo schema generale
di tale frazionamento è riportato in Tab. 2.
7.3.3.A Taratura dell’adsorbente
Prima di eseguire la cromatografia del campione, è indispensabile procedere alla taratura
dell’adsorbente perché le caratteristiche possono variare ampiamente in relazione al tipo e al
lotto di gel di silice. La taratura consiste nella definizione dei volumi di eluizione, utilizzando
opportune soluzioni di riferimento dei pesticidi in esame, in modo da ottenere lo smistamento
desiderato. I parametri indicati più avanti potranno dunque, dopo la fase di taratura del-
l’adsorbente, subire delle modifiche.
7.3.3.B Preparazione della colonna
Chiudere la parte inferiore della microcolonna (5.6.2) con un batuffolo di cotone sgrassato e versare
nella colonna 2 g di gel di silice disattivato, in modo che la riempia fino ad una altezza di
circa 20 cm (l’altezza è importante per la riproducibilità della separazione). Aggiungere un altro
batuffolo di cotone sgrassato e uno strato di circa 1 cm di altezza di solfato di sodio anidro.
Per il controllo dell’efficacia della colonna, senza prelavare il gel di silice aggiungere 1 mL di
una soluzione di riferimento cumulativa (6.19.3), contenente i seguenti composti: aldrina,
p,p’-DDT, p,p’-DDD e lindano.
715
COSTITUENTI ORGANICI
esaclorobenzene (HCB) ****
(pentaclorobenzene) ****
aldrina ****
p,p’-DDE ****
eptacloro ****
o,p’-DDE ****
o,p’-DDT ****
p,p’-DDT ****
pertane ****
a-clordano *** *
.-clordano *** *
o,p’-DDD **
p,p’-DDD ** **
a-HCH **
ß-HCH ****
.-HCH (lindano) ****
d-HCH ****
dicofol ****
eptacloro epossido ****
a-endosulfan ****
endrina ****
dieldrina ****
ß-endosulfan ****
Nota 1: per i composti che non sono eluiti in una singola frazione (****=100%), si deve considerare ***60-95%; **30-
60%; *5-30%.
Nota 2: i parametri di evaporazione (temperatura e vuoto) sono critici per ottenere recuperi soddisfacenti, poichè per
codistillazione il recupero può scendere sotto il 50%.
Eluato A
(n-esano)
Eluato B
(benzene/n-esano)
Tabella 2: Schema generale di frazionamento dei pesticidi organoclorurati per cromatografia su gel di silice
Ciascun principio attivo dovrebbe essere ad una concentrazione di circa 0,1 ng/µL. Dopo
adsorbimento, aggiungere 1 mL di esano (questa quantità serve per simulare il lavaggio del
contenitore del campione). Dopo adsorbimento del solvente connettere il serbatoio alla colonna
e quindi eluire, nell’ordine, con le seguenti miscele, cambiando il recipiente di raccolta
quando il livello di un eluente raggiunge lo strato superiore del gel di silice:
-n-esano: 26 mL. Questa frazione deve contenere aldrina, p,p’-DDT e circa il
50% del p,p’-DDD;
-benzene/esano (60:40): 15 mL. Questa frazione deve contenere il residuo
p,p’-DDD ed il lindano.
Il flusso degli eluenti deve essere di circa 1-2 mL/min e può essere ottenuto applicando una
lieve pressione in testa alla colonna. Le due frazioni vengono concentrate con l’evaporatore
rotante e sotto leggero vuoto, portate a volume noto con n-esano (<10 mL) ed analizzate in
gascromatografia. Per l’eluizione del metossicloro e del captano occorre eluire con successivi
10 mL di benzene (frazione C).
È indispensabile che la taratura dell’adsorbente sia effettuata nel laboratorio dove normalmente
vengono effettuate le analisi; la riproducibilità della separazione dipende infatti oltre
che dall’attività dell’adsorbente e dalla purezza dei solventi, anche dalla temperatura e dal-
l’umidità.
7.3.3.C Cromatografia del campione
Prima di procedere alla cromatografia, nel caso di campioni molto contaminati, l’estratto va
COSTITUENTI ORGANICI
opportunamente diluito e la cromatografia su colonna effettuata su un’aliquota dello stesso.
Usando la stessa tecnica utilizzata per la standardizzazione dell’adsorbente e nelle condizioni
di disattivazione prima identificate, introdurre la soluzione del campione concentrato ad
1 mL nella microcolonna e far adsorbire. Quindi con 1 mL di esano lavare il contenitore del
campione e introdurlo nella microcolonna. Eluire con i volumi più opportuni di n-esano e nesano/
benzene determinati nelle prove di taratura dell’adsorbente. Raccogliere separatamente
le due frazioni e procedere secondo le modalità descritte per la standardizzazione del-
l’adsorbente. Eseguire l’analisi gascromatografica delle due frazioni per la determinazione
dei pesticidi.
7.3.4 Cromatografia su gel di silice attivato
La prima frazione esanica proveniente dalla cromatografia su gel di silice disattivato può essere
sottoposta a cromatografia su gel di silice attivato quando l’analisi gascromatografica
mette in evidenza la presenza dei PCB oltre ai pesticidi clorurati.
Questa tecnica, sviluppata da Snyder e Reinert e modificata da Leoni, permette la separazione
dei PCB dal DDT e DDE.
7.3.4.A Taratura dell’adsorbente
Nella colonna cromatografica, chiusa nella parte inferiore sfinata con un batuffolo di lana di
quarzo, immettere 4 g di gel di silice attivato ricoprendoli quindi con n-pentano; chiudere con
tappo a smeriglio e rovesciare più volte la colonna facendo infine depositare uniformemente
l’adsorbente. Far percolare il solvente fino a circa 1 cm dal livello superiore dell’adsorbente
e mettere nella colonna 1 mL di una soluzione in pentano di PCB e p,p’- DDE entrambi alla
concentrazione di 5 µg/mL. Eluire la colonna nell’ordine con 140 mL di n-pentano e successivamente
con 60 ml di benzene.
Concentrare i due eluati a un volume opportuno: all’analisi cromatografica i PCB e il p,p’DDE
si devono rinvenire rispettivamente negli eluati A e B.
Si richiama l’attenzione sul fatto che una buona preparazione della colonna è essenziale per
la riproducibilità della separazione, in particolare deve essere evitata la formazione di bolle
d’aria. L’efficienza della separazione è normalmente superiore al 90-95%. Se non si ottengono
tali livelli di efficienza variare i volumi degli eluenti.
7.3.4.B Analisi del campione
Evaporare la soluzione in n-esano del campione, che contiene i pesticidi cloro-organici e i policlorodifenili
(cioè proveniente dal primo gruppo di eluizione del gel di silice disattivato) fino
a secchezza. Riprendere il residuo con un piccolo volume di n-pentano (2-3 mL) e quindi eseguire
una cromatografia su gel di silice attivato nelle condizioni descritte in precedenza al
punto A).
Nella prima frazione si possono rinvenire i pesticidi HCB, aldrina, eptacloro ed i PCB, mentre
nella seconda frazione sono presenti i due isomeri del DDT e del DDE. I due eluati possono
quindi essere analizzati con le tecniche gascromatografiche di seguito illustrate.
7.4 Determinazioni gascromatografiche
Si consiglia di utilizzare una colonna capillare con fase non polare ed un rivelatore a cattura
di elettroni.
7.4.1 Caratteristiche cromatografiche delle colonne consigliate e relativi cromatogrammi
In Fig. 3 è riportato, a titolo di esempio, un cromatogramma di una soluzione di riferimento
di pesticidi organoclorurati ottenuto con una delle colonne consigliate e le condizioni operative
adottate. I tempi di ritenzione della maggior parte dei pesticidi di Tab. 1, ottenuti applicando
le condizioni operative di Fig. 3, sono riportati in Tab. 3. Ovviamente, i dati riportati
717
COSTITUENTI ORGANICI
sono indicativi e l’analista deve verificare i parametri con la strumentazione e le condizioni
operative effettivamente utilizzate e inserire i tempi di ritenzione dei composti eventualmente
mancanti sulla base dei riferimenti a disposizione.
Considerando l’elevato numero di composti organoclorurati presi in considerazione dal presente
metodo e la variabilità delle prestazioni del rivelatore a cattura di elettroni si ritiene superfluo
indicare i limiti di quantificazione per i singoli composti. D’altra parte, come già accennato,
essi sono comunque abbondantemente sufficienti per il controllo delle acque di scarico
in funzione dei limiti di legge esistenti. Per la verifica della riproducibilità della risposta del
rivelatore, ripetere almeno tre volte l’iniezione di una sostanza di riferimento (esempio: aldrina).
7.4.2 Procedura per la taratura del rivelatore a cattura di elettroni
È necessario stabilire l’intervallo di linearità del rivelatore ed ottenere una curva di taratura
per la verifica periodica della stabilità delle prestazioni del rivelatore e della stabilità delle soluzioni
di lavoro. Per ogni composto da analizzare preparare soluzioni di lavoro ad almeno
tre diverse concentrazioni. Le concentrazioni debbono essere tali che ad 1 µL di soluzione
iniettato corrispondano quantità di pesticida comprese nell’intervallo 20-500 pg (questo è
l’intervallo che può essere assunto preliminarmente come intervallo di linearità del rivelatore).
Costruire una curva di taratura, riportando in diagramma il fattore di taratura (rapporto tra
area del picco e massa iniettata) in funzione delle quantità iniettate.
Stabilire l’intervallo di linearità di risposta del rivelatore (intervallo di massa di composto iniet
esaclorobenzene
a-HCH 0,67
lindano 0,74
ß-HCH 0,73
eptacloro 0,91
d-HCH 0,80
aldrina 1,00 (18,76 minuti)
eptacloro epossido 1,11
d-clordano
o,p’- DDE 1,21
.-clordano
p,p’-DDE 1,30
dieldrina 1,29
o,p’-DDD 1,32
endrina 1,35
o,p’-DDT 1,42
p,p’-DDD 1,42
p,p’-DDT 1,54
Composto RRT
Tabella 3: Tempi di ritenzione relativi (RRT) all’aldrina di
alcuni pesticidi clorurati
tato nel quale la curva ha un andamento
parallelo all’asse delle ascisse). Per la verifica
della stabilità delle condizioni gascromatografiche
confermare quotidianamente
l’andamento della curva di taratura con almeno
una soluzione di riferimento diluita.
Se la risposta varia da quella attesa più
del 10%, il “test” deve essere ripetuto, utilizzando
eventualmente soluzioni di riferimento
diluite appena preparate. Altrimenti
costruire una nuova curva di taratura.
Scelte le condizioni operative, controllata
la stabilità strumentale e la sensibilità del
rivelatore a cattura di elettroni, passare all’analisi
gascromatografica del campione
estratto opportunamente concentrato, in
modo che i picchi delle sostanze da analizzare
entrino nell’intervallo di linearità.
L’analisi qualitativa si basa sul confronto
dei tempi di ritenzione, relativi ad una sostanza
di riferimento, dei picchi presenti
nei cromatogrammi del campione e delle
soluzioni di riferimento, iniettati nelle stesse
condizioni. La sostanza generalmente
presa come riferimento è l’Aldrina. Soluzioni di riferimento e campione devono essere preparate
nello stesso solvente. Se la complessità del cromatogramma del campione (elevato rumore
di fondo e/o presenza di numerosi picchi e/o bande) non permette alcuna identificazione,
adottare le opportune tecniche di eliminazione delle possibili sostanze interferenti.
Per l’analisi quantitativa procedere nel modo seguente.
Iniettare 1 µL di esano per verificare che non vi siano picchi dovuti a residui dalle precedenti
iniezioni. Iniettare le soluzioni di riferimento relative ai composti identificati nel campione.
La concentrazione del riferimento deve essere dello stesso ordine di grandezza di quella del
composto nel campione. Iniettare, quindi, il campione e confrontare l’area relativa al singolo
composto nel cromatogramma del campione con quella relativa allo stesso composto nel cromatogramma
delle soluzioni di riferimento.
718
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 3: Colonna capillare SPB5, lunghezza: 25 m, d.i.: 0,2 mm, spessore del film: 0,25 µ
µµm. Condizioni cromato-
grafiche utilizzate: temperatura iniettore 240°C (“splitless” 1 min); programma di temperatura 80°C per 2 min, quindi
fino a 150°C a 15°C/min; 150°C per 1 min e fino a 260°C a 3°C/min; gas di trasporto elio. (1=a
aa-HCH; 2=ß
ßß-HCH;
3=.
..-HCH, lindano; 4=d
dd-HCH; 5=eptacloro; 6=aldrina; 7=eptacloroepossido; 8=a-endosulfan ; 9=dieldrina; l0=p,p’DDE;
11=endrina; 12=ß
ßß-endosulfan; 13=p,p’-DDD; 14=endrina aldeide; 15=endosulfan solfato; 16=p,p’-DDT).
7.5 Analisi di conferma
7.5.1 Analisi gascromatografica su colonna a diversa polarità
Qualora siano stati identificati nel campione uno o più pesticidi clorurati dell’elenco di Tab.
1, è opportuno procedere ad un’analisi di conferma utilizzando una colonna con polarità diversa
da quella utilizzata per l’analisi. Poichè nel metodo è stato suggerito l’uso di una colonna
capillare con fase non polare (tipo SE-54), si può ripetere l’analisi per la conferma della
identità dei picchi, utilizzando una delle colonne indicate nello schema del punto 5.4 come
colonne capillari a media od alta polarità. Poichè sulla colonna di conferma l’ordine di
eluizione è differente, si debbono controllare i tempi di ritenzione relativi ai picchi dei pesticidi
clorurati identificati con la prima colonna e se, iniettando standard e campione sulla colonna
di conferma, i picchi vengono confermati, si ritiene l’identificazione soddisfacente.
7.5.2 - Analisi gascromatografica con rivelatore di massa (GC/MS)
Il rivelatore di massa (GC/MS), costituisce un utilissimo mezzo di identificazione perchè la sua
risposta è in relazione al peso molecolare ed alla struttura del composto. Per i dettagli di questa
tecnica analitica si rimanda al metodo 5110.
8. Calcoli
Il calcolo della concentrazione di un generico pesticida organoclorurato “i”, nel campione di
acqua in esame si effettua applicando la seguente formula:
dove:
Ci = concentrazione (µg/L) del pesticida “i” identificato nel campione;
S = quantità (ng) di riferimento iniettato;
COSTITUENTI ORGANICI
Ac = area del picco relativo al pesticida “i” nel campione*;
Vf = volume finale (µL) dell’estratto;
As = area del picco relativo al pesticida “i” nel riferimento*;
Vi = volume (µL) di estratto iniettato;
Vc = volume (mL) di campione sottoposto all’analisi (mL).
9. Qualità del dato
Prove di recupero effettuate utilizzando il metodo descritto hanno fornito, per l’intera procedura,
recuperi superiori all’85% per tutti i composti organoclorurati presi in esame, con la sola
eccezione dell’aldrina (recupero medio 79% ± 6,7%, su 5 prove). Per quanto riguarda alcuni
composti (esempio esaclorobenzene ed HCH) l’utilizzazione di condizioni drastiche (vuoto
spinto e temperatura >45°C) nelle fasi di concentrazione del campione possono portare a
recuperi non soddisfacenti.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
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720
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C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5100. Pesticidi fosforati
I pesticidi fosforati sono una classe di pesticidi caratterizzati dalla presenza di un gruppo fosforico
nella molecola variamente sostituito (alchil e/o aril fosfati, pirofosfati, tiofosfati e ditiofosfati).
Sono composti facilmente degradabili, soprattutto per via idrolitica. Nonostante ciò
non si possono escludere per alcuni di loro fenomeni di persistenza nell’ambiente. Infatti esteri
fosforici e loro derivati sono stati ripetutamente identificati anche nelle acque superficiali sia
in Italia che in altri paesi. Caratteristiche quali solubilità e persistenza possono variare notevolmente
tra i composti appartenenti a questa classe.
Il metodo descritto riguarda la determinazione in acque di scarico di pesticidi organofosforici
di largo impiego e può anche essere esteso ad alcuni dei loro prodotti di degradazione
nonché ad altri prodotti strutturalmente correlati non impiegati come pesticidi.
La necessità di un unico metodo per più principi attivi ha portato alla scelta di condizioni operative
soddisfacenti per tutti i composti presi in considerazione, pur se per i singoli composti
possono esistere alternative procedurali più efficienti. Qualora si conosca in anticipo il composto
da determinare si può quindi adottare un metodo di riferimento, se disponibile in letteratura.
Le concentrazioni massime ammesse nelle acque dalla normativa vigente condizionano, in relazione
al limite di quantificazione del metodo, il volume di campione da sottoporre ad analisi
ed anche il volume finale a cui concentrare l’estratto. Per le acque di scarico, il limite di
legge posto a 0,1 mg/L (Tab. 3, All. 5 del D.Lgs. 152/99) consentirebbe di eseguire l’analisi
su piccoli volumi di campione (pochi millilitri); d’altra parte l’esigenza di un campione rappresentativo
suggerisce di operare comunque su volumi maggiori.
Informazioni preliminari sui livelli dei composti nel campione, riferite eventualmente a precedenti
analisi nello stesso sito di campionamento, possono aiutare nel determinare la quantità
di campione da sottoporre all’analisi e il volume finale al quale l’estratto deve essere concentrato.
Allo scopo di determinare concentrazioni dell’ordine dei µg/L si consiglia di utilizzare
100-500 mL di campione di acqua.
Ulteriori considerazioni possono essere fatte per quanto concerne la necessità di operare tecniche
di purificazione dell’estratto in funzione delle impurezze presenti nel campione. Ovviamente
nei campioni di acque di scarico sono potenzialmente presenti molte impurezze e possono
essere necessarie tecniche specifiche di purificazione. Nel metodo vengono suggerite
tecniche di purificazione dell’estratto in funzione delle eventuali interferenze presenti nel campione.
Sono descritte tecniche di ripartizione n-esano/acetonitrile, cromatografia su colonna
di allumina, cromatografia e frazionamento su colonna di gel di silice.
In ogni caso, per ridurre la possibilità di errore, l’applicazione dei procedimenti descritti richiede
personale lungamente addestrato a questo tipo di determinazioni e l’effettuazione di
frequenti controlli di qualità. Nel metodo sono descritte tecniche di conferma basate sul preliminare
frazionamento su gel di silice e sull’uso di differenti condizioni gascromatografiche
(colonne a diversa polarità e diversi rivelatori). In particolare per le analisi di conferma è consigliato
l’uso, se disponibile in laboratorio, di un rivelatore di massa.
1. Principio del metodo
Il metodo presenta alcune alternative procedurali, che l’analista può scegliere in rapporto al
tipo e quantità delle interferenze e alla presenza di uno o più pesticidi organofosforici nel
campione.
In particolare il metodo consiste in una estrazione liquido-liquido con diclorometano, con
COSTITUENTI ORGANICI
centrazione dell’estratto organico ed analisi gascromatografica. In caso di presenza di sostanze
interferenti si può procedere ad una purificazione dell’estratto mediante ripartizione nesano/
acetonitrile e/o una cromatografia su opportuno adsorbente (allumina o gel di silice).
Non è stata presa in considerazione la tecnica di estrazione solido-liquido, pure se molto utilizzata
ed in grado di fornire ottimi risultati. Tale scelta è stata motivata dal fatto che le analisi
per le acque di scarico debbono essere eseguite sul campione tal quale, senza filtrazione
preliminare. La presenza di particolato in sospensione può ridurre l’efficienza estrattiva dei
materiali solitamente utilizzati ed, in alcuni casi, può dar luogo a recuperi non soddisfacenti.
L’operatore può comunque stabilire, caso per caso, se esistono i presupposti per una corretta
utilizzazione di tale tecnica.
La determinazione gascromatografica è realizzata mediante un rivelatore fotometrico a fiamma
selettivo per il fosforo, che praticamente elimina tutte le interferenze, non contenenti fosforo,
eventualmente presenti. Questo rivelatore è identificato dalla sigla FPD (Flame Fotometric
Detector).
L’uso di un rivelatore a ionizzazione di fiamma modificato con sali di metalli alcalini, selettivo
verso il fosforo e l’azoto, può essere utile. Infatti questo rivelatore generalmente consente di raggiungere
limiti inferiori di determinazione rispetto all’FPD ed inoltre il confronto delle risposte dei
due rivelatori, pur richiedendo un difficile lavoro di taratura da effettuare ogni volta prima del-
l’analisi, potrebbe fornire utili informazioni per la conferma dell’identità del composto. Il rivelatore
a ionizzazione di fiamma, comunemente detto azoto/fosforo è identificato dalla sigla NPD
(Nitrogen Phosphorus Detector) o TSD (Thermionic Specific Detector).
Si sconsiglia l’uso del rivelatore a cattura di elettroni (ECD) per la sua scarsa selettività, e per
l’intervallo di linearità ridotto.
La disponibilità di un rivelatore di massa (MS), operante in SIM (Single Ion Monitoring) permette
un’ulteriore più sicura identificazione della sostanza.
Per quanto riguarda le colonne gascromatografiche, si consiglia l’uso di colonne con fase stazionaria
non polare e a polarità intermedia. Nel metodo vengono suggerite alcune possibilità
di scelta tra le colonne commercialmente disponibili e di uso più frequente. L’analisi qualitativa
si basa sul confronto dei tempi di ritenzione dei picchi osservati nel campione con
quelli di idonee miscele di riferimento. L’uso di colonne con fase stazionaria a diversa polarità
è utile per la conferma qualitativa dei composti.
L’analisi quantitativa è realizzata per confronto delle aree dei picchi dei campioni con quelli
ottenuti da soluzioni di riferimento. I risultati sono di norma espressi in microgrammi per litro
(µg/L).
2. Campo di applicazione
Con il presente metodo, utilizzando le tecniche di estrazione e concentrazione dell’estratto di
seguito indicate, possono essere determinati pesticidi organofosforici e loro metaboliti presenti
nel campione a livello di pochi microgrammi per litro (per la maggior parte dei composti il limite
di quantificazione è =1 µg/L). Questo limite di quantificazione è ampiamente adeguato
alla normativa vigente (Tab. 3, All. 5 del D.Lgs. 152/99), che stabilisce un limite di 0,1 mg/L
per le acque di scarico.
Concentrazioni inferiori al µg/L, fino a 1 ng/L, possono essere dosate variando opportunamente
il volume di acqua da estrarre, il volume finale dell’estratto ed il volume dell’estratto
iniettato nel gascromatografo.
Il procedimento è applicabile ai principali pesticidi organofosforici oggi utilizzati in Italia
(Tab. 1). Esso può essere esteso, previa sperimentazione, ad altri principi e loro metaboliti.
COSTITUENTI ORGANICI
Azinfos-etile Etion
Azinfos-metile Fenitrotion
Bromofos Fosalone
Clorfenvinfos E Malaoxon
Clorfenvinfos Z Malation
Clorpirifos Metidation
Clorpirifos-metile Paraoxon
Demeton-O Paraoxon-metile
Demeton-S-metile Paration
Demeton-S-metil solfone Paration-metile
Diazinone Pirimifos-metile
Dimetoato Tetraclorvinfos
Eptenofos Vamidotion
Composti Composti
Tabella 1: Pesticidi fosforati
3. Interferenze e cause di errore
Solventi e reagenti, vetreria, l’eventuale contaminazione dell’ambiente di lavoro ed ogni trattamento
del campione possono causare problemi e portare alla presenza di picchi interferenti
nei cromatogrammi e/o alterazioni della corrente di fondo dei rivelatori con conseguenti difficoltà
di interpretazione e/o interpretazioni errate del tracciato gascromatografico. Tutti i materiali
utilizzati pertanto devono essere esenti da interferenze nelle condizioni operative adottate.
È quindi buona norma di laboratorio, all’inizio dell’indagine e periodicamente, sottoporre
all’intera procedura uno o più “bianchi” sostituendo al campione acqua distillata. Nel
caso di presenza di interferenze, individuarne la provenienza, analizzando ogni singolo passaggio
della procedura e procedere alla loro eliminazione. Può essere richiesta una specifica
selezione dei reattivi ed una purificazione dei solventi per mezzo di distillazione.
Le interferenze presenti negli effluenti industriali sono spesso non trascurabili e di varia natura
e possono causare difficoltà nell’ottenere misure precise ed accurate. Quando, nel caso di
analisi gascromatografica diretta dell’estratto organico del campione, l’ammontare complessivo
delle sostanze interferenti supera le caratteristiche di specificità proprie dei rivelatori, è
necessario procedere alla purificazione dell’estratto, tenendo presente che questa fase può
implicare perdite di alcuni pesticidi organofosforici. Non essendo possibile indicare tutte le
procedure per eliminare ogni possibile sostanza interferente presente nelle acque reflue, sono
indicate qui alcune tra le più efficienti. Ovviamente, per quanto sopra accennato, la tecnica
di purificazione deve essere verificata di volta in volta su soluzioni di riferimento dei singoli
composti, per accertare che non si verifichino perdite significative dell’analita.
Pesticidi organoclorurati, policlorobifenili e ftalati, che rappresentano classiche interferenze
nella determinazione dei pesticidi organofosforici quando si usa un rivelatore a cattura di
elettroni, sono praticamente eliminate dall’uso del rivelatore FPD.
4. Campionamento e conservazione del campione
I campioni vanno prelevati in bottiglie di vetro neutro, possibilmente scuro, della capacità di
1 litro con chiusura a smeriglio oppure a vite. Prima del riempimento le bottiglie devono essere
risciacquate con la stessa acqua che si desidera campionare. È consigliabile evitare l’uso
di qualsiasi dispositivo in plastica. È buona norma prelevare due aliquote per ciascun campione.
I campioni dovrebbero essere analizzati quanto prima possibile perché gli esteri fosforici
possono non essere stabili in soluzione acquosa, soprattutto se alcalina. Aggiungere al
campione acido solforico concentrato (1:1) o idrossido di sodio 1 M fino a pH 6,5-7,5 (eventualmente
portare a pH 7 con 50 mL di tampone fosfato (6.13) e conservare in frigorifero per
COSTITUENTI ORGANICI
non più di due giorni. Se nel campione è sospettata la presenza di diazinone, l’estrazione va
eseguita immediatamente a causa della elevata instabilità del composto in acqua.
Se è necessario conservare il campione per un lungo periodo, al fine di bloccare qualsiasi
eventuale attività biologica, al campione possono essere aggiunte sostanze battericide qualora
sia stata preventivamente accertata la loro efficacia e la loro non interferenza con l’analisi.
Per maggiori dettagli sul campionamento si può fare riferimento alla Sezione 1030 “Metodi
di campionamento”.
5. Apparecchiature
5.1 Gascromatografo che consenta l’impiego di colonne capillari.
5.2 Rivelatori
Fotometrico a fiamma (FPD) con filtro per il fosforo (.=526 nm) e per lo zolfo (.=394 nm). È
consigliabile inoltre l’uso di un rivelatore azoto/fosforo (NPD) e, se disponibile, può essere
molto utile un rivelatore di massa (MS) operante in SIM soprattutto per le analisi di conferma.
5.3 Sistema di acquisizione ed elaborazione dei dati cromatografici
5.4 Colonne gascromatografiche
Le colonne e le fasi stazionarie consigliate per l’analisi dei pesticidi organofosforati sono
descritte nello schema seguente. Si consiglia di utilizzare colonne con rapporto di fase
(raggio/2 x spessore di fase) di circa 250 e di lunghezza non inferiore a 30 m.
Per prove di conferma è utile disporre di colonne con fase stazionaria a diversa polarità.
Non polare
metil silicone SE-30, DB-1 od equivalenti
5%fenile + 95%metil silicone SPB-5, DB-5, SE-54, ULTRA-2 o equivalenti
Media polarità
14% cianopropilfenil silicone OV-1701, SPB-1701, DB 1701 o equivalenti
50% fenile + 50% metil silicone OV-17, SP-2250, DB-17 o equivalenti
Fase stazionaria Nomi commerciali fase/colonna
5.5 Evaporatore rotante con possibilità di operare con il vuoto, con bagno termostatico e
adatto sistema per il recupero dei solventi.
5.6 Vetreria
5.6.1 Colonna in vetro per disidratazione su solfato di sodio anidro (lunghezza 10 cm; 3,5
cm d.i.) senza setto poroso, con gambo sfinato (10 mm d.i.). Il setto poroso è sostituito da un
piccolo batuffolo di cotone sgrassato, opportunamente inserito nel punto di restringimento in
fondo alla colonna. In alternativa si possono utilizzare le colonne per la disidratazione in accordo
con le specifiche EPA (serbatoio per 60 mL di estratto, colonna 10 cm x 2 cm d.i., gambo
sfinato 8 mm d.i., vedi Fig. 1).
5.6.2 Microcolonna in vetro 30 cm x 4,2 mm d.i. (con estremità superiore munita di smeriglio
per il collegamento con un serbatoio per l’eluente), per la cromatografia su gel di silice (Fig. 2).
5.6.3 Fiale o provette (preferibilmente con gambo sfinato) da concentrazione in vetro da 2
mL, 5 mL, 10 mL, 15 mL e 25 mL.
5.6.4 Imbuti separatori da 125 mL, 500 mL e 1000 mL, muniti di tappo a smeriglio e rubinetto
in teflon.
726
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 1: Colonna per disidratazione secondo le specifiche EPA (le misure sono espresse in mm).
5.6.5 Palloni (preferibilmente a cuore) con cono smeriglio adatto per l’evaporatore rotante,
di cui al punto 5.5, aventi capacità 50 mL, 100 mL e 250 mL.
5.6.6 Matracci tarati con tappo smeriglio da 10 mL, 100 mL e 1000 mL.
5.6.7 Pipette tarate (volumi da 0,5 mL a 10 mL).
5.6.8 Altra vetreria normalmente in dotazione in qualsiasi laboratorio chimico (beute con
tappo smeriglio, cilindri graduati, imbuti, pipette Pasteur).
5.7 Microsirighe per gascromatografia (tipo Hamilton o equivalenti) aventi capacità di 5
µL e 10 µL.
Figura 2: Microcolonna per la separazione di pesticidi ed altri composti in quattro gruppi. A, ingresso aria per ot-
tenere una leggera pressione; B, giunto 10/19 (le misure sono espresse in mm).
5.8 Microsiringhe per dosaggio di liquidi (tipo Hamilton o equivalenti per HPLC) da 25
µL, 50 µL, 100 µL, 250 µL e 500 µL.
5.9 Bilancia analitica, risoluzione 0,1 mg.
727
COSTITUENTI ORGANICI
6. Reattivi
Tutti i solventi, a meno che non siano specificatamente dichiarati “per analisi di pesticidi” vanno
sottoposti a purificazione mediante distillazione con apparecchiature “tutto vetro”. È consigliabile
che per ogni solvente si disponga di una apposita apparecchiatura di distillazione.
Tutti i solventi vanno comunque controllati prima di essere utilizzati, usando le quantità impiegate
nella procedura e concentrando al volume finale indicato in procedura. Analogamente è
sempre consigliato l’uso di reattivi specificatamente dichiarati per “analisi di pesticidi”.
6.1 n-Esano “per analisi pesticidi”
6.2 Diclorometano “per analisi pesticidi”
6.3 Acetonitrile “per analisi pesticidi”
6.4 Benzene “per analisi pesticidi”
6.5 Acetato di etile “per analisi pesticidi”
6.6 Alcool metilico “per analisi pesticidi”
6.7 Acetone “per analisi pesticidi”
6.8 Acqua distillata
Esente da sostanze organiche che possano interferire nelle analisi (esempio: acqua distillata
trattata su sistemi dotati di apposita cartuccia in carbone attivo). L’acqua deve essere controllata
con una prova di “bianco”.
6.9 Soluzione di idrossido di sodio 1 M
Pesare 40 g di idrossido di sodio e scioglierli in acqua distillata (6.8), portando a volume con
acqua distillata in matraccio tarato da 1 L.
6.10 Soluzione di acido solforico concentrato 1:1 (v/v), in acqua distillata (6.8)
6.11 Solfato di sodio granulare anidro trattato in muffola a 450°C per almeno 4 ore; conservare
in recipiente di vetro ermeticamente chiuso.
6.12 Soluzione satura di cloruro di sodio (trattato preventivamente in muffola a 450°C per
almeno 4 ore e lasciato raffreddare) in acqua distillata (6.8).
6.13 Soluzione tampone fosfato (pH=7)
Preparare la soluzione mescolando 29,6 mL di HCl 0,1 M e 50 mL di K2HPO4 0,1 M.
6.14 Cotone sgrassato in Soxhlet con n-esano/acetone 1:1 (v/v) per 6 ore e lasciato asciugare.
Conservare in recipiente di vetro chiuso.
6.15 Allumina neutra grado I, attivata a 130°C per 2 ore e, dopo raffreddamento, disattivata
con acqua distillata al 5% (p/p).
La disattivazione è effettuata trasferendo 1 mL di acqua distillata in una beuta da 125 mL con
tappo a smeriglio e distribuendo l’acqua sulle pareti, ruotando la beuta. Aggiungere immediatamente
19 g di allumina ed agitare la beuta per almeno 20 minuti.
728
COSTITUENTI ORGANICI
6.16 Gel di silice (100/200 mesh), disattivato mediante aggiunta di acqua distillata (6.8)
al 6,5% (p/p).
La disattivazione è effettuata nel seguente modo: a 25 g di gel di silice (trattato a 200°C per
8 ore e conservato in beuta con tappo a smeriglio posta in essiccatore in presenza di agenti
essiccanti) contenuti in una beuta, addizionare la giusta quantità di acqua distillata determinata
in base ai risultati di prove di taratura dell’adsorbente condotte come descritto nel Sottoparagrafo
7.3.3 A. L’aggiunta viene effettuata goccia a goccia sotto costante agitazione.
Agitare poi per 20 minuti e lasciare riposare una notte prima dell’uso. Conservare in recipiente
ermeticamente chiuso, ma non in presenza di agenti essiccanti. Il gel così preparato
conserva le sue caratteristiche per circa una settimana.
6.17 Lana di vetro silanizzata
6.18 Agente silanizzante
Soluzione al 10% di dimetildiclorosilano in toluene.
6.19 Soluzioni di riferimento
I riferimenti dei pesticidi riportati in Tab. 1 debbono essere reperiti al più elevato grado di purezza
possibile (comunque >95%, considerando le eventuali correzioni da apportare ai calcoli
per livelli di purezza inferiori al 98%). In generale è preferibile acquistare il principio attivo
puro a titolo noto, piuttosto che sue soluzioni a concentrazione nota, essendo queste ultime,
generalmente, meno stabili. La purezza dei riferimenti deve essere controllata (ad esempio
per via gascromatografica) prima delle analisi.
6.19.1 Soluzioni di riferimento concentrate dei singoli pesticidi
Pesare 0,01 g di principio attivo puro e scioglierlo in acetato d’etile, portando poi a volume
in matraccio tarato da 10 mL (concentrazione finale di circa 1000 µg/mL). In alternativa, si
può solubilizzare il principio attivo in esano o esano con l’aggiunta di qualche goccia di benzene,
se la solubilizzazione nel solo esano è difficoltosa. Nella preparazione delle soluzioni
di riferimento utilizzare tutte le cautele consigliate per la manipolazione di sostanze altamente
tossiche. Le soluzioni di riferimento così ottenute vanno conservate al buio ed in frigorifero,
controllandole periodicamente e comunque prima dell’analisi.
6.19.2 Soluzioni diluite dei singoli pesticidi
Preparare tali soluzioni diluendo opportunamente, con lo stesso solvente, le soluzioni concentrate
(6.19.1), in modo da avere concentrazioni di 10 µg/mL, 1 µg/mL e 0,1 µg/mL.
6.19.3 Soluzioni di riferimento cumulative
In rapporto a particolari problemi di separazione gascromatografica può essere utile preparare
delle soluzioni cumulative, contenenti più principi attivi. Preparare le soluzioni diluendo
opportunamente le soluzioni (6.19.1 e 6.19.2), ma preferibilmente a concentrazioni differenziate,
in rapporto alla risposta dei vari principi attivi al rivelatore utilizzato.
6.19.4 Soluzioni di riferimento per le prove di recupero
Per le prove di recupero si debbono utilizzare riferimenti in un solvente miscibile con acqua.
Si possono preparare queste soluzioni con le stesse procedure descritte in (6.19.1, 6.19.2,
6.19.3) utilizzando acetone o alcool etilico.
Per prove di recupero su tutti i pesticidi organofosforici considerati in Tab. 1, si consiglia di
preparare due o più soluzioni di riferimento cumulative, miscelando i singoli principi attivi sul
729
COSTITUENTI ORGANICI
la base dei loro tempi di ritenzione (riportati in Tab. 2) allo scopo di evitare nei gascromatogrammi
sovrapposizioni di picchi non risolti (vedi la composizione delle miscele riportate nei
gascromatogrammi descritti più avanti).
Acefate 0,26
Azinfos-etile 2,29
Azinfos-metile 2,16
Bromofos 1,24
Clorfenvinfos E 1,31
Clorfenvinfos Z 1,35
Clorpirifos 1,18
Clorpirifos-metile 0,99
Demeton-O 0,48
Demeton-S-metile 0,49
Demeton-S-metilsolfone 1,09
Diazinone 0,84
Dimetoato 0,69
Eptenofos 0,42
Etion 1,73
Fenitrotion 1,11
Fosalone 2,20
Malaoxon 1,03
Malation 1,16
Metamidofos 0,09
Metidation 1,40
Monocrotofos 0,64
Ometoato 0,48
Paraoxon 1,06
Paraoxon-metile 0,85
Paration 1,19
Paration-metile 1(9,20 min)
Pirimifos-metile 1,11
Tetraclorfenvinfos 1,45
Vamidotion 1,45
Composti Tr (paration-metile)
Tabella 2: Tempi di ritenzione relativi (trparation-metile = 1) dei pesticidi organofosforici determinati con una colonna
SPB-5 adottando le condizioni operative descritte in Fig. 3
6.19.5 Soluzioni di riferimento per la cromatografia su gel di silice
Preparare una soluzione di riferimento con i principi attivi che interessano ad una concentrazione
di circa 0,1 µg/mL in esano.
7. Procedimento
7.1 Trattamento preliminare
Attendere che il campione raggiunga la temperatura ambiente, se conservato in frigorifero.
Controllare l’eventuale presenza di particelle in sospensione ed agitare per consentire la migliore
omogeneità. Controllare che il pH sia nell’intervallo 6,5-7,5 (eventualmente portare a
pH=7 con 50 mL di tampone fosfato, 6.13).
730
COSTITUENTI ORGANICI
7.2 Estrazione
Trasferire 500 mL di campione in un imbuto separatore da 1 L, aggiungere 75 mL di diclorometano
e 100 mL di soluzione satura di cloruro di sodio. L’aggiunta del cloruro di sodio diminuisce
il rischio di formazione di emulsioni e aumenta la solubilità dei composti più polari
nella fase organica. Estrarre per 3 minuti con forte agitazione. Attendere la completa separazione
delle due fasi e raccogliere la fase organica (fase inferiore), per percolazione su sodio
solfato anidro (circa 30 g, per la colonna di disidratazione vedi 5.6.1) in una beuta. Ripetere
l’estrazione con due successive aliquote di 60 mL di diclorometano. Lavare il sodio solfato
con circa 20 mL di diclorometano che vengono raccolti insieme alle altre fasi organiche.
Concentrare a piccolo volume (circa 2-3 mL) mediante evaporatore rotante con bagno termostatico
a temperatura =45°C e sotto vuoto moderato (400 mm Hg). Se si procede all’analisi
gascromatografica diretta, senza alcuna purificazione, trasferire quantitativamente il residuo
in provetta utilizzando per i lavaggi circa 5 mL di acetato d’etile e ridurre il volume, sotto
corrente di azoto, sino a completa eliminazione del diclorometano. Portare a volume noto
(1-5 mL) con acetato d’etile ed analizzare in gascromatografia con rivelatore FPD. Se si utilizza
un volume di campione inferiore a 400 mL aggiungere al campione acqua distillata fino
ad un volume di 500 mL e procedere all’estrazione come sopra descritto.
7.3 Purificazione
Nel caso l’analista giudichi necessaria la purificazione dell’estratto, sottoporre l’estratto ad
una o più delle seguenti procedure.
7.3.1 Ripartizione n-esano/acetonitrile
Questa procedura è utilizzata per separare grassi e oli dall’estratto. Non tutti i pesticidi organofosforici
sono recuperati quantitativamente con questa procedura. L’analista deve provare
preventivamente l’efficienza della ripartizione operando con riferimenti dei singoli pesticidi.
In questo caso non si effettua il cambio di solvente esano-acetato di etile. Trasferire
quantitativamente l’estratto esanico del campione in un imbuto separatore da 125 mL, lavando
con n-esano fino ad un volume finale di 15 mL. Estrarre 4 volte il campione con porzioni
di 30 mL di acetonitrile, saturo di n-esano, agitando ogni volta vigorosamente per 1 minuto.
Riunire gli estratti acetonitrilici in un imbuto separatore da 1 L, aggiungere 650 mL di acqua
distillata (6.8) e 40 mL di soluzione satura di cloruro di sodio (6.12). Mescolare per 30-40
secondi ed estrarre due volte con 100 mL di n-esano agitando vigorosamente per circa 15
secondi. Riunire gli estratti esanici in imbuto separatore da 1 L e lavare con due porzioni di
100 mL di acqua distillata. Scartare lo strato acquoso ed asciugare la fase esanica su solfato
di sodio (per la colonna di disidratazione vedi 5.6.1), raccogliendo 1’eluato in pallone da
500 mL. Lavare l’imbuto separatore e la colonna con tre porzioni di 10 mL di esano. Riunire
gli estratti ed i lavaggi e concentrare a piccolo volume (2-3 mL) mediante evaporatore rotante
con bagno termostatico a temperatura =45°C e sotto vuoto moderato (400 mm Hg). Se si
procede all’analisi gascromatografica, senza ulteriore purificazione, trasferire quantitativamente
il residuo in provetta utilizzando per i lavaggi circa 5 mL di acetato d’etile e ridurre il
volume sotto corrente di azoto. Portare a volume noto (1-5 mL) con acetato d’etile ed analizzare
quindi in gascromatografia con rivelatore FPD.
7.3.2 Rimozione dello zolfo elementare
Questa purificazione può essere necessaria qualora si intenda procedere ad analisi di conferma
che prevedono l’uso di rivelatori per i quali la presenza di zolfo elementare rappresenta
una seria interferenza (rivelatore fotometrico con filtro selettivo per lo zolfo, rivelatoredi massa). È consigliabile comunque eseguire sempre questa purificazione in presenza di
quantità notevoli di zolfo elementare. Preparare una microcolonna di adsorbimento utilizzando
una pipetta di tipo Pasteur, inserendo sul fondo un piccolo batuffolo di lana di vetro.
Riempire con allumina (6.15) sino ad una altezza di 3 cm e dopo assestamento ricoprire con
731
COSTITUENTI ORGANICI
1 cm di solfato di sodio anidro. Concentrare l’estratto a piccolo volume (circa 2-3 mL) mediante
evaporatore rotante con bagno termostatico a temperatura =45°C e sotto vuoto leggero
(400 mm Hg). Trasferire quantitativamente il residuo in provetta aiutandosi con circa 5
mL di esano e portare a circa 0,5 mL sotto corrente di azoto. Trasferire quantitativamente l’estratto
esanico sulla colonna ed eluire con 3 mL di n-esano, scartando questo eluato. Di seguito
proseguire l’eluizione con 5 mL di una miscela di n-esano/diclorometano 1:9 (v/v), raccogliendo
l’eluato in provetta graduata. Concentrare a circa 1 mL sotto corrente di azoto. Se
si procede all’analisi gascromatografica, senza ulteriore purificazione, aggiungere circa 5 mL
di acetato d’etile e ridurre il volume, sotto corrente di azoto, sino a completa eliminazione del
diclorometano/esano. Portare a volume noto (1-5 mL) con acetato d’etile ed analizzare in gascromatografia
con rivelatore FPD.
7.3.3 Cromatografia su gel di silice disattivato al 6,5%
7.3.3.A Taratura dell’adsorbente
Prima di eseguire la cromatografia del campione, è indispensabile procedere alla taratura
dell’adsorbente perché le caratteristiche possono variare ampiamente in relazione al tipo e al
lotto di gel di silice. La taratura consiste nella definizione dei volumi di eluizione, utilizzando
opportune soluzioni di riferimento dei pesticidi in esame, in modo da ottenere lo smistamento
desiderato. I parametri indicati più avanti potranno dunque, dopo la fase di taratura del-
l’adsorbente, subire delle modifiche.
7.3.3.B Preparazione della colonna
Chiudere la parte inferiore della microcolonna (5.6.2) con un batuffolo di cotone sgrassato e
versare nella colonna 2 g di gel di silice disattivato, in modo che la riempia fino ad una altezza
di circa 20 cm (l’altezza è importante per la riproducibilità della separazione). Aggiungere
un altro batuffolo di cotone sgrassato e uno strato di circa 1 cm di altezza di solfato
di sodio anidro. Per il controllo dell’efficacia della colonna, senza prelavare il gel di silice
aggiungere 1 mL di soluzione di riferimento cumulativa (6.19.5). Ciascun principio attivo dovrebbe
essere ad una concentrazione di circa 0,1 µg/mL. Dopo adsorbimento, aggiungere
1 mL di esano (questa quantità serve per simulare il lavaggio del contenitore del campione).
Dopo adsorbimento del solvente connettere il serbatoio alla colonna e quindi eluire, nell’ordine,
con le seguenti miscele, cambiando il recipiente di raccolta quando il livello di un eluente
raggiunge lo strato superiore del gel di silice:
a) n-esano: 26 mL. Questa frazione non contiene pesticidi organofosforici, quin
di può essere scartata (contiene i PCB ed alcuni pesticidi clorurati);
b) benzene/esano (60:40): 15 mL. Questa frazione deve contenere bromofos,
clorpirifos-metile, clorpirifos, fenitrotion;
c) benzene: 14 mL. Questa frazione deve contenere fenitrotion, etion, paration,
paration-metile, pirimifos-metile;
d) etile acetato/benzene (1:1): 36 mL. Questa frazione deve contenere pirimifos
metile, paraoxon, paraoxon-metile, azinfos-etile, malation, malaoxon, diazi
none, azinfos-metile, tetraclorvinfos, dimetoato.
Il flusso degli eluenti deve essere di circa 1-2 mL/min e può essere ottenuto applicando una
lieve pressione in testa alla colonna. Raccogliere separatamente le frazioni b, c e d, concentrandole
con l’evaporatore rotante e sotto leggero vuoto a piccolo volume ed effettuando per
le frazioni b e c il cambio di solvente ad acetato d’etile. Portare a volume noto (1-5 mL) con
acetato di etile ed analizzare in gascromatografia con rivelatore FPD.
C) Cromatografia del campione
Prima di procedere alla cromatografia, nel caso di campioni molto contaminati, l’estratto va
732
COSTITUENTI ORGANICI
opportunamente diluito e la cromatografia su colonna effettuata su un’aliquota dello stesso.
Usando la stessa tecnica utilizzata per la taratura dell’adsorbente e nelle condizioni di disattivazione
prima identificate, introdurre la soluzione del campione concentrato ad 1 mL nella
microcolonna e far adsorbire. Quindi, con 1 mL di esano lavare il contenitore del campione
e introdurlo nella microcolonna. Eluire con i volumi più opportuni degli eluenti determinati nelle
prove di taratura dell’adsorbente. Raccogliere separatamente le frazioni e procedere come
descritto al punto 7.3.3.B. Eseguire l’analisi gascromatografica delle frazioni per la determinazione
dei pesticidi.
Questa procedura di purificazione e frazionamento è utile nel caso di presenza nel campione
di una miscela estremamente complessa di composti (pesticidi organoclorurati, PCB, pesticidi
organofosforici, triazine). Utilizzare questa purificazione in genere quando l’analisi necessita
di prove di conferma GC/MS o in GC/NPD.
7.4 Determinazioni gascromatografiche
Si consiglia di utilizzare come principale sistema di determinazione gascromatografica una
colonna capillare a fase non polare (5% fenilsilicone + 95% metilsilicone, tipo SPB-5, DB-5
ecc.) ed un rivelatore FPD con filtro per il fosforo. Con tale colonna possono essere utilizzate
le seguenti condizioni operative:
- Temperatura: iniettore 220°C, rivelatore (FPD-P) 250°C;
-colonna (30 m x 0,53 mm d.i.; spessore di fase 0,5 µm);
-programma di temperatura: 140°C per 2 min, quindi fino a 240°C a 5°C/min
e 240°C per 2 min;
- gas di trasporto: azoto, 15 mL/min;
-gas ausiliario (make-up): azoto, 15 mL/min;
- Volume iniettato 1-3 µL.
Le condizioni gascromatografiche adottate sono accettabili quando 1 ng di metil-paration fornisce
una risposta almeno pari al 40% dell’intera scala, con un rumore di fondo non superiore
al 2%. I limiti di sensibilità strumentale (espressi in ng iniettati) e i gascromatogrammi di
soluzioni di riferimento ottenute nelle condizioni indicate sono riportati, rispettivamente, in
Tab. 3 ed in Fig. 3.
Azinfos-etile 0,21 Fenitrotion 0,18
Azinfos-metile 0,45 Fosalone 0,31
Bromofos 0.12 Malaoxon 0,29
Clorfenvinfos E 0,23 Malation 0,18
Clorfenvinfos Z 0,18 Metidation 0,17
Clorpirifos 0,13 Monocrotofos 0,55
Clorpirifos-metile 0,10 Ometoato 0,10
Demeton-O 0,07 Paraoxon 0,15
Demeton-S-metile 0,09 Paraoxon-metile 0,21
Demeton-S-metilsolfone 1,18 Paration 0,26
Diazinone 0,13 Paration-metile 0,12
Dimetoato 0,21 Pirimifos-metile 0,11
Eptenofos 0,09 Tetraclorvinfos 0,20
Etion 0,14 Vamidotion 1,31
Composti ng Composti ng
Tabella 3: Limiti di quantificazione degli insetticidi organofosforici, determinati con una colonna SPB-5 con rivelato-
re FPD-P (Segnale/rumore = 3; paration-metile (1 ng) = 40% f.s.d.)
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 3: Gascromatogrammi di tre soluzioni di riferimento di insetticidi organofosforici, ottenuti nelle seguenti condizioni
gascromatografiche: colonna SPB-5, temperatura 140°C per 2 min, aumenta a 240°C a 5°C/min e mantieni
per 2 min; rivelatore FPD-P; velocità carta registratore 1 cm/min.
1) metamidofos, 2) acefate, 3) eptenofos, 4) demeton-O, 5) demeton-S-metile, 6) ometoato, 7) monocrotofos, 8) dimetoato,
9) diazinone, 10) paraoxon-metile, 11) clorpirifos-metile, 12) paration-metile, 13) malaoxon, 14) demetonS-
metilsolfone, 15) paraoxon, 16) fenitrotion, 17) pirimifos-metile, 18) malation, 19) clorpirifos, 20) paration, 21)
bromofos, 22) clorfenvinfos E, 23) clorfenvinfos Z, 24) metidation, 25) tetraclorfenvinfos, 26) vamidotion, 27) etion,
28) azinfos-metile, 29) fosalone, 30) azinfos-etile.
Altri dati relativi ai tempi di ritenzione dei pesticidi organofosforici su colonne con differenti
fasi stazionarie sono disponibili in letteratura. Iniettare frequentemente le soluzioni di riferimento
per controllare la stabilità delle condizioni operative.
COSTITUENTI ORGANICI
Per l’analisi qualitativa confrontare i tempi di ritenzione dei picchi eventualmente presenti nel
cromatogramma con quelli delle soluzioni di riferimento, iniettati prima e dopo il campione.
Le miscele di iniezione di riferimento e campione devono essere nel medesimo solvente. Per
la conferma qualitativa di un picco si può aggiungere metil-paration (od altro composto se il
metil-paration è presente nel campione o se nel cromatogramma sono presenti picchi ad un
tempo di ritenzione relativo al metil-paration compreso nell’intervallo 0,9-1,1), iniettare di
nuovo e confermare i tempi di ritenzione relativi.
Per l’analisi quantitativa iniettare 1 µL di solvente per verificare che non vi siano picchi dovuti
a residui dalle precedenti iniezioni. Iniettare le soluzioni di riferimento relativi ai composti
identificati nel campione. La concentrazione del composto nella soluzione di riferimento deve
essere dello stesso ordine di grandezza di quella del composto nel campione. Iniettare
quindi il campione e confrontare l’area relativa al singolo composto nel campione con quella
relativa allo stesso composto nel cromatogramma della soluzione di riferimento.
7.5 Analisi di conferma
7.5.1 Impiego del rivelatore NPD
Il confronto della risposta del rivelatore NPD con quella ottenuta con FPD-P può essere utile
nella conferma della identificazione di un composto (sulla base delle risposte relative) quando
il composto stesso contiene nella sua molecola anche atomi di azoto. La sensibilità di questo
rivelatore è inoltre circa 10 volte maggiore di quella dell’FPD. Il rivelatore NPD può essere
seriamente danneggiato da solventi clorurati. Per eliminare qualsiasi traccia di diclorometano
nell’estratto del campione da analizzare riprendere l’estratto, portato a piccolo volume
con circa 2 mL di acetato di etile, e portare a 200-500 µL in corrente di azoto. Portare a volume
noto (1-5 mL) con acetato di etile ed iniettare.
7.5.2 Frazionamento per cromatografia su microcolonna di gel di silice
Il frazionamento dei pesticidi organofosforici in tre gruppi può essere utile come tecnica di
conferma. Inoltre l’eliminazione dalla miscela da analizzare di composti clorurati (PCB, pesticidi
clorurati) e di erbicidi triazinici può essere utile nel caso di determinazione in GC/NPD
ed in alcuni casi in GC/MS.
7.5.3 Impiego del rivelatore di massa
Costituisce un utilissimo mezzo di identificazione in quanto la sua risposta è in relazione al peso
molecolare e alla struttura del composto. Può essere necessario far precedere un’accurata
purificazione e un frazionamento su gel di silice per eliminare dalla miscela idrocarburi ed altri
composti che possono portare alla saturazione del rivelatore nella parte iniziale del cromatogramma,
impedendo l’analisi dei composti di interesse con tempi di ritenzione brevi.
8. Calcoli
Il calcolo della concentrazione di un generico pesticida organofosforico “i” nel campione di
acqua in esame si effettua applicando la seguente formula:
dove:
Ci = concentrazione (µg/L) del composto “i” identificato nel campione;
S = quantità (ng) di riferimento iniettato;
Ac = area del picco relativo al composto “i” nel campione*;
735
COSTITUENTI ORGANICI
Vf = volume finale (µL) dell’estratto;
As = area del picco relativo al composto “i” nel riferimento*;
Vi = volume (µL) di estratto iniettato;
Vc = volume (mL) di campione sottoposto all’analisi.
* le aree sono espresse in unità di misura convenzionali fornite dall’integratore.
9. Qualità del dato
Le prove di recupero, effettuate addizionando a 500 mL di acqua distillata 1 mL delle soluzioni
di riferimento, hanno fornito i seguenti risultati (Tab. 4).
Acefate 37,8 * 3,0 *
Azinfos etile 42,2 90,1 1,7 99,3
Azinfos metile 61,0 97,6 4,9 112,0
Bromofos 43,2 88,2 3,5 83,1
Clorfenvinfos E 73,6 96,4 5,9 87,3
Clorfenvinfos Z 60,2 88,7 4,8 83,3
Clorpirifos 58,3 90,0 4,6 91,4
Clorpirifos-metile 62,8 92,3 5,0 86,7
Demeton-O 44,2 72,2 3,5 78,8
Demeton-S-metile 70,0 84,9 5,6 68,8
Demeton-S-metilsolfone 58,0 94,8 4,6 72,1
Diazinone 63,0 90,7 3,8 88,6
Dimetoato 47,6 88,8 3,8 82,6
Eptenofos 64,6 81,4 5,2 77,5
Etion 91,6 70,5 5,5 93,2
Fenitrotion 84,2 88,9 6,7 90,0
Fosalone 64,4 71,2 2,9 99,1
Malaoxon 94,8 97,3 7,6 75,9
Malation 98,0 87,8 8,6 87,4
Metamidofos 58,6 * 4,7 *
Metidation 55,8 89,6 4,5 80,4
Monocrotofos 55,4 * 3,4 *
Paraoxon 77,2 89,7 6,1 90,8
Paraoxon-metile 126,2 92,8 10,0 79,6
Paration 50,8 95,7 4,0 94,0
Paration metile 51,6 88,5 4,1 81,8
Pirimifos-metile 42,2 96,4 3,4 85,4
Tetraclorvinfos 53,0 76,2 3,2 97,2
Vamidotion 65,0 94,6 6,0 102,8
Valori medi 63,9 88,3 4,8 87,3
Composto Concentrazione
(µg/L)
Recupero
(%)
Concentrazione
(µg/L)
Recupero
(%)
Tabella 4: Prove di recupero in acqua distillata (*estrazione non efficiente)
I recuperi delle prove a concentrazione più elevata risultano compresi nell’intervallo 71-97%,
con un recupero medio dell’88%; i recuperi delle prove a concentrazione più bassa risultano
compresi nell’intervallo 72-112% con un recupero medio dell’88%.
La tecnica di estrazione descritta non è efficace per l’acefate, il metamidofos e il monocrotofos
(recupero percentuale 5-30%), a causa della loro elevata solubilità in acqua che è 650
g/L, 2000 g/L e 1000 g/L rispettivamente. Per l’estrazione di composti così altamente solu
COSTITUENTI ORGANICI
bili in acqua è necessario adottare condizioni più favorevoli per l’estrazione con solventi organici:
saturazione della fase acquosa con cloruro di sodio, utilizzo di miscele organiche
estraenti a polarità più elevata, come ad esempio un azeotropo cloroformio/acetone 4/1
(p/p) (Metodo 1657, EPA) e rapporto volume fase organica/volume fase acquosa più elevato.
In alternativa, per controllo di acque di scarico di processi industriali relativi a tali principi
attivi, si può iniettare direttamente il campione acquoso (eventualmente diluito 1:1 con acetone).
Più opportunamente si può fare riferimento al metodo descritto in letteratura da Gerhart
e Cortes, ove viene trattato esaurientemente il metodo di iniezione di campioni acquosi.
Prove di recupero effettuate su acque di scarico hanno sostanzialmente confermato i risultati
ottenuti dalle prove di recupero da acqua distillata. I risultati relativi ad una prova di recupero
sono riportati, a titolo di esempio in Tab. 5 ed in Fig. 4. Il gascromatogramma dell’estratto
dell’acqua di scarico (Fig. 4, B), presenta un picco (c) identificato (tramite GC-MS, dopo puri-
Acefate 3,0 *
Azinfos etile 1,7 83,7
Azinfos metile 4,9 92,4
Bromofos 3,5 69,2
Clorfenvinfos Z 4,8 75,4
Demeton-S-metile 5,6 84,1
Dimetoato 3,8 88,7
Fenitrotion 6,7 93,7
Malation 8,6 78,3
Metidation 4,5 80,9
Paraoxon 6,1 82,4
Paration metile 4,1 81,8
Valori medi 5,2 82,8
Composto Concentrazione (µg/L) Recupero %
Tabella 5: Prove di recupero in acqua di scarico (* estrazione non efficiente)
Figura 4: Gascromatogrammi di (A) soluzione di riferimento di insetticidi organofosforici, (B) estratto di acqua di sca-
rico, (C) recupero da acqua di scarico addizionata di composti organofosforici.
Condizioni gascromatografiche: colonna SPB-5, temperatura 140°C per 2 min, aumenta a 240°C a 5°C/min e man-
tieni per 2 min; rivelatore FPD-P; velocità carta stampante 0,5 cm/min.
1) acefate, 2) demeton-O, 3) dimetoato, 4) paration-metile, 5) paraoxon, 6) fenitrotion, 7) malation, 8) bromofos, 9)
clorfenvinfos Z, 10) metidation, 11) azinfos-metile, 12) azinfos-etile, a) tributil-fosfato, b) tris(2-cloroetil)fosfato, c)
tris(2-butossietil) fosfato.
COSTITUENTI ORGANICI
ficazione e frazionamento dell’estratto su gel di silice) come il tris(2-butossietil)fosfato. Altri picchi
(a e b) sono dovuti alla presenza in tracce di tributilfosfato e tris(2-cloro-etil)fosfato rispettivamente.
Allo scopo di verificare il loro comportamento all’estrazione, questi due fosfati organici,
spesso presenti nelle acque di scarico a causa del loro ampio uso come additivi industriali,
sono stati addizionati al campione insieme alla miscela di insetticidi organofosforici.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
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C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5110. Policlorobifenili e policloroterfenili
I policlorobifenili (PCB) costituiscono una classe di 209 composti, aventi da 1 a 10 atomi di cloro
come sostituenti nella molecola del bifenile. La struttura generale dei PCB, la suddivisione
per classi isomeriche (congeneri con eguale numero di atomi di cloro in molecola), la composizione
delle più comuni miscele commerciali e l’elenco dei 209 congeneri con la numerazione
sistematica stabilita da Ballschmiter e Zell sono riportati in Fig. 1 e nelle Tabb. 1A, 1B e 2.
I PCB possiedono proprietà tali (ininfiammabilità, bassissima volatilità a temperatura ambiente,
ecc.) da renderli adatti a numerosi impieghi industriali (dielettrici per trasformatori e condensatori,
fluidi per il trasporto del calore, inchiostri da stampa e carte copiatrici “senza carbone”,
vernici, plastificanti, oli da taglio, ecc.). Quasi tutti questi impieghi sono oggi cessati, in
rapporto al progredire delle conoscenze sulla pericolosità ambientale dei PCB e sulla loro tossicità
per l’uomo. D’altra parte se si considera che un trasformatore industriale ha una vita media
di 15-20 anni e può contenere alcuni quintali di PCB, ben si comprende la necessità di controllare,
anche in futuro, ogni possibile sorgente di contaminazione. Quindi per le loro caratteristiche
di elevata persistenza ambientale e tossicità i PCB sono stati classificati tra i prodotti
pericolosi da regolamentare in maniera prioritaria. Inoltre sono stati identificati e dosati, in Italia
ed altrove, nelle acque dolci superficiali, nelle acque marine e nei sedimenti e, poichè si bioconcentrano
ai vari livelli della catena alimentare, soprattutto in matrici biologiche.
I PCB, con diverse denominazioni, sono stati prodotti da vari paesi industrializzati: Aroclor
(USA), Fenclor (Italia), Clophen (Germania), Phenoclor (Francia), ecc. Opportune sigle numeriche,
che fanno riferimento soprattutto alla percentuale in cloro dei prodotti commerciali,
consentono di differenziare tra loro i vari prodotti di una stessa serie (esempio Aroclor 1260,
contenuto percentuale di cloro 60%; il 12 si riferisce al numero di atomi di carbonio nella molecola
del bifenile). Le Tabb. 3A e 3B riassumono le principali caratteristiche di alcune miscele
commerciali di PCB. Ai fini del metodo occorre rilevare che oggi tutti gli isomeri sono disponibili
in commercio al grado di purezza di standard analitico così come le principali miscele
commerciali.
I PCB, una volta immessi nell’ambiente, possono andare incontro a destini diversi: gli isomeri
con maggior numero di atomi di cloro sono generalmente i più stabili, mentre quelli a più
basso livello di clorurazione sono soggetti ad una lenta degradazione, in particolare ad opera
di microrganismi. Ne consegue che ogni campione ambientale può presentare una particolare
distribuzione dei diversi isomeri e, generalmente, non si ha corrispondenza tra miscele
commerciali di PCB e campione analizzato. Nelle acque di scarico tale corrispondenza è
più probabile poiché la contaminazione, se presente, è presumibilmente dovuta a diretta immissione
di residui che hanno subito scarsa o nessuna modificazione degradativa.
I policloroterfenili (PCT) presentano caratteristiche chimiche e fisiche analoghe a quelle dei po-
Figura 1: Struttura del 2, 3, 3’, 4’, 5’ - pentaclorobifenile.
numerazione sugli anelli dei bifenili esempio: struttura del 2, 3, 3’, 4’, 5’
pentaclorobifenile
COSTITUENTI ORGANICI
mono-CB C12H9Cl 188 18 3
di-CB C12H8Cl2 222 31 12
tri-CB C12H7Cl3 256 41 24
tetra-CB C12H6Cl4 290 48 42
penta-CB C12H5Cl5 324 54 46
esa-CB C12H4Cl6 358 58 42
epta-CB C12H3Cl7 392 62 24
otta-CB C12H2Cl8 426 65 12
nona-CB C12H1Cl9 460 68 3
deca-CB (DCB) C12Cl10 494 79 1
classe isomerica formula peso molecolare % cloro numero isomeri
Tabella 1A - Classi isomeriche dei PCB
mono-CB 3 ---
di-CB 13 2 --
tri-CB 28 18 --
tetra-CB 30 40 11 -
penta-CB 22 36 49 12
esa-CB 4 4 34 38
epta-CB --6 41
otta-CB ---8
nona-CB ---1
deca-CB (DCB) ----
classe isomerica 1242 1248 1254 1260
Tabella1B: Quantità percentuale delle classi isomeriche dei PCB nelle quattro più comuni miscele commerciali (Aroclors)
mono-CB
1 2 52 2.2’.5.5’ 105 2.3.3’.4.4’ 161 2.3.3’.4.5’.6
2 3 53 2.2’.5.6’ 106 2.3.3’.4.5 162 2.3.3’.4’.5.5’
3 4 54 2.2’.6.6’ 107 2.3.3’.4’.5 163 2.3.3’.4’.5.6
55 2.3.3’.4 108 2.3.3’.4.5’ 164 2.3.3’.4’.5’.6
di-CB 56 2.3.3’.4’ 109 2.3.3’.4.6 165 2.3.3’.5.5’.6
4 2.2’ 57 2.3.3’.5 110 2.3.3’.4’.6 166 2.3.4.4’.5.6
5 2.3 58 2.3.3’.5’ 111 2.3.3’.5.5’ 167 2.3’.4.4’.5.5’
6 2.3’ 59 2.3.3’.6 112 2.3.3’.5.6 168 2.3’.4.4’.5’.6
7 2.4 60 2.3.4.4’ 113 2.3.3’.5’.6 169 3.3’.4.4’.5.5’
8 2.4’ 61 2.3.4.5 114 2.3.4.4’.5
9 2.5 62 2.3.4.6 115 2.3.4.4’.6 epta-CB
10 2.6 63 2.3.4’.5 116 2.3.4.5.6 170 2.2’.3.3’.4.4’.5
11 3.3’ 64 2.3.4’.6 117 2.3.4’.5.6 171 2.2’.3.3’.4.4’.6
12 3.4 65 2.3.5.6 118 2.3’.4.4’.5 172 2.2’.3.3’.4.5.5’
13 3.4’ 66 2.3’.4.4’ 119 2.3’.4.4’.6 173 2.2’.3.3’.4.5.6
14 3.5 67 2.3’.4.5 120 2.3’.4.5.5’ 174 2.2’.3.3’.4.5.6’
15 4.4’ 68 2.3’.4’.5 121 2.3’.4.5’.6 175 2.2’.3.3’.4.5’.6
tri-CB 70 2.3’.4.5’ 123 2’.3.4.4’.5 177 2.2’.3.3’.4’.5.6
16 2.2’.3 71 2.3’.4’.6 124 2’.3.4.5.5’ 178 2.2’.3.3’.5.5’.6
17 2.2’.4 72 2.3’.5.5’ 125 2’.3.4.5.6’ 179 2.2’.3.3’.5.6.6’
18 2.2’.5 73 2.3’.5’.6 126 3.3’.4.4’.5 180 2.2’.3.4.4’.5.5’
19 2.2’.6 74 2.4.4’.5 127 3.3’.4.5.5’ 181 2.2’.3.4.4’.5.6
No. No. No. No.struttura struttura struttura
Tabella 2: Nomenclatura sistematica dei PCB (da Ballschmiter)
struttura
segue
COSTITUENTI ORGANICI
segue
20 2.3.3’ 75 2.4.4’.6 182 2.2’.3.4.4’.5.6’
21 2.3.4 76 2’.3.4.5 Esa-CB 183 2.2’.3.4.4’.5’.6
22 2.3.4’ 77 3.3’.4.4’ 128 2.2’.3.3’.4.4’ 184 2.2’.3.4.4’.6.6’
23 2.3.5 78 3.3’.4.5 129 2.2’.3.3’.4.5 185 2.2’.3.4.5.5’.6
24 2.3.6 79 3.3’.4.5’ 130 2.2’.3.3’.4.5’ 186 2.2’.3.4.5.6.6’
25 2.3’.4 80 3.3’.5.5’ 131 2.2’.3.3’.4.6 187 2.2’.3.4’.5.5’.6
26 2.3’.5 81 3.4.4’.5 132 2.2’.3.3’.4.6’ 188 2.2’.3.4’.5.6.6’
27 2.3’.6 133 2.2’.3.3’.5.5’ 189 2.3.3’.4.4’.5.5’
28 2.4.4’ penta-CB 134 2.2’.3.3’.5.6 190 2.3.3’.4.4’.5.6
29 2.4.5 82 2.2’.3.3’.4 135 2.2’.3.3’.5.6’ 191 2.3.3’.4.4’.5’.6
30 2.4.6 83 2.2’.3.3’.5 136 2.2’.3.3’.6.6’ 192 2.3.3’.4.5.5’.6
31 2.4’.5 84 2.2’.3.3’.6 137 2.2’.3.4.4’.5 193 2.3.3’.4’.5.5’.6
32 2.4’.6 85 2.2’.3.4.4’ 138 2.2’.3.4.4’.5’
33 2’.3.4 86 2.2’.3.4.5 139 2.2’.3.4.4’.6 otta-CB
34 2’.3.5 87 2.2’.3.4.5’ 140 2.2’.3.4.4’.6’ 194 2.2’.3.3’.4.4’.5.5’
35 3.3’.4 88 2.2’.3.4.6 141 2.2’.3.4.5.5’ 195 2.2’.3.3’.4.4’.5.6
36 3.3’5 89 2.2’.3.4.6’ 142 2.2’.3.4.5.6 196 2.2’.3.3’.4.4’.5’.6
37 3.4.4’ 90 2.2’.3.4’.5 143 2.2’.3.4.5.6’ 197 2.2’.3.3’.4.4’.6.6’
38 3.4.5 91 2.2’.3.4’.6 144 2.2’.3.4.5’.6 198 2.2’.3.3’.4.5.5’.6
39 3.4’.5 92 2.2’.3.5.5’ 145 2.2’.3.4.6.6’ 199 2.2’.3.3’.4.5.6.6’
93 2.2’.3.5.6 146 2.2’.3.4’.5.5’ 200 2.2’.3.3’.4.5’.6.6’
tetra-CB 94 2.2’.3.5.6’ 147 2.2’.3.4’.5.6 201 2.2’.3.3’.4’.5.5’.6
40 2.2’.3.3’ 95 2.2’.3.5’.6 148 2.2’.3.4’.5.6’ 201 2.2’.3.3’.5.5’.6.6’
41 2.2’3.4 96 2.2’.3.6.6’ 149 2.2’.3.4’.5’.6 203 2.2’.3.4.4’.5.5’.6
42 2.2’3.4’ 97 2.2’.3’.4.5 150 2.2’.3.4’.6.6’ 204 2.2’.3.4.4’.5.6.6’
43 2.2’.3.5 98 2.2’.3’.4.6 151 2.2’.3.5.5’.6 205 2.3.3’.4.4’.5.5’.6
44 2.2’.3.5’ 99 2.2’.4.4’.5 152 2.2’.3.5.6.6’
45 2.2’3.6 100 2.2’.4.4’.6 153 2.2’.4.4’.5.5’ nona-CB
46 2.2’.3.6’ 101 2.2’.4.5.5’ 154 2.2’.4.4’.5.6’ 206 2.2’.3.3’.4.4’.5.5’6
47 2.2’.4.4’ 102 2.2’.4.5.6’ 155 2.2’.4.4’.6.6’ 207 2.2’.3.3’.4.4’.5.6.6’
48 2.2’.4.5 103 2.2’.4.5’.6 156 2.3.3’.4.4’.5 208 2.2’.3.3’.4.5.5’.6.6’
49 2.2’.4.5’ 104 2.2’.4.6.6’ 157 2.3.3’.4.4’.5’
50 2.2’.4.6 158 2.3.3’.4.4’.6 deca-CB
51 2.2’.4.6’ 159 2.3.3’.4.5.5’ 209 2.2’.3.3’.4.4’.5.5’.6.6’
160 2.3.3’.4.5.6
No. No. No. No.struttura struttura struttura struttura
liclorobifenili. Essi erano presenti in prodotti commerciali, soprattutto negli USA, anche in miscela
con i PCB. Sono conosciuti in Italia con il nome generico di Cloresil e negli USA con la
stessa denominazione di Aroclor, già utilizzata per i PCB. In quest’ultimo caso sigle di riferimento
opportune differenziano i PCB dai PCT, così gli Aroclor 5432, 5442 e 5460 sono miscele
di policloroterfenili contenenti cloro in misura rispettivamente del 32%, 42% e 60% in
peso; il 54 della sigla deriva da 18 (numero di atomi di carbonio del terfenile) moltiplicato 3
(numero di isomeri del terfenile: orto, meta e para).
Dal punto di vista normativo i PCB e i PCT sono stati assimilati ai pesticidi clorurati, nonostante
la diversa utilizzazione e la diversa tossicità ed i limiti di concentrazione nelle acque di scarico
(0,05 mg/L, Tab. 3, All. 5 del D.Lgs.152/99) vengono riferiti al totale di pesticidi clorurati
+ PCB + PCT.
Questo metodo permette la determinazione di PCB e PCT nelle acque di scarico. La determinazione
dei PCT è inserita nel metodo allo scopo di adeguare il metodo stesso alla normativa
vigente; d’altra parte, considerando il limitatissimo impiego che hanno avuto questi composti
in Italia e la scarsità di dati sulla loro presenza nelle acque ed in altre matrici (con conseguente
difficoltà di valutare l’affidabilità delle procedure analitiche), la loro presenza nei
campioni da analizzare appare assai poco probabile.
COSTITUENTI ORGANICI
Molte fasi della procedura per la determinazione dei PCB e PCT sono le stesse di quella per
la determinazione dei pesticidi clorurati (Sezione 5090 “Pesticidi clorurati”), in quanto questi
composti sono strettamente correlati dal punto di vista chimico. Si consiglia pertanto di leggere
attentamente quel metodo, al quale spesso si fa riferimento e si rimanda.
La procedura analitica seguita e le modalità di espressione dei risultati rivestono un’importanza
fondamentale nella determinazione dei PCB.
Il risultato finale può essere espresso infatti in µg/L di una o più miscele commerciali (ad
esempio Aroclors) ed in questo caso è necessario individuare nel campione una distribuzione
dei singoli congeneri simile od eguale a quella della/delle miscele commerciali.
Utilizzando un rivelatore di massa operante in SIM (Selected Ion Monitoring), si possono invece
dosare le diverse classi isomeriche o buona parte dei singoli isomeri ed esprimere il risultato
come µg/L di “PCB totali”. Entrambi questi metodi di calcolo quantitativo permettono
una valutazione adeguata del campione in base alla normativa italiana che non fornisce nessuna
indicazione in merito e parla solo genericamente di “PCB totali”.
Si può infine esprimere il risultato in “equivalenti di decaclorobifenile (DCB)” quando per la
determinazione si adotta il metodo della perclorazione che trasforma tutti i PCB in DCB; quest’ultima
procedura non fornisce nessuna informazione sui singoli PCB, né sulla miscela commerciale
(una o più) responsabile della contaminazione.
1. Principio del metodo
Il metodo consiste in estrazione liquido-liquido con miscela n-esano/diclorometano, purificazione
preliminare per ripartizione con acetonitrile, eliminazione dello zolfo e purificazione/
frazionamento per cromatografia su gel di silice. L’analisi finale è eseguita mediante gascromatografia/
spettrometria di massa (GC-MS) o gascromatografia/rivelatore a cattura di
elettroni (GC-ECD).
Stato fisico a 20°C liquido olio viscoso resina molle resina dura
Costituenti principali triclorobifenili pentaclorobifenili esaclorobifenili epta-octa-clorobifenili
Contenuto medio 38-41 50-54 58-62 63-68
in cloro (% in peso)
Densità a 20°C 1,37-1,39 1,52-1,39 1,63-1,64 1,67-1,68
Punto di combustione (°C) 335 nessuno nessuno nessuno
Perdita all’evaporazione
(6 ore a 100 °C) 0,0-0,4%
Viscosità Engler
a 25°C 4-5 ---
a 98°C -1,3-1,4 2,1-2,3 3,3-3,6
Caratteristiche Fenclor 42 Fenclor 54 Fenclor 64 Fenclor 70
Tabella 3A: Caratteristiche chimico-fisiche di alcuni policlorobifenili (Fenclor)
Stato fisico a T ambiente olio olio olio liquido viscoso resina molle
Contenuto medio in cloro 20,5-21,5 41 42 54 60
(% in peso)
Densità a 20°C 1,18-1,19 -1,38-1,39 -1,50
Temperatura di infiammabilità
(°C; Cleveland open cup) 141-150 -176-180 nessuna nessuna
Velocità di vaporizzazione
(g/cm2/h a 100°C) 0,00174 -0,000338 0,000053 0,000009
Viscosità
(37,8°C; sec. Saybolt Universal) 38-41 71-81 82-92 1800-2500 -
Aroclor 1221 Aroclor 1016 Aroclor 1242 Aroclor 1254 Aroclor 1260Caratteristiche
Tabella 3B: Caratteristiche chimico-fisiche di alcuni policlorobifenili prodotti in USA (Aroclor)
COSTITUENTI ORGANICI
2. Campo di applicazione
Il metodo permette la determinazione dei PCB e PCT nelle acque di scarico a livelli di concentrazione
abbondantemente inferiori a 0,1 µg/L per singolo composto.
3. Interferenze e cause di errore
La possibile contaminazione dei solventi, dei reagenti e della vetreria impiegati nell’analisi,
l’eventuale contaminazione dello stesso ambiente di lavoro e, in generale, ogni trattamento
del campione possono causare problemi e portare alla presenza di picchi interferenti nei cromatogrammi
e/o alterazioni della corrente di fondo del rivelatore con conseguenti difficoltà
di interpretazione e/o interpretazioni errate del tracciato gascromatografico. Tutti i materiali
utilizzati devono essere, pertanto, esenti da interferenze nelle condizioni operative adottate.
È quindi buona norma di laboratorio, all’inizio dell’indagine e periodicamente, sottoporre all’intera
procedura uno o più “bianchi”, sostituendo al campione acqua distillata, per la verifica
di eventuali interferenze provenienti dai materiali. Nel caso di presenza di interferenze,
occorre individuarne la provenienza, analizzando ogni singolo passaggio della procedura e
procedere alla loro eliminazione. Può essere richiesta una specifica selezione dei reattivi ed
una purificazione dei solventi per mezzo di distillazione.
Le sostanze di varia natura estratte insieme ai PCB dagli effluenti industriali sono in quantità
non trascurabile e possono causare difficoltà nell’ottenere misure precise ed accurate, soprattutto
quando si usa un rivelatore a cattura di elettroni.
Uno dei maggiori problemi nelle determinazioni gascromatografiche di inquinanti organici
con rivelatore a cattura di elettroni è rappresentato dagli esteri ftalici. Essi vengono aggiunti
in varie percentuali nei comuni materiali plastici flessibili dai quali sono facilmente estratti conconseguente produzione di picchi interferenti nel gascromatogramma. È quindi necessario
evitare l’uso di materiali in plastica (controllare anche le guarnizioni dei tappi; debbono essere
sempre in teflon). Questi composti hanno vastissima diffusione ambientale e possono
inoltre provenire dallo stesso laboratorio ove vengono effettuate le analisi. Può essere inoltre
necessaria una purificazione dei solventi per distillazione, di alcuni reagenti per trattamento
in muffola e della vetreria per lavaggio con solventi, al fine di eliminare una contaminazione
di fondo. Con la purificazione per cromatografia su gel di silice suggerita in questo metodo
gli ftalati vengono eliminati dall’estratto e quindi non costituiscono interferenza nella successiva
determinazione dei PCB. Gli ftalati infine non danno interferenza se si adotta la tecnica
della perclorazione.
Altra sostanza che può causare seria interferenza è lo zolfo; la sua presenza in elevata concentrazione
può portare alla saturazione del rivelatore a cattura di elettroni o, in bassa concentrazione,
alla presenza di tre o più picchi che possono interferire nell’analisi del tracciato
gascromatografico.
Altra interferenza da prendere in seria considerazione è quella dovuta ai pesticidi clorurati
ed in particolare al p,p’-DDT ed ai suoi principali prodotti di degradazione. Tale interferenza
può essere eliminata con la tecnica di Snyder e Reinert, modificata da Leoni. Anche in
questo caso l’adozione della tecnica della perclorazione porta alla eliminazione dell’interferenza.
Per ulteriori considerazioni si può fare riferimento all’analogo paragrafo della Sezione
5090 “Pesticidi clorurati”.
Anche i polibromobifenili (PBB), in genere utilizzati come ritardanti di fiamma, potrebbero
causare interferenza. Per questi composti esistono però scarse informazioni e pochissimi dati
in letteratura. Il PBB più noto come ritardante di fiamma ha la sigla PB-6b ed è costituito
prevalentemente dal 2,4,5,2’,4’,5’ esabromobifenile. Possono tuttavia essere presenti altri
composti (dal pentabromo all’eptabromobifenile) che contribuiscono a dare un gascromatogramma
complesso e simile a quello dei PCB. Se nei campioni da analizzare si sospetta, in
base al ciclo produttivo dell’azienda, la presenza di PBB è necessaria molta attenzione nell’identificazione
dei picchi cromatografici ricorrendo, se disponibile in laboratorio, all’uso del
rivelatore di massa (GC/MS).
Infine un’altra interferenza può essere rappresentata da alcuni esteri fosforici. Anche in que
COSTITUENTI ORGANICI
sto caso tuttavia, adottando la tecnica di purificazione su gel di silice disattivato si può eliminare
l’interferenza, poiché questi composti non vengono eluiti nella stessa frazione dei PCB.
Per gli esteri fosforici che presentano tempi di ritenzione vicini a quelli dei PCB sulle più comuni
colonne gascromatografiche, si possono comunque effettuare controlli analitici mediante
gascromatografia con rivelatore fotometrico per il fosforo (FPD) o con rivelatore a ionizzazione
di metalli alcalini (NPD).
4. Campionamento e conservazione del campione
I campioni debbono essere prelevati in bottiglie di vetro neutro, possibilmente scuro, della capacità
di 1 litro, con chiusura a smeriglio oppure a vite con guarnizione di teflon. Prima del
riempimento, le bottiglie (precedentemente lavate in laboratorio con acqua distillata e quindi
con esano ed acetone) devono essere risciacquate con la stessa acqua che si desidera campionare.
Occorre evitare l’uso di qualsiasi dispositivo in plastica. È buona norma campionare
almeno due aliquote per ciascun campione.
Se si sospetta che i campioni così prelevati non siano rappresentativi della composizione del-
l’effluente, il campionamento dovrà essere effettuato secondo i criteri e le modalità descritte
nella Sezione 1030 “Metodi di campionamento”.
I campioni possono essere conservati in frigorifero per una settimana; eventuali degradazioni
microbiche possono essere bloccate dall’aggiunta di HCl concentrato (1 mL/L di campione).
5. Apparecchiature
5.1 Gascromatografo che consenta l’impiego di colonne capillari.
5.2 Rivelatori
Rivelatore di massa (MS) operante in SIM, che consente in alcuni casi 1’analisi quantitativa
di congeneri non separabili cromatograficamente. Se tale rivelatore non è disponibile si può
utilizzare il rivelatore ECD.
5.3 Sistema di acquisizione ed elaborazione dei dati cromatografici
5.4 Evaporatore rotante, con possibilità di operare con il vuoto e con bagno termostatico
ed opportuno sistema per il recupero dei solventi.
5.5 Vetreria
Oltre la normale vetreria in uso nel laboratorio si indicano qui di seguito alcuni elementi indispensabili
per l’analisi. Una lista più dettagliata è inclusa nella Sezione 5090.
5.5.1 Colonna in vetro per disidratazione su solfato di sodio anidro (lunghezza=10 cm,
d.i.=3,5 cm), senza setto poroso, con gambo sfinato (d.i=10 mm). Il setto poroso è sostituito
da un piccolo batuffolo di cotone sgrassato, opportunamente inserito nel punto di restringimento
in fondo alla colonna. In alternativa si possono utilizzare le colonne per la disidratazione
in accordo con le specifiche EPA (volume serbatoio=60 mL, lunghezza colonna 10 cm,
d.i. 2 cm, gambo sfinato (d.i =8 mm) (vedi Fig. 2).
5.5.2 Colonna cromatografica in vetro (h=30 cm, d.i.=4,2 mm), con parte inferiore sfinata
(h=3,5 cm, d.i.=2 mm) e serbatoio di riserva solventi della capacità di circa 60 mL (vedi
Fig. 3).
5.5.3 Fiale o provette da concentrazione in vetro (preferibilmente con gambo sfinato graduato
a 0,5 mL ed 1 mL) da 5 mL, 10 mL, 15 mL e 25 mL.
748
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 2: Colonna per disidratazione secondo le specifiche EPA (le misure sono espresse in mm).
Figura 3: Microcolonna per la separazione di pesticidi ed altri composti in quattro gruppi. A, ingresso aria per ot-
tenere una leggera pressione; B, giunto 10/19 (le misure sono espresse in mm).
5.5.4 Imbuti separatori da 125 mL, 250 mL, 500 mL, 1000 mL, muniti di tappo a smeriglio
e rubinetto in teflon.
5.5.5 Palloni (preferibilmente a cuore) con cono smeriglio adatto per l’evaporatore rotante,
di cui al punto 5.4, aventi capacità di 50 mL, 100 mL e 250 mL.
5.5.6 Matracci tarati con tappo smeriglio da 10 mL, 50 mL, 100 mL e 1000 mL.
5.5.7 Pipette graduate di precisione (1 mL, 2 mL, 5 mL, 10 mL).
5.6 Colonne gascromatografiche
Le colonne e le fasi stazionarie consigliate per l’analisi dei PCB sono descritte nello schema
seguente. Si consiglia di utilizzare colonne con rapporto di fase (raggio/2 x spessore di fase)
circa 250 e di lunghezza non inferiore a 30 m.
COSTITUENTI ORGANICI
Non polare
metil silicone SE-30, DB-1, SPB-1 o equivalenti
5%fenilsilicone + 95%metilsilicone SPB-5, PTE-5, SE-54, ULTRA-2 o equivalenti
Polare
(non dichiarata) SPB-608
cianopropilsilicone stabilizzato SP-2331 o equivalenti
Fase stazionaria Nomi commerciali fase/colonna
5.7 Microsiringhe per gascromatografia (tipo Hamilton o equivalenti) da 5 e 10 µL.
5.8 Bilancia analitica, risoluzione 0.1 mg.
6. Reattivi
6.1 Solventi
Tutti i solventi, a meno che non siano specificatamente dichiarati “per analisi di pesticidi” vanno
sottoposti a purificazione mediante distillazione con apparecchiature “tutto vetro”. È consigliabile
che per ogni solvente si disponga di un’apposita apparecchiatura di distillazione.
Tutti i solventi debbono essere comunque controllati prima di essere utilizzati, usando le quantità
impiegate nella procedura, concentrando al volume finale indicato in procedura (generalmente
1 mL) ed analizzandoli in gascromatografia.
6.1.1 n-Esano “per analisi pesticidi”
6.1.2 Diclorometano “per analisi pesticidi”
6.1.3 Acetonitrile “per analisi pesticidi”
6.1.4 Benzene “per analisi pesticidi”
6.1.5 n-Pentano “per analisi pesticidi”
6.1.6 Acetone “per analisi pesticidi”
6.1.7 Toluene “per analisi pesticidi”
6.2 Acqua distillata
Esente da sostanze organiche che possano interferire nelle analisi (esempio: acqua distillata
trattata su sistemi dotati di apposita cartuccia a carbone attivo). L’acqua distillata così ottenuta
deve essere controllata con una prova di “bianco”.
6.3 Acido cloridrico concentrato
6.4 Solfato di sodio granulare anidro trattato in muffola a 450°C per almeno 4 ore e conservato
in recipiente di vetro (precedentemente lavato con acqua distillata, acetone ed esano
ed asciugato) ermeticamente chiuso.
6.5 Cloruro di sodio trattato in muffola a 450°C per almeno 4 ore e conservato in recipiente
di vetro (precedentemente lavato con acqua distillata, acetone ed esano ed asciugato)
ermeticamente chiuso.
6.5.1 Soluzione satura di cloruro di sodio (6.5) in acqua distillata (6.2).
750
COSTITUENTI ORGANICI
6.5.2 Soluzione al 2% (p/p) di cloruro di sodio (6.5) in acqua distillata (6.2).
6.6 Cotone sgrassato in Soxhlet con una miscela n-esano/acetone 1:1 (v/v) per 12 ore,
lasciato asciugare e conservato in recipiente di vetro (precedentemente lavato con acqua distillata,
acetone ed esano ed asciugato) ermeticamente chiuso.
6.7 Gel di silice (secondo specifiche ASTM D-1319-70, 100/200 mesh), trattato in
muffola a 200°C per 8 ore e conservato in beuta con tappo a smeriglio (precedentemente lavata
con acqua distillata, acetone ed esano e ben asciugata) posta in essiccatore in presenza
di agenti essiccanti. Il gel così preparato conserva le sue caratteristiche per circa una settimana,
ma è comunque preferibile prepararlo poco prima della analisi.
6.8 Gel di silice (ASTM 70/230 mesh), trattato in muffola a 200°C per 8 ore e conservato
in beuta con tappo a smeriglio (pecedentemente lavata con acqua distillata, acetone ed
esano e ben asciugata) posta in essiccatore in presenza di agenti essiccanti. Il gel così preparato
conserva le sue caratteristiche per circa una settimana.
6.9 Acido solforico concentrato
6.9.1 Gel di silice/acido solforico concentrato 60:40 (p/p)
Mettere in una beuta una quantità esattamente pesata di gel di silice (6.8) ed aggiungere lentamente
una quantità di acido solforico concentrato tale da avere un rapporto finale in peso:
gel di silice/acido solforico 60:40. Tappare con cura la beuta ed agitare vigorosamente fino
a completa scomparsa di grumi o disomogeneità evidenti. Tutte le operazioni vanno eseguite
con la massima cautela, sotto cappa e con adeguate protezioni, in considerazione della pericolosità
di un acido forte concentrato supportato su una sostanza molto fine e quindi facilmente
disperdibile in aria.
6.10 Agente silanizzante
Soluzione al 10% di dimetildiclorosilano in toluene.
6.11 Sodio solfito anidro
6.12 Sodio idrossido
6.13 Allumina basica tipo 90 (attività II-III, 70-230 mesh), trattata a 250°C per 6 ore e
conservata in beuta con tappo a smeriglio, posta in essiccatore in presenza di agenti essiccanti.
6.14 Agente desolforante
Sciogliere 9 g di solfito di sodio ed 1 g di idrossido di sodio in un volume sufficiente di acqua
distillata (6.2). Estrarre la soluzione due volte in imbuto separatore con un piccolo volume
di esano, per rimuovere le eventuali sostanze organiche ed aggiungerla lentamente a 79
g di allumina basica (6.13) in una beuta con tappo a smeriglio (precedentemente lavata con
acqua distillata, acetone ed esano, ben asciugata ed esattamente pesata), agitando per garantire
la migliore distribuzione. Tappare la beuta ed agitarla manualmente fino a che non è
stata eliminata la presenza di grumi nell’allumina. Porre quindi la beuta aperta in stufa e portare
(per essiccamento) il contenuto ad un peso finale di 100 g in modo da avere una percentuale
di acqua pari all’11% (allumina: 79 g, sodio solfito: 9 g, sodio idrossido: 1 g, acqua:
11 g).
6.15 Reattivi per perclorazione
751
COSTITUENTI ORGANICI
6.15.1 Cloroformio “per analisi pesticidi” (valgono le stesse considerazioni fatte al punto 6
per gli altri solventi).
6.15.2 Acido cloridrico 6 M
6.15.3 Sodio bicarbonato, soluzione al 10% in acqua distillata
La soluzione deve poi essere estratta in imbuto separatore con due aliquote da 50 mL di esano
per 500 mL di soluzione), per eliminare le sostanze organiche eventualmente presenti che
potrebbero causare interferenze.
6.15.4 Pentacloruro di antimonio
Il prodotto deve essere di elevata purezza. È infatti possibile che contenga tracce di SbBr5
ed in questo caso durante la perclorazione (ad esempio dei PCB) si può formare insieme aldecaclorobifenile anche il nonacloromonobromobifenile. È quindi necessario effettuare prove
preliminari di perclorazione e scartare le confezioni di pentacloruro di antimonio contaminate.
6.15.5 Carburo di silicio in granuli (circa 20 mesh)
6.16 Soluzioni di riferimento
È opportuno dotare il laboratorio di soluzioni di riferimento delle più comuni miscele di PCB
(Aroclor 1016, 1221, 1232, 1242, 1248, 1254 e 1260 o equivalenti). In genere è sufficiente
acquistare gli Aroclor 1242, 1254 e 1260 per garantire un’analisi che tenga conto dei principali
congeneri nel campione. Se la procedura che si intende utilizzare include la trasformazione
dei PCB in decaclorobifenile (DCB) è necessario procurarsi anche un riferimento di
questo composto. Per un’analisi completa, secondo le indicazioni di legge, occorre fornirsi
anche di miscele di riferimento di PCT disponibili in commercio, anche se, come già detto, lapresenza di questi composti nel campione è assai poco probabile. È opportuno inoltre disporre
di riferimenti dei pesticidi clorurati indicati nel metodo specifico (5090), per la verifica
delle eventuali interferenze derivate da questi composti. Infine, se si intende procedere alla
identificazione dei congeneri presenti in quantità significative, è necessario acquistare i riferimenti
dei singoli congeneri.
6.16.1 Soluzioni concentrate di PCB
Pesare 0,01 g di miscela di riferimento pura di PCB (esempio Aroclor 1260), trasferirli in un
matraccio tarato da 50 mL con n-esano e portare a volume sempre con n-esano (concentrazione
finale di circa 200 µg/mL). Le soluzioni devono essere conservate in frigorifero a 4°C
e le eventuali variazioni dovute alla evaporazione del solvente possono essere controllate periodicamente
per pesata. Le soluzioni di riferimento di PCB in genere restano inalterate per
lunghi periodi (almeno 6 mesi).
6.16.2 Soluzioni diluite di PCB
Preparare dette soluzioni diluendo opportunamente le soluzioni concentrate in modo da avere
concentrazioni di circa 5 µg/mL, 1 µg/mL e 0,5 µg/mL.
6.16.3 Soluzioni di riferimento di PCT
Vale la stessa procedura di preparazione delle soluzioni concentrate e diluite dei PCB.
6.16.4 Soluzioni di riferimento cumulative
752
COSTITUENTI ORGANICI
6.16.4.A Soluzione di riferimento di miscele di PCB (esempio Aroclor) 1242, 1254 e 1260.
Prelevare opportune aliquote di soluzioni concentrate (6.16.1) e portare a volume in matraccio
tarato da 50 mL con n-esano in modo da ottenere per i singoli Aroclor le concentrazioni
di cui al punto 6.16.2. Le soluzioni cumulative così preparate sono utili per il controllo della
tecnica di perclorazione e per avere orientamenti sulla eventuale presenza di miscele ben definibili
(esempio Aroclor 1242, 1254, ecc.) nel campione in analisi.
6.16.4.B Soluzioni di riferimento di miscele di PCT
Procedere con gli stessi criteri del punto precedente.
6.16.4.C Soluzioni di riferimento di miscele PCB+PCT
Prelevare opportune aliquote di soluzioni concentrate (6.16.1 e 6.16.3) e portare a volume
in matraccio tarato da 50 mL con n-pentano in modo da ottenere le concentrazioni di cui al
punto 6.16.2 (esempio 5 µg/mL di Aroclor 1242 e 5 µg/mL di Aroclor 5442). Queste soluzioni
debbono essere impiegate per il controllo dell’efficacia della separazione cromatografica
dei PCB dai PCT, su colonna di gel di silice.
6.16.5 Soluzioni concentrate dei singoli congeneri dei PCB
Pesare 0,01 g di riferimento puro del singolo congenere e solubilizzarlo in n-esano portando
a volume in un matraccio tarato da 50 mL (concentrazione finale di circa 200 µg/mL). Le
soluzioni devono essere conservate in frigorifero e le eventuali variazioni dovute alla evaporazione
del solvente possono essere controllate periodicamente per pesata. Le soluzioni di riferimento
di PCB in genere restano inalterate per lunghi periodi (almeno 6 mesi).
6.16.6 Soluzioni diluite dei singoli congeneri dei PCB
Preparare dette soluzioni diluendo opportunamente le soluzioni concentrate (6.16.5) in modo
da avere concentrazioni di circa 0,50 µg/mL, 0,10 µg/mL e 0,02 µg/mL.
6.16.7 Soluzioni concentrate di PCB e PCT in acetone
Preparare le soluzioni seguendo le modalità indicate nei punti (6.16.1, 6.16.3 e 6.16.5) sostituendo
il n-esano con l’acetone.
6.16.8 Soluzioni diluite di PCB e PCT in acetone
Diluire opportunamente le soluzioni di riferimento (6.16.7), in modo da ottenere, per i vari
composti, concentrazioni finali di circa 20 µg/mL. Per effettuare prove di recupero aggiungere
ad 1 L di acqua 0,1 mL del riferimento prescelto.
6.16.9 Soluzione concentrata di bifenile (p.m. 154,2) in cloroformio
Sciogliere 0,01 g di bifenile in cloroformio e portare quindi a volume in matraccio tarato da
100 mL (concentrazione finale circa 100 µg/mL).
6.16.10 Soluzione diluita di bifenile in cloroformio
Diluire opportunamente la soluzione (6.16.9), in modo da ottenere una concentrazione finale
di 3,09 µg/mL (equivalente a 10 µg/mL come DCB). Questa soluzione può essere utilizzata
per controllare la riproducibilità della perclorazione.
COSTITUENTI ORGANICI
6.16.11 Soluzione concentrata di bifenile (p.m. 154,2) in n-esano
Sciogliere 0,01 g di bifenile in n-esano e portare quindi a volume in matraccio tarato da 50
mL (concentrazione finale circa 200 µg/mL).
6.16.12 Soluzioni diluite di bifenile in n-esano
Diluire opportunamente la soluzione 6.16.11 in modo da ottenere soluzioni diluite a concentrazioni
di circa 0,5 µg/mL, 1 µg/mL e 2 µg/mL.
6.16.13 Soluzioni concentrate di tetradicloroterfenile (TDCT) (o,m,p; p.m. 712,6) in n-esano
Usare per i tre TDCT la stessa procedura indicata in (6.16.1) per ottenere soluzioni a concentrazione
di circa 200 µg/mL.
6.16.14 Soluzioni diluite di TDCT in n-esano
Diluire opportunamente le soluzioni 6.16.13 in modo da ottenere le corrispondenti soluzioni
di riferimento secondarie dei singoli TDCT a concentrazioni di 1 µg/mL ed una soluzione cumulativa
(o+m+p) avente, per ogni composto, la concentrazione di 1 µg/mL. Queste soluzioni
si impiegano per le determinazioni gascromatografiche dei TDCT.
6.16.15 Soluzioni di aldrina in n-esano
Seguire la procedura utilizzata in (6.16.5 e 6.16.6). La soluzione diluita a concentrazione di
0,1 µg/mL può essere usata per il controllo della sensibilità del rivelatore a cattura di elettroni.
6.16.16 Soluzioni di p,p’-DDT (ed eventualmente di altri pesticidi clorurati) in n-esano
Seguire la procedura utilizzata in (6.16.5 e 6.16.6). Le soluzioni diluite possono essere utilizzate
per il controllo del frazionamento per cromatografia su gel di silice.
7. Procedimento
7.1 Trattamento preliminare
Se il campione è stato refrigerato, attendere che si equilibri a temperatura ambiente prima
dell’estrazione. Controllare l’eventuale presenza di particelle in sospensione ed agitare per
consentire la migliore omogeneità.
7.2 Estrazione
Trasferire 500 mL (od un volume minore) di campione in un imbuto separatore da 1 L, aggiungere
60 mL (ridurre a 20-30 mL ed usare un imbuto separatore da 250 mL, se il volume
di campione prelevato è di 100 mL) di miscela di diclorometano/n-esano 15:85 (v/v)
ed agitare vigorosamente per almeno 3 minuti. Attendere la separazione tra le due fasi.
Nel caso di formazione di emulsione, aggiungere una soluzione satura di cloruro di sodio
(50-100 mL), agitare ed attendere; se la quantità di emulsione rimane comunque elevata
(volume di emulsione pari ad un terzo o più della fase organica) centrifugare o filtrare su
lana di vetro. Scaricare la fase acquosa (fase inferiore) in un secondo imbuto separatore e
raccogliere la fase organica (fase superiore) per percolazione in colonna di disidratazione
su sodio solfato anidro (circa 30 g) in un pallone da 250 mL. Ripetere l’estrazione con due
successive aliquote di 60 mL della stessa miscela di solventi, raccogliendo le fasi organiche
disidratate su sodio solfato anidro sempre nello stesso pallone da 250 mL. Lavare il sodio
754
COSTITUENTI ORGANICI
solfato con circa 20 mL di n-esano che vengono raccolti insieme alle altre fasi organiche.
Concentrare a piccolo volume (circa 5 mL) mediante evaporatore rotante dotato di bagno termostatico,
alla temperatura di 45°C e sotto vuoto moderato (400 mm Hg). Trasferire quantitativamente
l’estratto concentrato in una provetta da concentrazione aiutandosi con la minima
quantità necessaria di n-esano per i lavaggi del pallone, aggiungere 1 mL di iso-ottano
e concentrare sotto flusso di azoto a circa 1 mL, assicurandosi della completa eliminazione
del diclorometano.
7.3 Purificazione
Di seguito sono descritte le tecniche di purificazione più idonee per l’eliminazione delle più
probabili interferenze. L’analista dovrà decidere se sottoporre l’estratto ad una o più di una
delle seguenti procedure. Si consiglia comunque di sottoporre sempre l’estratto alla ripartizione
con acetonitrile.
7.3.1 Ripartizione con acetonitrile
Questa procedura è utilizzata per separare grassi ed oli dall’estratto. Trasferire quantitativamente
l’estratto in un imbuto separatore da 125 mL con un volume di n-esano sufficiente ad
avere un volume finale nell’imbuto di 15 mL. Estrarre il campione per quattro volte con 30 mL
di acetonitrile saturo di esano, agitando ogni volta vigorosamente per almeno 3 minuti. Riunire
le fasi acetonitriliche in un imbuto separatore da 1000 mL già contenente 700 mL di una
soluzione di NaCl al 2%. Mescolare ed estrarre con due aliquote successive di 100 mL di n-
esano, agitando vigorosamente ogni volta per almeno 3 minuti. Riunire gli estratti esanici in
un imbuto separatore da 1000 mL e lavare con due aliquote successive di 100 mL di acqua
distillata. Scartare le acque di lavaggio e disidratare l’esano su solfato di sodio anidro in apposita
colonna di disidratazione. Lavare l’imbuto separatore e il sodio solfato con tre porzioni
di 10 mL di n-esano, riunendole all’estratto esanico. Concentrare in evaporatore rotante a
volume noto (=10 mL) ed analizzare in gascromatografia. Se è necessario procedere con altre
tecniche di purificazione, ridurre prima il volume sotto flusso di azoto fino a 1 mL.
7.3.2 Rimozione dello zolfo elementare
È consigliabile adottare questa purificazione anche se si sospetta una interferenza molto lieve.
Riempire una colonna cromatografica (5.5.2) con 7 g di agente desolforante (6.14), trasferire
quantitativamente l’estratto concentrato in testa alla colonna ed eluire con 25 mL di
esano. Concentrare l’eluato in evaporatore rotante a volume noto (=10 mL) ed analizzare in
gascromatografia. Se è necessario procedere con altre tecniche di purificazione, ridurre prima
il volume, sotto flusso di azoto, fino a 1 mL.
7.3.3 Cromatografia su gel di silice attivato
L’estratto purificato può essere sottoposto a cromatografia su gel di silice attivato per la separazione
dei PCB dai PCT.
7.3.3.A Taratura dell’adsorbente
La cromatografia su gel di silice attivato (100-200 mesh) (6.7) viene effettuata per completare
il procedimento di purificazione dell’estratto e per ottenere la separazione dei PCB dai PCT
in due frazioni in modo da facilitarne l’identificazione gascromatografica.
È opportuno che ogni lotto di gel di silice ricevuto sia controllato per la riproducibilità della
separazione secondo il procedimento seguente: da un lotto di gel di silice, conservato in un
recipiente di vetro ermeticamente chiuso, prelevarne 60-80 g ponendoli in una larga capsula
di porcellana e mantenerli in una stufa ad aria a 200°C per 8 ore (per l’attivazione del-
l’adsorbente è opportuno impiegare una stufa ad aria diversa da quella che si utilizza per il
trattamento della vetreria). Il gel così attivato va conservato, in recipienti di vetro ermetica
755
COSTITUENTI ORGANICI
mente chiusi, in essiccatore e normalmente conserva le sue caratteristiche per 10-15 giorni.
Nella parte inferiore della colonna cromatografica (5.5.2) pressare un batuffolo di lana di
quarzo ed immettere 20 mL di n-pentano (chiudendo la parte inferiore della colonna) e poi 4
g di gel di silice attivato. Chiudere con un tappo a smeriglio la parte superiore della colonna,
rovesciarla 2-3 volte e far depositare il gel di silice in modo da evitare la formazione di bolle
d’aria. Iniziata la discesa del solvente, con piccoli quantitativi di n-pentano lavare le pareti della
colonna per trasportare in basso tutto il gel di silice e successivamente, non appena il livello
del solvente sta per raggiungere quello superiore dell’adsorbente, immettere nella colonna
2 mL del riferimento (in n-pentano) di PCB+PCT e far adsorbire. Collegare il serbatoio riserva
solventi ed eluire con 130 mL di n-pentano e, successivamente, con 60 mL di benzene.
Il flusso dei solventi deve essere di circa 2-3 mL/minuto e può essere ottenuto applicando una
lieve pressione nella colonna. Al termine della cromatografia concentrare le due frazioni in evaporatore
rotante fino a pochi millilitri e portarle quasi a secchezza con debole flusso di azoto,
a temperatura ambiente. Portare infine a un volume noto con n-esano ed esaminare i due eluati
concentrati mediante gascromatografia. Per il corretto uso della colonna cromatografica l’efficacia
della separazione (PCB nella prima frazione, PCT nella seconda) dovrebbe essere almeno
del 95%. Se non si ottiene questo risultato variare opportunamente i volumi degli eluenti.
7.3.3.B Cromatografia del campione
Prima di procedere alla cromatografia su colonna del campione da analizzare, è opportuno
ricavare almeno un tracciato gascromatografico complessivo dell’estratto diluito per avere
un’idea orientativa delle sostanze presenti e delle loro quantità approssimative. Infatti, in caso
di campioni molto contaminati l’estratto deve essere opportunamente diluito e la cromatografia
su colonna effettuata su un’aliquota della soluzione risultante dalla diluizione. Usando
la stessa tecnica utilizzata per la taratura dell’adsorbente immettere nella colonna cromato-
grafica la soluzione di 2 mL in n-pentano del campione in analisi e far adsorbire; quindi effettuare
due lavaggi del contenitore, ognuno con 2 mL di n-pentano e far adsorbire anche
queste quantità.
Eluire poi con n-pentano (130 mL) e benzene (60 mL), oppure con i volumi più opportuni determinati
nelle prove di controllo dell’adsorbente (utilizzare sempre contenitori separati per ciascun
solvente al fine di non alterare la polarità). Il flusso dei solventi deve essere di circa 2-3
mL/minuto e può essere ottenuto applicando una lieve pressione nella colonna. Al termine della
cromatografia concentrare le due frazioni in evaporatore rotante fino a pochi millilitri e portare
quasi a secchezza con debole flusso di azoto, a temperatura ambiente. Portare infine a
volume noto con n-esano ed esaminare i due eluati concentrati mediante gascromatografia.
7.3.4 Procedura semplificata di purificazione (trattamento con acido solforico e silice)
In considerazione della resistenza dei PCB a trattamenti con acido concentrato, spesso, specialmente
per matrici biologiche, i metodi riportati in letteratura riportano la metodica descritta
di seguito, che può essere utilizzata anche per il trattamento di estratti di acqua di scarico,
consentendo una sufficiente purificazione dell’estratto stesso. Con questo trattamento si
perdono per degradazione chimica alcuni pesticidi clorurati, ma per la determinazione dei
soli PCB questo non costituisce un problema.
Trasferire l’estratto esanico concentrato (circa 1 mL) in provetta da reazione, lavando con altre
piccole aliquote di esano. Aggiungere 1 mL di acido solforico concentrato, chiudere accuratamente
la provetta ed agitare vigorosamente. Separare le due fasi (preferibilmente per
centrifugazione) e prelevare la fase esanica concentrandola ad 1 mL. Una ulteriore purificazione
si può ottenere trasferendo l’estratto trattato con acido solforico su una colonna cromatografica
(5.5.2) riempita con 3 g di silice (6.8) ed eluendo con 20 mL di una miscela esano/
benzene 95:5 (v/v). L’eluato, concentrato al volume desiderato, viene analizzato per gascromatografia.
In alternativa, la procedura descritta può essere semplificata trasferendo l’estratto
esanico del campione in testa ad una colonna cromatografica (5.5.2) riempita con 10
g di silice/acido solforico 60:40 (p/p) (6.9.1) ed eluendo con 30 mL di esano. L’eluato, concentrato
al volume desiderato, viene analizzato per gascromatografia.
756
COSTITUENTI ORGANICI
Nota: le procedure di purificazione indicate in questo paragrafo rappresentano una alternativa
a quelle descritte in precedenza e sono relativamente più semplici e rapide.
La letteratura scientifica ne riconosce la validità e, se l’analisi è limitata ai soli PCB, possono
essere adottate senza problema.
7.4 Tecniche di perclorazione
7.4.1 Perclorazione dei PCB a DCB (decaclorobifenile)
7.4.1.A Controllo dell’efficacia della perclorazione
L’efficacia della perclorazione (resa % della conversione dei PCB a DCB) può essere controllata
sia a partire da soluzioni di riferimento di diversi Aroclor (6.16.2) o da loro miscele a
concentrazione nota (6.16.4.A), sia a partire da una soluzione di riferimento di bifenile
(6.16.10). La perclorazione del solo bifenile, essendo più rapida di quella dei PCB, è utile anche
per controllare il grado di purezza del pentacloruro di antimonio impiegato (assenza del
corrispondente pentabromuro).
7.4.1.B Perclorazione dei PCB
Immettere in ogni tubo per perclorazione (Fig. 4) volumi di 1-2 mL delle soluzioni di riferimento
in n-esano di PCB calcolando i quantitativi teoricamente equivalenti di DCB (si può procedere,
ad esempio, secondo uno schema simile a quello riportato in Tab. 4). Aggiungere ad
ogni tubo da perclorazione 2 granelli di carburo di silicio (6.15.5) e 4-5 gocce di cloroformio
concentrando poi su bagno ad acqua, con cautela, a circa 0,1 mL (attenzione alla fuoriuscita
dei solventi per ebollizione). Dopo raffreddamento a temperatura ambiente, aggiungere
2 mL di cloroformio e concentrare ancora a 0,1 mL; raffreddare e ripetere un’altra volta
questo procedimento. Occorre porre attenzione a tali fasi di evaporazione che portano anche
ad eliminare il bifenile eventualmente presente nel campione. Se il campione è perclorato,
è possibile falsare completamente il dosaggio dei PCB.
Figura 4: Tubo di perclorazione e blocco riscaldante. a) blocco di alluminio; b) termometro immerso in bagno di pa-
raffina; c) “relais”; d) tubo di perclorazione.
COSTITUENTI ORGANICI
10,7 --20,8 87,7
-10,3 -15,8 94,5
--10,6 14,7 92,7
3,6 3,4 3,5 17,2 114,4
3,6 1,7 5,3 16,9 108,7
3,6 5,2 1,8 17,4 92,7
5,4 1,7 3,6 18,0 103,5
1,8 3,4 5,3 16,0 82,8
1,8 5,2 3,6 16,4 105,9
(*) Calcoli effettuati sulla base dei seguenti pesi molecolari medi stimati: Fenclor 42 = 257,5; Fenclor 54 = 326,4; Fen-
clor 60 = 361
(**) Valore medio = 98,1 µg; scarto tipo = 10,5 µg; minimo e massimo = 82,8 µg e 114,4 µg
Fenclor42 Fenclor 54 Fenclor 60
Equivalenti
teorici in µg
DCB ottenuto %
del teorico**
µg
Miscele di PCB perclorate in µg
Tabella 4: Valutazione dell’efficacia della perclorazione per la conversione dei PCB a DCB*
Immettere nei tubi di perclorazione, (sotto cappa), circa 0,2 mL di pentacloruro di antimonio
(6.15.4); chiudere ermeticamente con le apposite valvole e lasciare per 15-18 ore nel bagno
a secco a 175-180°C. Terminata la perclorazione, lasciar raffreddare prima a temperatura
ambiente e poi, per qualche minuto, in bagno a ghiaccio procedendo poi, sotto cappa, all’apertura
della valvola del tubo. Trasferire quantitativamente il campione perclorato in un imbuto
separatore da 60 mL riprendendo con 5 mL di HCl 6 M (6.15.2) e poi con 15 mL di n-
esano (6.1.1). Agitare e lasciare separare le fasi, immettendo quella acida in un altro imbuto
separatore e procedendo ad altre due estrazioni, ogni volta con 15 mL di n-esano.
Sottoporre gli estratti riuniti di n-esano ai seguenti lavaggi: per due volte con 20 mL di acqua
distillata, poi con 20 mL di NaHCO3 al 10% (6.15.3) ed infine per due volte con 20 mL di acqua
distillata, scartando sempre le soluzioni di lavaggio. Filtrare la soluzione di n-esano su
una colonna per disidratazione (5.6.1) contenente circa 10 g di Na2SO4 anidro (6.4) e, al
termine, lavare l’imbuto separatore e la colonna con 60-70 mL di n-esano, riunendo le soluzioni.
Concentrare le soluzioni riunite ad 1 mL, mediante l’apposito evaporatore rotante e sotto
vuoto leggero, per le successive determinazioni gascromatografiche del DCB.
7.4.1.C Perclorazione del bifenile
La resa esatta della perclorazione può essere controllata a partire da quantità note di bifenile
in cloroformio, immettendo nel tubo da perclorazione 0,1 mL della soluzione di riferimento
diluita di bifenile.
In questo caso non si deve procedere alle successive diluizioni ed evaporazioni della soluzione,
procedendo senz’altro con l’aggiunta del pentacloruro di antimonio e quindi con la reazione
ed i lavaggi come riportato sopra e con la valutazione gascromatografica del DCB.
7.4.1.D Perclorazione del campione
La prima frazione di eluizione del gel di silice (7.3.3.B) (che contiene i PCB), evaporata e ripresa
con un 1 mL di n-esano, viene immessa nel tubo per perclorazione e quindi trattata
esattamente come descritto in 7.4.1.B (perclorazione dei PCB). Procedere quindi ai lavaggi
ed all’analisi gascromatografica.
7.4.2 Perclorazione dei PCT a TDCT (o, m, p)
7.4.2.A Controllo dell’efficacia della perclorazione
Come già visto per i PCB, anche in questo caso l’efficacia della perclorazione può essere controllata
a partire da soluzioni di riferimento di PCT. La perclorazione e l’isolamento dei TDCT
vengono effettuate in modo completamente analogo a quanto già descritto in 7.4.1.A) e la
758
COSTITUENTI ORGANICI
resa di conversione a TDCT è normalmente superiore al 95%. Poichè i PCT sono costituiti da
miscele dei tre isomeri del terfenile (o, m, p), presenti approssimativamente nel rapporto
1:4:2, in tale rapporto orientativo si rinverranno anche i tre isomeri TDCT che verranno valutati
mediante gascromatografia.
7.4.2.B Perclorazione del campione
La seconda frazione di eluizione del gel di silice (7.3.3.B) (che contiene i PCT), evaporata e
ripresa con 1 mL di n-esano viene immessa nel tubo per perclorazione e quindi trattata esattamente
come descritto in 7.4.1.A) (perclorazione dei PCB). Procedere quindi ai lavaggi e all’analisi
gascromatografica.
7.5 Determinazioni gascromatografiche
Si consiglia di utilizzare una colonna capillare con fase non polare ed un rivelatore di massa,
o in assenza di questo, di un rivelatore e cattura di elettroni (ECD).
Si riportano di seguito le condizioni operative e, a titolo di esempio, i relativi cromatogrammi
ottenuti con alcune delle colonne consigliate (Figg. 5A-E, 6A-C). Ovviamente i dati riportati
sono indicativi e l’analista deve verificare i parametri con la strumentazione e le condizioni
operative effettivamente utilizzate.
Per la verifica della riproducibilità della risposta del rivelatore, ripetere almeno tre volte l’iniezione
di una sostanza di riferimento (esempio: aldrina).
7.6 Determinazione gascromatografica con rivelatore di massa
L’uso della GC/MS per l’analisi quantitativa dei PCB presenta delle caratteristiche peculiari:
- possibilità di distinguere fra livelli di clorurazione differenti;
-maggiore uniformità dei fattori di risposta all’interno delle classi isomeriche in
confronto con quanto avviene con il rivelatore ECD;
-maggiore sensibilità per i congeneri a basso livello di clorurazione (contrariamente
all’ECD, la cui risposta è ovviamente funzione del numero e posizione
degli atomi di cloro).
L’uso della GC/MS consente quindi una semplificazione nel riconoscimento dei singoli isomeri,
generando di converso una notevole mole di dati (spettri di massa) che necessita di adeguati
mezzi e metodi di trattamento.
Nella letteratura più recente è possibile reperire informazioni dettagliate sul comportamento
cromatografico dei PCB su molte colonne capillari così come diversi schemi di acquisizione
ed interpretazione dei dati. In linea teorica è possibile l’identificazione di tutti i congeneri con
l’uso di adeguati programmi di temperatura e di tecniche di accoppiamento di due colonnea polarità differente. È inoltre oggi possibile reperire il riferimento di ogni congenere e quindi,
sempre in linea teorica, operare una analisi quantitativa molto accurata. D’altra parte questo
livello di dettaglio, se può essere di estremo interesse per indagini sul destino ambientale
dei PCB, è sicuramente eccessivo per analisi di controllo di acque di scarico, soprattutto in
considerazione dei tempi di analisi e dei costi conseguenti. Il sistema analitico più adeguato
alle esigenze della presente metodica prevede comunque l’uso di una colonna capillare non
polare (tipo SE-54) e di una soluzione il riferimento di congeneri (ad esempio quella riportata
per i metodi EPA 525 o 625) contenente un singolo congenere per ogni classe isomerica,
scelto in modo da rappresentare adeguatamente il valore medio del fattore di risposta per la
classe isomerica rappresentata. In questo caso la scelta oculata nonché ovviamente la purezza
delle soluzioni di riferimento usate è maggiormente critica rispetto all’utilizzazione di miscele
di Aroclor commerciali.
La tecnica di acquisizione dei dati è generalmente SIM (Selected Ions Monitoring), in cui vengono
misurati soltanto alcuni valori di m/z caratteristici delle sostanze di interesse.
La modalità di frammentazione dei congeneri dei PCB in condizioni di impatto elettronico (EI)
759
COSTITUENTI ORGANICI
è piuttosto semplice. Il “cluster” isotopico dello ione molecolare è comunque il più abbondante,
seguito da quello relativo alla perdita di due atomi di cloro (ovviamente a partire dai
diclorurati). Per i congeneri aventi due o più atomi di cloro adiacenti è rilevabile un “effetto
orto” con perdita di HCl.
La ionizzazione chimica (CI) in ioni positivi porta alla formazione dello ione molecolare pro-
tonato con scarsissima o nulla frammentazione e può risultare utile in presenza di rilevanti
quantità di sostanze interferenti. Quella in ioni negativi (NICI), oltre alla scarsa frammentazione,
presenta livelli di sensibilità comparabili con l’ECD per i composti con elevata affinità
elettronica.
L’analisi dei PCB in acque di scarico mediante GC/MS non presenta particolari problemi di
sensibilità, o necessità di utilizzare spettrometri di massa ad alta risoluzione (quali quelli a
settore magnetico), come per esempio nell’analisi di diossine. Il tipo di rivelatore di massa più
adatto in termini di praticità di utilizzo, facile manutenzione, robustezza e ridotti costi di esercizio
è quello a quadrupolo, sia classico che in configurazione “ion-trap”, operando in condizioni
di ionizzazione per impatto elettronico a 70 eV.
L’acquisizione dei dati in SIM dovrebbe essere ottimizzata sulla base delle informazioni ricavabili
in letteratura sul comportamento cromatografico dei PCB. Come precedentemente accennato,
la colonna capillare più usata per questa analisi è del tipo metil-5%fenilsiliconico
(SE-54 ed equivalenti) ed esistono in commercio miscele di congeneri specificatamente formulate
per la definizione delle “finestre” di eluizione delle singole classi isomeriche. Di seguito
vengono indicati i primi e gli ultimi congeneri ad essere eluiti per le varie classi isomeriche.
primo CB 1 10 19 54 104 155 188 202 208 209
ultimo CB 3 15 37 77 126 169 189 205 206 209
Classe 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Le possibilità di scelta per le masse da acquisire in SIM sono varie ed esistono in letteratura
schemi più o meno complessi in funzione del livello di confidenza desiderato per l’identificazione
dei composti e dell’uso più o meno spinto delle informazioni cromatografiche pregresse
(es. tRR).
In generale, il requisito minimo è che vengano acquisiti per ogni classe isomerica almeno due
valori di m/z dal “cluster” isotopico dello ione molecolare: uno per la quantificazione e l’altro
per la conferma della identificazione. In questo caso esiste la possibilità di interferenza positiva
da parte di congeneri a più alto livello di clorurazione (in particolare con 2 atomi di
cloro in più). Tale interferenza può essere eliminata facendo ricorso ai dati cromatograflci noti
in letteratura o acquisendo contemporaneamente altri m/z diagnostici: nel primo caso il sistema
di interpretazione dei dati sarà dipendente dal sistema cromatografico adottato (con il
vantaggio di una relativa semplicità di applicazione), nel secondo caso si avrà un sistema relativamente
svincolato dalla parte cromatografica, con la conseguenza di una maggiore complessità
interpretativa e di una riduzione di sensibilità (maggior numero di m/z da acquisire
contemporaneamente).
In Tab. 4 viene riportato un tipico programma di acquisizione in SIM relativamente ai vari
congeneri.
In Fig. 5 sono riportati i cromatogrammi ionici (per classi isomeriche) relativi ad una miscela
1:1:1:1:1:1 di Aroclor 1016, 1221, 1232, 1242, 1248, 1254. Non essendo presente l’Aroclor
1260 nella miscela sono prevalenti i composti a più basso livello di clorurazione.
COSTITUENTI ORGANICI
m/z 188,05 222,00 255,95 289,90 325,90 359,85 427,75 495,70
190,05 224,00 257,95 291,90 327,90 361,85 429,75 497,70
222,00 255,95 289,90 325,90 359,85 393,80 431,75 499,70
224,00 257,95 291,90 327,90 361,85 395,80 461,70
289,90 325,90 359,85 393,80 427,75 463,70
291,90 327,90 361,85 395,80 429,75 465,70
7-12 12-15 15-19 19-26 26-30 30-35 35-40 >40
mono/di di/tri/
tetra
tri/tetra/
penta
tetra/
penta/esa
penta/esa
epta
esa/
epta/otta otta/nona deca
Intervallo dei tempi di
ritenzione (min)
classi isomeriche
Tabella 4: Programma di acquisizione in SIM relativamente ai vari congeneri. Gli intervalli dei tempi di ritenzione ri-
portati sono soltanto indicativi (con riferimento alle condizioni cromatografìche utilizzate)
7.7 Determinazione gascromatografica con rivelatore ECD
Si consiglia di utilizzare soluzioni di riferimento che contengano un congenere per ogni classe
isomerica, in modo da poter valutare, in prima approssimazione, la risposta del rivelatore
in relazione agli atomi di cloro presenti in molecola.
Le concentrazioni delle soluzioni di riferimento utilizzate dovrebbero essere tali che ad 1 µL
di soluzione iniettato corrispondano quantità di clorobifenile comprese nell’intervallo 20-500
pg, assunto preliminarmente come intervallo di linearità del rivelatore.
Non è necessario per i PCB determinare la curva di taratura per ogni singolo congenere. È
sufficiente che la miscela di taratura contenga un congenere per ogni classe isomerica: la loro
risposta può essere considerata rappresentativa dell’intera classe isomerica (anche se la risposta
dell’ECD varia anche all’interno della stessa classe isomerica). Alternativamente la curva
di taratura si può costruire utilizzando i picchi più rappresentativi di soluzioni di riferimento
di PCB (Aroclor 1242, 1254 e 1260).
Scelte le condizioni operative, controllata la stabilità strumentale e la sensibilità del rivelatore
si può passare all’analisi gascromatografica del campione estratto ed opportunamente concentrato,
in modo che i picchi delle sostanze da analizzare entrino nell’intervallo di linearità.
In Fig. 6 sono riportati i relativi gascromatogrammi dell’Aroclor 1254, dell’Aroclor 1260 e di
una miscela di Aroclor 1254 + Aroclor 1260.
7.8 Analisi quantitativa
Iniettare 1 µL di estratto purificato e concentrato del campione analizzato. Valutare qualitativamente
la presenza di PCB ed identificare orientativamente la miscela (esempio Aroclor
1242, 1254 o 1260) eventualmente presente. Iniettare quindi 1 µL di esano per verificare che
non compaiano picchi dovuti a residui dalle precedenti iniezioni. Iniettare 1 µL della soluzione
standard della/delle miscele di PCB eventualmente identificate nel campione. La concentrazione
della soluzione di riferimento deve essere dello stesso ordine di grandezza della concentrazione
valutata nel campione. Iniettare quindi tre volte il campione e successivamente altre
due volte la soluzione di riferimento. I policlorobifenili si presentano nei campioni reali in
miscele di varia complessità e con una distribuzione dei congeneri non sempre eguale a quella
delle soluzioni di riferimento, per cui è impossibile descrivere un metodo semplice per la
loro determinazione quali-quantitativa. Si riportano qui di seguito i criteri di base di alcuni
dei metodi che possono essere utilizzati.
7.8.1 Caso 1
Il caso in cui è evidente nel campione la presenza di una sola miscela (ad esempio Aroclor
1260) con le stesse percentuali dei diversi congeneri della soluzione di riferimento, è il più
semplice che si possa incontrare. In questo caso, si può confrontare il cromatogramma del
campione con quello della soluzione di riferimento corrispondente e misurare la somma del
761
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 5: Cromatogrammi ionici relativi a triclorobifenili (A), tetraclorobifenili (B), pentaclorobifenili (C), esaclorobifenili
(D) ed eptaclorobefenili (E). Condizioni strumentali: rivelatore di massa quadrupolare con ionizzazione EI a 70
eV; gas di trasporto: elio (120 KPa di pressione in testa alla colonna capillare); colonna: metil-5%fenilsilicone (0,2
mm diametro interno, 0,11 µ
µµm spessore di fase, 25 m lunghezza); iniettore: “splitless” (260°C, 1 min); programma
di temperatura: 80°C per 2 min, 15°C/min fino a 150°C per 1 min, 3°C/min fino a 260°C; temperatura della linea
di trasferimento: 280°C.
le aree dei picchi dei diversi congeneri nel campione e nella soluzione di riferimento, calcolando
il risultato nel seguente modo:
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 6: Gascromatogrammi di Aroclor 1254 (A), Aroclor 1260 (B) e di una miscela di Aroclor 1254+Aroclor 1260
(C). Decaclorobifenile addizionato in tutti i campioni su colonna capillare SPB5 (lunghezza: 25 m, d.i. 0,2 mm, spessore
del film: 0,25 µ
µµm). Condizioni cromatografìche utilizzate: temperatura iniettore 240°C (splitless 1 min); programma
di temperatura 80°C per 2 min, quindi fino a 150°C a 15°C/min, 150°C per 1 min e fino a 260°C a
3°C/min; gas di trasporto elio.
dove:
C = concentrazione (µg/L) di PCB;
Asi = area del generico picco (i) nel riferimento;
Aci = area del corrispondente picco (i) nel campione;
Qs = quantità (ng) di soluzione di riferimento iniettata;
Vf = volume finale (µL) dell’estratto;
Vi = volume (µL) di campione iniettato;
Vc = volume (mL) di campione sottoposto all’analisi.
Per il calcolo della concentrazione (“PCB totali”) si può procedere anche nel seguente modo.
Iniettare una quantità nota di una soluzione di riferimento di una miscela (“Aroclor x”), che
si ritiene abbia il tracciato cromatografico più simile a quello del campione. Calcolare i tempi
di ritenzione relativi (tRR) rispetto al p,p’-DDE nella soluzione di riferimento. Misurare l’area
di ciascun picco e calcolare il fattore di risposta (R) per ogni singolo picco (singolo congenere
o somma di congeneri non separabili cromatograficamente) nel seguente modo:
dove:
Ri = fattore di risposta (ng/area) del/dei congeneri, relativi al picco (i);
Qs = quantità (ng) di miscela di riferimento iniettata;
Mi = media ponderale (%) del/dei congeneri, relativi al picco (i) nella soluzione di riferimento;
Ai = area del picco (i).
COSTITUENTI ORGANICI
Calcolare i tRR e l’area di ciascun picco nel campione. Confrontare il cromatogramma del
campione con quelli della soluzione di riferimento e calcolare la quantità relativa ad ogni picco
preso in considerazione:
Q(i) =
Ri·Aic
dove:
Qi = quantità (ng) relativa al picco (i) considerato;
Ri = fattore di risposta del congenere, relativi al picco (i);
Aic = area del picco nel campione.
Addizionare le quantità (ng) relative a tutti i picchi considerati e calcolare la concentrazione
nel campione:
dove:
C = concentrazione (µg/L) di PCB;
SQ(i) = somma delle quantità relative ad ogni singolo picco considerato;
Ve = volume (µL) di estratto;
Vc = volume (mL) di campione estratto;
Vi = volume (µL) di estratto iniettato.
7.8.2 Caso 2
Nelle situazioni più complesse quali:
-la presenza nel campione di più miscele (esempio Aroclor 1242+1254+1260)
con i singoli congeneri alle stesse percentuali con cui sono presenti nelle soluzioni
di riferimento;
-la presenza nel campione di più miscele (esempio Aroclor 1242+1254+1260)
con i singoli congeneri a percentuali diverse da quelle con cui sono presenti
nelle soluzioni di riferimento;
-la combinazione dei due casi precedenti;
l’accuratezza del metodo di calcolo decresce quanto più è alto il grado di alterazione rispetto
alla distribuzione dei congeneri nelle soluzioni di riferimento. Se il campione presenta la
stessa distribuzione dei congeneri della/delle soluzioni di riferimento, il calcolo effettuato come
in 7.8.1 è infatti relativamente accurato. In caso contrario, la variabilità del dato finale è
elevata, soprattutto nel caso in cui si debba utilizzare, in assenza di spettrometri di massa, il
rivelatore a cattura di elettroni (ECD), che presenta fattori di risposta estremamente variabili
e relativi al numero e posizione di sostituzione degli atomi di cloro nella molecola.
L’utilizzazione di un rivelatore di massa, aumentando la possibilità di identificare correttamente
i singoli congeneri, aumenta di conseguenza l’attendibilità del dato quantitativo finale.
Occorre comunque tenere presente che se il dato viene espresso come concentrazione nel
campione di un “Aroclor x”, questo significa che l’analista ritiene che il tracciato cromato-
grafico del campione è significativamente più simile a quello dell’“Aroclor x” che a quelli degli
altri Aroclor e quindi l’analisi è stata effettuata prendendo come riferimento una soluzione
di riferimento di “Aroclor x”.
In alternativa, se è possibile operare con una colonna capillare con adeguato programma di
temperatura e se sono disponibili le soluzioni di riferimento dei singoli congeneri più abbondanti
si può procedere alla identificazione e quantificazione dei congeneri stessi nel campione
analizzato ed esprimere il risultato sommandone le quantità.
764
COSTITUENTI ORGANICI
7.8.3 Metodo basato sulla perclorazione
Il limite più evidente della tecnica di perclorazione è l’impossibilità di avere informazioni sulle
concentrazioni dei singoli congeneri e sulla miscela responsabile della contaminazione.
D’altra parte, vi è il vantaggio che la determinazione non è influenzata da alcuna delle interferenze
che si possono incontrare in un campione di acqua, ad eccezione della eventuale
presenza del bifenile nel campione.
Si ricorda ancora che il dato quantitativo viene espresso come DCB (decaclorobifenile) originato
dalla perclorazione di tutti i clorobifenili presenti nel campione ed è quindi necessario,
per una sua corretta valutazione, specificare che è stata adottata la tecnica della perclorazione
per l’analisi.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
BIBLIOGRAFIA
AMERICAN SOCIETY FOR TESTING AND MATERIAL: D 3534 (1981), “Tentative Test Method
for Polychlorinated Biphenyls (PCB’s) in Water”.
Decreto Legislativo 152/99, Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento
della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della
direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai
nitrati provenienti da fonti agricole, G. U. n. 124, 29 maggio 1999, Supplemento Ordinario
n. 101/L.
JAPENGA J., WAGENAAR W.J., SMEDES F. & SALOMONS W. (1987): “A new, rapid cleanup
procedure for the simultaneous determination of different groups of organic micropollutants
in sediments; application in two european estuarine sediment studies”, Environ. Technol.
Lett., 8, 9.
LEONI V., CREMISINI C., CASUCCIO A. & GULLOTTI A. (1991): “The separation of pesticides
and related compounds, polychlorobiphenyls and other pollutants into four groups by silica
gel microcolumn chromatography (Application to surface water analysis)”, Pestic. Sci.,
31, 209-220.
U.S. ENVIRONMENTAL PROTECTION AGENCY (1982): “Method 617, The Determination of
Organohalide Pesticides and PCBs in Municipal and Industrial Wastewater”.
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5120. Richiesta biochimica di ossigeno (BOD5)
Il saggio del BOD (Biochemical Oxygen Demand) esprime la quantità di ossigeno necessaria
per l’ossidazione biochimica delle sostanze contenute in un’acqua nelle condizioni in cui viene
eseguito il saggio stesso. Detta determinazione tende a riprodurre, in laboratorio, le condizioni
che si possono verificare normalmente nei corpi idrici e negli impianti di depurazione
di tipo biologico.
La richiesta di ossigeno è dovuta generalmente a tre classi di sostanze: composti organici, i
cui atomi di carbonio vengono utilizzati dai microrganismi come alimento per le varie attività
vitali (accrescimento, respirazione, riproduzione); composti ossidabili dell’azoto, utilizzati come
fonte energetica da batteri specifici come ad esempio il Nitrosomonas e il Nitrobacter; sostanze
inorganiche, come ad esempio ferro (II), solfuri e solfiti, che vengono facilmente ossidate
dall’ossigeno presente nelle acque.
Le sostanze appartenenti alle prime due classi consumano ossigeno attraverso meccanismi biochimici,
mentre quelle appartenenti alla terza classe generalmente attraverso processi chimici.
La determinazione può essere effettuata con metodi chimici, fisici ed elettrochimici.
I metodi chimici, di cui si riferisce nel seguito, possono essere eseguiti in qualunque laboratorio,
senza l’impiego di particolari apparecchiature.
La condizioni operative per la determinazione del BOD5 con metodi chimici devono essere
stabilite di volta in volta, in relazione alla natura e alla concentrazione delle sostanze ossidabili,
nonchè alla presenza di un idoneo consorzio batterico.
Ciò premesso, a seconda del tipo di campione da analizzare, si adotterà uno dei seguenti
metodi.
METODO A - Determinazione diretta
1. Principio del metodo
Il metodo si basa sulla determinazione dell’ossigeno disciolto nel campione da analizzare prima
e dopo incubazione di cinque giorni, al buio ed alla temperatura di 20°C.
La differenza fra le due determinazioni dà il valore del BOD5 del campione, espresso in mg/L
di ossigeno.
2. Campo di applicazione
Il metodo può essere applicato ad acque naturali e di scarico poco inquinate, aventi un BOD5
inferiore a 5 mg/L, purchè non siano presenti sostanze inibitrici, i valori di pH siano compresi
tra 6,5 ed 8,3 e sia garantito un adeguato consorzio batterico.
3. Interferenze e cause di errore
Interferiscono positivamente tutte quelle sostanze che vengono ossidate chimicamente dall’ossigeno
disciolto; l’interferenza può comunque essere valutata in termini numerici a condizione
che la reazione di ossidazione venga supposta completa.
COSTITUENTI ORGANICI
Ad esempio. nel caso di nitriti, ferro (II), solfuri e solfiti, che vengono rispettivamente ossidati
a nitrati, ferro (III), zolfo e solfati, l’interferenza risulta pari a:
-1 mg di nitriti (come azoto) = 1,14 mg di ossigeno;
-1 mg di ossido di ferro (II) = 0,12 mg di ossigeno;
-1mg di idrogeno solforato = 0,47 mg di ossigeno;
-1 mg di acido solforoso = 0,20 mg di ossigeno.
Interferenze negative possono essere provocate dalla presenza di cloro libero o metalli tossici
a causa della loro azione inibitrice. Analoga azione inibitrice è causata da valori di pH inferiori
a 6,5 o superiori a 8,3.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il prelievo e la conservazione del campione debbono essere effettuati in accordo con quanto
previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”.
Si raccomanda di effettuare la determinazione del BOD5 entro il minor tempo possibile dal
prelievo del campione, onde evitare di ottenere valori in difetto conseguenti all’attività batterica.
Ove ciò non sia possibile, occorre conservare il campione a 3-4°C per un periodo non
superiore a 24 ore.
5. Apparecchiature
Attrezzatura di uso comune in laboratorio, e:
5.1 Bottiglie di incubazione, della capacità di 300 mL (±1,5 mL), fornite di tappo a smeriglio
a tenuta, numerate sul corpo e sul tappo e dotate di idonea svasatura per garantire la
tenuta idraulica. Il volume di ciascuna bottiglia nel caso in cui non si disponga di bottiglie tarate
deve essere determinato a 20°C e annotato.
5.2 Termostato, da usare a 20°C, regolabile a ±1°C.
5.3 Compressore o bombola di aria compressa
Purificare l’aria per passaggio attraverso una bottiglia di lavaggio contenente acqua o ricorrendo
ad altri dispositivi atti ad eliminare eventuali impurezze.
5.4 Setto poroso per l’aerazione
6. Reattivi
Utilizzare soltanto acqua distillata o deionizzata e reattivi di grado analitico.
6.1 Soluzione alcalina di ioduro di potassio e sodio azide
Sciogliere rapidamente 500 g di idrossido di sodio (NaOH), posti in una beuta da 1000 mL
munita di tappo di gomma, in 250 mL di acqua e raffreddare a temperatura ambiente, addizionare
150 g di ioduro di potassio (KI) e diluire a circa 800 mL.
Aggiungere lentamente alla soluzione fredda, sotto continua agitazione, 10 g di sodio azide
(NaN3) previamente disciolti in 40 mL di acqua. Travasare quantitativamente in un matraccio
tarato da 1000 mL e portare a volume con acqua. Conservare in bottiglia scura munita di
tappo di gomma.
768
COSTITUENTI ORGANICI
6.2 Soluzione di solfato di manganese (364 g/L)
Sciogliere 364 g di solfato di manganese (II) monoidrato (MnSO4·H2O) in acqua; filtrare, se
necessario, e diluire a 1000 mL.
6.3 Soluzione di fluoruro di potassio (400 g/L)
Sciogliere 40 g di fluoruro di potassio diidrato (KF·2H2O) in acqua e diluire a 100 mL.
6.4 Soluzione di riferimento di tiosolfato sodico (0,1 N)
Si consiglia l’utilizzo di soluzioni 0,1 N disponibili in commercio.
In alternativa, sciogliere, in un matraccio tarato da 1 L, 25 g di tiosolfato sodico
(Na2S2O3·5H2O) in circa 800 mL di acqua deionizzata. Aggiungere come stabilizzante 1 g
di carbonato sodico (Na2CO3) oppure 4 g di tetraborato sodico (Na2B4O7·10H2O). Portare a
1 L con acqua. Il controllo del titolo della soluzione di tiosolfato viene eseguito con soluzioni
0,1 N di KIO3 o KH(IO3)2 disponibili in commercio o preparate sciogliendo 3,5670 g di KIO3
o 3,2500 g di KH(IO3)2 in acqua e diluendo ad 1 L.
In una beuta con tappo a smeriglio sciogliere 2 g di KI esente da iodio in circa 100 mL di acqua.
Aggiungere 7 mL di HCl concentrato e trasferire nella beuta 25-30 mL di soluzione di
iodato o di idrogenoiodato di potassio precedentemente preparata. Titolare immediatamente
con la soluzione di tiosolfato usando salda d’amido come indicatore, secondo le modalità indicate
nel seguente Capitolo 7. Noti il volume e la normalità della soluzione di riferimento e
il volume di tiosolfato consumato nella titolazione ricavare la normalità della soluzione di tiosolfato.
6.5 Soluzione di riferimento di tiosolfato sodico (0,0125 N)
Diluire 125 mL della soluzione (6.4) a 1000 mL con acqua. 1 mL di soluzione 0,0125 N corrisponde
a 0,1 mg di ossigeno. La soluzione deve essere preparata al momento dell’uso.
6.6 Salda d’amido
Porre in un mortaio 5-6 g di amido e alcuni millilitri di acqua fredda. Macinare la pasta risultante,
che viene poi versata in 1000 mL di acqua bollente. Far bollire per pochi minuti e
lasciar depositare una notte. Utilizzare il liquido sovrastante. La soluzione può essere stabilizzata
aggiungendo, per ogni litro, circa 1 g di acido salicilico o qualche goccia di toluene.
6.7 Acido solforico concentrato (d=1,84)
7. Procedimento
Aerare il campione in esame a saturazione per circa 10 minuti e lasciarlo riposare per 10
minuti, mantenendo la temperatura del campione a circa 20°C. In questo modo si può evitare
la sovrasaturazione del campione. Trasferire il campione per sifonamento, evitando la formazione
di bolle, in almeno due bottiglie da 300 mL (5.1). Riempire le bottiglie sino a circa
1 cm oltre l’inizio del cono a smeriglio.
Utilizzare almeno una delle bottiglie per il dosaggio del contenuto di ossigeno al tempo 0
secondo le modalità descritte al Paragrafo (7.1); porre l’altra (o le altre) in termostato a
20°C per 5 giorni, in completa oscurità per prevenire la produzione di ossigeno da parte
delle alghe.
Al termine del periodo d’incubazione determinare l’ossigeno disciolto residuo secondo le modalità
indicate al Paragrafo (7.1).
769
COSTITUENTI ORGANICI
7.1 Determinazione dell’ossigeno disciolto
Aggiungere al campione contenuto nella bottiglia con tappo a smeriglio, 2 mL di soluzione di
solfato di manganese (6.2) e 2 mL di soluzione alcalina di ioduro-sodio azide (6.1), avendo
cura di introdurre le soluzioni sotto la superficie del liquido.
Chiudere la bottiglia eliminando le bolle d’aria e agitare capovolgendo molte volte la bottiglia;
ripetete l’agitazione una seconda volta dopo che il precipitato si è depositato lasciando
il liquido sovrastante limpido.
Quando il precipitato si è nuovamente depositato lasciando almeno 100 mL di liquido limpido,
aprire la bottiglia e aggiungere 2 mL di H2SO4 concentrato (6.7), avendo cura di farlo
fluire lungo il collo della bottiglia.
Se il campione contiene ferro (III), aggiungere, prima di acidificare, 1 mL di soluzione di fluoruro
di potassio (6.3). Tappare nuovamente la bottiglia ed effettuare il mescolamento capovolgendo
varie volte la bottiglia finchè lo iodio non è uniformemente distribuito. Far decantare
la soluzione e titolarne subito 100 mL con la soluzione di tiosolfato (6.5), fino a un colore
giallo paglierino. Aggiungere la salda d’amido e continuare a titolare fino a scomparsa del
colore azzurro.
8 Calcoli
La concentrazione di ossigeno disciolto è dato da:
dove:
C = concentrazione (mg/L) di ossigeno disciolto;
a = volume (mL) di soluzione di tiosolfato di sodio utilizzato nella titolazione;
N = normalità della soluzione di tiosolfato di sodio;
8 = peso equivalente dell’ossigeno;
V = volume (mL) di campione utilizzato per la titolazione;
f = fattore di correzione per il volume dei reagenti introdotti nella bottiglia d’incubazione.
Il fattore di correzione (f) è dato da:
dove:
B = volume (mL) della bottiglia adoperata
b = volume totale (mL) dei reattivi impiegati per la precipitazione.
Se X e Y sono le concentrazioni di ossigeno disciolto nel campione, rispettivamente prima e
dopo l’incubazione del campione stesso, il valore di BOD5 (espresso come mg O2/L) si ricava
dalla seguente espressione:
9. Qualità del dato
Per valutare la precisione del metodo è necessario impiegare una soluzione di riferimento di
glucosio e acido glutammico (*), preparata secondo le modalità indicate alla nota del Capitolo
9 del Metodo B1.
(*) Il consumo è opportuno che corrisponda al 40-70% dell’ossigeno disciolto presente prima dell’incubazione.
COSTITUENTI ORGANICI
Lo scarto tipo (riproducibilità), ottenuta valutando i risultati di misura di 3 laboratori su 3 campioni
ciascuno, per una concentrazione di circa 200 mg/L è di ±30 mg/L. Ripetizioni delle
misure nello stesso laboratorio indicano uno scarto tipo pari a ±10 mg/L.
METODI B - Determinazione mediante diluizione
METODO B1 - Determinazione mediante diluizione, senza inoculo
1. Principio del metodo
Il metodo si basa sulla determinazione dell’ossigeno disciolto nel campione da analizzare,
opportunamente diluito, prima e dopo una incubazione, al buio e alla temperatura di 20°C,
di 5 giorni. La differenza tra le due determinazioni, moltiplicata per il fattore di diluizione, dà
il valore del BOD5 del campione in esame, espresso in mg/L di ossigeno.
2. Campo di applicazione
Il metodo trova applicazione nella misura del BOD5 in acque naturali o di scarico, purchè non
siano presenti sostanze inibitrici, i valori di pH siano compresi tra 6,3 e 8,5 e sia garantita
la presenza di un idoneo consorzio batterico. Mentre per misurare valori di BOD5 inferiori a
5 mg/L il campione viene analizzato tal quale (Metodo A), nel caso, invece, di valori del
BOD5 superiori a 5 mg/L è necessario ricorrere ad una adeguata diluizione. La diluizione deve
essere stabilita in relazione al BOD5 presunto del campione. Così ad esempio, se il valore
presunto è compreso tra 5 mg/L e 12 mg/L, è opportuno diluire un volume del campione con
un ugual volume di acqua di diluizione (6.8); se esso è compreso fra 12 mg/L e 25 mg/L, un
volume del campione è diluito con quattro volumi dell’acqua di diluizione (6.8). Per valori superiori
di BOD5 è necessario effettuare diluizioni tali da ottenere un campione che, dopo il
periodo di incubazione, presenti una quantità residua di ossigeno in grado di essere rilevata
analiticamente (*). La diluizione deve essere eseguita con acqua di diluizione (6.8) preparata
di fresco e satura d’ossigeno a 20°C.
3. Interferenze e cause d’errore
Interferiscono positivamente tutte quelle sostanze che vengono ossidate chimicamente dall’ossigeno
disciolto. L’interferenza può comunque essere valutata in termini numerici a condizione
che la reazione di ossidazione venga supposta completa.
Ad esempio nel caso di nitriti, ferro (II), solfuri e solfiti, che vengono rispettivamente ossidati
a nitrati, ferro (III), zolfo e solfati, l’interferenza risulta pari a:
-1 mg di nitriti (come azoto) = 1,14 mg di ossigeno;
-1 mg di ossido di ferro (II) = 0,12 mg di ossigeno;
-1 mg di idrogeno solforato = 0,47 mg di ossigeno;
-1 mg di acido solforoso = 0,20 mg di ossigeno.
Interferiscono negativamente tutte le sostanze che, se presenti a una data concentrazione,
esercitano un’azione inibente sull’attività dei microrganismi, rallentando o bloccando i processi
ossidativi. In questi casi può accadere che tali errori siano evitati quando nei campioni
in esame, con la diluizione necessaria per la esecuzione della misura del BOD5, la con
(*) Il consumo è opportuno che corrisponda al 40-70% dell’ossigeno disciolto presente prima dell’incubazione.
COSTITUENTI ORGANICI
centrazione delle sostanze inibenti risulti riportata al di sotto della soglia d’interferenza.
Le interferenze negative possono essere superate mediante trattamento del campione. Ad
esempio il pH del campione può essere corretto mediante aggiunta di acido solforico o idrossido
di sodio (entrambi circa 1 M), mentre per quanto concerne il cloro presente in campioni
provenienti da trattamenti di clorazione è necessario un trattamento con solfito di sodio.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il prelievo e la conservazione del campione debbono essere effettuati in accordo con quanto
previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”.
Si raccomanda di effettuare la determinazione del BOD5 entro il minor tempo possibile dal
prelievo del campione, onde evitare di ottenere valori in difetto conseguenti all’attività batterica.
Ove ciò non sia possibile, occorre conservare il campione a 3-4°C per un periodo non
superiore a 24 ore.
5. Apparecchiature
Attrezzatura di uso comune in laboratorio, e:
5.1 Bottiglie di incubazione, della capacità di 300 mL (±1,5 mL), fornite di tappo a smeriglio
a tenuta, numerate sul corpo e sul tappo e dotate di idonea svasatura per garantire la
tenuta idraulica. Il volume di ciascuna bottiglia nel caso in cui non si disponga di bottiglie tarate
deve essere determinato a 20°C e annotato.
5.2 Termostato, da usare a 20°C, regolabile a ±1°C.
5.3 Compressore o bombola di aria compressa
Purificare l’aria per passaggio attraverso una bottiglia di lavaggio contenente acqua o ricorrendo
ad altri dispositivi atti ad eliminare eventuali impurezze.
5.4 Setto poroso per l’aerazione
6. Reattivi
Utilizzare soltanto acqua distillata o deionizzata e reagenti di grado analitico.
6.1 Soluzione alcalina di ioduro di potassio e sodio azide
Sciogliere rapidamente 500 g di idrossido di sodio (NaOH) posti in una beuta da 1000 mL
munita di tappo di gomma in 250 mL di acqua, raffreddare a temperatura ambiente, aggiungere
150 g di ioduro di potassio (KI) e diluire a circa 800 mL. Aggiungere lentamente alla
soluzione fredda, sotto continua agitazione, 10 g di sodio azide (NaN3), previamente di-
sciolti in 40 mL di acqua. Travasare quantitativamente in un matraccio tarato da 1000 mL e
portare a volume con acqua.
Conservare in bottiglia scura munita di tappo di gomma.
6.2 Soluzione di solfato di manganese (364 g/L)
Sciogliere 364 g di solfato di manganese (II) monoidrato (MnSO4·H2O) in acqua; filtrare, se
necessario, e diluire a 1000 mL.
772
COSTITUENTI ORGANICI
6.3 Soluzione di fluoruro di potassio (400 g/L)
Sciogliere 40 g di fluoruro di potassio diidrato (KF·2H2O) in acqua e diluire a 100 mL.
6.4 Soluzione di riferimento di tiosolfato sodico (0,1 N)
Si consiglia l’utilizzo di soluzioni 0,1 N disponibili in commercio.
In alternativa, sciogliere, in un matraccio tarato da 1 L, 25 g di tiosolfato sodico (Na2S2O3·5H2O)
in circa 800 mL di acqua deionizzata. Aggiungere come stabilizzante 1 g di carbonato sodico
(Na2CO3) oppure 4 g di tetraborato sodico (Na2B4O7·10H2O). Portare a 1 L con acqua. Il controllo
del titolo della soluzione di tiosolfato viene eseguito con soluzioni 0,1 N di KIO3 o KH(IO3)2
disponibili in commercio o preparate sciogliendo 3,5670 g di KIO3 o 3,2500 g di KH(IO3)2 in
acqua e diluendo ad 1 L.
In una beuta con tappo a smeriglio sciogliere 2 g di KI esente da iodio in circa 100 mL di acqua.
Aggiungere 7 mL di HCl concentrato e trasferire nella beuta 25-30 mL di soluzione di
iodato o di idrogenoiodato di potassio precedentemente preparato. Titolare immediatamente
con la soluzione di tiosolfato usando salda d’amido come indicatore, secondo le modalità indicate
al Capitolo 7. Noti il volume e la normalità della soluzione di riferimento e il volume
di tiosolfato consumato nella titolazione ricavare la normalità della soluzione di tiosolfato.
6.5 Soluzione di riferimento di tiosolfato sodico (0,0125 N)
Diluire 125 mL della soluzione (6.4) a 1000 mL con acqua. 1 mL di soluzione 0,0125 N corrisponde
a 0,1 mg di ossigeno. La soluzione deve essere preparata al momento dell’uso.
6.6 Salda d’amido
Porre in un mortaio 5-6 g di amido e alcuni mL di acqua fredda. Macinare la pasta risultante,
che viene poi versata in 1000 mL di acqua bollente. Far bollire per pochi minuti e lasciar
depositare una notte. Utilizzare il liquido sovrastante. La soluzione può essere stabilizzata aggiungendo,
per ogni litro, circa 1 g di acido salicilico o qualche goccia di toluene.
6.7 Acido solforico concentrato (d=1,84)
6.8 Acqua di diluizione
La preparazione viene effettuata aggiungendo 1 mL di ciascuna delle seguenti soluzioni (*) a
un litro d’acqua:
-soluzione di FeCl3·6H2O a 0,25 g/L
-soluzione di CaCl2 anidro a 27,5 g/L
-soluzione di MgSO4·7H2O a 22,5 g/L
-soluzione tampone a pH 7,2.
La soluzione tampone a pH 7,2 viene preparata sciogliendo 21,75 g di K2HPO4; 8,5 g di
KH2PO4; 33,4 g di Na2HPO4·7H2O e 1,7 g di NH4Cl, in un litro d’acqua.
Aerare la soluzione a saturazione per 15 minuti e lasciare a riposo per almeno altri 15 minuti.
L’acqua di diluizione è stabile al massimo per una settimana. Trascorso detto tempo deve essere
ripreparata avendo cura di lavare bene i contenitori con miscela cromica, risciacquando
con acqua.
(*) Nella determinazione del BOD5, se si vuole escludere il contributo dei processi di nitrificazione, che generalmente si instaurano
dopo che è stata soddisfatta la richiesta da parte delle sostanze carboniose, occorre aggiungere un agente chimico
inibente. Per esempio, 1 mL di una soluzione contenente 0,5 g/L di alliltiourea in acqua oltre alle soluzioni indicate.
COSTITUENTI ORGANICI
7. Procedimento
Qualora il campione in esame presenti delle sostanze che interferiscono nella misura del
BOD5, bisogna sottoporlo ad opportuni trattamenti, secondo quanto descritto al Capitolo 3.
Stabilire la diluizione o le diluizioni più opportune, introdurre cautamente acqua di diluizione
(6.8), aerata a saturazione, per sifonamento o per caduta da una bottiglia di Mariotte, assicurandosi
che non si abbiano forti rimescolamenti e conseguenti variazioni del contenuto
d’ossigeno.
Riempire le bottiglie sino a circa 1 cm al di sopra della linea che segna l’inizio del cono a
smeriglio. Utilizzare almeno una delle bottiglie per il dosaggio del contenuto di ossigeno al
tempo 0 secondo le modalità descritte al Paragrafo (7.1) del Metodo A; porre l’altra (o le altre)
in termostato a 20°C per 5 giorni, in completa oscurità per prevenire la produzione di
ossigeno da parte delle alghe.
Contemporaneamente travasare un campione d’acqua di diluizione (6.8), aerata a saturazione,
con le stesse modalità in almeno due bottiglie: utilizzarne una per la determinazione
del contenuto al tempo zero dell’ossigeno disciolto e l’altra per l’incubazione. Al termine del
periodo d’incubazione determinare, sia nel campione in esame sia nell’acqua di diluizione,
l’ossigeno disciolto residuo, secondo il procedimento descritto al Metodo A (7.1).
8. Calcoli
Calcolare il BOD5 tramite la formula seguente:
dove:
CBOD= Domanda biochimica di ossigeno (mg O2/L);
5
X = ossigeno disciolto (mg/L) nel campione diluito prima della incubazione;
Y = ossigeno disciolto (mg/L) nel campione diluito dopo l’incubazione;
V = volume (mL) della bottiglia di incubazione;
v = volume (mL) del campione preso in esame;
C = ossigeno disciolto (mg/L) nell’acqua di diluizione prima dell’incubazione;
E = ossigeno disciolto (mg/L) nell’acqua di diluizione dopo l’incubazione.
9. Qualità del dato
Per valutare la precisione del metodo è necessario impiegare una soluzione di riferimento di
glucosio e acido glutammico(*).
Lo scarto tipo (riproducibilità) ottenuta valutando i risultati di misura di 3 laboratori su 3 campioni
ciascuna, per una concentrazione di circa 200 mg/L è di ±30 mg/L. Ripetizioni delle
misure nello stesso laboratorio indicano uno scarto tipo pari a ±10 mg/L.
(*) Generalmente questa soluzione di riferimento si prepara sciogliendo in acqua distillata 150 mg di glucosio e 150 mg di
acido glutammico, previamente essiccati entrambi per un’ora a 105°C, e portando a 1000 mL con acqua distillata.
Prelevare aliquote di 5,0 mL di questa soluzione, portare a volume la bottiglia da BOD con acqua di diluizione inoculata
e procedere alla determinazione del BOD della soluzione di riferimento.
Questa soluzione corrisponde ad un valore di BOD5 pari a 218±11 mg/L.
COSTITUENTI ORGANICI
METODO B2 - Determinazione mediante diluizione, con inoculo
1. Principio del metodo
Il metodo si basa sulla determinazione dell’ossigeno disciolto nel campione da analizzare,
opportunamente diluito e inoculato, prima e dopo una incubazione di 5 giorni al buio e alla
temperatura di 20°C.
La differenza tra le due determinazioni, moltiplicata per il fattore di diluizione, dà il valore
del BOD5 del campione in esame espresso in mg/L di ossigeno.
2. Campo di applicazione
Questo metodo per la determinazione del BOD5 può essere applicato in acque sterili o che
contengono sostanze inibenti l’attività batterica, o che richiedano particolari inoculi.
3. Interferenze e cause d’errore
Interferiscono positivamente tutte quelle sostanze che vengono ossidate chimicamente dall’ossigeno
disciolto. L’interferenza può comunque essere valutata in termini numerici a condizione
che la reazione di ossidazione venga supposta completa.
Ad esempio nel caso di nitriti, ferro (II), solfuri e solfiti, che vengono rispettivamente ossidati
a nitrati, ferro (III), zolfo e solfati, l’interferenza risulta pari a:
-1 mg di nitriti (come azoto) = 1,14 mg di ossigeno;
-1 mg di ossido di ferro (II) = 0,12 mg di ossigeno;
-1 mg di idrogeno solforato = 0,47 mg di ossigeno;
-1 mg di acido solforoso = 0,20 mg di ossigeno.
Interferiscono negativamente tutte le sostanze che, se presenti a una data concentrazione,
esercitano un’azione inibente sull’attività dei microrganismi, rallentando o bloccando i processi
ossidativi. In questi casi può accadere che tali errori siano evitati quando nei campioni
in esame, con la diluizione necessaria per la esecuzione della misura del BOD5, la concentrazione
delle sostanze inibenti risulti riportata al di sotto della soglia d’interferenza.
Le interferenze negative possono essere superate mediante trattamento del campione. Ad
esempio il pH del campione può essere corretto mediante aggiunta di acido solforico o idrossido
di sodio (entrambi circa 1 M), mentre per quanto concerne il cloro presente in campioni
provenienti da trattamenti di clorazione è necessario un trattamento con solfito di sodio.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il prelievo e la conservazione del campione debbono essere effettuati in accordo con quanto
previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”.
Si raccomanda di effettuare la determinazione del BOD5 entro il minor tempo possibile dal
prelievo del campione, onde evitare di ottenere valori in difetto conseguenti all’attività batterica.
Ove ciò non sia possibile, occorre conservare il campione a 3-4°C per un periodo non
superiore a 24 ore.
5. Apparecchiature
Attrezzatura di uso comune in laboratorio, e:
5.1 Bottiglie di incubazione, della capacità di 300 mL (±1,5 mL), fornite di tappo a sme775
COSTITUENTI ORGANICI
riglio a tenuta, numerate sul corpo e sul tappo e dotate di idonea svasatura per garantire la
tenuta idraulica. Il volume di ciascuna bottiglia nel caso in cui non si disponga di bottiglie tarate
deve essere determinato a 20°C e annotato.
5.2 Termostato, da usare a 20°C, regolabile a ±1°C.
5.3 Compressore o bombola di aria compressa
Purificare l’aria per passaggio attraverso una bottiglia di lavaggio contenente acqua o ricorrendo
ad altri dispositivi atti ad eliminare eventuali impurezze.
5.4 Setto poroso per l’aerazione
6. Reattivi
Utilizzare soltanto acqua distillata o deionizzata e reagenti di grado analitico.
6.1 Soluzione alcalina di ioduro di potassio e sodio azide
Sciogliere rapidamente 500 g di idrossido di sodio (NaOH) posti in una beuta da 1000 mL
munita di tappo di gomma in 250 mL di acqua, raffreddare a temperatura ambiente, aggiungere
150 g di ioduro di potassio (KI) e diluire a circa 800 mL. Aggiungere lentamente alla
soluzione fredda, sotto continua agitazione, 10 g di sodio azide (NaN3), previamente di-
sciolti in 40 mL di acqua. Travasare quantitativamente in un matraccio tarato da 1000 mL e
portare a volume con acqua.
Conservare in bottiglia scura munita di tappo di gomma.
6.2 Soluzione di solfato di manganese (364 g/L)
Sciogliere 364 g di solfato di manganese (II) monoidrato (MnSO4·H2O) in acqua; filtrare, se
necessario, e diluire a 1000 mL.
6.3 Soluzione di fluoruro di potassio (400 g/L)
Sciogliere 40 g di fluoruro di potassio diidrato (KF·2H2O) in acqua e diluire a 100 mL.
6.4 Soluzione di riferimento di tiosolfato sodico (0,1 N)
Si consiglia l’utilizzo di soluzioni 0,1 N disponibili in commercio.
In alternativa, sciogliere, in un matraccio tarato da 1 L, 25 g di tiosolfato sodico
(Na2S2O3·5H2O) in circa 800 mL di acqua deionizzata. Aggiungere come stabilizzante 1 g
di carbonato sodico (Na2CO3) oppure 4 g di tetraborato sodico (Na2B4O7·10H2O). Portare a
1 L con acqua. Il controllo del titolo della soluzione di tiosolfato viene eseguito con soluzioni
0,1 N di KIO3 o KH(IO3)2 disponibili in commercio o preparate sciogliendo 3,5670 g di KIO3
o 3,2500 g di KH(IO3)2 in acqua e diluendo ad 1 L.
In una beuta con tappo a smeriglio sciogliere 2 g di KI esente da iodio in circa 100 mL di acqua.
Aggiungere 7 mL di HCl concentrato e trasferire nella beuta 25-30 mL di soluzione di
iodato o di idrogenoiodato di potassio precedentemente preparato. Titolare immediatamente
con la soluzione di tiosolfato usando salda d’amido come indicatore, secondo le modalità indicate
al Capitolo 7. Noti il volume e la normalità della soluzione di riferimento e il volume
di tiosolfato consumato nella titolazione ricavare la normalità della soluzione di tiosolfato.
COSTITUENTI ORGANICI
6.5 Soluzione di riferimento di tiosolfato sodico (0,0125 N)
Diluire 125 mL della soluzione (6.4) a 1000 mL con acqua. 1 mL di soluzione 0,0125 N corrisponde
a 0,1 mg di ossigeno. La soluzione deve essere preparata al momento dell’uso.
6.6 Salda d’amido
Porre in un mortaio 5-6 g di amido e alcuni mL di acqua fredda. Macinare la pasta risultante,
che viene poi versata in 1000 mL di acqua bollente. Far bollire per pochi minuti e lasciar
depositare una notte. Utilizzare il liquido sovrastante. La soluzione può essere stabilizzata aggiungendo,
per ogni litro, circa 1 g di acido salicilico o qualche goccia di toluene.
6.7 Acido solforico concentrato (d=1,84)
6.8 Acqua di diluizione
La preparazione viene effettuata aggiungendo 1 mL di ciascuna delle seguenti soluzioni (*) a
un litro d’acqua:
-soluzione di FeCl3·6H2O a 0,25 g/L;
-soluzione di CaCl2 anidro a 27,5 g/L;
-soluzione di MgSO4·7H2O a 22,5 g/L;
-soluzione tampone a pH 7,2.
La soluzione tampone a pH 7,2 viene preparata sciogliendo 21,75 g di K2HPO4; 8,5 g di
KH2PO4; 33,4 g di Na2HPO4·7H2O e 1,7 g di NH4Cl, in un litro d’acqua.
Aerare la soluzione a saturazione per 15 minuti e lasciare a riposo per almeno altri 15 minuti.
L’acqua di diluizione è stabile al massimo per una settimana. Trascorso detto tempo deve essere
ripreparata avendo cura di lavare bene i contenitori con miscela cromica, risciacquando
con acqua.
7. Procedimento
7.1 Scelta e preparazione dell’inoculo
La scelta di un appropriato inoculo è un fattore molto importante nella determinazione del
BOD5. In molti casi un inoculo soddisfacente è rappresentato dal liquido supernatante proveniente
dal liquame di fogna, sedimentato e conservato in incubazione e agitato per 24 ore
alla temperatura di 20°C.
Molti scarichi industriali contengono però sostanze organiche non degradabili dai consorzi
microbici derivati dal liquame di fogna. In questi casi, utilizzare come inoculo l’effluente del-
l’impianto di depurazione asservito o il supernatante di un fango attivo prelevato presso altro
impianto. Qualora i suddetti inoculi non siano disponibili, utilizzare un inoculo sviluppato
in laboratorio oppure l’acqua del corpo idrico ricevente raccolta preferibilmente a 5002000
metri a valle dal punto d’immissione degli scarichi da esaminare.
L’acqua, impiegata come inoculo, potrà fornire i migliori risultati se verrà prelevata in punti
in cui si siano sviluppati particolari microrganismi capaci di utilizzare come alimento i composti
organici presenti (consorzi microbici adesi a superfici sommerse). Talvolta può essere necessario
concentrare l’inoculo mediante centrifugazione a 7000 giri/min per 30 minuti oppure
per filtrazione (0,45 µm).
(*) Nella determinazione del BOD5, se si vuole escludere il contributo dei processi di nitrificazione, che generalmente si instaurano
dopo che è stata soddisfatta la richiesta da parte delle sostanze carboniose, occorre aggiungere un agente chimico
inibente. Per esempio, 1 mL di una soluzione di contenente 0,5 g/L di alliltiourea in acqua oltre alle soluzioni indicate.
COSTITUENTI ORGANICI
E opportuno ricordare che l’inoculo dev’essere effettuato sui campioni trattati, qualora fosse
stata necessaria la correzione del pH o l’eliminazione di talune sostanze tossiche.
È possibile utilizzare come inoculo anche i microrganismi presenti nel terreno. Sospendere
100 g di terra da giardino in 1000 mL di acqua di rubinetto non clorata. Può essere utile lo
stemperamento preventivo della terra in mortaio. Evitare terre troppo ricche in argilla e non
prelevare campioni di terra dopo piogge prolungate. Agitare vigorosamente la sospensione,
possibilmente con l’aiuto di un agitatore meccanico. Lasciar decantare per 30 minuti, raccogliere
4 litri di liquido supernatante e filtrarli su carta da filtro rapida. Eliminare i primi 200
mL e tenere i restanti in aerazione fino al momento dell’uso. L’inoculo così preparato deve essere
impiegato nel giorno stesso in cui è stato preparato.
7.2 Acclimatazione
Talvolta i consorzi batterici utilizzati non sono idonei a metabolizzare alcune sostanze organiche
difficilmente biodegradabili contenute in alcuni scarichi. Questo inconveniente, in taluni
casi, può essere eliminato mediante un processo di acclimatazione in laboratorio.
L’acclimatazione determina la selezione e l’arricchimento del consorzio batterico, con vantaggi
generici, quali, ad esempio, il superamento di inibizioni dovute a sostanze tossiche o
alla composizione del campione stesso.
L’acclimatazione può essere realizzata aerando e alimentando gli arricchimenti microbici con
piccole dosi giornaliere di scarichi in esame fino a quando non si sia sviluppato un consorzio
microbico adatto a metabolizzare le sostanze organiche presenti.
Le modalità usualmente impiegate per la realizzazione di un processo di acclimatazione, ad
esempio, di un liquame di fogna sono le seguenti:
-prelevare un campione di 4 o 5 litri, lasciar sedimentare e sottoporre a un processo
di moderata aerazione per circa 24 ore;
-sospendere l’aerazione e lasciar sedimentare per 30 minuti;
-sifonare parte del liquido supernatante, sostituendolo con un’aliquota delle acque
di scarico in esame da acclimatare e riportare al volume iniziale con il liquame
di fogna previamente sedimentato;
-ripetere l’aerazione per altre 24 ore e lasciar poi sedimentare per 30 minuti;
- sostituire la fase supernatante con un’altra aliquota d’acqua in esame;
-ripetere le operazioni di sedimentazione ed immissione del campione con le
stesse modalità aumentando gradatamente l’aliquota dell’acqua da acclimatare
fino a raggiungere il 100%. A questo punto impiegare il campione con inoculo
per il dosaggio del BOD5.
7.3 Dosaggio
Effettuare le indagini preliminari per la determinazione della presenza o meno di interferenze
(positive o negative) allo scopo di procedere agli opportuni pretrattamenti necessari alla
loro eliminazione o riduzione, secondo le modalità prescritte nel Metodo B1. Quindi, stabilito
il rapporto di diluizione più opportuno, diluire il campione in esame con acqua di diluizione
(6.8) contenente l’inoculo comunque ottenuto.
Aggiungere l’inoculo orientativamente in ragione di 2 mL/L di acqua di diluizione nel caso si
utilizzi liquame di fogna sedimentato, e di 20 mL/L di acqua di diluizione se si impiega acqua
del corpo idrico ricevente.
Quindi procedere alla determinazione del BOD5 applicando le stesse modalità tecniche descritte
al Metodo B1 tenendo presente che è necessario porre in incubazione anche l’acqua
di diluizione contenente l’inoculo semplice o acclimatato al fine di determinare il BOD5.
8. Calcoli
Calcolare BOD5 tramite la formula seguente:
778
COSTITUENTI ORGANICI
dove:
CBOD= Domanda biochimica di ossigeno (mg O2/L);
X = ossigeno disciolto (mg/L) nel campione diluito prima della incubazione;
Y = ossigeno disciolto (mg/L) nel campione diluito dopo l’incubazione;
V = volume (mL) della bottiglia di incubazione;
v = volume (mL) del campione preso in esame;
C = ossigeno disciolto (mg/L) nell’acqua di diluizione prima dell’incubazione;
E = ossigeno disciolto (mg/L) nell’acqua di diluizione dopo l’incubazione.
9. Qualità del dato
Per valutare la precisione del metodo è necessario impiegare una soluzione di riferimento di
glucosio e acido glutammico (*).
Lo scarto tipo (riproducibilità) ottenuto valutando i risultati di misura di 3 laboratori su 3 campioni
ciascuna, per una concentrazione di circa 200 mg/L è di ±30 mg/L. Ripetizioni delle
misure nello stesso laboratorio indicano uno scarto tipo pari a ±10 mg/L.
APPENDICE
La misura del BOD può essere utilizzata anche per studiare la biodegradabilità delle sostanze
contenute in un determinato campione. A tal fine si segue l’andamento del BOD attraverso
misure effettuate da 1 a 20 giorni d’incubazione (BOD1, BOD2…..BOD20) e si riportano poi
i valori in diagramma, ponendo sulle ascisse i tempi di incubazione e sulle ordinate i corrispondenti
valori del BOD. I valori giornalieri di BOD risulteranno più elevati, per ogni successivo
giorno d’incubazione, e la differenza tra i valori di BOD riscontrati, per ciascun giorno
d’incubazione successiva, diminuirà proporzionalmente, almeno per i primi cinque giorni.
Dopo i cinque giorni, nel caso in cui subentrino processi di nitrificazione, potrà riscontrarsi
anche un aumento.
BIBLIOGRAFIA
APHA, AWWA, WEF (1998): “Standard Methods for the Examination of Water and Wastewater”,
XX Ed. (Washington, APHA).
IRSA (1986): “Criteri e limiti per il controllo dell’inquinamento delle acque”, Quad. Ist. Ric.
Acque, 75, 141-142.
MARCHETTI R. (1966): “Determinazione del BOD in indagini sul torrente Seveso”, Nota n.
12, Acqua Industriale, 43, 23-25.
(*) Generalmente questa soluzione di riferimento si prepara sciogliendo in acqua distillata 150 mg di glucosio e 150 mg di
acido glutammico, previamente essiccati entrambi per un’ora a 105°C, e portando a 1000 mL con acqua distillata.
Prelevare aliquote di 5,0 mL di questa soluzione, portare a volume la bottiglia da BOD con acqua di diluizione inoculata
e procedere alla determinazione del BOD della soluzione di riferimento.
Questa soluzione corrisponde ad un valore di BOD5 pari a 218±11 mg/L.
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5130. Richiesta chimica di ossigeno (COD)
Il COD rappresenta la misura dell’ossigeno necessario ad ossidare chimicamente le sostanze
presenti in un campione, per mezzo di un ossidante forte in ambiente acido a caldo.
Il COD viene preferito al BOD, per il minor tempo richiesto dall’analisi, nel controllo di routine
di liquami grezzi e depurati, soprattutto industriali, una volta che sia stato quantificato su
base statistica il rapporto COD/BOD. Tale rapporto varia in funzione del tipo di sostanze scaricate:
liquami da fognature prevalentemente civili hanno, ad esempio, un rapporto
COD/BOD=1,9-2,5 e ciò vale anche per molti effluenti industriali provenienti da lavorazioni
alimentari.
L’uso del COD per il controllo delle acque superficiali è molto più limitato, soprattutto per il
fatto che, mentre il BOD simula in qualche modo i processi di degradazione che avvengono
in natura, è estremamente difficile correlare il valore del COD con gli effetti deossigenanti nel
recettore. L’uso del COD può essere consigliato in quei casi in cui si sospettano sversamenti
tossici per i consorzi microbici e che deprimono, totalmente o in parte, il valore del BOD.
1. Principio del metodo
Viene proposto un metodo generale applicabile a campioni acquosi contenenti concentrazioni
di cloruri =1000 mg/L e procedure modificate per rendere il metodo applicabile a campioni
con più di 1000 mg/L di cloruri.
Il metodo prevede l’ossidazione delle sostanze organiche ed inorganiche, presenti in un campione
d’acqua, mediante una soluzione di dicromato di potassio in presenza di acido solforico
concentrato e di solfato di argento, come catalizzatore dell’ossidazione. L’eccesso di di-
cromato viene titolato con una soluzione di solfato di ammonio e ferro (II).
La concentrazione delle sostanze organiche ed inorganiche ossidabili, nelle condizioni del
metodo, è proporzionale alla quantità di dicromato di potassio consumato. Lo ione cloruro è
considerato un interferente, poichè la sua ossidazione può avvenire solo nelle condizioni del
metodo utilizzato per il COD e non in quelle presenti nelle acque naturali.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile ad acque naturali e di scarico (urbane ed industriali) aventi una concentrazione
di cloruri =1000 mg/L. Per concentrazioni di COD>50 mg/L si consiglia l’utilizzo
di una soluzione di dicromato 0,25 N. In questi casi, qualora la concentrazione di cloruri
risulti >1000 mg/L nel campione sottoposto ad analisi e ogni qualvolta il rapporto in peso
COD/cloruri nel campione di analisi sia <0,1, è richiesto il ricorso alle procedure modificate
nel seguito descritte.
Per concentrazioni di COD<50 mg/L si consiglia il ricorso ad una soluzione di dicromato
0,025 N.
3. Interferenze e cause di errore
Non tutte le sostanze organiche nelle condizioni del metodo vengono ossidate in maniera
completa dal dicromato di potassio (ad esempio acido acetico e composti alifatici a catena lineare).
COSTITUENTI ORGANICI
L’impiego del solfato di argento, come catalizzatore, consente di rendere più alta la resa della
reazione di ossidazione. Anche in queste condizioni alcuni composti (benzene, toluene, xileni,
naftalene, antracene, ecc.) vengono ossidati solo parzialmente mentre altri (piridina,
ecc.) non subiscono ossidazione. Un errore in difetto nella determinazione del COD potrebbe
essere causato dalla volatilizzazione di alcune sostanze organiche. Tali perdite possono
essere comunque ridotte.
I cloruri interferiscono positivamente in quanto vengono ossidati dal dicromato (1 mg di Cl-
corrisponde a 0,226 mg di COD). Tale interferenza, a concentrazioni di cloruri inferiori a
1000 mg/L e comunque in presenza di un rapporto in peso COD/cloruro >0,1, viene praticamente
eliminata addizionando solfato di mercurio (II) nel rapporto in peso HgSO4/Cl-=10.
Per concentrazioni di cloruri superiori a 1000 mg/L, qualora il rapporto in peso COD/cloruro
sia minore di 0,1 è necessario fare ricorso alle procedure A (7.3.1) e B (7.3.2) nel seguito
proposte, che consentono di ridurre il valore dell’interferenza residua e di valutare sperimentalmente
termini correttivi appropriati da sottrarre al valore del COD.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il campionamento e la conservazione del campione devono essere fatti in accordo con quanto
previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”.
In particolare se il campione non può essere analizzato subito dopo il prelievo, esso, al fine
di evitare eventuali perdite conseguenti ad ossidazione biologica delle sostanze organiche,
deve essere preservato per acidificazione fino a pH=1÷2 con acido solforico (6.6). In ogni
caso è consigliabile effettuare l’analisi il più presto possibile.
5. Apparecchiature
5.1 Normale attrezzatura di laboratorio
5.2 Apparecchiatura in vetro per l’ebollizione a ricadere
Recipiente in vetro da 500 mL con collo di vetro smerigliato, connesso ad un condensatore a
bolle (altezza minima 60 cm) per evitare perdite significative di prodotti volatili.
In alternativa, è possibile l’utilizzo di altri sistemi, disponibili in commercio, con sistema a ricadere
munito di campanella, in cui il condensatore a bolle è sostituito da lunghe cannule di
vetro. Questa differenza comporta un errore, dovuto alla perdita di sostanze volatili, che può
rientrare nell’incertezza del metodo analitico.
5.3 Mantello riscaldante elettrico o analogo dispositivo in grado di portare il campione
all’ebollizione.
5.4 Buretta da 25 mL con divisioni da 0,05 mL.
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono essere del tipo “puro per analisi”.
6.1 Acqua
Per la preparazione delle soluzioni dei reattivi e per le diluizioni impiegare acqua distillata
e/o deionizzata.
6.2 Solfato di mercurio (II) HgSO4, in cristalli.
782
COSTITUENTI ORGANICI
6.3 Solfato d’argento Ag2SO4, in cristalli.
6.4 Soluzione concentrata di dicromato di potassio (0,25 N)
Sciogliere 12,259 g di dicromato di potassio (K2Cr2O7), previamente essiccato per 2 ore a
105°C, in acqua e diluire a 1000 mL in matraccio tarato.
6.5 Soluzione diluita di dicromato di potassio (0,025 N)
Diluire a 1000 mL, in matraccio tarato, 100 mL della soluzione di dicromato di potassio 0,25
N (6.4).
6.6 Acido solforico concentrato, H2SO4 (d=1,84)
6.7 Soluzione di 1,10-fenantrolina-solfato di ferro (II) (ferroina)
Sciogliere 1,485 g di 1,10-fenantrolina monoidrato, C12H8N2·H2O, in circa 80 mL di acqua.
Aggiungere 0,695 g di solfato di ferro (II) eptaidrato, FeSO4·7H2O. Agitare sino a completa
dissoluzione e diluire a 100 mL con acqua.
6.8 Soluzione concentrata di solfato d’ammonio e ferro (II) (0,25 N)
Sciogliere 98 g di solfato di ammonio e ferro (II) esaidrato, FeSO4(NH4)2SO4·6H2O, in 500 mL
di acqua. Aggiungere 20 mL di acido solforico concentrato (6.6), raffreddare e diluire a
1000 mL.
Il controllo del titolo di questa soluzione viene effettuato con una soluzione di bicromato di potassio
0,25 N (6.4) impiegando come indicatore una soluzione di fenantrolina (6.7).
6.9 Soluzione diluita di solfato d’ammonio e ferro (II) (0,025 N)
Diluire a 1000 mL in matraccio tarato 100 mL della soluzione di solfato di ammonio e ferro
(II) 0,25 N (6.8). Il controllo del titolo della soluzione viene effettuato con una soluzione di di-
cromato di potassio 0,025 N (6.5).
6.10 Idrogenoftalato di potassio C8H5KO4, in cristalli.
1 g di idrogeno ftalato di potassio corrisponde a 1,176 g di COD.
7. Procedimento
7.1 Procedimento per acque con COD>50 mg/L
Porre in un recipiente di vetro da 500 mL un campione di 50 mL o, nel caso di COD>900
mg/L, una aliquota diluita a 50 mL con acqua (6.1). Aggiungere una quantità di solfato di
mercurio (II) (6.2) sufficiente a bloccare i cloruri presenti (vedi Capitolo 3), 5 mL di H2SO4 concentrato
(6.6) ed alcune sferette di vetro da ebollizione. L’acido solforico deve essere aggiunto
lentamente ed agitando per avere la completa dissoluzione del solfato di mercurio (II). Il recipiente
deve essere inoltre raffreddato onde evitare eventuali perdite di sostanze volatili. Addizionare
quindi 50 mg di solfato di argento (6.3) e, agitando, 25 mL della soluzione 0,25
N di dicromato di potassio (6.4). Inserire il refrigerante ed iniziare la circolazione dell’acqua.
Infine, lentamente ed agitando, versare 70 mL di acido solforico concentrato (6.6).
Iniziare il riscaldamento e lasciare bollire per 2 ore. Interrotto il riscaldamento, lasciare raffreddare,
lavare bene il refrigerante con acqua in modo da diluire il contenuto del recipiente
fino ad un volume di 350-400 mL. Aggiungere 2-3 gocce di soluzione indicatrice di fenantrolina
(6.7) e titolare l’eccesso di dicromato con la soluzione di solfato di ammonio e fer
783
COSTITUENTI ORGANICI
ro (II) 0,25 N (6.8) fino a viraggio del colore da blu-verde a bruno-rosso. Eseguire in parallelo
una prova in bianco sostituendo i 50 mL di campione con 50 mL di acqua (6.1).
7.2 Procedimento per acque con COD compreso fra 20 e 50 mg/L
Il procedimento è lo stesso del Paragrafo (7.1), con la sola variante dell’impiego delle soluzioni
0,025 N di dicromato di potassio (6.5) e 0,025 N di solfato di ammonio e ferro (II) (6.9)
invece che le corrispondenti soluzioni 0,25 N (6.4 e 6.8).
Poichè potrebbe rivelarsi difficoltoso cogliere il viraggio di colore dell’indicatore, può essere
utile determinare il punto finale per via potenziometrica.
7.3 Modifiche al metodo generale per campioni con cloruri>1000 mg/L e rapporti in peso
COD/Cl-<0,1
7.3.1 Procedura A
È applicabile nel campo di concentrazione di Cl-1000-6000 mg/L. Si differenzia rispetto al
metodo generale per due modifiche, alternative l’una all’altra, consigliate per ridurre il valore
dell’interferenza.
A1) L’uso di una soluzione di dicromato 0,15 N al posto della soluzione 0,25 N consigliata
per COD>50 mg/L; ovviamente la soluzione 0,15 N copre un campo di applicazione di COD
più ristretto (fino a 500 mg O2/L) rispetto a quello consentito dalla soluzione 0,25 N (fino a
900 mg O2/L).
A2) L’uso di un rapporto in peso HgSO4/Cl-di 20:1, doppio rispetto a quello indicato nel metodo
generale.
Utilizzando le modifiche indicate è stata valutata l’interferenza residua in soluzioni sintetiche
contenenti concentrazioni note di idrogenoftalato di potassio, considerato come sostanza organica
modello. I valori residui di interferenza ottenuti su campioni con concentrazioni di
COD prossime al limite di legge (160 mg/L) e concentrazioni di Cl-nell’intervallo 1000-6000
mg/L si aggirano sulle 10 unità di COD. Prove effettuate su altri composti organici hanno mostrato
un effetto simile a quello dell’idrogenoftalato di potassio. Sebbene sia problematico
estrapolare dalle prove sperimentali termini correttivi appropriati per condizioni estremamente
eterogenee in termini di concentrazione di COD e Cl-poichè l’interferenza prodotta dai
cloruri è una funzione del rapporto COD/Cl-, si ritiene che l’applicazione di un termine correttivo
di 20 unità da sottrarre al valore ottenuto di COD possa rappresentare un’ampia garanzia
nei riguardi dell’interferenza, qualora i valori di COD e Cl-siano rispettivamente nel-
l’intervallo 100-200 e 1000-6000 mg/L.
7.3.2 Procedura B
La procedura fa riferimento al lavoro di Baumann su scarichi ad elevata salinità e consiste nel
far ricorso ad un apparato sperimentale del tipo schematizzato in Fig. 1 che consente il recupero
e la determinazione del cloro gassoso sviluppatosi durante il procedimento di ossidazione
alla base della misura del COD.
Tale procedura è stata verificata su campioni contenenti concentrazioni di COD e cloruri rispettivamente
nei campi 100-200 e 2000-20000 mg/L. È raccomandata nel caso di concentrazioni
di Cl– >6000 mg/L; se ne sconsiglia l’uso per campioni a basso contenuto organico
(COD<100 mg/L).
Il cloro gassoso, che si sviluppa, viene raccolto nel cilindro (c) contenente 200 mL di H2O in
cui sono disciolti 2,5 g di ioduro di potassio e 5 mL di acido acetico glaciale. Lo iodio prodotto
a seguito dell’ossidazione dello ioduro da parte del cloro sviluppatosi viene retrotitolato
con tiosolfato sodico 0,01 N utilizzando salda d’amido come indicatore, come riportato
nel metodo per la determinazione del BOD5 (metodo 5120), al quale si rimanda anche per
784
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 1: Apparato per la determinazione del COD che consente il recupero del cloro gassoso in presenza di cloruri.
la preparazione della soluzione di tiosolfato e dell’indicatore, tenendo presenti le modifiche
da apportare per la più bassa normalità del tiosolfato.
Operare nelle condizioni previste dalla procedura A (7.3.1), che comunque consente una riduzione
del termine correttivo da sottrarre, facendo gorgogliare azoto dall’inizio e per tutta
la durata dell’ebollizione con un flusso di 1-2 bolle per secondo e aumentando tale flusso leggermente
in fase di raffreddamento per evitare pericoli di sifonamento. Quindi disconnettere
e risciacquare il tubo (b), prelevare il cilindro (c) e procedere alla titolazione con tiosolfato. Il
termine correttivo da sottrarre sarà calcolato con la formula:
Vt·Nt·8000
V
dove:
Vt = volume (mL) della soluzione di tiosolfato titolante;
Nt = normalità della soluzione di tiosolfato titolante;
8000 = peso equivalente dell’ossigeno moltiplicato per 1000, per riferire il dato al volume di
un litro;
V = volume (mL) di campione sottoposto ad analisi.
Sulla beuta (a) procedere come al solito (vedi Paragrafo 7.1) alla determinazione del COD e
al valore sperimentale trovato sottrarre il termine correttivo calcolato in precedenza.
Nel caso in cui il campione presenti concentrazioni di Cl->10000 mg/L si consiglia il ricorso
alle condizioni che prevedono l’utilizzo di dicromato 0,15 N (vedi procedura A1 del Sotto-
paragrafo 7.3.1). Tali condizioni, oltre ad offrire caratteristiche di qualità del dato legger
COSTITUENTI ORGANICI
mente superiori rispetto a quelle ottenute con dicromato 0,25 N e rapporto in peso HgSO4/Cl=
20, consentono anche di ridurre significativamente sia i costi analitici che l’utilizzo di un metallo,
quale il mercurio, molto pericoloso per l’ambiente.
8. Calcoli
La richiesta chimica di ossigeno (COD) viene calcolata applicando la seguente espressione
(valida nel caso di assenza di diluizione del campione):
dove:
C = richiesta chimica di ossigeno (mg/L);
m1 = mL di soluzione di solfato di ammonio e ferro (II) consumati nella prova in bianco;
m2 = mL di soluzione di solfato di ammonio e ferro (II) consumati per il campione;
N = normalità della soluzione di solfato di ammonio e ferro (II) impiegata;
8000 = peso equivalente dell’ossigeno moltiplicato per 1000, per riferire il dato al volume di
un litro;
V = volume (mL) di campione usato per l’analisi.
Nel caso in cui si utilizzi la procedura A per campioni con Cl-compreso nell’intervallo 10006000
mg/L e il COD sperimentale risulti compreso tra 100 e 200 mg/L sottrarre al valore
sperimentale trovato un termine correttivo di 20 unità.
Invece, nel caso in cui si utilizzi la procedura B sottrarre al valore di COD sperimentale calcolato
con la formula sopra specificata il valore del termine correttivo relativo al cloro gassoso
sviluppato, ottenuto seguendo le modalità descritte al Sottoparagrafo (7.3.2).
9. Qualità del dato
Prove effettuate su 5 repliche di soluzioni contenenti idrogenoftalato di potassio a concentrazioni
note comprese rispettivamente tra 160 e 200 mg/L e cloruri a concentrazioni comprese
tra 100 e 1000 mg/L hanno fornito valori del coefficiente di variazione, CV (%) = (scarto
tipo/valore medio)·100, inferiori all’11%.
Prove eseguite con il metodo Baumann (7.3.2) su soluzioni sintetiche di idrogenoftalato di potassio
nel campo di concentrazioni 100-200 mg COD/L, in presenza di diverse concentrazioni
di cloruri (2000-20000 mg/L), hanno mostrato valori del coefficiente di variazione inferiori
al 15% e valori di accuratezza entro il 12%, in entrambe le condizioni sperimentali specificate
al Sottoparagrafo 7.3.1 (procedure A1 e A2).
Si procede periodicamente al controllo del metodo analizzando, secondo il procedimento
(7.1), una soluzione contenente 0,4251 g/L di idrogenoftalato di potassio (C8H5KO4), (6.10),
previamente essiccato a 105°C. Parallelamente si effettua una prova in bianco sempre secondo
il procedimento (7.1).
La richiesta chimica di ossigeno di questa soluzione è di 500 mg/L e la prova viene considerato
soddisfacente se il recupero è almeno pari al 96% del valore teorico. Analoghi controlli
possono essere eseguiti utilizzando soluzioni più diluite di idrogenoftalato di potassio.
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COD test”, Wat. Res., 26, (1), 107-110.
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5140. Solventi organici aromatici
Introduzione
I solventi aromatici sono i composti a minor peso molecolare e maggiormente volatili appartenenti
alla classe degli idrocarburi aromatici. I composti più rappresentativi sono: benzene,
toluene, etilbenzene, o-, m- e p-xilene, iso ed n-propilbenzene, stirene. Tali composti risultano
particolarmente tossici ed il loro uso è regolato per legge. L’inquinamento da solventi organici
aromatici deriva dal loro impiego in campo industriale e dall’uso di prodotti petroliferi
(in particolare benzine). La loro diffusione nell’ecosistema acquatico è legata a perdite che
si possono verificare durante le fasi di trasporto e stoccaggio di prodotti derivati dal petrolio.
Analogamente a quanto osservato per i solventi clorurati, la contaminazione da solventi aromatici
interessa più facilmente le falde acquifere rispetto ai corpi idrici superficiali. A differenza
dei primi, tuttavia, i solventi aromatici hanno una densità inferiore ed una viscosità superiore
a quella dell’acqua che rendono meno favorito il loro movimento verticale verso le falde.
1. Principio del metodo
Il metodo prevede la determinazione dei solventi organici aromatici in campioni acquosi mediante
gascromatografia accoppiata a: a) spazio di testa statico (HS); b) spazio di testa dinamico
(“Purge & trap”). Soltanto i composti scarsamente solubili in acqua, relativamente volatili,
tendono ad occupare lo spazio di testa e quindi possono essere trasferiti nel gascromatografo;
in tal modo è possibile minimizzare eventuali interferenze e/o contaminazioni della
colonna gascromatografica e del rivelatore.
1.1 Spazio di testa statico
L’analisi in spazio di testa statico consiste nell’analisi della fase vapore del campione, in equilibrio
con la fase liquida, in una fiala (“vial”) riscaldata a temperatura costante. La distribuzione
dei composti organici tra le due fasi dipende dalla temperatura, dalla tensione di vapore
dei singoli composti, dall’influenza della matrice del campione sui coefficienti di attività
degli analiti e dal rapporto tra il volume dello spazio di testa e il volume di liquido nella fiala.
Anche l’aggiunta di un sale solubile fino a saturazione può influire su detta distribuzione.
Nel metodo proposto il campione acquoso, prelevato direttamente dal recipiente utilizzato per
il prelievo, viene introdotto in fiale di adeguato volume che vengono chiuse ermeticamente e
poste in termostato ad una temperatura e per un tempo definiti; un certo volume di fase vapore
viene quindi iniettato in un gascromatografo munito di una colonna contenente una fase
stazionaria di media polarità e di un rivelatore a ionizzazione di fiamma di idrogeno (FID).
L’identificazione degli idrocarburi aromatici presenti è fatta in base ai tempi di ritenzione dei
diversi picchi, avendo cura di mantenere costante la portata del gas di trasporto e badando
all’accuratezza delle temperature del forno individuate per l’analisi.
Le determinazioni quantitative si basano sul confronto fra le aree dei picchi ottenuti iniettando
il campione e le aree dei picchi prodotti da soluzioni di taratura.
1.2 Spazio di testa dinamico
L’analisi in spazio di testa dinamico, proposta in alternativa, consente di raggiungere eleva
789
COSTITUENTI ORGANICI
te sensibilità. Il metodo prevede l’estrazione dalla matrice acquosa di sostanze organiche volatili,
con bassa solubilità in acqua, mediante il gorgogliamento di un gas inerte in un determinato
volume di campione. I composti così estratti vengono intrappolati in un apposito materiale
adsorbente. Terminata l’estrazione, la trappola viene riscaldata e gli analiti sono trascinati
da un flusso di gas inerte in testa alla colonna cromatografica, separati e quindi rivelati
da un rivelatore FID oppure da uno più selettivo quale quello a fotoionizzazione (PID),
sensibile ai legami multipli. Successivamente gli analiti vengono identificati mediante i tempi
di ritenzione e quantificati in modo del tutto analogo al metodo precedente.
Con opportune scelte tecniche (vedi Appendice), il sistema analitico può essere reso idoneo
alla determinazione contemporanea di “solventi organici aromatici” e “solventi clorurati”.
2. Campo di applicazione
Il metodo descritto, nelle due diverse modalità, consente la determinazione di benzene, toluene,
xileni, etilbenzene, iso ed n-propilbenzene, stirene in acque di scarico e superficiali.
Il metodo statico è utilizzabile per concentrazioni di ciascuno dei composti sopra elencati a
partire da 10 µg/L. Per taluni composti, in particolari condizioni strumentali è possibile rilevare
concentrazioni anche inferiori a 0,1 µg/L. Il metodo dinamico è in grado di rivelare concentrazioni
di 0,1 µg/L di ogni singolo idrocarburo aromatico. Per la sua elevata sensibilità
questo metodo è applicabile anche alle acque sotterranee.
3. Interferenze e cause di errore
Composti organici diversi dagli idrocarburi aromatici sopra elencati possono avere tempi di
ritenzione coincidenti con quelli dei composti in esame. I loro effetti non possono essere evitati
o ridotti, come accade nel caso dei rivelatori selettivi, a causa del principio di funzionamento
del rivelatore usato che è di tipo universale. Per eliminare tali effetti è necessario introdurre
i campioni in due o più colonne di diversa polarità.
Le colonne capillari consentono di ottenere, generalmente, una buona sensibilità ed affidabilità
nella determinazione degli analiti in oggetto. L’uso di tali colonne con annessa precolonna
permette infatti una buona separazione dei picchi delle sostanze da analizzare da quelli
delle sostanze interferenti. La separazione può essere migliorata aumentando la lunghezza
della colonna, con conseguente allungamento dei tempi di analisi. Sarà opportuno trovare il
miglior compromesso tra risoluzione, durata dell’analisi e sensibilità.
La presenza di composti altobollenti parzialmente coestratti può creare difficoltà durante l’analisi
allungandone sensibilmente i tempi. Per rimuovere detti composti è necessario elevare
la temperatura della colonna cromatografica fino al valore massimo consentito dalla fase stazionaria
impiegata e attendere che la linea di base si stabilizzi prima di passare al raffreddamento
del forno e all’introduzione del campione successivo.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il campionamento dell’acqua da analizzare deve essere effettuato in accordo con quanto previsto
dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”. Si consiglia l’uso di bottiglie di vetro,
chiuse con un tappo a smeriglio di vetro, accuratamente pulite per evitare contaminazioni del
campione e risciacquate con l’acqua da analizzare immediatamente prima dell’uso. Non filtrare
l’acqua ed evitare ogni operazione che faciliti il degasaggio dei composti organici volatili
disciolti.
Riempire la bottiglia fino all’orlo e tappare subito evitando di lasciare spazi gassosi nei quali
possano passare i composti più volatili che andrebbero perduti all’apertura della bottiglia,
fornendo risultati in difetto.
Le analisi devono essere effettuate al più presto e in ogni caso non oltre 48 ore dal prelievo,
conservando il campione in frigorifero a 4°C nel periodo d’attesa.
COSTITUENTI ORGANICI
5. Apparecchiature
5.1 Bottiglie di vetro per la raccolta del campione con tappo a tenuta (capacità almeno
100 mL).
5.2 Flaconcini di vetro (“vials”) adatti per la tecnica in spazio di testa statico, di idonea
capacità, con tappo con ghiera di alluminio e guarnizione in silicone teflonata, a chiusura ermetica.
5.3 Matracci o palloni tarati di vario volume per la preparazione e la diluizione delle soluzioni
a concentrazione nota dei diversi idrocarburi aromatici e per la preparazione delle
soluzioni di riferimento per la taratura.
5.4 Pipette tarate di vario volume a doppia tacca, classe A.
5.5 Spatola d’acciaio per pesate di sostanze solide.
5.6 Microsiringhe per liquidi da 10 µL, 50 µL, 250 µL.
5.7 Siringa per gas con ago sostituibile da 100-1000 µL (in assenza di autocampionatore).
5.8 Pinze per chiusura ed apertura delle “vials”.
5.9 Bilancia tecnica, risoluzione 0,1 g.
5.10 Bilancia analitica, risoluzione 0,1 mg.
5.11 Gascromatografo, dotato di un forno per le colonne di sufficiente capacità e di un rivelatore
a ionizzazione di fiamma di idrogeno ed eventualmente dotato di autocampionatore
idoneo a lavorare alla temperatura selezionata per la termostatazione. Le temperature di
iniettore, forno e rivelatore debbono essere controllabili in modo indipendente.
5.12 Colonna cromatografica: capillare di vetro o silice fusa con fase stazionaria di media
polarità, di opportuna lunghezza e diametro interno; precolonna di pari diametro.
5.13 Termostato indipendente per campioni e soluzioni di riferimento, per i casi in cui il
gascromatografo non sia dotato di autocampionatore termostatato.
5.14 Elaboratore di dati cromatografici per la misura delle aree dei picchi ed eventualmente
per l’impiego di un metodo di taratura esterna o interna, con possibilità di stampa di
dati e cromatogrammi.
Per il metodo in spazio di testa dinamico oltre alla vetreria, microsiringhe, colonne ed accessori
cromatografici già indicati si ricorre a:
5.15 Siringhe monouso da 5 e 10 mL.
5.16 Campionatore “Purge and trap” manuale o automatico.
5.17 Trappola costituita da idoneo materiale adsorbente.
5.18 Gascromatografo dotato di rivelatore FID oppure a fotoionizzazione.
La vetreria e i materiali impiegati devono essere riservati alla procedura analitica in oggetto.
La vetreria di cui ai punti 5.1, 5.2, 5.3 dopo il lavaggio va trattata a 180-200°C per alme
791
COSTITUENTI ORGANICI
no 3 ore; i tappi e le guarnizioni vanno lavati in n-pentano e asciugati in stufa a 90°C. Le fiale
devono essere trattate di norma a 200°C per almeno 3 ore; nel caso di presenza di composti
altobollenti, le fiale andranno trattate a temperature superiori, anche 400°C, ed eventualmente
con miscela cromica. All’interno delle siringhe per campionamento gas deve essere
fatto passare un flusso di gas inerte dopo ogni iniezione.
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono essere puri per analisi e l’acqua utilizzata deve essere esente da sostanze
organiche.
6.1 Elio o idrogeno puro per gascromatografia, usato come gas di trasporto, eventualmente
passato attraverso una trappola a setacci molecolari tipo 5 A.
6.2 Idrogeno e aria puri per gascromatografia usati come combustibile e comburente per
il rivelatore a ionizzazione di fiamma di idrogeno, eventualmente purificati attraverso trappole
a setacci molecolari tipo 5 A.
6.3 Setacci molecolari tipo 5 A attivati a 350°C per alcune ore in corrente di gas inerte.
6.4 Cloruro di sodio (NaCl)
6.5 Alcol metilico (CH3OH)
6.6 Idrocarburi aromatici (benzene, toluene, etilbenzene, o-, m-, p–xilene, isopropilbenzene,
n-propilbenzene, stirene) di elevata purezza per la preparazione delle soluzioni di riferimento.
Verificare che ogni composto dia un solo picco cromatografico nelle condizioni di lavoro previste
per le soluzioni di riferimento. In considerazione della composizione molto variabile dei
campioni d’acqua da analizzare, è opportuno disporre anche di soluzioni di riferimento di
singoli composti oltre che delle miscele.
6.7 Trifluorobenzene, oppure 1-Cloro-2-Fluorobenzene, oppure altra sostanza idonea ad
essere usata quale riferimento interno per determinazioni sia di idrocarburi aromatici che di
composti organoalogenati.
7. Procedimento
7.1 Spazio di testa statico
7.1.1 Preparazione delle soluzioni concentrate (1 mg/mL di ciascun idrocarburo aromatico)
Per determinare le concentrazioni dei diversi idrocarburi aromatici presenti nel campione in
esame è consigliabile preparare soluzioni a concentrazione nota dei diversi composti in acqua
e applicare a queste la stessa tecnica di preparazione usata per campioni incogniti
(7.1.4). Pesare 100 mg di ciascun composto da dosare trasferendo con una microsiringa
un’aliquota della soluzione di riferimento commerciale in palloni tarati da 100 mL. Il volume
dell’aliquota da prelevare si può calcolare dal valore della densità del riferimento utilizzato.
L’accuratezza dei volumi prelevati viene verificata attraverso la pesata del singolo analita.
Portare a volume con metanolo (6.5) mescolando con cura. Queste soluzioni, conservate in
frigorifero, sono stabili un mese.
792
COSTITUENTI ORGANICI
7.1.2 Preparazione della soluzione mista (0,01 mg/mL di ciascun idrocarburo aromatico)
In un pallone tarato da 100 mL introdurre circa 80 mL di metanolo e aggiungere con una pipetta
1 mL di ciascuna delle soluzioni 7.1.1. Portare a volume con metanolo mescolando con
cura.
7.1.3 Preparazione della soluzione diluita (0,1 mg/L di ciascun idrocarburo aromatico)
In un pallone tarato da 100 mL introdurre circa 90 mL di acqua esente da sostanze organiche
e addizionare con una pipetta 1 mL della soluzione 7.1.2. Portare a volume mescolando
con cura. Questa soluzione acquosa deve essere preparata quotidianamente. A partire da
questa soluzione (o eventualmente da una di maggior concentrazione) preparare almeno tre
diverse soluzioni di taratura e ricavare le rette di taratura per i singoli composti.
7.1.4 Preparazione del campione
Introdurre un idoneo volume di campione (generalmente da 5 a 15 mL) in una “vial” da 10
mL o 20 mL, in modo che il volume di liquido sia circa 3/4 del totale, prelevandola direttamente
dal recipiente utilizzato per il prelievo; saturare con cloruro di sodio, chiudere la “vial”
ermeticamente e agitare vigorosamente per favorire la dissoluzione del sale; termostatare alla
temperatura e per il tempo predeterminati.
7.1.5 Analisi
Analizzare almeno tre soluzioni di riferimento, seguendo la procedura indicata in (7.1.4) per
la preparazione del campione e applicando le condizioni riportate in Tab. 1. Tali condizioni
hanno carattere esemplificativo e potranno essere ottimizzate dagli operatori in funzione della
strumentazione disponibile e della matrice analizzata.
Eseguire l’analisi dei campioni preparati seguendo la procedura (7.1.4) applicando le stesse
condizioni operative utilizzate per la costruzione delle curve di taratura. Identificare i diversi
composti presenti nel campione confrontando i tempi di ritenzione dei picchi presenti nei cromatogrammi
del campione e delle soluzioni di riferimento, acquisiti nelle stesse condizioni
cromatografiche. Misurare le aree di ciascun picco nei cromatogrammi ottenuti e calcolare la
concentrazione di ciascun idrocarburo aromatico tramite confronto con le rette di taratura.
Tabella 1: Condizioni operative tipiche per l’analisi mediante spazio di testa statico
Temperatura campione 80°C
Tempo di termostatazione 20 minuti
Temperatura iniettore 200-250°C
Volume iniettato della fase vapore 100 µL (manualmente o mediante autocampionatore)
Verificare giornalmente, utilizzando almeno due soluzioni di riferimento diverse, che i risultati
ottenuti siano entro la variabilità analitica definita al Paragrafo (9.1).
Tale metodo (riferimento esterno) presuppone la possibilità di introdurre quantità di campione
molto esatte o comunque molto riproducibili (si presta pertanto all’uso di autocampionatori).
In caso contrario è opportuno usare la tecnica del riferimento interno. In tal caso, addizionare
alle soluzioni di riferimento e ad ogni campione una soluzione di riferimento internoin concentrazione tale da avere un picco di area apprezzabile. È necessario un dosaggio del
volume di riferimento interno estremamente riproducibile al fine di ottenere la medesima concentrazione
in tutte le soluzioni.
Un esempio di cromatogramma di una soluzione mista di riferimento (20 µg/L, per ciascun
analita) ottenuto con l’analisi mediante spazio di testa statico è riportato in Fig. 1.
7.2 Spazio di testa dinamico
793
COSTITUENTI ORGANICI
7.2.1 Preparazione delle soluzioni di riferimento
Preparare una soluzione in metanolo contenente 0,2 mg/mL di ciascun idrocarburo aromatico
da dosare. Tale soluzione, conservata a 4°C, è stabile un mese. Dalla soluzione precedente
preparare una soluzione intermedia di 2 mg/L in metanolo, a partire dalla quale preparare
almeno tre differenti soluzioni, in acqua, con cui allestire idonee rette di taratura per ogni
composto. Esempio di concentrazioni utilizzabili per la taratura: 0,5 mg/L; 5 mg/L; 20 mg/L.
Dette soluzioni vanno preparate al momento dell’uso.
7.2.2 Analisi
Le soluzioni di riferimento (almeno tre) e i campioni incogniti vengono introdotti direttamente,
o mediante autocampionatore, nel dispositivo “Purge and trap” in volume opportuno, generalmente
variabile da 5 mL a 10 mL. Applicare le condizioni riportate in Tab. 2. Tali condizioni
hanno carattere esemplificativo e potranno essere ottimizzate dagli operatori in funzione
della strumentazione disponibile e della matrice analizzata.
Figura 1: Gascromatogramma di una soluzione mista di riferimento (20 µµg/L, per ciascun analita) analizzata con lo
spazio di testa statico. Condizioni gascromatografiche. Precolonna di silice fusa senza fase, di pari diametro della
colonna analitica; colonna gascromatografica: DB WAX, lunghezza: 30 m, diametro interno (i.d.)=0,32 mm, spes-
sore film minimo=0,25 µµm; temperatura iniettore: 250°C; temperatura del rivelatore (FID): 270°C; gas di trasporto:
elio o idrogeno puri per gascromatografia; Programma di temperatura - TEMP1: 40°C; TIME1: 2 minuti; RATE1:
5°C/min; TEMP2: 100°C; TIME2: 0 minuti; RATE2: 10°C/min; TEMP3: 160°C; TIME3: 0 minuti.
1=benzene; 2=toluene; 3=etilbenzene; 4=p-xilene; 5=m-xilene; 6=cumene; 7=o-xilene; 8=n-propilbenzene; 9=stirene.
Identificare i diversi composti presenti nel campione confrontando i tempi di ritenzione dei
picchi presenti nei cromatogrammi del campione e delle soluzioni di riferimento. Il campione
e le soluzioni di riferimento devono essere iniettati nelle stesse condizioni. Misurare le aree di
COSTITUENTI ORGANICI
Tabella 2: Condizioni operative tipiche per l’analisi mediante spazio di testa dinamico
Temperatura iniziale trappola
Una temperatura bassa (meglio se <0°C, comunque
non >25°C) garantisce una migliore possibilità di
intrappolamento per gli analiti, soprattutto quelli più
volatili.
“Purge”
In questa fase il gas passa attraverso il campione,
contenuto in apposita ampolla, e gorgoglia alcuni
minuti trasferendo gli analiti alla trappola; tempo
di gorgogliamento consigliato: 12 minuti; flusso
40 mL/min.
“Dry purge”
Serve a rimuovere l’acqua o l’eventuale umidità dalla
trappola.
Durata: circa un minuto.
“Desorb preheat”
È usato per riscaldare la trappola ad alta temperatura
in modo che gli analiti vengano rilasciati
dall’adsorbente: in questa fase non vi è flusso di gas;
temperatura consigliata 230°C.
Desorbimento
Gli analiti vengono desorbiti dalla trappola dal gas di
trasporto e trasferiti al gascromatografo: in questa fase,
della durata di circa 4 minuti, la temperatura consigliata
è di 250°C.
Pulizia
In questa fase, in cui il gas passa attraverso il sistema
per rimuovere eventuali residui di analiti e tracce di
umidità rimaste nel sistema, la trappola è portata ad alta
temperatura (280°C o superiore) per un tempo di
almeno 15 minuti. Dopo questa fase si ritorna alle
condizioni di “stand by”.
Trappola Tenax oppure carbone o altri materiali adsorbenti o loro
miscele.
Gas di “make up”
Elio (30 mL/min).
ciascun picco nei cromatogrammi ottenuti e calcolare la concentrazione di ciascun idrocarburo
aromatico tramite confronto con le rette di taratura.
Verificare giornalmente, utilizzando almeno due soluzioni di riferimento diverse, che i risultati
ottenuti siano entro la variabilità analitica definita al Paragrafo (9.2).
Tale metodo (riferimento esterno) presuppone la possibilità di introdurre quantità di campione
molto esatte o comunque molto riproducibili (si presta pertanto all’uso di autocampionatori).
In caso contrario è opportuno usare la tecnica del riferimento interno. In tal caso, addizionare
alle soluzioni di riferimento e ad ogni campione una soluzione di riferimento internoin concentrazione tale da avere un picco di area apprezzabile. È necessario un dosaggio del
volume di riferimento interno estremamente riproducibile al fine di ottenere la medesima concentrazione
in tutte le soluzioni.
Un esempio di cromatogramma di una soluzione mista di riferimento (2 µg/L, per ciascun
analita) ottenuto con l’analisi mediante spazio di testa dinamico è riportato in Fig. 2.
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 2: Gascromatogramma di una soluzione mista di taratura (2 µ
µµg/L, per ciascun analita) analizzata con lo spazio
di testa dinamico. Condizioni gascromatografiche. Precolonna: di silice fusa senza fase, di pari diametro della
colonna analitica; colonna gascromatografica: DB 624; lunghezza: 75 m; diametro interno (i.d.): 0,53 mm; temperatura
del rivelatore (PID): 250°C; gas di trasporto: elio o idrogeno puri per gascromatografia; Programma di temperatura
- TEMP1: 37°C; TIME1: 8 minuti; RATE1: 10°C/min; TEMP2: 160°C; TIME2: 12 minuti; RATE2: 20°C/min;
TEMP3: 200°C; TIME3: 5,7 minuti.
1=benzene; 2=toluene; 3=etilbenzene; 4=p-xilene; 5=m-xilene; 6=cumene; 7=o-xilene; 8=n-propilbenzene; 9=stirene.
8. Calcoli
8.1 Metodo di taratura diretta o con riferimento esterno
Costruire le rette di taratura per i singoli analiti, accertandosi di operare nel campo linearità
dello strumento, riportando in grafico l’area del picco del composto (A) in funzione della concentrazione
del composto stesso ed interpolando i punti sperimentali con il metodo dei minimi
quadrati. Ricavare il coefficiente angolare (a) e l’intercetta (b) della retta di taratura.
La concentrazione incognita di ogni composto è data dalla relazione:
dove:
C = concentrazione (µg//L) del composto incognito;
A = area del picco dell’analita nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
COSTITUENTI ORGANICI
8.2 Metodo con riferimento interno
Nel caso in cui si utilizzi il riferimento interno, riportare in grafico il rapporto area picco composto/
area picco riferimento interno (A/Asi) in funzione della concentrazione del composto
stesso. La concentrazione incognita di ogni composto è data dalla relazione:
dove:
C = concentrazione (µg/L) del composto incognito;
A = area del picco dell’analita nella miscela incognita;
Asi = area del picco di riferimento interno nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
Accertarsi che la concentrazione del campione sia all’interno dell’intervallo di concentrazione
utilizzato per la curva di taratura.
9. Qualità del dato
9.1 Spazio di testa statico
Prove effettuate (n=5) da tre laboratori su soluzioni sintetiche di acqua deionizzata contenenti
20 µg/L di ciascun analita hanno fornito valori del coefficiente di variazione, CV(%) = (scarto
tipo/valore medio)·100, compresi tra 2,5% e 7,7% e recuperi tra il 91% e il 105%. Va tenuto
presente che la precisione e l’accuratezza di un metodo generalmente peggiorano al-
l’aumentare della complessità della matrice.
9.2 Spazio di testa dinamico
Prove effettuate (n=5) da cinque laboratori su soluzioni sintetiche di acqua deionizzata contenenti
2 µg/L di ciascun analita hanno fornito valori del coefficiente di variazione compresi tra
2,0% e 3,4% e recuperi tra l’87% e il 100%. Va tenuto presente che la precisione e l’accuratezza
di un metodo generalmente peggiorano all’aumentare della complessità della matrice.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
APPENDICE
A) Spazio di testa statico
Il sistema analitico può essere adattato alla contemporanea determinazione dei“solventi clo
797
COSTITUENTI ORGANICI
rurati”. Si può utilizzare un gascromatografo bicolonna, oppure operare una scelta accurata
di un’unica colonna di fase opportuna (ad esempio 94% metilpolisilossano e 6% cianopropilfenilpolisilossano),
un doppio rivelatore di cui uno selettivo per le sostanze alogenate (ECD)
ed uno universale (FID) e un sistema di elaborazione dati in grado di acquisire i dati da due
rivelatori contemporaneamente. Nel caso si utilizzino due colonne, gli analiti in ingresso al-
l’iniettore verranno ripartiti, dopo la precolonna e tramite “press-fit”, alle due diverse colonne
cromatografiche collegate ai due diversi rivelatori. In questo caso si ricorrerà all’iniezione
di un volume maggiore di campione.
Nel caso si utilizzi una sola colonna, il rivelatore FID verrà montato in parallelo all’ECD: un
partitore di flusso all’uscita della colonna cromatografica, suddividerà il flusso tra i due rivelatori
permettendo di analizzare anche campioni contenenti quantità elevate di composti clorurati
o di confermare sostanze per le quali il tempo di ritenzione non sia l’elemento univoco
di riconoscimento.
B) Spazio di testa dinamico
Utilizzando una colonna di lunghezza superiore alle normali capillari impiegate per spazio
di testa statico, e cioè da 75 m, e due rivelatori in parallelo, il rivelatore a fotoionizzazione
PID e l’ELCD, si può fare riferimento a metodiche in grado di determinare contemporaneamente
fino a 60 composti, tra idrocarburi aromatici e alogenoderivati.
BIBLIOGRAFIA
APHA, AWWA, WEF (1998): “Standard methods for the examination of water and wastewater”,
XX Ed., (Washington, APHA).
U.S. Environmental Protection Agency (1991): “Volatile organic compounds in water by purge
and trap capillary column gas cromatography with photoionization and electrolitic conductivity
detectors in series”. Method 502.2 in “Methods for the determination of organic compounds
in finishing drinking water and raw source water. U.S. Environmental Protection
Agency, Environmental Monitoring and Support Lab., Cincinnati, Ohio.
COSTITUENTI ORGANICI
5150. Solventi clorurati
Introduzione
I solventi clorurati fanno parte di una classe di composti organoalogenati ampiamente diffusi
nell’ambiente, con serie conseguenze sulla salute umana a causa della presunta o accertata
cancerogenicità di alcuni di questi (es. cloruro di vinile, cloroformio, tetraclorometano, 1,2dicloroetano).
L’inquinamento da solventi clorurati deriva dal loro massiccio impiego in campo
civile e industriale (sgrassaggio di superfici metalliche, smacchiatura di tessuti, lavorazione
di plastica, gomma, carta, produzione di aerosols, adesivi, vernici, sintesi di sostanze chimiche
tra le quali i fumiganti) e da operazioni di smaltimento improprio. A causa della scarsa
biodegradabilità di questi composti, gli effetti sull’ambiente di contaminanti sversati nel
passato sono tuttora presenti.
Per la loro volatilità, queste sostanze possono contaminare le acque superficiali essenzialmente
in prossimità dei siti di sversamento. Più facilmente interessano le falde acquifere, in
quanto la densità di questi composti, generalmente più alta di quella dell’acqua, e la viscosità
considerevolmente minore ne favoriscono il movimento verticale verso le falde. In numerose
di queste i livelli di concentrazione raggiunti hanno largamente compromesso l’utilizzo
della risorsa idrica.
È documentata, inoltre, la formazione di trialometani nei processi di disinfezione a seguito
della reazione del cloro attivo con gli acidi umici e con altre sostanze organiche presenti nelle
acque.
1. Principio del metodo
Il metodo prevede la determinazione di composti organoalogenati in campioni acquosi mediante
gascromatografia accoppiata a spazio di testa statico (HS) ed a spazio di testa dinamico
(“Purge & trap”). Soltanto i composti scarsamente solubili in acqua, relativamente volatili,
tendono ad occupare lo spazio di testa e quindi possono essere trasferiti nel gascromatografo;
in tal modo è possibile minimizzare eventuali interferenze e/o contaminazioni della
colonna gascromatografica e del rivelatore.
1.1 Spazio di testa statico
L’analisi in spazio di testa statico consiste nell’analisi della fase vapore del campione, in equilibrio
con la fase liquida, in una fiala (“vial”) riscaldata a temperatura costante. La distribuzione
dei composti organici tra le due fasi dipende dalla temperatura, dalla tensione di vapore
dei singoli composti, dall’influenza della matrice del campione sui coefficienti di attività
degli analiti e dal rapporto tra il volume dello spazio di testa e il volume di liquido nella fiala.
Anche l’aggiunta di un sale solubile fino a saturazione può influire su detta distribuzione.
Nel metodo proposto il campione acquoso, prelevato direttamente dal recipiente utilizzato per
il prelievo, viene introdotto in fiale di adeguato volume, che vengono chiuse ermeticamente e
poste in termostato ad una temperatura e per un tempo definiti. In condizioni operative tipiche,
100 µL di fase vapore sono iniettati iniettati in un gascromatografo munito di una colonna
contenente una fase stazionaria che consenta di isolare senza interferenze i diversi alogenoderivati
presenti e successivamente di tollerare temperature elevate per lo spurgo di eventuali
sostanze altobollenti coestratte.
La rivelazione dei composti è fatta con sorgente a 63Ni (rivelatore a cattura di elettroni o ECD),
799
COSTITUENTI ORGANICI
che possiede l’elevata sensibilità richiesta, elimina o riduce fortemente le interferenze da parte
dei composti che non contengono alogeni e sopporta le temperature necessarie per evitare condensazioni
di altobollenti eventualmente parzialmente coestratti. L’identificazione è fatta in base
ai tempi di ritenzione dei diversi picchi, avendo cura di mantenere costante la portata del gas
di trasporto e badando all’accuratezza delle temperature del forno individuate per l’analisi.
Il calcolo delle concentrazioni è fatto tramite confronto fra le aree dei picchi ottenuti iniettando
il campione e le aree dei picchi prodotti da soluzioni di riferimento.
1.2 Spazio di testa dinamico
L’analisi in spazio di testa dinamico, proposta in alternativa, consente di raggiungere elevate
sensibilità. Il metodo prevede l’estrazione dalla matrice acquosa di sostanze organiche volatili,
con bassa solubilità in acqua, mediante il gorgogliamento di un gas inerte in un determinato
volume di campione. I composti così estratti vengono intrappolati in un apposito materiale
adsorbente. Terminata l’estrazione, la trappola viene riscaldata e gli analiti sono trascinati
da un flusso di gas inerte in testa alla colonna cromatografica, separati e quindi rivelati
da un rivelatore ECD oppure dal rivelatore ELCD (o rivelatore a effetto Hall). La risposta
di quest’ultimo è indipendente, a differenza di quella del primo, dal numero di alogeni presenti
nella molecola. Successivamente gli analiti vengono identificati mediante i tempi di ritenzione
e quantificati in modo del tutto analogo al metodo precedente.
La disponibilità di un rivelatore di massa permette un ulteriore più sicura identificazione degli
analiti.
Con opportune scelte tecniche (vedi Appendice), il sistema analitico può essere reso idoneo
alla determinazione contemporanea di “solventi organici aromatici” e “solventi clorurati”.
2. Campo di applicazione
Il metodo descritto, nelle due diverse modalità, consente la determinazione in acque di scarico
e superficiali dei composti riportati in Tab. 1.
Tabella 1: Sostanze determinate
Il metodo può essere esteso anche ad altri
composti alogenati che abbiano punti di
vinilcloruro
ebollizione comparabili quali, ad esempio, il
cloroformio
clorodibromometano, il diclorobromometa
1,1,1-tricloroetano
no e il bromoformio.
tetraclorometano
Il metodo dinamico si presta anche alla de
tricloroetilene
terminazione di composti più altobollenti
tetracloroetilene
quali l’1,2,4-triclorobenzene e l’esacloro
1,1-dicloroetilene
butadiene.
1,2-dicloroetano
Nel metodo statico le caratteristiche del ri
cis- e trans-dicloroetilene
velatore impiegato (ECD), sensibile al nu
1,2-dicloropropano
mero di alogeni presenti nella molecola,
1,1,2-tricloroetano
condiziona il campo di applicazione del
1,1,2,2-tetracloroetano
metodo. Infatti, mentre i composti plurialogenati
sono generalmente rivelabili anche
in concentrazioni molto basse (a partire da 0,1 µg/L), i composti meno alogenati hanno limiti
di rivelabilità sensibilmente superiori (anche in questo caso variabili da composto a composto
e che possono arrivare a qualche decina di µg/L).
Il metodo dinamico è in grado di rivelare concentrazioni di 0,1 µg/L per ogni singolo analita
(in qualche caso anche inferiori). Per la sua elevata sensibilità questo metodo è applicabile
anche alle acque sotterranee.
COSTITUENTI ORGANICI
3. Interferenze e cause di errore
Il rivelatore selettivo a cattura di elettroni minimizza gli effetti di sostanze interferenti. Le colonne
capillari consentono di ottenere, generalmente, una buona sensibilità ed affidabilità
nella determinazione degli analiti in oggetto. L’uso di tali colonne con annessa precolonna
permette infatti una buona separazione dei picchi delle sostanze da analizzare da quelli delle
sostanze interferenti. La separazione può essere migliorata aumentando la lunghezza della
colonna, con conseguente allungamento dei tempi di analisi.
La presenza di composti altobollenti parzialmente coestratti può creare difficoltà durante l’analisi
allungandone sensibilmente i tempi. Per rimuovere tali composti è necessario elevare la
temperatura della colonna cromatografica fino al massimo valore consentito dalla fase stazionaria
impiegata e attendere che la linea di base si stabilizzi prima di passare al raffreddamento
del forno e all’introduzione del campione successivo.
La presenza di cloro libero residuo nelle acque, proveniente da trattamenti di disinfezione,
può alterare sensibilmente i risultati analitici a causa della possibile formazione di trialometani.
La presenza di cloro può essere ridotta mediante l’aggiunta di piccole quantità di un riducente
al momento del campionamento (ad esempio tiosolfato di sodio).
4. Campionamento e conservazione del campione
Il campionamento dell’acqua da analizzare deve essere effettuato in accordo con quanto previsto
dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”. Si consiglia, inoltre, l’uso di bottiglie
di vetro, chiuse con un tappo a smeriglio di vetro, accuratamente pulite per evitare contaminazioni
del campione e risciacquate con l’acqua da analizzare immediatamente prima del-
l’uso. Non filtrare l’acqua ed evitare ogni operazione che faciliti il degasaggio dei composti
organici volatili disciolti.
Riempire la bottiglia fino all’orlo e tappare subito, evitando di lasciare spazi gassosi nei quali
possano passare i composti più volatili che andrebbero perduti all’apertura della bottiglia
fornendo risultati in difetto.
Le analisi devono essere effettuate al più presto e in ogni caso non oltre 48 ore dal prelievo,
conservando il campione in frigorifero a 4°C nel periodo d’attesa.
5. Apparecchiature
5.1 Bottiglie di vetro per la raccolta del campione, con tappo a tenuta (capacità almeno
100 mL).
5.2 Camera ermetica a guanti, di dimensioni appropriate per manipolazione di riferimenti
e campioni.
Nella determinazione dei solventi organici clorurati nelle acque di scarico le quantità in gioco sono
spesso tali per cui si può evitare l’uso della camera a guanti e limitarsi semplicemente a porre
attenzione all’eventuale presenza di organoalogenati dispersi nell’atmosfera del laboratorio dove
si estraggono i campioni. Preparare le soluzioni di riferimento sotto una cappa ben ventilata. A
causa della loro tossicità utilizzare gli idonei dispositivi di protezione individuali (ad es. respiratore)
quando si usano questi composti allo stato puro.
5.3 Flaconcini di vetro (“vials”), adatti per la tecnica in spazio di testa statico, di idonea capacità
(10-20 mL), con tappo con ghiera di alluminio e guarnizione in silicone teflonata, a chiusura
ermetica.
5.4 Matracci o palloni tarati di vario volume, per la preparazione e la diluizione delle soluzioni
a concentrazione nota dei diversi composti organoalogenati e per la preparazione
delle soluzioni di riferimento per la taratura.
801
COSTITUENTI ORGANICI
5.5 Pipette tarate di vario volume, a doppia tacca, classe A.
5.6 Spatola d’acciaio per pesate di sostanze solide.
5.7 Microsiringhe per liquidi da 10 µL, 50 µL, 250 µL.
5.8 Siringa per gas con ago sostituibile da 100-1000 µL (in assenza di autocampionatore).
5.9 Pinze per chiusura ed apertura vials.
5.10 Bilancia tecnica, risoluzione 0,1 g.
5.11 Bilancia analitica, risoluzione 0,1 mg.
5.12 Gascromatografo, dotato di un forno per le colonne di sufficiente capacità e di un rivelatore
a cattura di elettroni ed eventualmente dotato di autocampionatore idoneo a lavorare
alla temperatura selezionata per la termostatazione. Le temperature di iniettore, forno e rivelatore
debbono essere controllabili in modo indipendente.
5.13 Colonna cromatografica: capillare di vetro o silice fusa con fase stazionaria di media
polarità, di opportuna lunghezza e diametro interno; precolonna di pari diametro.
5.14 Termostato indipendente per campioni e soluzioni di riferimento, nei casi in cui il gascromatografo
non sia dotato di autocampionatore termostatato.
5.15 Elaboratore di dati cromatografici per la misura delle aree dei picchi ed eventualmente
per l’impiego di un metodo di taratura con riferimento esterno o interno, con possibilità
di stampa di dati e cromatogrammi.
Per il metodo in spazio di testa dinamico oltre alla vetreria, microsiringhe, colonne ed accessori
cromatografici già indicati si ricorre a:
5.16 Siringhe monouso da 5 e 10 mL.
5.17 Campionatore “Purge and trap” manuale o automatico.
5.18 Trappola costituita da idoneo materiale adsorbente.
5.19 Gascromatografo dotato di rivelatore ECD oppure ELCD.
La vetreria e i materiali impiegati devono essere riservati alla procedura analitica in oggetto.
La vetreria di cui ai punti 5.1, 5.3, 5.4 dopo il lavaggio va trattata a 180-200°C per almeno
3 ore e raffreddata prima dell’uso; i tappi e le guarnizioni lavati in n-pentano e asciugati
in stufa a 90°C. Le fiale devono essere trattate a 200°C per almeno 3 ore; nel caso di riscontro
di composti altobollenti, le fiale andranno trattate a temperature superiori, anche
400°C, ed eventualmente con miscela cromica. Far passare un gas inerte attraverso le siringhe
per campionamento gas dopo ogni iniezione.
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono essere puri per analisi e l’acqua utilizzata deve essere esente da sostanze
organiche.
6.1 Elio o idrogeno puro per gascromatografia, usato come gas di trasporto, eventualmente
passato attraverso una trappola a carbone attivo e una trappola a setacci molecolari
802
COSTITUENTI ORGANICI
tipo 5A. Un’ulteriore purificazione può essere fatta tramite passaggio in una trappola per l’eliminazione
delle tracce d’ossigeno.
6.2 Carbone attivo per l’eliminazione delle impurezze gassose o allo stato di vapore. Va
conservato in modo da proteggerlo dall’adsorbimento di impurezze presenti nell’ambiente del
laboratorio.
6.3 Setacci molecolari tipo 5A attivati a 350°C per alcune ore in corrente di gas inerte.
6.4 Cloruro di sodio (NaCl)
6.5 Alcol metilico (CH3OH)
6.6 Tiosolfato di sodio (Na2S2O3)
6.7 Composti alogenati di elevata purezza per la preparazione delle soluzioni di riferimento.
Verificare che ogni composto dia un solo picco cromatografico nelle condizioni di lavoro
previste per le soluzioni di riferimento. In considerazione della composizione molto variabile
dei campioni d’acqua da analizzare, è opportuno disporre anche di soluzioni di riferimento
di singoli composti oltre che delle miscele.
6.8 Trifluorobenzene, oppure 1-Cloro-2-Fluorobenzene, oppure altra sostanza idonea ad
essere usata quale riferimento interno per determinazioni sia di composti organoalogenati
che di idrocarburi aromatici.
6.9 Alcol n-Propilico (per spazio di testa dinamico con rivelatore ELCD).
7. Procedimento
7.1 Spazio di testa statico
7.1.1 Preparazione delle soluzioni concentrate (10 mg/mL di ciascun composto organoalogenato)
Per determinare le concentrazioni dei diversi composti organoalogenati presenti nel campione
in esame è consigliabile preparare soluzioni a concentrazione nota dei diversi composti in acqua
e applicare a queste la stessa tecnica di preparazione usata per campioni incogniti (7.1.3).
Pesare 100 mg di ciascun composto da dosare trasferendo con una microsiringa un’aliquota
dello standard commerciale in palloni tarati da 10 mL contenenti alcuni millilitri di alcol metilico
(6.5), in modo da limitare l’evaporazione del composto (*).
Il volume dell’aliquota da prelevare si può calcolare dal valore della densità del riferimento
utilizzato. Portare a volume con alcol metilico (6.5) mescolando con cura. Queste soluzioni,
conservate in frigorifero, sono stabili un mese.
7.1.2 Preparazione delle soluzioni di riferimento
Preparare una soluzione in metanolo contenente 0,2 mg/mL di ciascun composto organoalogenato
da dosare, partendo dalle soluzioni concentrate singole (7.1.1) oppure da soluzioni
disponibili in commercio. Tale soluzione, conservata a 4°C, è stabile un mese. Dalla soluzione
precedente preparare una soluzione intermedia di 2 mg/L in metanolo e da questa,
(*) La scarsa stabilità delle soluzioni concentrate e la necessità di procedere alla ripreparazione delle stesse una volta al mese
suggerisce di preparare 10 mL (invece di 100 mL) di dette soluzioni al fine di minimizzare il volume di residui da smaltire.
Nel caso del cloruro di vinile, per evitare di applicare complesse procedure nella preparazione in condizioni di sicurezza
della soluzione concentrata a partire dal prodotto puro si ricorre all’utilizzo di soluzioni commerciali a concentrazione
nota dell’analita in metanolo.
COSTITUENTI ORGANICI
mediante diluizioni successive, almeno tre soluzioni di taratura, in acqua, a differenti concentrazioni.
Le concentrazioni verranno scelte in modo che il livello più basso coincida con il
limite di quantificazione(*) e gli altri due cadano all’interno del campo di linearità delle misure.
Le concentrazioni dei singoli analiti destinati all’analisi con rivelatore ECD saranno diversificate
in base al loro grado di alogenazione e, conseguentemente, al loro grado di rive-
labilità (vedi Capitolo 2). Dette soluzioni vanno preparate al momento dell’uso.
7.1.3 Preparazione del campione
Introdurre un idoneo volume di campione (generalmente da 5 a 15 mL) in una “vial” da 10
o 20 mL, in modo che il volume di liquido sia circa i 3/4 del totale, prelevandola direttamente
dal recipiente utilizzato per il prelievo. L’aggiunta di un sale (cloruro di sodio) fino a saturazione
può favorire il trasferimento degli analiti in fase vapore. In tal caso agitare vigorosamente
per favorire la dissoluzione del sale. Chiudere, quindi, la “vial” ermeticamente e termostatare
alla temperatura e per il tempo predeterminati.
7.1.4 Analisi
Analizzare almeno tre soluzioni di riferimento, seguendo la procedura indicata in (7.1.3) per
la preparazione del campione e applicando le condizioni riportate in Tab. 1. Tali condizioni
hanno carattere esemplificativo e potranno essere ottimizzate dagli operatori in funzione della
strumentazione disponibile e della matrice analizzata.
Tabella 1: Condizioni operative tipiche per l’analisi mediante spazio di testa statico
Temperatura campione 80 °C
Tempo di termostatazione 20 minuti
Temperatura iniettore 200-250 °C
Volume iniettato della fase vapore 100 µL (manualmente o mediante autocampionatore)
Eseguire l’analisi dei campioni preparati seguendo la procedura (7.1.3) applicando le stesse
condizioni operative utilizzate per la costruzione delle curve di taratura. Identificare i diversi
composti presenti nel campione confrontando i tempi di ritenzione dei picchi presenti nel cromatogramma
del campione e delle soluzioni di taratura, acquisiti nelle stesse condizioni cromatografiche.
Misurare le aree di ciascun picco nei cromatogrammi ottenuti e calcolare la
concentrazione di ciascun composto organoalogenato tramite confronto con le rette di taratura.
Verificare giornalmente, utilizzando almeno due delle soluzioni di riferimento, che i risultati
ottenuti siano entro la variabilità analitica definita al Paragrafo (9.1).
Tale metodo (riferimento esterno) presuppone la possibilità di introdurre quantità di campione
molto esatte o comunque molto riproducibili (si presta pertanto all’uso di autocampionatori).
In caso contrario è opportuno usare la tecnica del riferimento interno. In tal caso, addizionare
alle soluzioni di riferimento e di controllo e ad ogni campione un riferimento internoin concentrazione tale da avere un picco di area apprezzabile. È necessario un dosaggio del
volume di riferimento interno estremamente riproducibile al fine di ottenere la medesima concentrazione
in tutte le soluzioni.
Un esempio di cromatogrammma di una soluzione per la taratura con concentrazioni dei singoli
analiti variabili a seconda del grado di clorurazione, ottenuto con l’analisi mediante spazio
di testa statico è riportato in Fig. 1.
(*) Per limite di quantificazione si intende la minima quantità rivelabile e calcolabile con accettabile precisione nelle condizioni
di prova e pertanto il valore minimo per il quale è possibile esprimere un risultato.
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 1: Gascromatogramma di una soluzione di riferimento analizzata con lo spazio di testa statico. Condizioni
gascromatografiche. Precolonna di silice fusa senza fase, di pari diametro della colonna analitica, colonna gascromatografica:
DB 624, lunghezza=30 m, diametro interno (i.d)=0,32 mm, spessore film minimo=1,8 µ
µµm; temperatura
iniettore: 250°C; temperatura del rivelatore (ECD): 350°C; gas di trasporto: elio o idrogeno puri per gascromatografia;
Programma di temperatura - TEMP1: 40°C; TIME1: 2 minuti; RATE1: 5°C/min; TEMP2: 100°C; TIME2: 0 minuti;
RATE2: 10°C/min; TEMP3: 160°C; TIME3: 0 minuti.
1=1,1-dicloroetilene (4 µ
µµg/L); 2=diclorometano (impurezza); 3=trans-1,2-dicloroetilene (100 µ
µµg/L); 4=cis-1,2-dicloroetilene
(100 µ
µµg/L); 5=cloroformio (2 µ
µµg/L); 6=1,1,1-tricloroetano (2 µ
µµg/L); 7=tetracloruro di carbonio (0,2 µ
µµg/L);
8=1,2-dicloroetano (100 µ
µµg/L); 9=tricloroetilene (2 µ
µµg/L); 10=1,2-dicloropropano (100 µ
µµg/L); 11=diclorobromometano
(2 µ
µµg/L); 12=1,1,2-tricloroetano (100 µ
µµg/L); 13=tetracloroetilene (2 µ
µµg/L); 14=clorodibromometano (2 µ
µµg/L);
15=1,1,1,2-tetracloroetano (2 µ
µµg/L); 16=bromoformio (4 µ
µµg/L); 17=1,1,2,2-tetracloroetano (4 µ
µµg/L).
7.2 Spazio di testa dinamico
7.2.1 Preparazione delle soluzioni di riferimento
Preparare una soluzione in metanolo contenente 0,2 mg/mL di ciascun composto organoalogenato
da dosare, partendo dalle soluzioni concentrate singole (7.1.1) oppure da soluzioni
disponibili in commercio. Tale soluzione, conservata a 4°C, è stabile un mese. Dalla soluzione
precedente preparare una soluzione intermedia di 2 mg/L in metanolo e da questa,
mediante diluizioni successive, almeno tre soluzioni di taratura, in acqua, a differenti concentrazioni.
Le concentrazioni verranno scelte in modo che il livello più basso coincida con il
limite di quantificazione (*) e gli altri due cadano all’interno del campo di linearità delle misure.
Le concentrazioni dei singoli analiti destinati all’analisi con rivelatore ECD saranno diversificate
in base al loro grado di alogenazione e, conseguentemente, al loro grado di rive-
labilità (vedi Capitolo 2). Dette soluzioni vanno preparate al momento dell’uso.
7.2.2 Analisi
Le soluzioni di riferimento (almeno tre) e i campioni incogniti vengono introdotti direttamen
(*) Per limite di quantificazione si intende la minima quantità rivelabile e calcolabile con accettabile precisione nelle condizioni
di prova e pertanto il valore minimo per il quale è possibile esprimere un risultato.
COSTITUENTI ORGANICI
te, o mediante autocampionatore, nel dispositivo “Purge and trap” in volume opportuno, generalmente
variabile da 5 mL a 10 mL. Applicare le condizioni riportate in Tab. 2. Tali condizioni
hanno carattere esemplificativo e potranno essere ottimizzate dagli operatori in funzione
della strumentazione disponibile e della matrice analizzata.
Identificare i diversi composti presenti nel campione confrontando i tempi di ritenzione dei picchi presenti
nei cromatogrammi del campione e delle soluzioni di riferimento, acquisiti nelle stesse condizioni
cromatografiche. Misurare le aree di ciascun picco nei cromatogrammi ottenuti e calcolare la
concentrazione di ciascun composto organoalogenato tramite confronto con le rette di taratura.
Verificare giornalmente, utilizzando almeno due delle soluzioni di riferimento, che i risultati
ottenuti siano entro la variabilità analitica definita al Paragrafo (9.2).
Tale metodo (riferimento esterno) presuppone la possibilità di introdurre quantità di campione
molto esatte o comunque molto riproducibili (si presta pertanto all’uso di autocampionatori).
In caso contrario è opportuno usare la tecnica del riferimento interno. In tal caso, addizionare
alle soluzioni di riferimento e di controllo e ad ogni campione una soluzione di riferimento
interno in concentrazione tale da avere un picco di area apprezzabile. È necessario
un dosaggio del volume di riferimento interno estremamente riproducibile al fine di ottenere
la medesima concentrazione in tutte le soluzioni.
Tab. 2 - Condizioni operative tipiche per l’analisi mediante spazio di testa dinamico
Temperatura iniziale trappola
Una temperatura bassa (meglio se <0°C, comunque
non >25°C) garantisce una migliore possibilità di
intrappolamento per gli analiti, soprattutto quelli più
volatili
“Purge”
In questa fase il gas passa attraverso il campione,
contenuto in apposita ampolla, e gorgoglia alcuni minuti
trasferendo gli analiti alla trappola; tempo di
gorgogliamento consigliato: 12 minuti; flusso 40 mL/min
“Dry purge” Serve a rimuovere l’acqua o l’eventuale umidità dalla
trappola. Durata: circa un minuto
“Desorb preheat”
È usato per riscaldare la trappola ad alta temperatura in
modo che gli analiti vengano rilasciati dall’adsorbente:
in questa fase non vi è flusso di gas; temperatura
consigliata 230°C
Desorbimento
Gli analiti vengono desorbiti dalla trappola dal gas di
trasporto e trasferiti al gascromatografo: in questa fase,
della durata di circa 4 minuti, la temperatura consigliata
è di 250°C
Pulizia
In questa fase, in cui il gas passa attraverso il sistema
per rimuovere eventuali residui di analiti e tracce di
umidità rimaste nel sistema, la trappola è portata ad alta
temperatura (280°C o superiore) per un tempo di
almeno 15 minuti. Dopo questa fase si ritorna alle
condizioni di “stand by”
Trappola Tenax oppure carbone o altri materiali adsorbenti o loro
miscele
Gas di reazione
Idrogeno (30 mL/min)
Gas di “make up”
Elio (30 mL/min)
Flusso alcol n-propilico:
0,5 mL/min
Un esempio di cromatogrammma di una soluzione di riferimento (2 µg/L per ciascun analita)
ottenuto con l’analisi mediante spazio di testa dinamico è riportato in Fig. 2.
8. Calcoli
8.1 Metodo di taratura diretta o con riferimento esterno
Costruire le rette di taratura per i singoli analiti, accertandosi di operare nel campo linearità
806
COSTITUENTI ORGANICI
Figura 2: Gascromatogramma di una soluzione di taratura (2 µ
µµg/L per ciascun analita) analizzata con lo spazio di
testa dinamico. Condizioni gascromatografiche. Precolonna di silice fusa senza fase, di pari diametro della colonna
analitica; colonna gascromatografica=DB 624; lunghezza: 75 m, diametro interno (i.d.)=0,53 mm, spessore film =
3 µ
µµm; temperatura del rivelatore (ELCD): 250°C; gas di trasporto: elio o idrogeno puri per gascromatografia;
Programma di temperatura - TEMP1: 37°C; TIME1: 8 minuti; RATE1: 10°C/min; TEMP2: 160°C; TIME2: 12 minuti;
RATE2: 20°C/min; TEMP3: 200°C; TIME3: 5,7 minuti.
1=1,1-dicloroetilene; 2=diclorometano; 3=trans-1,2-dicloroetilene; 4=cis-1,2-dicloroetilene; 5=cloroformio; 6=1,1,1tricloroetano;
7=tetracloruro di carbonio; 8=1,2-dicloroetano; 9=tricoloroetilene; 10=1,2-dicloropropano; 11=diclorobromometano;
12=1,1,2-tricloroetano; 13=tetracloroetilene; 14=clorodibromometano; 15=1,1,1,2-tetracloroetano;
16=bromoformio; 17=1,1,2,2-tetracloroetano; 18=1,2,4-triclorobenzene, 19=esaclorobutadiene.
dello strumento, riportando in grafico l’area del picco del composto (A) in funzione della concentrazione
del composto stesso ed interpolando i punti sperimentali con il metodo dei minimi
quadrati. Ricavare il coefficiente angolare (a) e l’intercetta (b) della retta di taratura.
La concentrazione incognita di ogni composto (C), espressa in µg/L, è data dalla relazione:
dove:
C = concentrazione (mg/L) dell’analita;
A = area del picco dell’analita nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
COSTITUENTI ORGANICI
8.2 Metodo con riferimento interno
Nel caso in cui si utilizzi il riferimento interno, riportare in grafico il rapporto area picco composto/
area picco riferimento interno (A/Asi) in funzione della concentrazione del composto
stesso. La concentrazione incognita di ogni composto, è data dalla relazione:
dove:
C = concentrazione (µg/L) dell’analita;
A = area del picco dell’analita nella miscela incognita;
Asi = area del picco del riferimento interno nella miscela incognita;
b = valore dell’intercetta della retta di taratura;
a = valore del coefficiente angolare della retta di taratura;
Vf = volume (mL) dell’estratto finale;
Vi = volume (mL) del campione acquoso.
Accertarsi che la concentrazione del campione sia all’interno dell’intervallo di concentrazione
utilizzato per la curva di taratura.
9. Qualità del dato
9.1 Spazio di testa statico
Prove effettuate da quattro laboratori su 5 repliche di soluzioni di acqua deionizzata contenenti
10 µg/L di ciascun analita hanno fornito valori del coefficiente di variazione, CV(%) =
(scarto tipo/valore medio)·100, compresi tra 2,2% e 10% e recuperi tra il 98% e il 102%. Va
tenuto presente che la precisione e l’accuratezza di un metodo generalmente peggiorano al-
l’aumentare della complessità della matrice.
9.2 Spazio di testa dinamico
Prove effettuate da tre laboratori su 5 repliche di soluzioni di acqua deionizzata contenenti 2
µg/L di ciascun analita hanno fornito valori del coefficiente di variazione compresi tra 2,4%
e 14,6% e recuperi tra l’86% e il 107%. Su soluzioni sintetiche contenenti 10 µg/L il coefficiente
di variazione era compreso tra 1,1% e 5,6% e il recupero tra l’84% e il 109%. Va tenuto
presente che la precisione e l’accuratezza di un metodo generalmente peggiorano al-
l’aumentare della complessità della matrice.
Nota: si consiglia ai laboratori di attivare, in accordo con le norme internazionali più recenti,
dei programmi di controllo formale sulla qualità dei dati prodotti. Ciò si può realizzare verificando
le proprie prestazioni attraverso analisi effettuate, ad intervalli regolari di tempo, su
materiali di riferimento certificati prodotti da organismi internazionali e su materiali di riferimento
non certificati (carte di controllo). Informazioni sul tipo di materiali certificati e sugli organismi
che li producono sono fornite nella Sezione 1040 “Qualità del dato analitico”.
Il materiale di riferimento non certificato va caratterizzato in termini di valore medio ed incertezza
ad esso associata, rispetto al quale si verificano gli scostamenti di misure giornaliere
condotte in parallelo con l’insieme dei campioni incogniti da determinare.
COSTITUENTI ORGANICI
APPENDICE
A) Spazio di testa statico
Il sistema analitico può essere adattato alla contemporanea determinazione dei“solventi aromatici”.
Si può utilizzare un gascromatografo bicolonna, oppure operare una scelta accurata
di un’unica colonna di fase opportuna (ad esempio 94% metilpolisilossano e 6% cianopropilfenilpolisilossano),
un doppio rivelatore di cui uno selettivo per le sostanze alogenate
(ECD) ed uno universale (FID) e un sistema di elaborazione dati in grado di acquisire i dati
da due rivelatori contemporaneamente. Nel caso si utilizzino due colonne, gli analiti in ingresso
all’iniettore verranno ripartiti, dopo la precolonna e tramite “press-fit”, alle due diverse
colonne cromatografiche collegate ai due diversi rivelatori. In questo caso si ricorrerà al-
l’iniezione di un volume maggiore di campione.
Nel caso si utilizzi una sola colonna, il rivelatore FID verrà montato in parallelo all’ECD: un
partitore di flusso all’uscita della colonna cromatografica, suddividerà il flusso tra i due rivelatori
permettendo di analizzare anche campioni contenenti quantità elevate di composti clorurati
o di confermare sostanze per le quali il tempo di ritenzione non sia l’elemento univoco
di riconoscimento.
B) Spazio di testa dinamico
Utilizzando una colonna di lunghezza superiore alle normali capillari impiegate per spazio
di testa statico, e cioè da 75 m, e due rivelatori in parallelo, il rivelatore a fotoionizzazione
PID e l’ELCD, si può fare riferimento a metodiche in grado di determinare contemporaneamente
fino a 60 composti, tra idrocarburi aromatici e alogenoderivati.
BIBLIOGRAFIA
APHA, AWWA, WEF (1998): “Standard methods for the examination of water and wastewater”,
XX Ed., (Washington, APHA).
U.S.EPA. (1991): “Volatile organic compounds in water by purge and trap capillary column
gas cromatography with photoionization and electrolitic conductivity detectors in series”.
Method 502.2 in “Methods for the determination of organic compounds in finishing drinking
water and raw source water”. U.S. Environmental Protection Agency, Environmental Monito-
ring and Support Lab., Cincinnati, Ohio.
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5160.
Sostanze oleose
(Grassi e oli animali e vegetali;
idrocarburi totali)
Introduzione
La presenza di oli e grassi animali e vegetali è rilevante negli effluenti dell’industria alimentare
(caseifici, mattatoi, oleifici, frantoi) e nei liquami di origine civile. Idrocarburi di origine
petrolifera si ritrovano negli scarichi di industrie petrolifere e petrolchimiche in concentrazioni
più o meno significative a seconda della tipologia del processo produttivo e dell’età degli
impianti. La loro presenza nei corpi idrici è legata per lo più a sversamenti accidentali.
Nella determinazione delle sostanze oleose totali, degli idrocarburi totali e dei grassi e oli animali
e vegetali non viene misurata la quantità assoluta di una sostanza specifica, bensì quella
di un gruppo di sostanze le cui caratteristiche di solubilità in un determinato solvente organico
sono simili.
Durante il procedimento di estrazione con solvente passano nella fase organica idrocarburi,
acidi grassi, trigliceridi, tensioattivi, oli e ogni altro composto estraibile con il solvente nelle
condizioni stabilite nel metodo. Da questa precisazione deriva che le definizioni di “sostanze
oleose totali”, “oli e grassi animali e vegetali” e “idrocarburi totali” dipendono dal metodo di
analisi impiegato.
Quando bisogna distinguere tra oli e grassi animali e vegetali e idrocarburi totali è necessario
operare nel modo seguente:
- effettuare la determinazione quantitativa delle sostanze oleose totali;
- effettuare la determinazione quantitativa degli idrocarburi totali;
-fare la differenza tra le rispettive concentrazioni di sostanze oleose totali e di
idrocarburi totali.
Il valore ottenuto rappresenta la concentrazione di oli e grassi animali e vegetali.
Vengono proposti due metodi, uno gravimetrico per acque fortemente inquinate (Metodo A)
ed uno spettrofotometrico all’infrarosso (Metodo B) per basse concentrazioni. Il solvente organico
utilizzato per l’estrazione è rappresentato da una miscela di n-esano (80%) e metiltert-
butiletere (20%) nel caso della determinazione gravimetrica, mentre per il metodo all’infrarosso
è indispensabile disporre di solventi che non assorbano nella regione di interesse.
Composti come tetracloroetilene, tetracloruro di carbonio e 1,1,2-triclorotrifluoroetano rispondono
al suddetto requisito ma il loro impiego costituisce un rischio a livello sanitario e/o
ambientale. Nel presente metodo si è scelto di ricorrere all’1,1,2-triclorotrifluoroetano in accordo
con quanto previsto da altre metodologie validate (Standard Methods, ASTM). Tuttavia
in letteratura esistono altri metodi normati quali ad esempio il metodo ISO 9377-2 (2000),
basato sull’impiego della gascromatografia.
Rispetto al metodo gravimetrico, la procedura all’infrarosso non prevedendo alcuna evaporazione
dell’estratto consente di determinare eventuali idrocarburi volatili presenti nel campione.
COSTITUENTI ORGANICI
METODO A – Determinazione gravimetrica
METODO A1 – Sostanze oleose totali
1. Principio del metodo
Il campione in esame viene acidificato ed estratto con una miscela di n-esano (80%) e metiltert-
butiletere (20%). L’estratto, raccolto in un recipiente ed evaporato, fornisce un residuo che
viene determinato per via gravimetrica.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile ad acque naturali, di scarico e di mare per concentrazioni in sostanze
oleose superiori a 10 mg/L.
3. Interferenze e cause di errore
Durante il procedimento di estrazione le sostanze si ripartiscono tra le due fasi in ragione del
proprio coefficiente di ripartizione tra la miscela di solventi (6.6) e l’acqua, da cui può derivare
una sottostima. La doppia estrazione serve a migliorare il recupero.
La rimozione del solvente comporta la perdita per evaporazione delle sostanze più leggere;
la perdita che subiscono in questa operazione i distillati del petrolio, dalla benzina al gasolio,
dipende dalla loro volatilità.
Alcuni oli greggi e combustibili pesanti contengono una percentuale apprezzabile di costituenti
di natura bituminosa e polimerica che sono poco solubili nella miscela di solventi (6.6);
il loro recupero è di conseguenza incompleto.
L’impossibilità, in molti casi, di conoscere “a priori” la composizione della miscela oleosa presente
nel campione e, quindi, la necessità di utilizzare come soluzione di riferimento una miscela
diversa da quella del campione costituisce la più rilevante causa di errori nella determinazione
in oggetto.
Un graduale aumento di peso osservato durante la fase di evaporazione dell’estratto, se si
opera in assenza di essiccatore, rappresenta una tipica causa di errore; l’incompleta eliminazione
dell’acqua dall’estratto organico comporta, dopo essiccamento, la comparsa di cristalli
di sodio solfato e quindi una sovrastima di sostanze oleose nel campione. Tale interferenza
può essere rimossa sciogliendo nuovamente l’estratto nel solvente di estrazione e procedendo
all’allontanamento del solfato di sodio per filtrazione.
Per ridurre il rischio di contaminazione dei campioni è consigliato l’uso di attrezzature in vetro
con giunti normalizzati e smerigliati. È da escludere l’uso di lubrificanti.
La vetreria da laboratorio impiegata deve essere riservata specificatamente per questo tipo di
indagine. Va lavata con detersivo, sciacquata con acqua deionizzata, asciugata in stufa e
trattata, prima dell’uso, con la miscela di solventi (6.6).
4. Campionamento e conservazione del campione
Una particolare attenzione richiede la tecnica di prelievo di campioni di acqua, a causa del
fatto che le sostanze oleose si presentano nei corpi idrici sotto forma di film superficiale o di
goccioline.
Dal punto di vista pratico un prelievo omogeneo può essere effettuato:
-con la stessa bottiglia di raccolta nel caso di scarichi effettuati per caduta da
apposite tubazioni;
COSTITUENTI ORGANICI
-con l’uso di un dispositivo capace di raccogliere una sezione trasversale completa
dello scarico.
I campioni vanno raccolti in bottiglie di vetro pulite, a collo e tappo smerigliato, lavate con la miscela
di solventi (6.6) e asciugate prima dell’uso. Le bottiglie di raccolta non vanno riempite fino
all’orlo, per evitare, durante il loro trasporto, perdite di composti oleosi stratificati in superficie.
Allo scopo di inibire eventuali attività batteriche, il campione prelevato va subito portato a
pH=2 con acido cloridrico diluito 1:1 e analizzato il più presto possibile, conservandolo, nel
frattempo, a 4°C.
5. Apparecchiature
5.1 Normale attrezzatura di laboratorio
5.2 Bottiglia in vetro da campionamento a collo largo, da 200-3000 mL circa, con tappo
smerigliato oppure con tappo a vite con guarnizione di tenuta in teflon.
5.3 Imbuti separatori da 500 mL a 3000 mL, muniti di rubinetto in teflon. In alternativa è
possibile utilizzare bottiglie di campionamento in vetro dello stesso volume con chiusura a vite,
tappo con guarnizione di tenuta in teflon, dotate di rubinetto in teflon per consentire l’estrazione
degli analiti direttamente nella bottiglia.
5.4 Pallone da distillazione codato a fondo piatto da 300 mL con raccordo per l’inserimento
del condensatore Liebig (5.8).
5.5 Capsule di porcellana o beaker di vetro (di peso non superiore a 70 g) da circa 100 mL.
5.6 Bagno termostatico ad acqua
5.7 Stufa a convezione naturale
5.8 Condensatore tipo Liebig, lungo 300 mm, con giunto sferico normalizzato 24/29 con
raccordo al recipiente di raccolta del distillato (in alternativa qualunque dispositivo utilizzabile
per la raccolta del solvente).
5.9 Imbuto filtrante a setto poroso
6. Reattivi
6.1 Acido cloridrico (d=1,19), diluito 1:1 (v/v).
6.2 n-Esano
6.3 Metil-tert-butiletere
6.4 Cloruro di sodio, solido.
6.5 Sodio solfato anidro (Na2SO4) per analisi, trattato a 400°C per 4 ore; conservare in
essiccatore.
6.6 Miscela di solventi
Preparare la miscela ponendo in un recipiente 80 volumi di n-esano (6.2) e 20 volumi di me-
til-tert-butiletere (6.3).
813
COSTITUENTI ORGANICI
7. Procedimento
7.1 Estrazione
Il procedimento descritto è relativo a volumi di campione di 2 L circa. È consigliabile in tal caso
usare una bottiglia marcata al segno di 2 litri. Trasferire quantitativamente il campione in
un imbuto separatore da 3000 mL, procedere all’aggiunta di 5 mL/L di HCl 1:1 (6.1), se non
è stata già effettuata all’atto del campionamento. Controllare che il pH sia =2, in caso contrario
aggiungere altro HCl 1:1. Aggiungere 10 g di cloruro di sodio (6.4) e versare nell’imbuto
100 mL della miscela di solventi (6.6) dopo aver lavato con la stessa la bottiglia che aveva
contenuto il campione, computando la quantità eventualmente già impiegata per il lavaggio
del dispositivo di campionamento. Agitare vigorosamente l’imbuto separatore per 2 minuti
oppure per 20 minuti mediante agitazione meccanica. Dopo qualche secondo di agitazione
è opportuno aprire il rubinetto allo scopo di ridurre la pressione. Imprimere un movimento
rotatorio al liquido contenuto nell’imbuto separatore per favorire la separazione delle
due fasi. Dopo aver separato le due fasi, filtrare l’estratto organico attraverso un imbuto filtrante
contenente circa 3 g di solfato di sodio anidro (6.5) uniformemente distribuito sul setto
e raccogliere l’estratto organico nel recipiente 5.4. L’utilizzo di un filtro GF/F, da porre sul set-
to dell’imbuto filtrante, consente di minimizzare il passaggio di sali nell’estratto organico e di
evitare una sovrastima del contenuto di sostanze oleose nell’estratto.
Versare altri 100 mL di miscela (6.6), estrarre nuovamente come descritto sopra e raccogliere
l’estratto organico nel pallone di distillazione (5.4). Lavare il solfato di sodio con 2 aliquote
di miscela (6.6) (15 mL per volta) e raccogliere l’eluato nel recipiente 5.4.
7.2 Evaporazione e pesata
Distillare cautamente l’estratto impiegando l’apparecchiatura di distillazione di cui ai punti
5.4 e 5.8, su bagno termostatico, concentrando fino a circa 10 mL.
Versare la soluzione residua nel recipiente 5.5 (*) (pulito, condizionato per 60 minuti in stufa
a 55°C, lasciato raffreddare per 30 minuti in essiccatore e pesato), risciacquare poi il pallone
con una modesta quantità di miscela (6.6) e recuperare i lavaggi nel medesimo recipiente 5.5.
Portare quasi a secchezza il contenuto del recipiente 5.5, esponendolo ai vapori del bagno
termostatico mantenuto a circa 80°C.
Tenere quindi il recipiente 5.5 in stufa a 55°C per 60 minuti.
Lasciare raffreddare in essiccatore per 30 minuti e quindi pesare.
8. Calcoli
Calcolare la concentrazione delle sostanze oleose totali, espressa in mg/L, nel modo seguente:
dove:
C = concentrazione di sostanze oleose totali (mg/L);
A = peso (mg) del residuo nel recipiente (5.5), estratto dal campione;
B = peso (mg) dell’eventuale residuo rimasto dopo una prova in bianco, condotta su 230 mL
di miscela (6.6), procedimento descritto al Paragrafo (7.2);
V = volume (L) di campione.
(*) A causa della notevole delicatezza dell’analisi i beaker o le capsule non devono essere mai toccati direttamente con le
mani, ma soltanto con apposite pinze di acciaio inossidabile e devono essere appoggiate su superfici perfettamente pulite
(ad esempio vetri da orologio).
COSTITUENTI ORGANICI
9. Qualità del dato
Prove effettuate da quattro laboratori su soluzioni di acqua deionizzata contenenti 20 mg/L
di sostanze oleose hanno fornito uno scarto tipo di 2,59 mg/L per il singolo operatore e 3,67
mg/L come riproducibilità.
METODO A2 – Idrocarburi totali
1. Principio del metodo
Il campione in esame viene acidificato ed estratto con una miscela di n-esano (80%) e metiltert-
butiletere (20%). L’estratto viene percolato attraverso una colonna riempita di gel di silice,
per eliminare le sostanze polari eventualmente presenti, raccolto in un recipiente ed evaporato.
Il residuo viene determinato per via gravimetrica.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile ad acque naturali, di scarico e di mare per concentrazioni in idrocarburi
totali superiori a 10 mg/L.
3. Interferenze e cause di errore
Durante il procedimento di estrazione le sostanze si ripartiscono tra le due fasi in ragione del
proprio coefficiente di ripartizione tra la miscela di solventi (6.6) e l’acqua, da cui può derivare
una sottostima. La doppia estrazione serve a migliorare il recupero.
La rimozione del solvente comporta la perdita per evaporazione delle sostanze più leggere;
la perdita che subiscono in questa operazione i distillati del petrolio, dalla benzina al gasolio,
dipende dalla loro volatilità.
Alcuni oli greggi e combustibili pesanti contengono una percentuale apprezzabile di costituenti
di natura bituminosa e polimerica che sono poco solubili nella miscela di solventi (6.6);
il loro recupero è di conseguenza incompleto.
L’impossibilità, in molti casi, di conoscere “a priori” la composizione della miscela oleosa presente
nel campione e, quindi, la necessità di utilizzare come soluzione di riferimento una miscela
diversa da quella del campione costituisce la più rilevante causa di errori nella determinazione
in oggetto.
Un graduale aumento di peso osservato durante la fase di evaporazione dell’estratto, se si
opera in assenza di essiccatore, rappresenta una tipica causa di errore; l’incompleta eliminazione
dell’acqua dall’estratto organico comporta, dopo essiccamento, la comparsa di cristalli
di sodio solfato e quindi una sovrastima di sostanze oleose nel campione. Tale interferenza
può essere rimossa sciogliendo nuovamente l’estratto nel solvente di estrazione e procedendo
all’allontanamento del solfato di sodio per filtrazione.
Per ridurre il rischio di contaminazione dei campioni è consigliato l’uso di attrezzature in vetro
con giunti normalizzati e smerigliati. È da escludere l’uso di lubrificanti.
La vetreria da laboratorio impiegata deve essere riservata specificatamente per questo tipo di
indagine. Va lavata con detersivo, sciacquata con acqua deionizzata, asciugata in stufa e
trattata, prima dell’uso, con la miscela di solventi (6.6).
COSTITUENTI ORGANICI
4. Campionamento e conservazione del campione
Una particolare attenzione richiede la tecnica di prelievo di campioni di acqua, a causa del
fatto che le sostanze oleose si presentano nei corpi idrici sotto forma di film superficiale o di
goccioline.
Dal punto di vista pratico un prelievo omogeneo può essere effettuato:
-con la stessa bottiglia di raccolta nel caso di scarichi effettuati per caduta da
apposite tubazioni;
-con l’uso di un dispositivo capace di raccogliere una sezione trasversale completa
dello scarico.
I campioni vanno raccolti in bottiglie di vetro pulite, a collo e tappo smerigliato, lavate con la
miscela di solventi (6.6) e asciugate prima dell’uso. Le bottiglie di raccolta non vanno riempite
fino all’orlo, per evitare, durante il loro trasporto, perdite di idrocarburi stratificati in superficie.
Allo scopo di inibire eventuali attività batteriche, il campione prelevato va subito portato a
pH=2 con acido cloridrico diluito 1:1 e analizzato il più presto possibile, conservandolo, nel
frattempo, a 4°C.
5. Apparecchiature
5.1 Normale attrezzatura di laboratorio
5.2 Bottiglia in vetro da campionamento a collo largo, da 200-3000 mL circa, con tappo
smerigliato oppure con tappo a vite con guarnizione di tenuta in teflon.
5.3 Imbuti separatori da 3000 mL, muniti di rubinetto in teflon. In alternativa è possibile
utilizzare bottiglie di campionamento in vetro dello stesso volume con chiusura a vite, tappo
con guarnizione di tenuta in teflon, dotate di rubinetto in teflon per consentire l’estrazione degli
analiti direttamente nella bottiglia.
5.4 Pallone da distillazione codato a fondo piatto da 300 mL con adatto raccordo per
l’inserimento del condensatore Liebig (5.8).
5.5 Capsule di porcellana o beaker di vetro (di peso non superiore a 70 g) da circa 100
mL.
5.6 Bagno termostatico ad acqua
5.7 Stufa a convezione naturale
5.8 Condensatore tipo Liebig, lungo 300 mm, con giunto sferico normalizzato 24/29 con
opportuno raccordo al recipiente di raccolta del distillato (in alternativa qualunque dispositivo
utilizzabile per la raccolta del solvente).
5.9 Colonna di percolazione in vetro, d.i. 10 mm, con rubinetto in teflon.
6. Reattivi
6.1 Acido cloridrico (d=1,19), diluito 1:1 (v/v).
6.2 n-Esano
816
COSTITUENTI ORGANICI
6.3 Metil-tert-butiletere
6.4 Cloruro di sodio, solido.
6.5 Sodio solfato anidro (Na2SO4) p.a., trattato a 400°C per 4 ore; conservare in essiccatore.
6.6 Miscela di solventi
Preparare la miscela ponendo in un recipiente 80 volumi di n-esano (6.2) e 20 volumi di me-
til-tert-butiletere (6.3).
6.7 Gel di silice 70-230 mesh per cromatografia su colonna.
7. Procedimento
7.1 Estrazione
Il procedimento descritto è relativo a volumi di campione pari a 2 litri circa. È consigliabile in
tal caso usare una bottiglia marcata al segno di 2 litri. Trasferire quantitativamente il campione
in un imbuto separatore da 3000 mL, procedere all’aggiunta di 5 mL/L di HCl 1:1
(6.1), se non è stata già effettuata all’atto del campionamento. Controllare che il pH sia =2,
in caso contrario aggiungere altro HCl 1:1. Aggiungere 10 g di cloruro di sodio (6.4) e versare
nell’imbuto 100 mL della miscela di solventi (6.6) dopo aver lavato con la stessa la bottiglia
che aveva contenuto il campione, computando la quantità eventualmente già impiegata
per il lavaggio del dispositivo di campionamento. Agitare vigorosamente l’imbuto separatore
per 2 minuti oppure per 20 minuti mediante agitazione meccanica. Dopo qualche secondo
di agitazione è opportuno aprire il rubinetto allo scopo di ridurre la pressione. Imprimere
un movimento rotatorio al liquido contenuto nell’imbuto separatore per favorire la separazione
delle due fasi. Lasciar separare le due fasi e far percolare la fase organica attraverso
una colonnina di vetro, munita di rubinetto in teflon e riempita con uno strato (5 cm di
altezza) di gel di silice (6.6) seguito da uno strato di 3 g di Na2SO4 (6.5). La fase organica,
dopo aver attraversato la colonna, viene raccolta nel pallone di distillazione 5.4.
Ripetere l’estrazione e la percolazione su gel di silice con altri 100 mL di miscela (6.6), quindi
la fase organica viene raccolta nel pallone di distillazione 5.4.
Lavare due volte la colonnina, facendo passare 15 mL alla volta di miscela (6.6) e raccogliere
la fase organica nel recipiente 5.4.
7.2 Evaporazione e pesata
Distillare cautamente l’estratto impiegando l’apparecchiatura di distillazione di cui ai Paragragi
(5.4) e (5.8), su bagno termostatico, concentrando fino a circa 10 mL.
Versare la soluzione residua nel recipiente 5.5 (*) (pulito, condizionato per 60 minuti in stufa
a 55°C, lasciato raffreddare per 30 minuti in essiccatore e pesato), risciacquare poi il pallone
con modesta quantità di miscela (6.6) e recuperare i lavaggi nel medesimo recipiente 5.5.
Portare quasi a secchezza il contenuto del recipiente 5.5, esponendolo ai vapori del bagno
termostatico mantenuto a circa 80°C.
Tenere quindi il recipiente 5.5 in stufa a 55°C per 60 minuti.
Lasciare raffreddare in essiccatore per 30 minuti e quindi pesare.
(*) A causa della notevole delicatezza dell’analisi i beaker o le capsule non devono essere mai toccati direttamente con le
mani, ma soltanto con apposite pinze di acciaio inossidabile e devono essere appoggiate su superfici perfettamente pulite
(ad esempio vetri da orologio).
COSTITUENTI ORGANICI
8. Calcoli
Calcolare la concentrazione degli idrocarburi totali, espressa in mg/L, nel modo seguente:
dove:
C = concentrazione (mg/L) di idrocarburi totali;
A = peso (mg) del residuo nel recipiente (5.5), estratto dal campione;
B = peso (mg) dell’eventuale residuo rimasto dopo una prova in bianco, condotta su 230 mL
di miscela (6.6), procedimento descritto al Paragrafo (7.2);
V = volume (L) di campione.
9. Qualità del dato
Prove effettuate da quattro laboratori su soluzioni di acqua deionizzata contenenti 20 mg/L
di idrocarburi hanno fornito uno scarto tipo di 3,09 mg/L per il singolo operatore e
4,07 mg/L come riproducibilità.
METODO B – Determinazione mediante spettrofotometria infrarossa
METODO B1 – Sostanze oleose totali
1. Principio del metodo
Il metodo si basa sulla determinazione delle sostanze oleose totali mediante spettrofotometria
di assorbimento all’infrarosso (IR). Il campione di acqua, preventivamente acidificato, viene
estratto con 1,1,2-triclorotrifluoroetano. Dalla misura dell’area nella regione compresa tra
3015 e 2800 cm-1 si ricava la concentrazione delle sostanze oleose totali mediante confronto
con una curva di taratura ottenuta con soluzioni di riferimento (esadecano, iso-ottano) a
concentrazioni note comprese nel campo di indagine analitico.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile ad acque di scarico, superficiali e di mare per concentrazioni di sostanze
oleose totali superiori a 0,05 mg/L. Tale limite può essere ulteriormente abbassato a
0,01 mg/L se si dispone di un’apparecchiatura FT-IR, e se si utilizzano celle di più elevato
cammino ottico (>1 cm).
3. Interferenze e cause di errore
Durante il procedimento di estrazione le sostanze si ripartiscono tra le due fasi in ragione del
proprio coefficiente di ripartizione tra 1,1,2-triclorotrifluoroetano e acqua. La doppia estrazione
serve a migliorare il recupero.
Alcuni oli greggi e combustibili pesanti contengono una percentuale apprezzabile di costituenti
di natura bituminosa e polimerica che sono poco solubili in 1,1,2-triclorotrifluoroetano;
il loro recupero è di conseguenza incompleto.
L’impossibilità, in molti casi, di conoscere “a priori” la composizione della miscela oleosa pre
COSTITUENTI ORGANICI
sente nel campione e, quindi, la necessità di utilizzare come soluzione di riferimento una miscela
diversa da quella del campione costituisce la più rilevante causa di errori nella determinazione
in oggetto.
Per ridurre il rischio di contaminazione dei campioni è consigliato l’uso di attrezzature in vetro
con giunti normalizzati e smerigliati. È da escludere l’uso di lubrificanti.
La vetreria da laboratorio impiegata deve essere riservata specificatamente per questo tipo di
indagine. Va lavata con detersivo, sciacquata con acqua deionizzata, asciugata in stufa e
trattata, prima dell’uso, con 1,1,2-triclorotrifluoroetano.
4. Campionamento e conservazione del campione
Una particolare attenzione richiede la tecnica di prelievo di campioni di acqua, a causa del
fatto che le sostanze oleose si presentano nei corpi idrici sotto forma di film superficiale o di
goccioline.
Dal punto di vista pratico un prelievo omogeneo può essere effettuato:
-con la stessa bottiglia di raccolta nel caso di scarichi effettuati per caduta da
apposite tubazioni;
-con l’uso di un dispositivo capace di raccogliere una sezione trasversale completa
dello scarico.
I campioni vanno raccolti in bottiglie di vetro pulite, a collo e tappo smerigliato, lavate con 1,1,2triclorotrifluoroetano
e asciugate prima dell’uso. Le bottiglie di raccolta non vanno riempite fino
all’orlo, per evitare, durante il loro trasporto, perdite di composti oleosi stratificati in superficie.
Allo scopo di inibire eventuali attività batteriche, il campione prelevato va subito portato a
pH=2 con acido cloridrico diluito 1:1 (v/v) e analizzato il più presto possibile, conservandolo,
nel frattempo, a 4°C.
5. Apparecchiature
5.1 Normale attrezzatura di laboratorio
5.2 Bottiglia di campionamento in vetro a collo largo, da 500-3000 mL circa, con tappo
smerigliato oppure con tappo a vite con guarnizione in teflon.
5.3 Imbuti separatori di volume adeguato, muniti di rubinetto e tappo in teflon. In alternativa
è possibile utilizzare bottiglie di campionamento in vetro con chiusura a vite, tappo con
guarnizione di tenuta in teflon.
5.4 Spettrofotometro FT-IR o IR, doppio raggio, munito di celle in quarzo con cammino
ottico di 1 cm e di 4 cm.
5.5 Imbuto filtrante a setto poroso, capacità 50 mL.
5.6 Bilancia analitica
5.7 Bilancia tecnica
6. Reattivi
6.1 Acido cloridrico (d=1,19), diluito 1:1 (v/v).
6.2 1,1,2-triclorotrifluoroetano “per Spettroscopia”.
819
COSTITUENTI ORGANICI
6.3 n-Esadecano per analisi
6.4 Iso-ottano per analisi
6.5 Sodio solfato anidro (Na2SO4) p.a., trattato a 400°C per 4 ore; conservare in essiccatore.
6.6 Soluzione di riferimento di idrocarburi
Preparare la soluzione di riferimento costituita da n-esadecano (50% in volume) e iso-ottano
(50% in volume) trasferendo 10 mL di n-esadecano e 10 mL di iso-ottano in un flacone da 25
mL. Tappare con ghiera di alluminio e sottotappo in teflon. Tale miscela conservata a 4°C è
stabile sei mesi.
6.7 Soluzione concentrata di idrocarburi (1 mg/mL)
Pesare 100 mg ± 1mg di miscela (6.6) in matraccio tarato da 100 mL e portare a volume con
1,1,2-triclorotrifluoroetano. La soluzione conservata a 4°C è stabile tre mesi.
6.8 Soluzioni diluite
Prelevare volumi della soluzione concentrata di idrocarburi (6.7) esattamente noti (esempio
0,5 mL; 1 mL; 5 mL) e portare a volume in matraccio tarato da 50 mL. In un altro matraccio
da 50 mL, che fungerà da bianco, aggiungere 50 mL di 1,1,2-triclorotrifluoroetano. Tali soluzioni
vanno preparate giornalmente.
7. Procedimento
7.1 Ottimizzazione delle condizioni strumentali
Lo spettrofotometro IR (o FT-IR) rimane normalmente acceso anche nel caso di prolungata inattività.
Prima di avviare il ciclo di misure, procedere all’ottimizzazione dei parametri strumentali
seguendo le indicazioni riportate nel manuale d’uso dello strumento o in altri protocolli di
riferimento.
7.2 Taratura
Quando la natura dell’inquinante è nota, è auspicabile impiegare per la taratura lo stesso
composto, preparando soluzione diluite in 1,1,2-triclorotrifluoroetano. Tuttavia, poichè nella
maggior parte dei casi la natura della miscela di idrocarburi presente nel campione non è nota,
si ricorre ad una miscela di riferimento. Per molti anni si è utilizzata come soluzione di riferimento
una miscela di esadecano (37,5%), iso-ottano (37,5%) e benzene (25%). Tuttavia,
la maggiore attenzione prestata in questi ultimi anni alle problematiche concernenti la salute
degli operatori addetti al controllo, in particolar modo in presenza di sostanze, come il benzene,
di accertata cancerogenicità, suggerisce di eliminare, in accordo con quanto previsto
dal metodo ASTM, il benzene dalla suddetta miscela. Tale eliminazione ha, peraltro, scarsa
rilevanza sul piano della qualità del dato ottenuto in quanto i diversi protocolli standardizza-
ti prevedono la misura dell’assorbanza in una regione dello spettro IR in cui il benzene non
fornisce alcun contributo (come altezza di picco a 2930 cm-1 o come area integrata nell’intervallo
3015-2800 cm-1).
Alla luce delle considerazioni esposte si suggerisce l’impiego della soluzione di riferimento (6.6).
Registrare lo spettro IR delle soluzioni diluite (6.8) nella regione compresa tra 3200 cm-1 e
2700 cm-1, utilizzando il 1,1,2-triclorotrifluoroetano (6.2) come riferimento. Misurare l’integrale
dell’area sottesa dai picchi compresi nella regione 3015-2800 cm-1.
820
COSTITUENTI ORGANICI
7.3 Trattamento del campione
7.3.1 Estrazione
Trasferire un quantitativo noto del campione in esame, compreso tra 0,5 L e 2,0 L, in adatto
imbuto separatore e procedere all’aggiunta di 5 mL di HCl 1:1 (6.1), se non è stata già effettuata
all’atto del campionamento. Controllare che il pH sia =2, in caso contrario aggiungere
altro HCl 1:1.
Aggiungere, operando sotto cappa, 20 mL di 1,1,2-triclorotrifluoroetano con cui si è lavata
la bottiglia di raccolta del campione e, qualora sia stata usato, il contenitore in vetro dell’apposito
dispositivo di campionamento. Agitare vigorosamente l’imbuto separatore per 2 minuti
oppure per 20 minuti mediante agitazione meccanica. Lasciare separare le due fasi, filtrare
l’estratto organico attraverso un imbuto filtrante contenente circa 3 g di solfato di sodio anidro
(6.5) uniformemente distribuito sul setto e raccogliere l’estratto organico in un pallone tarato
da 50 mL. Ripetere l’estrazione con altri 20 mL di 1,1,2-triclorotrifluoroetano e unire l’estratto
a quello precedente. Portare a volume a 50 mL.
7.4 Analisi
Effettuare uno spettro preliminare per rendersi conto dell’ordine di grandezza del valore di
area da misurare.
Registrare lo spettro IR della soluzione ottenuta dall’estrazione del campione seguendo le modalità
già indicate per le soluzioni diluite (6.8).
Misurare l’area sottesa dai picchi compresi nella regione 3015-2800 cm-1.
8. Calcoli
La retta di taratura si ottiene tramite il calcolo della regressione lineare, con le quantità (in
mg) delle soluzioni taratura in ascissa e le unità di area corrispondenti in ordinata. La regressione
può essere considerata accettabile ai fini analitici se la deviazione standard della
retta stimata è inferiore al 5%.
La concentrazione di sostanze oleose totali viene ricavata dalla seguente formula:
dove:
C = concentrazione (mg/L) di sostanze oleose totali;
A = quantità (mg) ricavata utilizzando l’equazione della retta di regressione;
f = fattore di diluizione (eventuale) dell’estratto;
V = volume (L) di campione.
9. Qualità del dato
Prove effettuate da cinque laboratori su campioni di acque di scarico contenenti 2 mg/L di
sostanze oleose hanno fornito uno scarto tipo pari a 0,21 mg/L per il singolo operatore e
0,22 mg/L come riproducibilità.
COSTITUENTI ORGANICI
METODO B2 - Idrocarburi totali
1. Principio del metodo
Il metodo si basa sulla determinazione degli idrocarburi totali mediante spettrofotometria di
assorbimento all’infrarosso (IR). Il campione di acqua, preventivamente acidificato, viene
estratto con 1,1,2-triclorotrifluoroetano; la fase organica viene fatta percolare attraverso una
colonna di gel di silice per eliminare le sostanze polari coestratte. Dalla misura dell’area nella
regione compresa tra 3015 cm-1 e 2800 cm-1 si ricava la concentrazione degli idrocarburi
totali mediante confronto con una curva di taratura ottenuta con soluzioni di riferimento (esadecano,
iso-ottano) a concentrazioni note comprese nel campo di indagine analitico.
2. Campo di applicazione
Il metodo è applicabile ad acque di scarico, superficiali e di mare per concentrazioni di idrocarburi
totali superiori a 0,05 mg/L. Tale limite può essere ulteriormente abbassato a 0,01
mg/L se si dispone di un’apparecchiatura FT-IR e se si utilizzano celle di più elevato cammino
ottico (>1 cm).
3 Interferenze e cause di errore
Durante il procedimento di estrazione gli idrocarburi si ripartiscono tra le due fasi in ragione
del proprio coefficiente di ripartizione tra 1,1,2-triclorotrifluoroetano e acqua. La doppia
estrazione serve a migliorare il recupero.
Alcuni oli greggi e combustibili pesanti contengono una percentuale apprezzabile di costituenti
di natura bituminosa e polimerica che sono poco solubili in 1,1,2-triclorotrifluoroetano;
il loro recupero è di conseguenza incompleto.
L’impossibilità, in molti casi, di conoscere “a priori” la composizione della miscela oleosa presente
nel campione e, quindi, la necessità di utilizzare come soluzione di riferimento una miscela
diversa da quella del campione costituisce la più rilevante causa di errori nella determinazione
in oggetto.
Per ridurre il rischio di contaminazione dei campioni è consigliato l’uso di attrezzature in vetro
con giunti normalizzati e smerigliati. È da escludere l’uso di lubrificanti.
La vetreria da laboratorio impiegata deve essere riservata specificatamente per questo tipo di
indagine. Va lavata con detersivo, sciacquata con acqua deionizzata, asciugata in stufa e
trattata, prima dell’uso, con 1,1,2-triclorotrifluoroetano.
La purificazione degli estratti su colonne di gel di silice può essere causa di errori sia positivi
che negativi dovuti, nel primo caso, al rilascio di sostanze organiche adsorbite sul substrato
e, nel secondo caso, ad incompleta eluizione degli idrocarburi. Per evitare questi inconvenienti
si deve controllare la purezza del gel di silice e verificare il recupero degli idrocarburi
eluiti dalla colonna.
4. Campionamento e conservazione del campione
Una particolare attenzione richiede la tecnica di prelievo di campioni di acqua, a causa del fatto
che le sostanze oleose si presentano nei corpi idrici sotto forma di film superficiale o di goccioline.
Dal punto di vista pratico un prelievo omogeneo può essere effettuato:
-con la stessa bottiglia di raccolta nel caso di scarichi effettuati per caduta da
apposite tubazioni;
-con l’uso di un dispositivo capace di raccogliere una sezione trasversale completa
dello scarico.
822
COSTITUENTI ORGANICI
I campioni vanno raccolti in bottiglie di vetro pulite, a collo e tappo smerigliato, lavate con
1,1,2-triclorotrifluoroetano e asciugate prima dell’uso. Le bottiglie di raccolta non vanno riempite
fino all’orlo, per evitare, durante il loro trasporto, perdite di idrocarburi stratificati in superficie.
Allo scopo di inibire eventuali attività batteriche, il campione prelevato va subito portato a
pH=2 con acido cloridrico diluito 1:1 e analizzato il più presto possibile, conservandolo, nel
frattempo, a 4°C.
5. Apparecchiature
5.1 Normale attrezzatura di laboratorio
5.2 Bottiglia di campionamento in vetro a collo largo, da 500-3000 mL circa, con tappo
smerigliato oppure con tappo a vite con guarnizione in teflon.
5.3 Imbuti separatori di volume adeguato, muniti di rubinetto e tappo in teflon. In alternativa
è possibile utilizzare bottiglie di campionamento in vetro dello stesso volume con chiusura
a vite, tappo con guarnizione di tenuta in teflon.
5.4 Spettrofotometro FT-IR o IR, doppio raggio, munito di celle in quarzo con cammino
ottico di 1 cm e di 4 cm.
5.5 Colonnine di percolazione in vetro, d.i. 10 mm, con rubinetto in teflon.
5.6 Bilancia analitica
5.7 Bilancia tecnica
6. Reattivi
6.1 Acido cloridrico (d=1,19), diluito 1:1 (v/v).
6.2 1,1,2-triclorotrifluoroetano “per Spettroscopia”.
6.3 n-Esadecano per analisi
6.4 Iso-ottano per analisi
6.5 Sodio solfato anidro (Na2SO4) per analisi, trattato a 400°C per 4 ore; conservare in
essiccatore.
6.6 Gel di silice 70-230 mesh per cromatografia su colonna.
6.7 Soluzione di riferimento di idrocarburi
Preparare la soluzione di riferimento costituita da n-esadecano (50% in volume) e iso-ottano
(50% in volume) trasferendo 10 mL di n-esadecano e 10 mL di iso-ottano in un flacone da 25
mL. Tappare con ghiera di alluminio e sottotappo in teflon. Tale miscela conservata a 4°C è
stabile sei mesi.
6.8 Soluzione concentrata di idrocarburi (1 mg/mL)
Pesare 100 mg ± 1 mg di miscela (6.7) in matraccio tarato da 100 mL e portare a volume
con 1,1,2-triclorotrifluoroetano. La soluzione conservata a 4°C è stabile tre mesi.
823
COSTITUENTI ORGANICI
6.9 Soluzioni diluite
Prelevare volumi della soluzione concentrata di idrocarburi (6.8) esattamente noti (esempio
0,5 mL; 1 mL; 5 mL) e portare a volume in matraccio tarato da 50 mL. In un altro matraccio
da 50 mL, che fungerà da bianco, aggiungere 50 mL di 1,1,2-triclorofluoroetano. Tali soluzioni
vanno preparate giornalmente.
7. Procedimento
7.1 Ottimizzazione delle condizioni strumentali
Lo spettrofotometro IR (o FT-IR) rimane normalmente acceso anche nel caso di prolungata inattività.
Prima di avviare il ciclo di misure, procedere all’ottimizzazione dei parametri strumentali
seguendo le indicazioni riportate nel manuale d’uso dello strumento o in altri protocolli di
riferimento.
7.2 Taratura
Quando la natura dell’inquinante è nota, è auspicabile impiegare per la taratura lo stesso
composto, preparando soluzioni diluite in 1,1,2-triclorotrifluoroetano. Tuttavia, poichè nella
maggior parte dei casi la natura della miscela di idrocarburi presente nel campione non è nota,
si ricorre ad una miscela di riferimento. Per molti anni si è utilizzata come soluzione di riferimento
una miscela di esadecano (37,5%), iso-ottano (37,5%) e benzene (25%). Tuttavia,
la maggiore attenzione prestata in questi ultimi anni alle problematiche concernenti la salute
degli operatori addetti al controllo, in particolar modo in presenza di sostanze, come il benzene,
di accertata cancerogenicità, suggerisce di eliminare, in accordo con quanto previsto
dal metodo ASTM, il benzene dalla suddetta miscela. Tale eliminazione ha, peraltro, scarsa
rilevanza sul piano della qualità del dato ottenuto in quanto i diversi protocolli di riferimento
prevedono la misura dell’assorbanza in una regione dello spettro IR in cui il benzene non fornisce
alcun contributo (come altezza di picco a 2930 cm-1o come area integrata nell’intervallo
3015-2800 cm-1).
Alla luce delle considerazioni esposte si suggerisce l’impiego della soluzione di riferimento
(6.7).
Registrare lo spettro IR delle soluzioni diluite (6.9) nella regione compresa tra 3200 cm-1 e
2700 cm-1 utilizzando il 1,1,2-triclorotrifluoroetano (6.2) come riferimento. Misurare l’integrale
dell’area sottesa dai picchi compresi nella regione 3015-2800 cm-1.
7.3 Trattamento del campione
7.3.1 Estrazione
Trasferire un quantitativo noto del campione in esame, compreso tra 0,5 L e 2,0 L, in adatto
imbuto separatore e procedere all’aggiunta di 5 mL di HCl 1:1 (6.1), se non è stata già effettuata
all’atto del campionamento. Controllare che il pH sia =2, in caso contrario aggiungere
altro HCl 1:1.
Aggiungere, operando sotto cappa, 20 mL di 1,1,2-triclorotrifluoroetano con cui si è lavata
la bottiglia di raccolta del campione e, qualora sia stata usato, il contenitore in vetro dell’apposito
dispositivo di campionamento. Agitare vigorosamente l’imbuto separatore per 2 minuti
oppure per 20 minuti mediante agitazione meccanica. Lasciare separare le due fasi e far
percolare la fase organica attraverso una colonnina di vetro, munita di rubinetto in teflon e
riempita con 0,5 g di gel di silice (6.6) e 0,3 g di Na2SO4 (6.5) disposti su strati sovrapposti.
La colonnina va preventivamente lavata con 1,1,2-triclorotrifluoroetano e l’eluato analizzato
all’IR per controllare l’assenza di bande idrocarburiche nell’intervallo spettrale di interesse
analitico. Generalmente sono sufficienti per il lavaggio 15 mL. Raccogliere il percolato in un
matraccio tarato da 50 mL, avendo cura di scartare i primi 2 mL circa. Ripetere l’estrazione
824
COSTITUENTI ORGANICI
con altri 20 mL di 1,1,2-triclorotrifluoroetano; l’estratto, assieme alle tracce di emulsione eventualmente
presenti, viene percolato attraverso la colonnina e raccolto nello stesso matraccio
precedente. Portare a volume a 50 mL.
7.4 Analisi
Effettuare uno spettro preliminare per rendersi conto dell’ordine di grandezza del valore di
area da misurare.
Registrare lo spettro IR della soluzione ottenuta dall’estrazione del campione seguendo le modalità
già indicate per le soluzioni diluite (6.9).
Misurare l’area sottesa dai picchi compresi nella regione 3015-2800 cm-1.
8. Calcoli
La retta di taratura si ottiene tramite il calcolo della regressione lineare, con le quantità (in
mg) delle soluzioni diluite (6.9) in ascissa e le unità di area corrispondenti in ordinata. La regressione
può essere considerata accettabile ai fini analitici se lo scarto tipo della retta stimata
è inferiore al 5%.
La concentrazione di idrocarburi totali viene ricavata dalla seguente formula:
dove:
C = concentrazione (mg/L) di idrocarburi totali;
A = quantità (mg) ricavata utilizzando l’equazione della retta di regressione;
f = fattore di diluizione (eventuale) dell’estratto;
V = volume (L) di campione.
9. Qualità del dato
Su campioni di acqua di scarico il valor medio dei recuperi di aggiunte di soluzioni di riferimento
di idrocarburi nell’intervallo di concentrazione compreso tra 1 mg/L e 5 mg/L è risultato
del 98%.
Una serie di misure (n=5) effettuate su campioni di acque naturali a concentrazione di 0,30
mg/L ha fornito un coefficiente di variazione del 7%.
COSTITUENTI ORGANICI
BIBLIOGRAFIA
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XX Ed., (Washington, APHA).
ASTM (1996): “Standard test method for oil and grease and petroleum hydrocarbons in wa
ter”, D 3921, 355-360, (Philadelphia).
CARLBERG S.R. & SKARSTEDT C.B. (1972): “Determination of small amounts of non-polar hydrocarbons
(oil) in sea weater”, J. Cons. Int. Explor. Mer, 34, 506-515.
EPA (1979): “Manual of methods for chemical analysis of water and wastes”, Cincinnati, En
vironmental Research Center.
EPA (1994): “Total recoverable petroleum hydrocarbons by infrared spectrofotometry”,
Method 418.1, Cincinnati.
IRSA (1984): “Oli minerali. Determinazione spettrofotometrica IR”, Quad. Ist. Ric. Acque, 59,
402.2.
SIMARD R.G., RASEGAWA I., BANDARUK W. & HEADINGTON C.E. (1951): “Infrared spectrophotometric
determination of oil and phenols in water”, Anal. Chem., 23, 1384-1387.
UNICHIM (1995a): “Manuale 177/7. Linee guida per la taratura della strumentazione analitica
– Spettrometria a dispersione nella regione dell’infrarosso”.
UNICHIM (1995b): “Manuale 177/8. Linee guida per la taratura della strumentazione analitica
– Spettrometria a trasformata di Fourier nella regione dell’infrarosso”.
ISO 9377-2: (2000): “Water quality - Determination of hydrocarbon oil index - Part 2.
Method using solvent extraction and gas chromatography”.
COSTITUENTI ORGANICI
5170. Tensioattivi anionici
Introduzione
I tensioattivi anionici sono costituenti fondamentali dei formulati impiegati nella detergenza
domestica ed industriale. La loro presenza in acque superficiali e sotterranee è sempre indice
di inquinamento antropico.
Con il termine di tensioattivi anionici si intende l’insieme delle molecole organiche caratterizzate
dalla presenza di una componente idrofobica (catena idrocarburica lineare o ramificata)
e di una idrofila carica negativamente (anione solfonato o solfato).
1. Principio del metodo
I tensioattivi anionici formano con il blu di metilene (colorante cationico) un sale di colore blu
che viene estratto quantitativamente in cloroformio. L’assorbanza della fase cloroformica è
proporzionale alla concentrazione del tensioattivo anionico e viene misurata, per via spettrofotometrica,
alla lunghezza d’onda di 650 nm.
2. Campo di applicazione
Il metodo determina globalmente i tensioattivi anionici solfonati e solfatati (MBAS)(*) presenti
in acque di scarico urbane ed industriali e in acque superficiali e sotterranee.
Il metodo è applicabile nell’intervallo di concentrazione 0,025-100 mg/L di tensioattivi
espressi come MBAS. L’utilizzo di celle con cammino ottico di 5 cm consente di rilevare concentrazioni
fino a 0,005 mg/L.
3. Interferenze e cause di errore
Interferenze positive vengono date da sostanze organiche che danno luogo a sali con il blu
di metilene, estraibili in cloroformio (solfati, solfonati e carbossilati organici, ecc.), o da sostanze
inorganiche che danno luogo con il blu di metilene a coppie ioniche (cianati, fluoruri,
cloruri, nitrati, tiocianati, ecc.).
Interferenze negative vengono date da sostanze che, reagendo con i tensioattivi anionici, impediscono
la formazione del sale con il blu di metilene (ammine, sali di ammonio quaternario, ecc.)
Effettuando l’estrazione del sale colorato, com’è indicato nel seguito, dapprima mediante una
soluzione alcalina di blu di metilene seguita da un trattamento con una soluzione acida dello
stesso reattivo, dette interferenze (positive e negative) vengono notevolmente ridotte.
Altre interferenze negative possono essere date da specie capaci di ridurre il blu di metilene;
nel caso di presenza di solfuri si deve procedere alla loro ossidazione con acqua ossigenata
in ambiente alcalino (**).
(*) MBAS (Methylene Blue Active Substances): sostanze attive al blu di metilene.
(**) Se occorre, neutralizzare il campione prelevato secondo (7.3) ed aggiungere 10 mL di soluzione tampone (6.3) e alcune
gocce di acqua ossigenata (6.9). Lasciare a riposo per 5 minuti e procedere come indicato in (7.1) a partire dal secondo
comma. Ovviamente si eviterà di aggiungere altra soluzione tampone. Per alte concentrazioni di solfuri trovare sperimentalmente
le condizioni operative più adatte.
COSTITUENTI ORGANICI
Infine si è riscontrato che altre sostanze organiche, non tensioattive, possono dare interferenze
positive a seguito di formazione di sali con il blu di metilene, sali estraibili in cloroformio.
Soluzioni di sostanze di questo tipo, alle concentrazioni riportate in Tab. 1, addizionate con
1 mg/L di alchilbenzensolfonato (LAS), hanno dato i seguenti valori come MBAS:
Acido picrico 5,0 4,6
Acido naftalensolfonico 5,0 5,1
Acido 2-antrachinonsolfonico 1,0 1,7
Acido 1-antrachinonsolfonico 5,0 1,2
Acido 2-idrossi-1-naftalensolfonico 1,0 1,4
Sostanze organiche interferenti Concentrazioni
(mg/L)
Valore trovato come MBAS
(interferenti org.+LAS) in mg/L
Tabella 1: Interferenze positive date da sostanze organiche non tensioattive
In caso di presenza accertata delle sostanze elencate in Tab. 1, per la loro eliminazione è necessario
ricorrere alla tecnica di pre-estrazione, basata sull’insufflazione di azoto, descritta
nella Sezione 5180 “Tensioattivi non ionici”.
4. Campionamento e conservazione del campione
Il campionamento e la conservazione del campione devono essere effettuati in accordo con
quanto previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”.
Il campione deve essere stabilizzato con l’1% (v/v) di formaldeide al 37% e conservato a 4°C
allo scopo di ridurre al minimo l’attività batterica. L’analisi deve essere condotta preferibilmente
entro le 24 ore successive al prelievo.
5. Apparecchiatura
5.1 Normale apparecchiatura da laboratorio
5.2 Spettrofotometro,predisposto per misure nell’intorno di 650 nm e corredato di celle
da 1 cm e 5 cm.
Tutta la vetreria impiegata nel presente metodo deve essere accuratamente lavata con acqua,
risciacquata con una soluzione metanolica di acido cloridrico 3 M (6.10) e quindi con acqua
distillata e deionizzata.
6. Reattivi
Tutti i reattivi devono essere puri per analisi e l’acqua utilizzata deve essere distillata e/o deionizzata.
6.1 Soluzione concentrata di MBAS (1000 mg/L)
Sciogliere 1000 mg del sale sodico dell’acido dodecilbenzensolfonico in 1000 mL di acqua.
6.2 Soluzione diluita di MBAS (50 mg/L)
Prelevare esattamente 5 mL della soluzione concentrata di MBAS (6.1), trasferirli in un matraccio
tarato da 100 mL e portare a volume con acqua.
828
COSTITUENTI ORGANICI
6.3 Soluzione tampone a pH 10
Sciogliere 24 g di idrogeno carbonato di sodio (NaHCO3) e 27 g di carbonato di sodio anidro
(Na2CO3) in acqua e diluire a 1000 mL.
6.4 Soluzione neutra di blu di metilene
Sciogliere 0,35 g di blu di metilene in 500 mL di acqua e diluire a 1000 mL. L’assorbanza
della fase cloroformica della prova in bianco, misurata contro cloroformio, non deve superare
0,015 impiegando una cella con cammino ottico di 1 cm a 650 nm.
Questa soluzione va preparata almeno 24 ore prima dell’uso. Inoltre i volumi da utilizzare
nel presente metodo devono essere sempre preestratti con cloroformio.
6.5 Acido solforico concentrato (H2SO4) (d=1,84)
6.6 Soluzione acida di blu di metilene
Sciogliere 0,35 g di blu di metilene in 500 mL di acqua, aggiungere 6,5 mL di acido solforico
concentrato (6.5) e diluire a 1000 mL con acqua. Anche in questo caso, l’assorbanza della
fase cloroformica della prova in bianco deve rispondere alla condizione indicata al punto
6.4. Inoltre la soluzione, preparata almeno 24 ore prima dell’uso, deve essere pre-estratta
con cloroformio.
6.7 Etanolo (C2H5OH) al 95%
6.8 Cloroformio (CHCl3), di recente distillazione.
6.9 Soluzione di acqua ossigenata (H2O2) al 30%
6.10 Soluzione 3 M di acido cloridrico in metanolo
Diluire 250 mL di acido cloridrico concentrato (HCl, d=1,19) in 750 mL di metanolo.
7. Procedimento
7.1 Curva di taratura per concentrazioni di MBAS comprese tra 0,05 e 0,5 mg/L
Prelevare esattamente 0,1 mL, 0,2 mL, 0,4 mL, 0,8 mL e 1 mL della soluzione diluita di MBAS
(6.2) ed introdurli in imbuti separatori (da 250 mL) contenenti 100 mL di acqua.
Aggiungere in ciascun imbuto separatore 10 mL di soluzione tampone a pH 10 (6.3), 5 mL
di soluzione neutra al blu di metilene (6.4) e 15 mL di cloroformio (6.8).
Agitare uniformemente e non troppo energicamente la miscela per un minuto. Lasciare stratificare
e trasferire lo strato cloroformico inferiore in una seconda serie di imbuti separatori
da 250 mL, contenenti 110 mL di acqua e 5 mL di soluzione acida di blu di metilene (6.6).
Agitare la miscela per un minuto, lasciate stratificare e trasferire le rispettive fasi cloroformi-
che, dopo averle fatte passare attraverso filtri di ovatta idrofila previamente trattati con eta-
nolo (6.7) ed inumiditi con cloroformio, in matracci tarati da 50 mL.
Estrarre rispettivamente le soluzioni alcaline ed acide ancora due volte utilizzando 10 mL di
cloroformio (6.8) alla volta, per la seconda e la terza estrazione. Filtrare gli estratti cloroformici
attraverso gli stessi filtri di ovatta idrofila nei rispettivi matracci da 50 mL. Questi ultimi
vanno portati a volume con il cloroformio utilizzato per il lavaggio dei filtri di ovatta idrofila.
Miscelare bene e misurare l’assorbanza a 650 nm in celle con cammino ottico di 5 cm, contro
il bianco ottenuto sottoponendo 100 mL di acqua deionizzata all’intera procedura descritta.
Costruire la curva di taratura riportando in ascissa i µg di dodecilbenzensolfonato e
in ordinata i corrispondenti valori di assorbanza.
829
COSTITUENTI ORGANICI
7.2 Curva di taratura per concentrazioni di MBAS comprese tra 0,5 e 4 mg/L
Prelevare esattamente 1 mL, 2 mL, 4 mL, 6 mL, 8 mL della soluzione diluita di MBAS (6.2)
ed introdurli in imbuti separatori (da 250 mL) contenenti rispettivamente 99 mL, 98 mL, 96
mL, 94 mL e 92 mL di acqua. Procedere come indicato al Paragrafo (7.1) a partire dal secondo
comma. Utilizzare in questo caso per le misure di assorbanza celle con cammino ottico
di 1 cm.
7.3 Determinazione
Prelevare una determinata quantità di campione, se necessario neutralizzarla ed introdurla in
un imbuto separatore da 250 mL per prelievi fino a 100 mL e da 500 mL per prelievi fino a
400 mL, seguendo orientativamente le indicazioni riportare in Tab. 2. Se il campione da analizzare
è inferiore a 100 mL, diluire a 100 mL con acqua.
Procedere alla determinazione dell’MBAS operando come indicato al Paragrafo (7.1), a partire
dal secondo comma. Nel caso in cui il campione contenga quantità di solidi sospesi tali
da creare problemi durante il processo di estrazione, si consiglia di procedere alla filtrazione
del campione (sotto vuoto o in pressione) con filtri in fibra di vetro da 0,80 µm. Possono
essere necessari più filtri se la quantità di solidi sospesi è tale da creare intasamento. Lavare
i filtri utilizzati per la filtrazione con 10 mL di metanolo ciascuno ed aggiungere il metanolo
raccolto al campione (in questo caso si dovrà tenere conto della diluizione del campione iniziale).
Effettuare sempre parallelamente una determinazione del bianco con la procedura
completa.
8. Calcoli
Dal valore dell’assorbanza del campione analizzato, ricavare mediante la curva di taratura
la quantità in µg di tensioattivi anionici (MBAS) presenti nel campione. La concentrazione di
tensioattivi anionici sarà data dalla seguente formula:
dove:
C = concentrazione (mg/L) di tensioattivi anionici MBAS (come dodecibelbenzenesolfonato di
sodio)
a = quantità (µg) di tensioattivi anionici, come MBAS, ricavati dalla curva di taratura;
V = volume (mL) di campione prelevato per l’analisi.
0,025-0,075 400
0,075-0,50 250
0,50-1,50 100
1,50-7,50 20
7,50-50,0 2
Contenuto presunto di tensioattivo anionico (mg/L) Volume di campione da prelevare (mL)
Tabella 2: Indicazione orientativa dei volumi di campione da analizzare in funzione del presunto contenuto di ten-
sioattivi anionici
9. Qualità del dato
Determinazioni eseguite in quintuplicato da sei laboratori su campioni filtrati di acque di scarico
(influente ed effluente di un impianto di depurazione) hanno mostrato coefficienti di variazione,
CV(%) = (scarto tipo/valore medio)·100, rispettivamente del 7% e 9%.
COSTITUENTI ORGANICI
Per soluzioni sintetiche contenenti intorno a 0,3 mg/L di LAS, il recupero è risultato pari a circa
il 111%.
BIBLIOGRAFIA
CEE (1982): “Determinazione dei tensioattivi anionici nelle prove di biodegradabilità”, in: Direttiva
del Consiglio 82/243/CEE del 31 marzo 1982, Cap. 3, Gazz. Uff. delle Comunità
Europee, L. 109.
ISO (1984): “Determination of anionic surfactants”, ISO 7875/1, 1st edition.
LONGWELL J. & MANIECE W.P. (1955): “Determination of Anionic Detergent in Sewage Effluent
and River Water”, Analyst, 80, 176-171.
MATTHIJS E. & DE HENAU, H. (1987): “Determination of linear alkylbenzene sulphonates in
aqueous samples sediments, sludges and soils using HPLC, Tenside Detergents, 24, (4), 193
198.
MINISTRY OF HOUSING AND LOCAL GOVERNMENT (1966): “Supplement to the Eight Progress
Report of the Standing Technical Committee on Synthetic Detergents”, Appendix III,
Method B (London, Her Majesty’s Stationery Office).
WATERS J. & GARRIGAN J.T. (1983): “An improved microdesulphonation/gas liquid chromatography
procedure for the determination of linear alkylbenzene sulphonates in U.K. rivers”,
Wat. Res., 17, 1549-l562.
C O S T I T U E N T I O R G A N I C I
5180. Tensioattivi non ionici
Introduzione
I tensioattivi non ionici sono costituenti fondamentali dei formulati impiegati nella detergenza
domestica ed industriale. La loro presenza in acque superficiali e sotterranee è sempre indice
di inquinamento antropico.
Con il termine di tensioattivi non ionici si intende l’insieme delle molecole organiche caratterizzate
dalla presenza di una componente idrofobica (catena idrocarburica lineare o ramificata)
e di una idrofila non carica (gruppo etossilato etereo, estereo o ammidico).
1. Principio del metodo
I tensioattivi non ionici formano con il reattivo di Dragendorff (KBiI4 + BaCl2 in acido acetico
glaciale) un precipitato nel quale il rapporto di combinazione Bi-tensioattivo è circa 1:1. Il precipitato
viene disciolto e il bismuto presente viene titolato per via potenziometrica con pirrolidinditiocarbammato
di sodio (NaPDC) che lo complessa nel rapporto 3:1 (3 NaPDC:1 Bi).
2. Campo di applicazione
Questo metodo permette la determinazione dei tensioattivi non ionici etossilati (BIAS)* contenenti
da 6 a 30 gruppi ossietilenici, in acque di scarico e naturali nell’intervallo di concentrazione
compreso tra 0,05 mg/L e 0,50 mg/L.
L’estensione del campo di applicazione del metodo alle basse concentrazioni (0,01-0,05
mg/L) è possibile pur comportando una diminuzione della precisione del metodo stesso.
3. lnterferenze e cause di errore
Nelle condizioni del metodo i tensioattivi cationici interferiscono positivamente poichè danno
luogo alla formazione di un precipitato con lo iodobismutato di bario. Il ricorso a saggi di ricerca
qualitativa (es. blu di disulfine) non è sempre sufficiente ad accertare la loro presenza
in campioni ambientali in quanto la contemporanea presenza di tensioattivi anionici può mascherarli.
L’interferenza di tensioattivi anionici è stata verificata in campioni di effluenti da impianti di trattamento
biologico caratterizzati da concentrazioni elevate (=1 mg/L) di tensioattivi anionici.
Sulla base delle considerazioni esposte, è assolutamente indispensabile nel caso di campioni
di acqua di scarico procedere alla purificazione dell’estratto su resina cationica. In questi stessi
campioni anche il passaggio su resina anionica diventa importante qualora siano presenti
in quantità apprezzabili interferenze anioniche.
In campioni di acque superficiali a concentrazioni di BIAS comprese tra 0,01 mg/L e 0,05
mg/L, la variazione di BIAS ottenuta dopo passaggio su resine è paragonabile allo scarto tipo
dei valori stessi. Nel contempo le procedure di purificazione rendono il metodo più laborioso
e possono determinare una diminuzione della qualità del dato. In questo caso è opzionale
procedere alla purificazione dell’estratto.
* Sostanze attive allo iodio-bismutato
COSTITUENTI ORGANICI
4. Campionamento e conservazione del campione
Il campionamento e la conservazione del campione devono essere effettuati in accordo con
quanto previsto dalla Sezione 1030 “Metodi di campionamento”.
Il campione deve essere stabilizzato con l’1% (v/v) di formaldeide al 37% e conservato a 4°C
allo scopo di ridurre al minimo l’attività batterica. L’analisi deve essere condotta preferibilmente
entro le 24 ore successive al prelievo.
5. Apparecchiature
5.1 Normale vetreria di laboratorio
5.2 Apparecchio di estrazione (sublatore) in vetro da 1000 mL (Fig. 1).
Figura 1: Apparecchio di estrazione per tensioattivi (1: Bottiglia di lavaggio; 2: Setto poroso; 3: Colonna di strip-
paggio; 4: Setto di vetro sinterizzato; a e b: Acetato di etile; c: campione in esame (soluzione acquosa); A: Ingresso
azoto; B: Uscita azoto; R: Rubinetti).
COSTITUENTI ORGANICI
5.3 Colonne a scambio ionico in vetro (d=10 mm; h=150 mm), provviste di setto poroso
in vetro sinterizzato, rubinetto di teflon nella parte inferiore, serbatoio (capacità 80 mL) e tappo
smerigliato nella parte superiore.
5.4 Buretta da 25 mL graduata in 0,05 mL.
5.5 Buretta da 5 mL graduata in 0,01 mL.
5.6 Crogiolo filtrante in vetro, diametro 47 mm, porosità 3÷15 µm.
5.7 Titolatore potenziometrico con sensibilità di 1 mV, munito di elettrodi di platino e di
calomelano.
5.8 Agitatore elettrico regolabile ad alta velocità.
Nota 1: in alternativa a 5.4 e 5.5 si può utilizzare un dosatore automatico. In alternativa a
5.4, 5.5, 5.7 e 5.8 si può utilizzare un titolatore automatico.
Nota 2: tutta la vetreria deve essere scrupolosamente pulita ed accuratamente risciacquata con
acqua distillata e deionizzata. Metanolo ed acetato di etile possono essere impiegati per lavare
vetreria e sublatori tra un’analisi e l’altra. Per evitare più lunghe e laboriose operazioni di pulizia
è consigliabile disporre di sublatori, colonne a scambio ionico e, in generale, di vetreria dedicata
ai diversi tipi di campioni da analizzare (bianco, acqua di scarico, acqua superficiale).
6. Reattivi
Tutte le soluzioni devono essere preparate impiegando acqua distillata o deionizzata.
6.1 Idrogeno carbonato di sodio
6.2 Cloruro di sodio
6.3 Acetato di etile
6.4 Metanolo
6.5 Soluzione metanolica di porpora bromocresolo (1 g/L)
6.6 Soluzione acquosa di acido cloridrico (d=1,19) all’1% (v/v)
6.7 Soluzione A
Sciogliere 1,7 g di nitrato basico di bismuto [4BiNO3(OH)2· BiO(OH)] in 20 mL di acido acetico
glaciale e portare a 100 mL con acqua. Sciogliere 65 g di ioduro di potassio in 200 mL
di acqua e travasarli, unitamente alla prima soluzione, in un matraccio tarato da 1000 mL.
Aggiungere 200 mL di acido acetico glaciale e portare a volume con acqua. Preparare questo
reattivo settimanalmente e conservarlo in bottiglia di vetro scuro.
6.8 Soluzione B
Introdurre 290 g di cloruro di bario (BaC12·2H2O) in un matraccio tarato da 1000 mL, sciogliere
con acqua e portare a volume.
6.9 Reattivo di precipitazione formato da due volumi di soluzione A e un volume di soluzione
B.
835
COSTITUENTI ORGANICI
6.10 Acido acetico glaciale
6.11 Soluzione di tartrato di ammonio
Introdurre 20 g di tartrato di ammonio in un matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume
con acqua.
6.12 Soluzione di ammoniaca al 16%
6.13 Soluzione tampone
Porre 40 g di idrossido di sodio in un matraccio tarato da 1000 mL, aggiungere 500 mL di
acqua fino a completa dissoluzione, 120 mL di acido acetico glaciale e, dopo raffreddamento,
portare a volume con acqua.
6.14 Alcool amilico
6.15 Soluzione 0,0005 N di NaPDC
Porre 103 mg di NaPDC e 0,5 g di idrogeno carbonato di sodio, 10 mL di alcool amilico in
un matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con acqua. Controllare il fattore (f) della
soluzione settimanalmente utilizzando la soluzione di solfato di rame 0,0005 N.
6.16 Soluzione acquosa di acido solforico 1 M
6.17 Soluzione 0,0005 N di solfato di rame
Pesare 1,249 g di solfato di rame (CuSO4·5H2O), aggiungere 50 mL di acido solforico 1 M
e portare a volume in un matraccio tarato da 1000 mL con acqua. Travasare 50 mL di questa
soluzione in un matraccio tarato da 1000 mL, aggiungere 10 mL di acido solforico 1 M
e portare a volume con acqua.
6.18 Resina a scambio cationico (Amberlite IR-120 Plus o equivalente).
6.19 Resina a scambio anionico (Amberlite IRA-910 o equivalente).
6.20 Soluzione metanolica di HCl 0,1 M
6.21 Soluzione metanolica di NaOH 0,1 M
7. Procedimento
7.1 Estrazione dei tensioattivi
Effettuare l’estrazione su un’aliquota di campione contenente da 0,05 mg/L a 0,5 mg/L di
tensioattivo non ionico etossilato espresso come BIAS, utilizzando il sublatore (5.2) descritto
in Fig. 1.
Qualora il contenuto di solidi sospesi nel campione da sottoporre a sublazione sia tale da compromettere
un efficiente funzionamento (attraverso l’occlusione dei pori del setto del sublatore)
o da richiedere una successiva laboriosa operazione di pulizia del sublatore, si consiglia la
preventiva rimozione dei solidi sospesi mediante filtrazione sotto vuoto su filtri (0,80 µm) in fibra
di vetro prelavati con metanolo. I tensioattivi adsorbiti sul materiale sospeso vengono recuperati
lavando il filtro stesso con 10 mL di metanolo, che si aggiungono all’acqua filtrata.
Aggiungere ad un litro di campione, o a un volume inferiore portato ad un litro con acqua,
100 g di cloruro di sodio e 5 g di idrogeno carbonato di sodio. Trasferire quindi il campio836
COSTITUENTI ORGANICI
ne nel sublatore aggiustandone eventualmente il volume con acqua fino al livello del rubinetto
superiore di scarico R1.
Introdurre successivamente 100 mL di acetato di etile e procedere alla sublazione con un flusso
di azoto fatto preliminarmente passare in una bottiglia di lavaggio contenente acetato di etile.
Regolare il flusso dell’azoto ad una portata di 30-40 L/h, innalzando gradualmente il flusso
fino a raggiungere il massimo consentito dalla condizione di non turbolenza all’interfaccia tra
i due fluidi. Protrarre la sublazione per dieci minuti.
Lasciar separare le due fasi e recuperare quindi la fase organica da R1 trasferendola in un
imbuto separatore da 250 mL. Ripetere l’estrazione con 100 mL di acetato di etile operando
come precedentemente indicato e trasferire la fase organica nello stesso imbuto separatore
da 250 mL.
Se durante il processo di estrazione la fase organica diminuisce di oltre il 20%, l’operazione
deve essere ripetuta. Lavare con una spruzzetta adibita allo scopo la parte superiore del sublatore
con 25 mL di acetato di etile ed unirli alle frazioni precedentemente raccolte. Dopo
aver scaricato la fase acquosa che nel frattempo si è separata, porre la fase organica in un
pallone da 250 mL ed evaporarla mediate evaporatore rotante (T=35°C).
7.2 Preparazione del bianco
Riempire un secondo sublatore riservato al bianco fino al livello del rubinetto superiore con
acqua deionizzata preventivamente addizionata di NaCl e NaHCO3 in quantità pari a quelle
usate per il campione. Procedere alla sublazione secondo le modalità già indicate per il
campione. Sottoporre il residuo ottenuto dalla rotoevaporazione a tutte le fasi previste dalla
procedura per l’analisi del campione.
7.3 Eliminazione dei tensioattivi cationici e anionici
7.3.1 Utilizzare le colonne a scambio ionico (5.3). Sono necessarie due colonne per ciascuna
apparecchiatura di estrazione. Per preparare la colonna di scambio cationico trasferire
circa 7 g di resina cationica forte (6.18) in 50 mL di metanolo e versare la sospensione in
colonna in modo da trasferirvi quantitativamente la resina. Far defluire il solvente senza far
andare a secco la resina, quindi attivarla attraverso la percolazione di 20 mL di una soluzione
metanolica di HCl (6.20) e successivo lavaggio con metanolo, fino a pH neutro (verificato
con cartina indicatore universale).
Per preparare la colonna di scambio anionico, utilizzare la resina a scambio anionico forte
(6.19), seguendo le indicazioni sopra riportate per la colonna a scambio cationico. Attivare
la colonna con 20 mL di soluzione metanolica di NaOH (6.21) e successivo lavaggio con metanolo
fino a pH neutro. Mantenere sempre le colonne in metanolo.
7.3.2 Purificazione dell’estratto. Far scorrere sulle pareti interne del pallone 20 mL di metanolo
e favorire la ridissoluzione del residuo sul fondo del pallone mediante vigorosa agitazione
manuale o su piano oscillante, o immersione in bagno ad ultrasuoni per dieci minuti.
Percolare il residuo goccia a goccia dapprima sulla resina cationica e poi su quella anionica.
Lavare quindi le due colonne con 60 mL di metanolo preventivamente utilizzati per il risciacquo
del pallone contenente l’estratto ed unire la soluzione di lavaggio a quella del campione.
Si consiglia di riservare una colonna cationica ed una anionica esclusivamente alla purificazione
del bianco. Rigenerare le colonne dopo ogni uso seguendo le modalità esposte in
(7.3.1).
7.4 Precipitazione e filtrazione
Tirare a secco in evaporatore rotante (T=40°C) la soluzione metanolica contenente l’estratto
dopo averla raccolta in un pallone da 250 mL. Riprendere il residuo con 5 mL di metanolo
secondo le modalità esposte in 7.3.2. Versare la soluzione in un beaker, lavare il pallone con
40 mL di acqua e trasferire l’acqua di lavaggio nel beaker.
837
COSTITUENTI ORGANICI
Acidificare con 0,5 mL di HC1 all’1% (6.6) ed agitare con agitatore magnetico. Aggiungere
gradualmente 30 mL della soluzione precipitante (6.9) preparata di fresco miscelando 20 mL
di soluzione A (6.7) con 10 mL di soluzione B (6.8). Prolungare l’agitazione per dieci minuti
e poi lasciare decantare il precipitato formatosi per altri dieci minuti.
Per la filtrazione del precipitato utilizzare un crogiolo filtrante sul cui setto è posto un filtro in
fibra di vetro (Whatman GF-F, porosità 0,8 µm) dello stesso diametro. Porre il crogiolo su una
beuta da vuoto da 500 mL collegata alla linea da vuoto. Bagnare preventivamente il filtro con
pochi millilitri di acido acetico glaciale e premerlo lungo i bordi con una bacchetta di vetro
per farlo aderire al setto del crogiolo filtrante. Versare quindi la soluzione contenente il precipitato
al centro del filtro, con regolarità, in modo che non possa aggirare il filtro passando
direttamente sul setto sottostante.
Una volta filtrata tutta la soluzione, lavare il precipitato con cinque aliquote da 30 mL di acido
acetico glaciale, ciascuna delle quali viene utilizzata preventivamente per sciacquare accuratamente
il beaker di precipitazione ed è poi fatta percolare sul filtro secondo le modalità
precedentemente esposte. Staccare, con l’ausilio di una pinzetta, il filtro dalla superficie del
setto e porlo in un beaker da 250 mL.
Lavare il crogiolo filtrante, sul quale può comunque essersi depositato un poco di precipitato,
con 20 mL di soluzione calda (80°C) di tartrato ammonico (6.11), che viene fatta percolare
attraverso il setto e raccolta nel beaker contenente il filtro. Aggiungere nel beaker, sotto agitazione,
altri 20 mL di soluzione calda di tartrato ammonico per sciogliere completamente il
precipitato (si ha la completa decolorazione del filtro).
Spostare il filtro con una bacchetta di vetro facendolo aderire alla parete laterale del beaker
e lavarlo abbondantemente con acqua usando una spruzzetta, portando il volume finale della
soluzione a 200 mL.
7.5 Titolazione potenziometrica finale del bismuto
Aggiungere alla soluzione poche gocce di porpora bromocresolo (6.5) e, sotto agitazione,
una soluzione di NH3 al 16% (6.12) fino al viraggio dell’indicatore dal giallo al porpora. Aggiungere
quindi 10 mL di soluzione tampone (6.13) e procedere alla titolazione sotto agitazione
con NAPDC 0,0005 N (6.15), facendo attenzione che la punta della buretta contenente
il titolante risulti immersa nella soluzione da titolare.
È necessario aspettare che il potenziale si stabilizzi prima di iniziare la titolazione. Se non si
dispone di un sistema automatico di erogazione del titolante, aprire il rubinetto della buretta
molto lentamente e regolare il flusso a un valore costante (20-50 µL/min per BIAS intorno a
50 µg/L). Campionare il potenziale a tempi regolari, infittendo la frequenza di misura quando
il potenziale comincia a variare più velocemente (prossimità del punto equivalente). Il punto
equivalente viene determinato in maniera soddisfacente attraverso il diagramma dei rapporti
incrementali (DV/Dv) in funzione del volume di titolante (v).
Dispositivi costituiti da un sistema automatico di erogazione del titolante, titolatore potenzio-
metrico e gestione dati automatizzato possono ridurre notevolmente i tempi di analisi nonchè
aumentare la qualità delle stesse.
Allo scopo di ridurre la deriva di potenziale durante le titolazioni risulta di fondamentale importanza
una frequente pulizia dell’elettrodo di platino. Tale pulizia va effettuata con apposita
carta smeriglio.
8. Calcoli
Per calcolare i tensioattivi non ionici etossilati, espressi come BIAS, utilizzare la seguente relazione:
COSTITUENTI ORGANICI
dove:
C = concentrazione (mg/L) di tensioattivi non ionici etossilati (BIAS);
a = volume (mL) di soluzione di NaPDC 0,0005 N utilizzati per la titolazione del campione;
b = volume (mL) di soluzione di NaPDC 0,0005 N utilizzati per la titolazione del bianco;
F = fattore di conversione specifico per ogni tensioattivo non ionico etossilato (54 per NP10EO);
f = fattore di correzione del titolo della soluzione di NaPDC (6.15);
v = volume (mL) di campione.
9. Qualità del dato
Per quanto concerne la precisione, analisi effettuate da sei laboratori su 5 repliche di campioni
reali aventi concentrazioni comprese nel campo di applicazione del metodo (0,05-0,5
mg/L) hanno fatto registrare valori del coefficiente di variazione, CV(%) = (scarto tipo/valore
medio)·100, compresi tra il 10% e il 20%. Per concentrazioni di BIAS inferiori a 0,05 mg/L,
valori del coefficiente di variazione compresi tra il 25% e il 35% si possono ritenere soddisfacenti.
Per quanto riguarda l’accuratezza, determinazioni eseguite su soluzioni sintetiche a basso
contenuto di BIAS (0,05 mg/L) hanno evidenziato una sovrastima dei tensioattivi non ionici
del 10-20%. Per concentrazioni superiori a 0,1 mg/L, lo scostamento dal valore vero è risultato
del 5%.
Risultati ottenuti analizzando campioni di acqua di scarico (influenti ed effluenti di impianti di
depurazione) nonché quelli riportati in letteratura evidenziano un’accuratezza inferiore a
quella trovata per campioni sintetici.
BIBLIOGRAFIA
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