ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
Metodi analitici per le acque
destinate al consumo umano
Volume secondo.
Parte 2. Metodi microbiologici
A cura di
Massimo Ottaviani e Lucia Bonadonna
Laboratorio di Igiene Ambientale
ISSN 1123-3117
Rapporti ISTISAN
00/14 Pt.2
Direttore dell’Istituto Superiore di Sanità
e Responsabile scientifico: Giuseppe Benagiano
Direttore responsabile: Vilma Alberani
Stampato dal Servizio per le attività editoriali
dell’Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena, 299 - 00161 ROMA
La riproduzione parziale o totale dei Rapporti e Congressi ISTISAN
deve essere preventivamente autorizzata.
Reg. Stampa - Tribunale di Roma n. 131/88 del 1° marzo 1988
Roma, giugno 2000 (n. 2) 3° Suppl.
La responsabilità dei dati scientifici e tecnici
pubblicati nei Rapporti e Congressi ISTISAN è dei singoli autori
Istituto Superiore di Sanità
Metodi analitici per le acque destinate al consumo umano. Volume 2. Parte 2. Metodi microbiologici.
A cura di Massimo Ottaviani e Lucia Bonadonna
2000, xi, p. 225-420 Rapporti ISTISAN 00/14 Pt. 2
Il manuale raccoglie i metodi analitici di riferimento per la determinazione dei parametri chimici e microbiologici inseriti
nel “controllo occasionale C4” dell’Allegato I del DPR 236/88. La presente raccolta di metodi, elaborati nell’ambito della
Seconda Sottocommissione del Comitato permanente di Studio sulle acque (ex art. 9, DM 26 marzo 1991), istituita
presso il Ministero della Sanità, si aggiunge alla precedente (Rapporti ISTISAN 97/8) concernente i parametri elencati nei
controlli C1, C2 e C3.
Parole chiave: Acque potabili, Metodi analitici, Metodi chimici.
Istituto Superiore di Sanità
Analytical methods for drinking water. Volume 2. Part 2. Microbiological methods.
Edited by Massimo Ottaviani and Lucia Bonadonna
2000, xi, p. 225-420 Rapporti ISTISAN 00/14 Pt. 2 (in Italian)
This guidebook reports reference analytical methods for the determination of chemical and microbiological parameters
included in the “occasional control C4” of the Annex I of the Decree 236/88 of the President of Italian Republic. The
present collection of methods, which were elaborated by the Second Subcommission of the Permanent Study Committee
(ex-article 9 of the Italian Ministerial Decree of March 26, 1991) established at the Ministry of Health, follows a previous
report (Rapporti ISTISAN 97/8) relating to the parameters of controls C1, C2 and C3.
Key words: Analytical methods, Chemical methods, Drinking water.
I metodi analitici per le acque destinate al consumo umano (Volume 1 e 2) sono disponibili anche in Internet in formato
PDF all’indirizzo: http://www.iss.it
© Istituto Superiore di Sanità 2000
v
INTRODUZIONE
Il DPR 236/88, relativo all’attuazione della Direttiva CEE 80/778 concernente la
qualità delle acque destinate al consumo umano, nell’Allegato III, elenca i metodi
analitici di riferimento per i parametri organolettici, fisici, chimico-fisici, chimici e
microbiologici. Al fine di elaborare in modo omogeneo i metodi analitici stabiliti dalla
legislazione, è stata istituita una 2a Sottocommissione di Studio presso il Ministero della
Sanità nell’ambito del Comitato Permanente di Studio (CPS) sulle acque (ex art. 9, DM
26 marzo 1991). Tale Sottocommissione ha coinvolto sia esperti del Ministero e
dell’Istituto Superiore di Sanità sia esperti e tecnici appartenenti a differenti istituzioni
nazionali (Università, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Presidi Multizonali di
Prevenzione, Aziende Regionali per la Prevenzione e l’Ambiente, Aziende
Acquedottistiche).
Nel 1997 la 2a Sottocommissione di Studio ha prodotto una raccolta di metodi
(Rapporto ISTISAN 97/8) per la determinazione dei parametri inseriti nel “controllo
minimo C1”, nel “controllo normale C2” e nel “controllo periodico C3”, così come
prescritto nell’Allegato I del DPR 236/88. In questo secondo elaborato sono stati
raccolti i metodi analitici dei restanti parametri appartenenti al “controllo occasionale
C4”. Inoltre sono stati revisionati e/o aggiunti metodi analitici alternativi per alcuni
parametri chimici del “controllo normale C2” e del “controllo periodico C3”. Per
quanto concerne i parametri chimici del “controllo occasionale C4” non sono stati
elaborati metodi analitici per la determinazione di “anidride carbonica libera”, “ossigeno
disciolto”, “silice” e “sostanze estraibili in cloroformio”, poiché tali parametri
attualmente sono ritenuti poco indicativi dal punto di vista igienico-sanitario e per alcuni
di essi i metodi analitici attualmente in uso non sembrano essere idonei per il
raggiungimento delle finalità previste dalla legge. Per i parametri “fenoli”, “idrocarburi
disciolti ed emulsionati”, “antimonio” e “cianuri” i metodi proposti dai relativi
Sottogruppi di Lavoro non sono stati completamente condivisi da tutta la
Sottocommissione, per cui la loro stesura sarà curata in un prossimo futuro. Nel caso di
alcuni parametri microbiologici, per i quali era disponibile più di una procedura analitica,
è stato proposto più di un metodo, ciascuno elaborato anche in funzione delle nuove
acquisizioni tecniche e scientifiche e degli aggiornamenti segnalati in ambito
internazionale (APHA, EPA) o inseriti nelle linee guida dall’OMS. Inoltre
introdotto un capitolo riguardante le “buone pratiche di laboratorio”, comprendente
anche una sezione relativa al controllo della ripetibilità del metodo.
I metodi riportati vogliono essere uno strumento applicativo di riferimento utile alla
pianificazione e all’unificazione delle procedure analitiche per tutte le strutture che
operano nel settore del controllo della qualità delle acque destinate al consumo umano.
Per tale motivo, nella stesura dei metodi di analisi, sono state selezionate le tecniche
strumentali maggiormente utilizzate dalle strutture operanti nel campo del controllo della
qualità delle acque. Ne consegue che alcune tecniche analitiche non sono state prese in
considerazione nei metodi proposti; ciò non significa che tali tecniche non possano essere
utilizzate da quelle strutture e/o laboratori dotati di capacità operative e professionali
adeguate.
vi
L’evoluzione delle conoscenze scientifiche e lo sviluppo di nuove tecniche strumentali
utilizzate nel settore potranno determinare un’inadeguatezza dei metodi proposti.
Pertanto sarà effettuato un aggiornamento dei metodi in base alle esperienze applicative e
di validazione nel frattempo maturate e degli eventuali suggerimenti che perverranno alla
Sottocommissione da parte degli operatori e degli esperti del settore.
Recentemente (ottobre ’99) il Comitato Permanente di Studio ha riconfermato il
mandato alla 2a Sottocommissione di Studio per cui i lavori della stessa proseguiranno
sia per aggiornare che per integrare i metodi con quanto previsto dalla nuova direttiva
europea sulle acque destinate al consumo umano (Direttiva CE 89/98).
Infine, si ritiene opportuno evidenziare che, ai soli fini dell’espressione del dato, il
risultato analitico debba essere ricondotto alle stesse cifre significative previste dalle
CMA del DPR 236/88 indipendentemente dalla sensibilità della tecnica analitica
utilizzata. Il DPR 236/88 è, infatti, una legge sanitaria ed in tale ambito l’eventuale
arrotondamento dei risultati sperimentali non comporta nessuna implicazione di carattere
tossicologico.
La Sottocommissione ringrazia UNICHIM per l’apporto e la collaborazione forniti.
Il Coordinatore della 2a Sottocommissione
del Comitato Permanente di Studio
Dott. Massimo Ottaviani
METODI PER LA DETERMINAZIONE
DEI PARAMETRI MICROBIOLOGICI
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MODALITÀ DI CAMPIONAMENTO
0. Generalità
Una corretta metodologia di campionamento dell’acqua da analizzare costituisce il
presupposto indispensabile al fine di ottenere risultati analitici attendibili. E’ inoltre
importante che il campione raccolto sia quanto più possibile rappresentativo al fine di
fornire dati affidabili e utili alla individuazione delle caratteristiche di qualità dell’acqua
da esaminare.
Nelle fasi di prelievo, trasporto e di analisi di campioni di acqua è richiesta l’adozione
di alcune misure specifiche che comportano principalmente l’osservanza di accurate
condizioni di asepsi.
1. Campo di applicazione
La procedura viene utilizzata per le acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o
da destinare al consumo umano al fine di mantenere il campione da analizzare quanto
più possibile inalterato.
2. Prelievo dei campioni
Per l’esecuzione dell’esame microbiologico delle acque destinate al consumo umano si
deve provvedere al prelievo di non meno di 500 mL di acqua nel caso si debba
effettuare la ricerca dei parametri indicati nell’allegato II del DPR 236/88 per i controlli
minimo (C1), normale (C2) e periodico (C3). Per le indagini microbiologiche da
effettuarsi in base al controllo occasionale (C4) è necessario prelevare quantitativi
maggiori. In questo caso è bene tenere presente il volume occorrente allo svolgimento
dell’analisi riportato in ciascuno dei metodi descritti di seguito.
E’ di fondamentale importanza che durante le procedure di campionamento di acque da
analizzare dal punto di vista microbiologico, e soprattutto nello svolgimento dei
controlli di acque destinate al consumo umano, sia evitata qualsiasi contaminazione del
campione da esaminare.
Effettuare il prelievo dei campioni con recipienti sterili e seguire scrupolosamente
procedure che non alterino la qualità del campione. E’ possibile utilizzare bottiglie
monouso in materiale plastico, già sterili, disponibili in commercio. Possono essere
anche adoperate bottiglie di vetro sterilizzate in laboratorio a calore secco o a calore
umido da utilizzarsi entro 1 mese dalla sterilizzazione se conservate in condizioni
ottimali.
Per i prelievi da effettuare per immersione (in serbatoi, cisterne, pozzi, ecc.) usare
bottiglie incartate prima della sterilizzazione, analogamente anche la pinza o altro
sistema idoneo per l’immersione dovranno essere incartati e sterilizzati prima dell’uso.
228
Per il prelievo di acque clorate utilizzare bottiglie contenenti sodio tiosolfato al 10% in
ragione di 1 mL / L di campione. Il sodio tiosolfato in questa concentrazione può
neutralizzare le concentrazioni di cloro residuo comunemente ritrovate nelle acque
potabilizzate. Tuttavia a concentrazioni di cloro residuo maggiori devono corrispondere
concentrazioni di sodio tiosolfato proporzionalmente superiori. Poiché l’aggiunta, in
bottiglie già sterilizzate, di una soluzione, se pure sterile, di neutralizzante
comportare il rischio di una contaminazione, è opportuno che la soluzione venga
aggiunta prima della sterilizzazione delle bottiglie. La presenza di sodio tiosolfato, nelle
quantità indicate, non interferisce con i risultati delle analisi microbiologiche. In
commercio sono comunque disponibili contenitori sterili già contenenti sodio tiosolfato.
Non sciacquare mai le bottiglie all’atto del prelievo. Il risciacquo, oltre ad esporre la
bottiglia a possibili contaminazioni, asporta il sodio tiosolfato eventualmente presente.
Al momento del prelievo, se effettuato da un rubinetto, rimuovere, se presenti, tubi di
plastica e gomma. La pulizia del rubinetto è richiesta quando esso risulta visibilmente
sporco; in questo caso, disinfettare la bocca del rubinetto con alcool. L’operazione di
flambaggio, se effettuata in modo superficiale e fugace, non esplica alcun effetto sulla
eventuale contaminazione microbica presente. D’altronde, se intensa e persistente, può
provocare danni ad eventuali parti infiammabili.
Eseguire il prelievo dopo avere fatto scorrere dal rubinetto l’acqua per 1-3 min evitando
di modificare la portata del flusso durante la raccolta del campione.
All’atto del prelievo, aprire la bottiglia sterile avendo cura di non toccare la parte
interna del tappo che andrà a contatto con il campione prelevato, né l’interno del collo
della bottiglia e provvedere all’immediata chiusura della stessa subito dopo il prelievo,
avendo cura di non riempirla completamente al fine di consentire una efficace
omogeneizzazione del campione, in laboratorio, al momento dell’analisi.
Per i prelievi da effettuarsi per immersione, afferrare la bottiglia con una pinza o con
altro idoneo sistema, che ne permetta l’apertura durante l’immersione, e immergerla
nell'acqua da prelevare.
Il campione prelevato deve essere accompagnato da tutte le indicazioni necessarie alla
sua identificazione, quali la data e l’ora del prelievo, il tipo di acqua, la precisa
annotazione del punto in cui si è effettuato il prelievo e dovranno altresì essere
trasmesse, con il campione, tutte le indicazioni relative alle eventuali determinazioni
effettuate in loco e qualunque altra osservazione possa risultare utile nella
interpretazione dei risultati di laboratorio.
3. Trasporto e conservazione dei campioni
L’inosservanza dei tempi e/o delle modalità di trasporto, può comportare alterazioni
della composizione del campione.
Procedere al trasporto in modo che nell’acqua da analizzare la flora batterica non
subisca riduzioni o incrementi. Pertanto è necessario mantenere, durante il trasporto, che
deve essere effettuato nel più breve tempo possibile, i campioni al riparo dalla luce e ad
una temperatura compresa fra +4 e +10°C.
229
Al fine di consentire il mantenimento della temperatura richiesta usare frigoriferi
portatili o altrimenti contenitori termoisolanti (borse termiche) utilizzando apposite
piastre frigorifere del commercio, o ghiaccio di acqua. Se utilizzato ghiaccio di acqua,
porre il ghiaccio in idonei recipienti impermeabili al fine di evitare che l’acqua di
scongelamento possa contaminare i campioni. Durante il trasporto collocare le bottiglie
nel contenitore in modo da impedire il loro rovesciamento e, fra le bottiglie, collocare
idonei sistemi di separazione per evitare rotture.
Si raccomanda di effettuare l’analisi entro un massimo di 24 ore dal momento del
prelievo, mantenendo i campioni a circa +4°C. Effettuare comunque l’analisi
microbiologica su campioni a temperatura ambiente.
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LINEE GUIDA PER LE BUONE PRATICHE DI LABORATORIO. ANALISI
MICROBIOLOGICA DELLE ACQUE
0. Introduzione
Il controllo di qualità è un processo di sorveglianza sulla qualità di un prodotto e sulla
qualità dei risultati ottenuti. E’ la valutazione continua dello stato delle procedure, dei
metodi di analisi e dei dati prodotti dal laboratorio con l’obiettivo di ridurre al minimo
tutte le evenienze che potrebbero portare ad uno scostamento dei risultati da
raggiungere.
L’applicazione di procedure di controllo della qualità, che prevedono un monitoraggio
continuo di tutte le attività del laboratorio e dei materiali utilizzati, risulta
imprescindibile dalla riproducibilità, precisione ed accuratezza dei dati prodotti in
quanto conduce all’identificazione, riduzione o eliminazione di errori casuali,
sistematici o grossolani.
1. Ambienti di lavoro
Le condizioni ambientali dei locali dove vengono effettuate le determinazioni
microbiologiche devono essere tali da non invalidare i risultati né influenzare
l'incertezza di misura e garantire la sicurezza degli operatori.
A tale scopo è opportuno tenere in considerazione quanto indicato nell’allegato XII del
D.Lgs. 626/94 concernente “Specifiche sulle misure di contenimento e sui livelli di
contenimento” dove vengono riportate le misure da applicare all’interno dei laboratori
di microbiologia in funzione della natura degli agenti biologici da ricercare o trattare al
fine di valutare i rischi per i lavoratori.
I locali dove vengono eseguite determinazioni microbiologiche devono essere separati
da tutte le altre attività produttive in modo da non creare influenze da parte di altre
attività analitiche e non. Dovranno inoltre essere protetti da condizioni ambientali
anomale quali umidità, polvere, temperature elevate, vibrazioni ed esposizioni a luce
solare diretta.
Dovrà essere vietato l’accesso ai locali durante l’esecuzione delle prove a persone non
autorizzate e in detti locali sarà tassativamente rispettato il divieto di fumare tramite
opportune segnalazioni che riportino anche le generali norme di igiene e di buon
comportamento.
Tutte le apparecchiature e le sorgenti di alimentazione dovranno essere adeguate alle
prove da effettuare e qualora richiedano particolari condizioni ambientali queste
dovranno essere controllate.
I locali dovranno essere sufficientemente spaziosi in modo da permettere di mantenerli
puliti e ordinati e consentire agli operatori di muoversi agevolmente.
Muri e pavimenti dovranno essere lisci, facili da pulire e disinfettare e facilmente
sottoponibili a manutenzioni e riparazioni.
232
I locali dovranno essere protetti da radiazioni solari dirette tramite appropriati sistemi da
apporre esternamente alle finestre.
Durante l’esecuzione delle prove i locali dovranno essere tenuti chiusi.
Tutte le operazioni di pulizia, disinfezione e sanitizzazione devono essere monitorati
con idonei sistemi di controllo da porre in atto all’interno del laboratorio; di ogni
operazione dovrà essere necessario tenere apposita registrazione.
Il monitoraggio biologico degli ambienti costituisce un punto basilare per avere la
garanzia di operare in locali dove le prove non vengono influenzate da inquinamenti
indipendenti dalla natura del materiale in esame. Un corretto monitoraggio biologico
ambientale potrà comprendere controlli dell’aria, delle superfici di lavoro, dei
termostati, frigoriferi e cappe a flusso laminare. Le frequenze dei controlli saranno
definite all’interno di ogni laboratorio in funzione dell’effettivo carico inquinante
gravitante nel laboratorio stesso.
Per le superfici di lavoro, si consiglia di effettuare, tramite l’uso di piastre a contatto, la
determinazione della carica microbica, di muffe e lieviti dopo l’attività lavorativa e
dopo la pulizia onde dimostrare l’efficienza della stessa.
Allo stesso modo per termostati, frigoriferi e cappe si potranno effettuare le tipologie di
controllo sopra descritte e in casi di inquinamento si potrà procedere alla sanitizzazione
degli stessi.
Per l’aria ambiente e l’aria della cappa a flusso laminare si potranno utilizzare
campionatori meccanici o piastre contenenti terreni colturali lasciate aperte per un certo
intervallo di tempo.
Nel caso i controlli e i processi di sanitizzazione non abbiano frequenze molto elevate,
generalmente potranno essere mensili o semestrali, è bene, per dimostrare che le prove
non vengono influenzate da eventuali inquinamenti ambientali, porre, ad ogni ciclo di
determinazioni, una piastra di terreno colturale non seminato (bianco) che segua il
normale ciclo lavorativo e che non dovrà presentare alcuna crescita alla fine del ciclo
stesso.
Qualora all’interno dei locali debba essere mantenuto un certo livello di temperatura,
umidità e aerazione (ricambio d’aria), dovranno essere installati idonei sistemi di
condizionamento e filtrazione dell’aria che non dovranno creare interferenze con
l’esecuzione delle prove e compromettere l’attendibilità dei risultati.
2. Strumentazione
Le apparecchiature di prova in dotazione ad un laboratorio di microbiologia devono
garantire affidabilità di funzionamento e di risposta in modo da non alterare
l’accuratezza e la precisione del risultato finale della prova. Pertanto dovranno essere
sempre tenute in perfetta efficienza e installate in locali che garantiscano adeguata
protezione da deterioramento; l’efficienza dovrà essere garantita con opportune
procedure per la manutenzione e la taratura.
Di seguito, per opportuna conoscenza, vengono riportate le definizioni di manutenzione
ordinaria, straordinaria, programmata e di taratura.
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-Manutenzione ordinaria: tutte quelle operazioni che devono essere messe in atto al
momento dell’uso per garantire da parte dell’Operatore il buon funzionamento
dell’apparecchiatura.
-Manutenzione programmata: l’intervento che viene effettuato a tempi prefissati per
evitare decadimenti nel buon funzionamento dell’apparecchiatura. Questi interventi
sono normalmente affidati alla Ditta fornitrice con la quale si stipula un contratto di
manutenzione annuale.
-Manutenzione straordinaria: gli interventi effettuati dopo il verificarsi di guasti o
malfunzionamenti. Questi interventi vengono effettuati su specifica richiesta;
vengono eseguiti normalmente da un tecnico specializzato della Ditta fornitrice
dopo che l’operatore ha verificato l’anomalia di comportamento.
-Taratura: si intendono quelle operazioni atte a garantire che l’apparecchio e lo
strumento in uso siano in grado di fornire delle misure entro i limiti di tolleranza
previsti dal capitolato d’acquisto. In senso stretto, la definizione si addice
maggiormente a quelle apparecchiature che possono fare riferimento a strumenti
campioni primari; per le altre può essere intesa come insieme di operazioni
finalizzate al controllo del buon funzionamento dell’apparecchiatura.
Sarà opportuno prevedere quindi:
-modalità di taratura e manutenzione
-loro frequenza
-personale responsabile delle verifiche
Per ogni apparecchiatura dovrà essere prevista un’apposita “SCHEDA” che dovrà
riportare tutte le informazioni utili sulla provenienza, l’acquisto, l’installazione, il
collaudo, le date di ricevimento e messa in funzione, i riferimenti alle procedure di
taratura e manutenzione quando necessari, la loro periodicità e i dati del fornitore e
dell’assistenza tecnica.
Dovrà essere predisposta inoltre una “SCHEDA DI MANUTENZIONE” che riporti
tutte le operazioni effettuate di verifica, sostituzioni, pulizia e riportare le date di
svolgimento e la firma del tecnico che ha effettuato le operazioni.
Dovrà essere prevista inoltre una “SCHEDA DI TARATURA” su cui verrà riportato il
riferimento alla procedura di taratura, il programma di taratura, la data di svolgimento
della stessa e della futura taratura, la firma del tecnico e i riferimenti ai campioni
primari o materiali di riferimento utilizzati per l’effettuazione della stessa.
Qualora la taratura venga attuata da un centro esterno dovrà essere riportata tutta la
documentazione inerente.
Qualora un’apparecchiatura, che a seguito di taratura abbia rilevato una non attendibilità
al suo utilizzo, dovrà essere messa fuori servizio apponendo un’etichetta con la dicitura
“FUORI SERVIZIO” e la data. L’apparecchiatura non potrà essere in nessun modo
utilizzata fino a riparazione o a taratura che dimostri il rientro nelle condizioni di
normalità. Tutto quanto sopra dovrà essere riportato sulla scheda di taratura.
Le principali manutenzioni e tarature cui sottoporre le apparecchiature di un laboratorio
di microbiologia per analisi delle acque da adibire al consumo umano sono elencate di
seguito.
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2.1. Cappa a flusso laminare
Le normali operazioni di manutenzione consistono nella sostituzione dei prefiltri
secondo le indicazioni della ditta costruttrice; inoltre, il controllo dell’efficienza dei
filtri, la pulizia/disinfezione delle superfici interne con opportuni disinfettanti. Se le
cappe sono dotate di sistema a lampade UV, è necessario predisporre cicli di accensione
a cappa chiusa con successiva attivazione del flusso per garantire l’allontanamento
dell’ozono presente in atmosfera.
Verificare periodicamente la presenza di microrganismi nell’aria filtrata esponendo per
30 min capsule Petri aperte contenenti terreni colturali agarizzati per la crescita degli
eterotrofi e dei miceti, disposte in punti rappresentativi della superficie di lavoro o, in
alternativa, usare contatori di particelle.
2.2. Bilancia
Le bilance dovranno essere collocate su un supporto stabile che le protegga da
vibrazioni e controllate che siano a bolla.
Per la manutenzione si richiede la normale pulizia.
Per quanto riguarda il controllo, si utilizzano campioni di riferimento da confrontare
almeno con frequenza annuale con campioni di riferimento primari. Almeno una volta
l’anno effettuare una taratura con materiale certificato verificando l’intervallo di misura
completo della bilancia, o da personale qualificato o da un ente esterno che rilasci un
certificato di taratura.
A tale scopo, per inciso, si ritiene opportuno riportare le definizioni della Norma ISO
GUIDE 30:1992 sui materiali di riferimento (MR) e materiali di riferimento certificati
(MRC):
-Materiali di riferimento (MR): materiale o sostanza per la quale uno o più valori
delle proprietà sono sufficientemente omogenei e ben stabiliti da essere usati per la
taratura di un apparecchio, per la valutazione di un metodo per misurazione o per
l’assegnazione di valori a materiali.
-Materiali di riferimento certificati (MRC): materiale di riferimento accompagnato
da un certificato, per il quale uno o più valori delle proprietà sono certificati da una
procedura che stabilisce la loro riferibilità a un’accurata realizzazione delle unità
nelle quali i valori delle proprietà sono espressi e per il quale ciascun valore
certificato è accompagnato da un’incertezza ad uno stabilito livello di confidenza.
2.3. pHmetro
Gli elettrodi del pHmetro devono essere condizionati e conservati secondo le istruzioni
del costruttore. Dopo ogni uso devono essere puliti con acqua distillata.
La taratura va effettuata periodicamente utilizzando delle soluzioni tampone di
riferimento (ad es., pH 4 e pH 7 a 20°C). Queste soluzioni di riferimento vanno
conservate nelle migliori condizioni e non oltre la data di scadenza. Le aliquote
giornaliere utilizzate devono poi essere scartate dopo la taratura.
235
Va inoltre controllato periodicamente lo stato di efficienza degli elettrodi registrando i
valori in mV in corrispondenza delle tarature a pH 4 e pH 7. La differenza tra due
misurazioni in rapporto al valore teorico indicato dal costruttore rappresenta un indice di
invecchiamento dell’elettrodo.
2.4. Autoclave
L’autoclave va mantenuta in perfette condizioni operative.
I controlli dello stato di sicurezza devono essere effettuati dagli Enti preposti secondo le
disposizioni legislative vigenti.
Per quanto riguarda la taratura questa va effettuata almeno con frequenza annuale
controllando la correlazione tra pressione e temperatura tramite manometro campione
certificato oppure va fatta effettuare da ditte specializzate che rilascino idoneo
documento di avvenuta taratura.
In ogni caso è bene effettuare le seguenti operazioni di manutenzione:
-Verifica dell’efficienza del termometro nelle condizioni operative. Impostare la
temperatura e il tempo di durata dei cicli richiesti e controllare che, quando
l’autoclave è in pressione, il valore di temperatura sia conforme a quello riportato
nella tabella di correlazione pressione/temperatura del vapore saturo;
-Verifica dell’efficienza del blocco del portello nelle condizioni di esercizio.
Controllare che, quando è in corso il ciclo di sterilizzazione, il dispositivo di blocco
del portello rimanga bloccato e il portello non si apra;
-Verifica del livello dell’acqua. Prima dell’avvio di un ciclo di sterilizzazione
controllare che il livello dell’acqua nell’autoclave sia compreso fra l’indice minimo
e il massimo riportati sull’indicatore di livello;
-Verifica funzionale dello sfiato. Mentre l’autoclave raggiunge la pressione di
esercizio, verificare la tenuta delle valvole manuali di sfiato;
-Verifica dello stato di conservazione della guarnizione del portello. Verificare che
non vi siano rotture, scorie o frammenti; lubrificare con grasso al silicone, evitare
l’uso di prodotti chimici;
-Verifica dell’efficienza della valvola di sicurezza. Impostare un valore di pressione
superiore al valore indicato dall’indice rosso sul manometro e controllare che prima
di raggiungere tale valore la valvola di sicurezza cominci a sfiatare;
-Controllo del dispositivo elettronico di livello. Mentre l’autoclave è in funzione,
scaricare lentamente l’acqua aprendo il rubinetto di scarico e verificare che
raggiunto il livello minimo intervenga l’allarme e si accenda la spia di segnalazione;
-Ispezione della camera. Ispezionare l’interno della camera e del portello
dell’autoclave per controllarne lo stato di conservazione; pulire le superfici interne
con detergente idoneo per le superfici in acciaio rimuovendo eventuali residui e
incrostazioni;
-Controllo dell’efficienza dei processi di sterilizzazione. Utilizzare indicatori
biologici come strisce o ampolle di spore di Bacillus stearothermophilus
normalmente disponibili in commercio. Si consiglia di effettuare questo controllo
con frequenza almeno mensile.
236
2.5. Incubatore
Le normali indicazioni d’uso prevedono la protezione delle pareti dalla luce solare
diretta. E’ da evitare inoltre l’introduzione di grandi quantità di materiale lasciando
spazi tra le pareti e le capsule Petri e fra le stesse, onde permettere la circolazione
dell’aria.
La normale manutenzione prevede pulizia, decontaminazione e rimozione della polvere
dal sistema di ventilazione. Occorre inoltre controllare giornalmente la temperatura
dell’incubatore con un termometro il cui bulbo sia immerso in glicerolo contenuto in
una bottiglia sigillata, oppure, qualora ne siano dotati, controllando la temperatura
indicata dal termometro permanente installato sull’apparecchiatura; lo scostamento tra
la temperatura impostata e quella rilevata non deve essere superiore a ±1°C per i
termostati/frigotermostati che lavorano a 20°C e a 36°C, e a ±0,5°C per il termostato
che lavora a 44,5°C.
Per la taratura, e quindi per il controllo del termometro permanente, utilizzare un
termometro di riferimento certificato (fatto tarare annualmente da un centro SIT)
inserito nella camera del termostato e registrare i valori di temperatura per un intervallo
di tempo di almeno 4 ore con frequenze di 30 min avendo cura di non aprire lo sportello
del termostato durante l’esecuzione del controllo.
E’ bene annotare gli esiti del controllo di taratura su apposito quaderno, registrando per
ogni rilevamento:
-l’ora in cui il rilevamento è stato effettuato
-il valore di temperatura letto sul termometro campione di riferimento
-il valore di temperatura letto sul termometro permanente installato
sull’apparecchiatura
-lo scostamento evidenziato
-lo scostamento massimo ammissibile
-la data di effettuazione, la data del successivo controllo di taratura e la firma di chi
l’ha effettuata.
2.6. Frigoriferi, celle frigorifere, congelatori
E’ opportuno tenere nettamente separati, all’interno dei frigoriferi, terreni di coltura e
reagenti non inoculati dai campioni da analizzare, dai ceppi di microrganismi e dai
terreni inoculati.
I frigoriferi e le celle frigorifere devono essere caricati in modo che l’aria circoli
liberamente, e i congelatori caricati con accortezza in modo da mantenere all’interno
una temperatura bassa.
Laddove è possibile, frigoriferi , termostati e congelatori dovrebbero essere messi sotto
gruppo di continuità, e in caso contrario è possibile predisporre sistemi che evidenzino
eventuali anomalie con conseguente rialzo termico.
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Devono essere effettuate con cadenza periodica le operazioni di:
-rimozione della polvere dalle piastre esterne di aerazione
-sbrinamento
-pulizia e decontaminazione dell’interno delle celle, dei frigoriferi e dei congelatori.
Controllare periodicamente i termometri permanenti installati sui frigoriferi e
congelatori per confronto con un termometro campione di riferimento certificato usando
la stessa procedura indicata nel caso degli incubatori. Tenere anche per questi apposita
registrazione.
2.7. Bagno termostatico
Per una buona manutenzione è consigliabile effettuare periodicamente il controllo del
livello del liquido, monitorare la temperatura del bagno, sostituire l’acqua contenuta
nella vasca e sanitizzare la vasca.
Controllare periodicamente i termometri permanenti installati sul bagno termostatico
per confronto con un termometro campione di riferimento certificato usando la stessa
procedura indicata nel caso degli incubatori. Tenere anche per questi apposita
registrazione.
2.8. Microscopio ottico
Si consiglia la dotazione di un sistema per l’osservazione in contrasto di fase e di una
serie di obiettivi, in modo da coprire un intervallo di ingrandimenti sufficientemente
elevato, e di sistemi per la regolazione dell’intensità luminosa.
Collocare il microscopio in posizione stabile.
La manutenzione, eseguita da personale specializzato, consiste nella rimozione della
polvere dagli oculari e dagli obiettivi usando cartine ottiche e nella rimozione, dopo
l’uso, di tracce di olio dagli obiettivi usati per immersione. Controllare saltuariamente la
lubrificazione delle parti mobili e sostituire la lampada di illuminazione, quando
necessario, seguendo le istruzioni della ditta costruttrice.
Quando non in uso, il microscopio va tenuto coperto e al riparo dalla luce, per evitare
danni alle lenti.
2.9. Incubatore in atmosfera modificata
Sono le giare o quelle apparecchiature atte ad ottenere e mantenere condizioni di
atmosfera modificata (es., anaerobiosi) per tutta la durata del tempo di incubazione.
Porre attenzione all’inserimento del materiale, affinché avvenga nel più breve tempo
possibile, in modo da non alterare sensibilmente le condizioni interne, ed alla quantità
del materiale stesso in relazione alle dimensioni dell’incubatore.
Sia che si tratti di giare che di incubatori, per la manutenzione bisognerà garantire le
normali operazioni di pulizia e disinfezione.
Per quanto riguarda la taratura, nel caso di incubatori, seguire le indicazioni riportate nel
paragrafo corrispondente.
238
E’ opportuno controllare il mantenimento delle condizioni atmosferiche adatte allo
sviluppo dei microrganismi ricercati. Quanto sopra può essere verificato misurando la
crescita di batteri riferibili a due diverse specie, una inibita dalle condizioni
atmosferiche e dalle temperature impostate e l’altra in grado di crescere in quelle
condizioni.
Si potranno utilizzare quindi ceppi ATCC certificati come controllo positivo e negativo
per la verifica della aerobiosi e della anaerobiosi. E’ comunque da segnalare che da
parte dell’OMS è in discussione la possibilità di selezionare ceppi di riferimento
"selvaggi" e di creare una rete di distribuzione alternativa a quella delle collezioni
internazionali.
Si consiglia inoltre l’introduzione di indicatori redox, contenenti blu di metilene e
resazurina atti a dimostrare l’avvenuto raggiungimento delle condizioni atmosferiche
desiderate.
2.10. Micropipette
Sono disponibili in commercio quelle manuali, elettroniche, monocanale o multicanale.
Quelle manuali sono le più utilizzate all’interno dei laboratori e devono essere quindi
trattate con cura e sottoposte a regolare manutenzione.
Si consiglia l’utilizzo di puntali monouso; inoltre è opportuno mantenere la pipetta a
temperatura ambiente, evitare che subisca urti, tenerla in posizione verticale e procedere
alla sua normale pulizia, manutenzione e taratura.
2.11. Dispensatore
Si intendono quelle apparecchiature utilizzate per distribuire terreni di coltura e reagenti
in provette, bottiglie o piastre Petri.
E’ opportuno controllare l’accuratezza dei volumi dispensati e, nel caso si debbano
distribuire reagenti o terreni sterili, è opportuno controllare che le parti dell’apparecchio
in contatto con essi siano in condizioni asettiche.
Mantenere le apparecchiature in perfette condizioni mediante accurata pulizia dopo ogni
ciclo lavorativo, in accordo alle indicazioni della ditta costruttrice.
2.12. Termometri
I termometri in utilizzo presso il laboratorio devono essere tarati periodicamente
mediante confronto con strumenti certificati da appositi Enti. A titolo esemplificativo ci
si può dotare di un termometro campione primario fatto tarare annualmente da un ente
accreditato con cui effettuare tutte quelle verifiche indicate per incubatori, celle
frigorifere, congelatori e termometri.
239
3. Materiali
3.1. Membrane filtranti
E’ preferibile utilizzare membrane sterili confezionate singolarmente o in nas
sigillate e certificate dalla ditta produttrice. Registrare la data di ricevimento ed il
numero di ogni lotto di membrane acquistate e verificare la capacità di sviluppo di
colonie batteriche.
3.2. Piastre Petri
Preferire piastre Petri in plastica sterile. E’ possibile effettuare il controllo di sterilità
delle piastre in contemporanea con il normale controllo di fertilità.
3.3. Terreni di coltura
Preferire terreni disidratati o già pronti in piastra.
Quando vengono utilizzati terreni di coltura disidratati e reattivi (coloranti, additivi,
soluzioni) reperibili in commercio, apporre sulle confezioni sia la data di ricevimento
che quella di effettiva apertura.
Quando i reagenti e i terreni sono preparati in laboratorio per pesata dai costituenti di
base, devono essere identificati con una etichetta riportante le seguenti informazioni:
eventuale diluizione, data di preparazione, data di scadenza, modalità di conservazione,
nome del preparatore, eventuali segnali di pericolosità.
Si consiglia, per controllare l’affidabilità e la conformità alle specifiche richieste di
effettuare i seguenti controlli:
-Controllo del pH prima della sterilizzazione. Confrontare il valore misurato
mediante pHmetro tarato, con quello dichiarato in etichetta e se lo scostamento è
superiore a quello ammesso modificare il pH mediante aggiunte di NaOH o HCl 0,1
N. Da effettuare ad ogni preparazione del terreno.
-Controllo della sterilità. Porre ad incubare una piastra o un tubo contenenti il terreno
da testare, secondo le modalità previste dal metodo analitico, e verificare la
completa assenza di crescita batterica e fungina. In caso contrario scartare tutto il
lotto preparato e controllare le procedure di sterilizzazione e preparazione. Da
effettuare ad ogni preparazione del terreno.
-Controllo della fertilità del terreno da testare, cioè la sua idoneità alla crescita del
germe. Strisciare sulla superficie del terreno solido o inoculare nel brodo un’ansata
di una brodocoltura allestita con un ceppo puro certificato di riferimento. Incubare
con le modalità previste dal metodo analitico e verificare la crescita di colonie con le
caratteristiche morfologiche tipiche. Ogni laboratorio dovrà stabilire la frequenza di
controllo.
240
-Controllo della selettività del terreno da testare mediante l’inibizione di crescita di
un germe opportunamente scelto. Strisciare sul terreno solido o inoculare nel brodo
un’ansata di brodocoltura allestita a partire da un ceppo puro certificato la cui
crescita dovrebbe essere inibita nel substrato in esame; incubare con le stesse
modalità indicate dal metodo analitico e verificare l’assenza di crescita di colonie.
Ogni laboratorio dovrà stabilire la frequenza di controllo.
Per quanto riguarda i ceppi microbici di controllo per lo svolgimento delle prove di
fertilità e selettività dei terreni colturali si rimanda alle indicazioni fornite dalle ditte
produttrici.
Tutti i controlli effettuati dovranno essere accuratamente documentati, cioè registrati ed
archiviati.
4. Controllo della ripetibilità del metodo
Su campioni di acqua destinata al consumo umano si deve effettuare il conteggio dei
microrganismi presenti applicando i metodi di prova indicati nel DPR n. 236 del 24
maggio 1988 relativo alla qualità delle acque destinate al consumo umano.
La valutazione dell’incertezza di misura e della ripetibilità del dato analitico risulta
molto critica ai livelli previsti dalla normativa. Vengono di seguito riportati alcuni
modelli per il calcolo e la verifica della ripetibilità e dell’incertezza di misura all’interno
dei laboratori.
Vista la complessità dell’argomento, la sua novità in campo microbiologico e la
necessità di un progressivo approfondimento, si auspica che ogni laboratorio sperimenti
e verifichi al suo interno l’applicabilità dei metodi proposti.
E’ necessario innanzitutto specificare che, per i controlli analitici da effettuare in
microbiologia delle acque, per ciascun metodo dovrà essere fornito almeno il valore di
ripetibilità interno del laboratorio.
Per calcolare la ripetibilità di un metodo è necessario che uno stesso operatore svolga
una serie di almeno 10 prove sullo stesso campione di acqua. Il valore medio deve
essere calcolato nel modo consueto per ciascuna serie di prove effettuate. Calcolare lo
scarto quadratico medio mediante la seguente formula:
1
)(
1
2
-
-
=
å
=
n
xx
S
n
i
i
dove:
x = valore medio calcolato
x = valore riscontrato per la singola prova
n = numero di prove
241
Il valore di ripetibilità r è quindi calcolato con la formula:
r = 2 × t × s
dove:
t = t di Student relativo al numero di prove svolte ed ai gradi di libertà considerati
relativamente al 95% di probabilità (per 10 prove il t di Student corrisponde a
2,2622).
In questo caso il valore r corrisponde a:
r = 3,2 × s
Per valori di lettura compresi fra 0 e 15 U.F.C è possibile riferirsi alla Tabella 1 rilevata
dalla norma ISO 7218: 1996 “Microbiology of food and animal feeding stuff - General
rules for microbiological examinations” per le singole specie di microrganismi e alla
Tabella 2, rilevata dalla stessa norma, per la valutazione della carica batterica totale.
Quando si devono esaminare campioni di acqua in alimentazione agli impianti di
potabilizzazione oppure provenienti da corsi d’acqua o bacini superficiali è probabile
riscontrare valori di microrganismi superiori a 20 unità pertanto, in questi casi, è
consigliabile valutare l’incertezza di misura applicando il modello di distribuzione di
Poisson e calcolare la “ripetibilità” in termini di scarto tipo di questa distribuzione.
Sulla base del modello di distribuzione di Poisson si ha:
-il valore della varianza è numericamente uguale al valore del conteggio effettuato
(C);
-lo scarto tipo risulta essere la radice quadrata del conteggio stesso.
Per una singola prova possiamo pertanto assumere che l’intervallo di confidenza sia
assunto come:
C ± 2 × s
dove:
C = conteggio delle colonie presenti sulla piastra Petri;
s = scarto tipo espresso come
Il controllo della ripetibilità del dato analitico può essere effettuato eseguendo prove in
doppio (stesso campione e stesso operatore) e verificando poi se la seguente equazione
viene rispettata:
C .
X1 -X 2
£ 2× X1 + X2
dove:
242
X1 e X2 sono rispettivamente i due conteggi della prova ripetuta.
X1 -X2
Se
£ 2× X1 + X 2 la differenza è accettabile;
se
£ 3 × X1 + X 2 la differenza è accettabile con riserva;
X1 -X 2
X1 -X 2
> 3 × X + X
se
1 2 la differenza è anomala.
Se l’espressione data viene rispettata è possibile effettuare la media delle due prove per
dare il valore, espresso come conteggi, nel campione in esame.
Tabella 1 (informativa). Limiti dell’intervallo di confidenza a
livello di significatività 95% del conteggio effettuato su una piastra Petri.
Numero di Limite di confidenza 2
Errore percentuale
1
microrganismi
inferiore superiore inferiore superiore
1 < 1 6 -97 + 457
2 < 1 7 -88 + 261
3 < 1 9 -79 + 192
4 1 10 -73 + 156
5 2 12 -68 + 133
6 2 13 -63 + 118
7 3 14 -60 + 106
8 3 16 -57 + 97
9 4 17 -54 + 90
10 5 18 -52 + 84
11 6 20 -50 + 79
12 6 21 -48 + 75
13 7 22 -47 + 71
14 8 24 -45 + 68
15 8 25 -44 + 65
1 Equivalente al numero di colonie presenti sulla piastra.
2 Riferito al conteggio dei microrganismi della prima colonna.
243
Tabella 2 (informativa). Limiti dell’intervallo di confidenza a
livello di significatività 95% del conteggio effettuato su due piastre Petri
Numero di
colonie
1
Numero di
Microrganismi
Limite di confidenza
inferiore superiore
Errore percentuale
2
inferiore superiore
1
2
3
4
5
1
1
2
2
2
< 1
< 1
< 1
1
1
3
4
4
5
6
- 97
- 88
- 79
- 73
- 68
+ 457
+ 261
+ 192
+ 156
+ 133
6
7
8
9
10
3
4
4
4
5
1
2
2
2
2
6
7
8
9
9
- 63
- 60
- 57
- 54
- 52
+ 118
+ 106
+ 97
+ 90
+ 84
11
12
13
14
15
6
6
6
7
8
3
3
3
4
4
10
10
11
12
12
- 50
- 48
- 47
- 45
- 44
+ 79
+ 75
+ 71
+ 68
+ 65
16
17
18
19
20
8
8
9
10
10
5
5
5
6
6
13
14
14
15
15
- 43
- 42
- 41
- 40
- 39
+ 62
+ 60
+ 58
+ 56
+ 54
21
22
23
24
25
10
11
12
12
12
6
7
7
8
8
16
17
17
18
18
- 38
- 37
- 36
- 36
- 35
+ 53
+ 51
+ 50
+ 49
+ 48
26
27
28
29
30
13
14
14
14
15
8
9
9
9
10
19
20
20
21
21
- 35
- 34
- 34
- 33
- 32
+ 47
+ 46
+ 45
+ 44
+ 43
1 Conta totale su due piastre Petri per lo stesso campione.
2 Riferito al valore di microrganismi della seconda colonna.
244
ESEMPIO 1: Supponiamo di avere riscontrato i seguenti valori in due prove
consecutive indipendenti effettuate sullo stesso campione dallo stesso operatore X1 = 20
e X2 = 29; avremo che la differenza in termini numerici è 9 e la radice quadrata della
somma è 7 (che è anche il valore dello scarto tipo di (X1 - X2) secondo la distribuzione
di Poisson).
Pertanto 9 è minore di (2 × 7)= 14, quindi la differenza viene accettata.
ESEMPIO 2: Supponiamo di avere riscontrato i seguenti valori in due prove
consecutive indipendenti effettuate sullo stesso campione dallo stesso operatore X1 = 17
e X2 = 32; avremo che la differenza in termini numerici è 15 e la radice quadrata della
somma è 7 (che è anche il valore dello scarto tipo di (X1 - X2) secondo la distribuzione
di Poisson) pertanto 15 non è minore di (2 × 7)= 14, ma è minore di (3 × 7)= 21, quindi la
differenza viene accettata con riserva.
ESEMPIO 3: Supponiamo di avere riscontrato i seguenti valori in due prove
consecutive indipendenti effettuate sullo stesso campione dallo stesso operatore X1 = 13
e X2 = 36; avremo che la differenza in termini numerici è 23 e la radice quadrata della
somma è 7 (che è anche il valore dello scarto quadratico medio di (X1 - X2) secondo la
distribuzione di Poisson).
Pertanto 23 non è minore di (2 × 7)= 14, non è minore di (3 × 7)= 21, ma è maggiore di
(3 × 7) = 21 quindi la differenza è anomala.
Nota:
Benché questa guida fornisca uno schema generale per valutare l’incertezza, essa non
può sostituirsi al pensiero critico, all’onesta intellettuale ed alla capacità professionale.
La valutazione dell’incertezza non è né compito di routine, né un esercizio puramente
matematico, ma dipende dalla conoscenza approfondita della natura del misurando e
della misurazione.
La qualità e l’utilità dell’incertezza attribuita al risultato di una misurazione dipendono
pertanto, in definitiva, dall’approfondimento, dall’analisi critica e dall’integrità morale
di chi contribuisce ad assegnare il valore.
BIBLIOGRAFIA
ISO 7218:1996 -Microbiology of food and animal feeding stuff -General rules for microbiological
examinations.
UNI CEI 9: Giugno 1997 - Guida all’espressione dell’incertezza di misura.
245
DETERMINAZIONE DELLE ALGHE
0. Generalità e definizioni
Il fitoplancton ha un ruolo basilare nell’ecosistema acquatico: è produttore primario di
materia organica attraverso la fotosintesi, e rappresenta il primo anello della catena
alimentare acquatica. Con adeguate temperature, le microalghe possono produrre spessi
strati di cellule nei laghi e negli stagni eutrofizzati. Queste fioriture possono essere
costituite da Cianoficee (alghe verdi-azzurre), alcune specie delle quali sono in grado di
produrre tossine che possono causare malattie e morte in animali domestici e selvatici, e
possono diventare un problema sanitario per la salute umana tramite la contaminazione
dell’acqua per uso potabile o delle acque di balneazione. Le tossine prodotte dalle
Cianoficee passano indenni attraverso i sistemi di potabilizzazione ordinari e diversi
episodi tossici legati al consumo di acqua potabile contaminata o al suo uso in ambienti
ospedalieri intervenuti in Brasile, Cina ed Australia, hanno fatto sì che fossero poste
all’attenzione scientifica mondiale come uno dei principali rischi sanitari derivanti dalla
eutrofizzazione delle acque interne.
Le specie di Cianoficee tossiche dulcacquicole attualmente conosciute nel territorio
italiano sono elencate nelle Tabelle 1-10. Tra queste, le specie tossiche più
frequentemente responsabili di fioriture nel nostro paese sono Microcystis aeruginosa,
Oscillatoria rubescens, Anabaena flos-aquae e Aphanizomenon flos-aquae. A parità di
presenza di nutrienti, le temperature atmosferiche che favoriscono le fioriture sono
diverse a seconda della specie coinvolta: se per Aphanizomenon flos-aquae sono
necessarie temperature estive, per M. aeruginosa e Anabaena flos-aquae in generale
sono più propizie temperature tardo-estive od autunnali, e per O. rubescens sono
necessarie temperature di pieno autunno, o d’inverno.
Le Cianoficee sono le alghe maggiormente responsabili di fioriture tossiche nel nostro
territorio, ed i principali gruppi di tossine da esse prodotti sono:
-le epatotossine microcistine e nodularine, così nominate dalle prime specie da cui
sono state isolate (Microcystis aeruginosa e Nodularia spumigena). Le microcistine
sono prodotte, oltre che dalla specie di primo isolamento, anche da diverse altre
specie dei generi Microcystis, Oscillatoria, Anabaena e Nostoc. Esse sono le più
comuni tossine d’acqua dolce: sono eptapeptidi ciclici contenenti un aminoacido
idrofobico peculiare, l’ADDA (acido 3-amino-9-metossi-2,6,8-trimetil-10-fenildeca4,6-
dienico) ed un insolito residuo, l’MDHA (N-metildeidroalanina), sito d’attacco
sulla molecola bersaglio.
Ambedue inibitrici delle proteinfosfatasi 1, 2a, parte della 2c e 3, queste famiglie di
tossine promuovono epatotossicità e gastroenterite acuta nei mammiferi intossicati, e
sono agenti promotori di tumori epatici ed epiteliali se assunte cronicamente in dosi
subacute. Finora sono state descritte 60 diverse microcistine, di cui la più studiata è
la microcistina-LR, caratterizzata da una LD50 nel topo di circa 30 mg/kg di peso
corporeo i.p.;
246
Tabella 1. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo. Le seguenti specie
producono tossine del gruppo ASP, che esplica i suoi effetti sull’uomo mediante sintomi neurologici.
Specie algali Autori Modalità di trasmissione
Amphora coffeaeformis (Agardh) Kutzing Ingestione di molluschi
Pseudo-nitzschia delicatissima
Nitzschia delicatissima *
Nitzschia actydrophila *
(Cleve) Heiden
Cleve
Hasle
Ingestione di molluschi
Pseudo-nitzschia pseudodelicatissima
Nitzschia pseudodelicatissima *
Nitzschia delicatula *
(Hasle) Hasle
Hasle
Hasle
Ingestione di molluschi
* sinonimo del termine precedente.
Tabella 2. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo. Le seguenti specie
producono tossine del gruppo PSP, che esplica i suoi effetti sull’uomo mediante sintomi neurologici.
Specie algali Autori Modalità di trasmissione
Alexandrium andersonii Balech Ingestione di molluschi
Alexandrium minutum
Alexandrium ibericum *
Halim
Balech
Ingestione di molluschi
Alexandrium tamarense
Gonyaulax tamarensis *
Gonyaulax tamarensis var. exavata *
Gonyaulax excavata *
Gessnerium tamarensis *
Protogonyaulax tamarensis *
Alexandrium excavatum *
(Lebour) Balech
Lebour
Braarud
(Braarud) Balech
(Lebour) Loeblich & Loeblich
(Lebour) Taylor
(Braarud) Balech & Tangen
Ingestione di molluschi
Lingulodinium polyedrum
Gonyaulax polyedra *
(Stein) Dodge
Stein
Ingestione di molluschi
* sinonimo del termine precedente.
247
Tabella 3. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo. Le seguenti specie
producono tossine del gruppo DSP, che esplica i suoi effetti sull’uomo mediante sintomi gastroenterici.
Specie algali Autori Modalità di trasmissione
Dinophysis acuminata Claparéde & Lachmann Ingestione di molluschi
Dinophysis acuta Ehrenberg Ingestione di molluschi
Dinophysis caudata Saville – Kent Ingestione di molluschi
Dinophysis fortii Pavillard Ingestione di molluschi
Dinophysis mitra
Phalacroma mitra *
Schutt Ingestione di molluschi
Dinophysis rotundata
Phalacroma rotundatum *
(Claparéde & Lachmann)
Koford & Michener
Ingestione di molluschi
Dinophysis sacculus Stein Ingestione di molluschi
Dinophysis tripos Gourret Ingestione di molluschi
Prorocentrum lima
Exuviaella marina *
Exuviaella lima *
(Ehrenberg) Dodge
Cienkowski
(Ehrenberg) Bütschli
Ingestione di molluschi
Protoceratium reticulatum
Gonyaulax grindleyi *
(Claparéde & Lachmann)
Bütschli
Reinecke
Ingestione di molluschi
* sinonimo del termine precedente.
248
Tabella 4. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo.
Le seguenti specie producono tossine diverse, con effetti variabili sull’uomo.
Modalità di
Specie algali Autori Tossine Effetto sull’uomo
trasmissione
Coolia monotis
Oscillatoria
nigroviridis
Ostreopsis ovata
Schizothrix calcicola
Meunier Cooliatossina
Thwaites Debromoaplysia
Fukuyo Emolitiche
(Agardh) Idrofile
Gomont Debroaplysia
Ciguatera
Dermigeno
Gastroenterico
Neuroepatotossico
Ciguatera
Dermigeno
Gastroenterico
Neuroepatotossico
Ingestione di pesci
Ingestione e
contatto con acqua
Ingestione di pesci
Ingestione e
contatto con acqua
Tabella 5. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo.
Le seguenti specie sono macroalghe bentoniche diffuse lungo le coste italiane.
Specie algali Autori Tossine Effetto
sull’uomo
Modalità di
trasmissione
Alsidium
helmintochorton
(La Tourette)
Kuetzing
Acido kainico ° ASP Ingestione di pesci
Anadyomene stellata
(Wulfen)
C. Agardh
Diterpenoidi
Gastroenterico
Epatotossico
Ingestione di pesci
Caulerpa taxifolia (Vahl) C. Agardh
Caulerpine e
Caulerpenine
Gastroenterico
Epatotossico
Ingestione di pesci
(Sparidi)
Cystoseira sp. C. Agardh Diterpenoidi
Gastroenterico
Epatotossico
Ingestione di pesci
(Sparidi)
Flabellia petiolata
Udotea petiolata *
(Turra)
Nizamuddin
(Turra)
Boergesen
Diterpenoidi
Gastroenterico
Epatotossico
Ingestione di pesci
Halimeda tuna
(Ellis & Solander)
Lamouroux
Diterpenoidi
Gastroenterico
Epatotossico
Ingestione di pesci
* sinonimo del termine precedente; ° analogo dell’acido domoico.
249
Tabella 6. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo.
Le seguenti specie producono tossine che esplicano effetto sulla fauna ittica.
Specie algali Autori Tossine Effetto sulla
fauna
Alexandrium pseudogonyaulax Horiguchi Goniodomina
Moria di
molluschi
Amphidinium carterae Hulburt Amfidinolidi
Moria di
molluschi e pesci
Chrysochromulina polylepis Manton & Parker Primnesina
Moria di
molluschi e pesci
Cochlodinium polykrikoides
Cochlodinium heterolobatum *
Margalef
Silva
Ittiotossina n.i.
Moria di
molluschi e pesci
Gymnodinium mikimotoi
Gymnodinium nagasakiense *
Gyrodinium aureolum *
Miyake – Kominami ex Oda
Takayama & Adachi
Hulburt
Gimnodinina
Moria di
molluschi e pesci
Gymnodinium pulchellum Larsen
Emolitiche e
ittiotossine
Moria di
molluschi e pesci
Gymnodinium sanguineum
Gymnodinium splendens *
Hirasaka
Lebour
Ittiotossina n.i.
Moria di
molluschi e pesci
Heterosigma akashiwo Hada ex Hara e Chihara Acido grasso
Moria di
molluschi e pesci
Prorocentrum minimun
Exuviaella minima *
(Pavillard) Schiller
Pavillard
Venerupina
Moria di
molluschi e pesci
Prymnesium calathiferum Chang & Ryan Primnesina
Moria di
molluschi e pesci
Prymnesium patelliferum Green, Hibberd & Pienaar Primnesina
Moria di
molluschi e pesci
Prymnesium parvum Carter Primnesina
Moria di
molluschi e pesci
Synechococcus sp. Nageli
Galattopiranosil
lipidi emolitici
Moria di pesci
* sinonimo del termine precedente; n.i.: non identificata.
250
Tabella 7. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nelle acque dolci italiane.
Effetto Modalità di
Specie algali Autori Tossine
sull’uomo trasmissione
Anabaena circinalis
Anabaena flos-aquae
Anabaena hassallii
Anabaena
lemmermannii
Anabaenopsis
milleri
Anabaena spiroides
var. contracta
Anabaena variabilis
Aphanizomenon
flos-aquae
Aphanizomenon
ovalisporum
Cylindrospermopsis
raciborskii
Coelosphaerium
kutzingianum
Fischerella
epiphytica
Rabenhorst
(Lyngbye)
Brebisson
(Kutzing)
Wittrock
P.Richter
Woronichin
Klebhan
Kutzing
(Linnaeus)
Ralfs
(Forti)
(Woloszynska)
Seenaya &
Subba Raju
Nageli
Ghose
Microcistine
Anatossina-A
Saxitossine
Microcistine
Anatossina-A
Anatossine
Anatossine
Anatossine
Anatossine
Microcistine
Anatossine
Saxitossine
Cilindrospermopsina
Microcistine
Cilindrospermopsina
Tossina n.i.
Tossina n.i.
Dermigeno
Neuroepatotossico
Dermigeno
Neuroepatotossico
Neurotossico
Neurotossico
Neurotossico
Dermigeno
Neuroepatotossico
Neurotossico
Neurotossico
Dermigeno
Epatotossico
Dermigeno
Epatotossico
Neuroepatotossico
Neuroepatotossico
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
(continua)
251
Tabella 7 (segue).
Effetto Modalità di
Specie algali Autori Tossine
sull’uomo trasmissione
Gloeotrichia (J.E.Smith)
echinulata P.Richter
Gomphosphaeria
Chodat
lacustris
Gomphosphaeria (Unger)
nageliana Lemmermann
Hapalosiphon
(Agardh) Bornet
fontinalis
Lyngbya wollei (Gomont) Farlow
Microcystis
Kutzing
aeruginosa
Microcystis botrys Teiling
(A. Br.)
Microcystis viridis
Lemmermann
Microcystis
Komarek
wesembergii
(Roth)
Nostoc linckia
Bornet & Flahault
Nostoc paludosum Kutzing
Tossina n.i.
Tossina n.i.
Tossina n.i.
Apalindoli
Saxitossine
Microcistine
Microcistine
Microcistine
Microcistine
Microcistine
Nodularine
Microcistine
Nodularine
Neuroepatotossico
Neuroepatotossico
Neuroepatotossico
Neuroepatotossico
Neurotossico
Dermigeno
Gastroenterico
Epatotossico
Dermigeno
Gastroenterico
Epatotossico
Dermigeno
Gastroenterico
Epatotossico
Dermigeno
Gastroenterico
Epatotossico
Dermigeno
Gastroenterico
Epatotossico
Dermigeno
Gastroenterico
Epatotossico
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
(continua)
252
Tabella 7 (segue).
Effetto Modalità di
Specie algali Autori Tossine
sull’uomo trasmissione
Nostoc rivulare
Nostoc zetterstedtii
Oscillatoria
acutissima
Oscillatoria agardhii
rubescens
Oscillatoria formosa
Phormidium
formosum *
Pseudoanabaena
catenata
Scytonema ocellatum
Scytonema
pseudohofmanni
Tolypothrix byssoidea
Kutzing
Areschoug
Kufferath
Gomont
Bory
(Bory)
Anagnostidis
& Komarek
Lauterborn
Lyngbye ex
Bornet e
Flahault
Bharadwaja
(Hass)
Kirchner
Microcistine
Nodularine
Microcistine
Nodularine
Acutificine
Microcistine
Microcistine
Omoanatossina A
Anatossina A
Scytoficine
Scytoficine
Tubercidina
Dermigeno
Gastroenterico
Epatotossico
Dermigeno
Gastroenterico
Epatotossico
Dermigeno
Dermigeno
Gastroenterico
Epatotossico
Dermigeno
Gastroenterico
Neuroepatotossico
Neurotossico
Neuroepatotossico
Neuroepatotossico
Neuroepatotossico
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione e
contatto con acqua
Aerosol
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
Ingestione di
acqua
* sinonimo del termine precedente; n.i.: non identificata.
253
Tabella 8. Specie presente in acque dolci europee; produce una tossina che esplica effetti sulla fauna
ittica.
Specie algali Autori Tossine Effetto acuto sulla fauna
Peridinium polonicum Woloszynska Glenodinina Moria di pesci
Tabella 9. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti in altri mari.
Effetto Modalità di
Specie algali Autori Tossine
sull’uomo trasmissione
Alexandrium acatenella
Gonyaulax acatenella *
Alexandrium
angustitabulatum
Alexandrium catenella
Gonyaulax catenella *
Gessnerium acatenellum *
Protogonyaulax acatenella *
Alexandrium cohorticula
Protogonyaulax cohorticula *
Alexandrium fraterculus
Gonyaulax fratercula *
Gessnerium fraterculum *
Protogonyaulax fratercula *
Alexandrium fundyense
(Whedon & Kofoid)
Balech
Whedon & Kofoid
Taylor in Balech
(Whedon & Kofoid)
Balech
Whedon & Kofoid
(Whedon & Kofoid)
Loeblich & Loeblich
(Whedon & Kofoid)
Taylor
(Balech) Balech
(Balech) Taylor sec.
Kodama et al., 1988
(Balech) Balech
Balech
(Balech)
Loeblich & Loeblich
(Balech) Taylor
Balech
Gruppo PSP
Gruppo PSP
PSP
PSP
Ingestione di
molluschi
Ingestione di
molluschi
Gruppo PSP PSP
Ingestione di
molluschi
Gruppo PSP PSP
Ingestione di
molluschi
Gruppo PSP
Gruppo PSP
PSP
PSP
Ingestione di
molluschi
Ingestione di
molluschi
(continua)
254
Tabella 9 (segue).
Effetto Modalità di
Specie algali Autori Tossine
sull’uomo trasmissione
Ingestione di
Alexandrium lusitanicum Balech Gruppo PSP PSP
molluschi
(Paulsen)
Alexandrium ostenfeldii
Balech & Tangen
Goniodoma ostenfeldii * Paulsen
Gonyaulax ostenfeldii * (Paulsen) Paulsen Ingestione di
Spirolodi Neurotossine
Gonyaulax globosa * (Braarud) Balech molluschi
Protogonyaulax globosa (Braarud) Taylor
(Paulsen)
Gessnerium ostenfeldii *
Loeblich & Loeblich
Ingestione di
Alexandrium tamiyavanichi Balech Gruppo PSP PSP
molluschi
Claparede & Ingestione di
Dinophysis norvegica Gruppo DSP DSP
Lachmann molluschi
Ingestione
Gambierdiscus toxicus Adachi & Fukuyo Ciguatossina Ciguatera
di pesci
Gymnodinium breve Davis Ingestione di
molluschi
Dermigeno
Brevetossina Contatto con
Ptychodiscus brevis * (Davis) Steidinger NSP
acqua
Aerosol
Hormothamnion Ingestione
Grunow Ormotamnine Epatotossico
enteromorphoides di acqua
Dermigeno
Ingestione e
Debromo-Gastroenterico
Lyngbya majuscola Harvey contatto con
aplysiatossina Neuro-
acqua
epatotossico
Dermigeno Ingestione
Nodularia spumigena
Mertens Nodularina Gastroenterico di acqua
Epatotossico Aerosol
(continua)
255
Tabella 9 (segue).
Specie algali Autori Tossine Effetto
sull’uomo
Modalità di
trasmissione
Ostreopsis heptagona
Noms, Bomber &
Balech
Tossine n.i. Ciguatera
Ingestione
di pesci
Ostreopsis lenticularis Fukuyo Ostreotossina Ciguatera
Ingestione
di pesci
Ostreopsis mascarenensis Quod Tossine n.i. Ciguatera
Ingestione
di pesci
Ostreopsis siamensis Schmidt Tossine n.i. Ciguatera
Ingestione
di pesci
Ostr Palmaria palmata
(Linnaeus)
O. Kuntze Acido kainico ° ASP
Ingestione
di pesci
Prorocentrum cassubicum
Exuviaella cassubica *
(Woloszynsska)
Dodge
Ehrenberg
Gruppo DSP
Acidi grassi
tossici
DSP
Ingestione di
molluschi
Prorocentrum concavum Fukuyo
Gruppo DSP
Acidi grassi
tossici
DSP
Ingestione di
molluschi
Prorocentrum
hoffmannianum
Faust
Gruppo DSP
Acidi grassi
tossici
DSP
Ingestione di
molluschi
Prorocentrum maculosum Faust Gruppo DSP DSP
Ingestione di
molluschi
(probabile)
Prorocentrum mexicanum Tafall
Gruppo DSP
Acidi grassi
tossici
DSP
Ingestione di
molluschi
Pseudo-nitzschia australis
Pseudo-nitzschia
pseudoseriata *
Frenguelli
Hasle
Gruppo ASP
ASP
Ingestione di
molluschi
(continua)
256
Tabella 9 (segue).
Effetto Modalità di
Specie algali Autori Tossine
sull’uomo trasmissione
Pseudo-nitzschia
(Hasle) Hasle
multiseries
Nitzschia pungens var. Gruppo ASP Ingestione di
Hasle ASP
multiseries * molluschi
Pseudo-nitzschia
Hasle
pungensvar. multiseries *
Pseudo-nitzschia seriata
(Cleve) H. Peragallo Gruppo ASP Ingestione di
var. seriata ASP
molluschi
Nitzschia seriata * Cleve
Pyrodinium bahamense var. (Bohm) Steidnger, Ingestione di
Gruppo PSP PSP
Plate compressum Tester & Taylor molluschi
Neuro-Ingestione
Synechocystis sp. Sauvageau Anatossina-C
epatotossico di acqua
Dermigeno Contatto
Gastroenterico con acqua
Trichodesmium erythraeum Ehrenberg Ciguatossine
Neuro-Ingestione di
epatotossico acqua e pesci
Dermigeno
Gastroenterico Ingestione
Ulva pertusa C. Agardh Tossina n.i.
Neuro-di pesci
epatotossico
* sinonimo del termine precedente; ° analogo dell’acido domoico; acqua salmastra; acqua dolce e
marina; n.i.: non identificata.
257
Tabella 10. Specie presenti in altri mari e che producono tossine con effetti sulla fauna ittica.
Specie algali Autori Tossine Effetto acuto
sulla fauna
Alexandrium monilatum (Howell) Taylor
Ittiotossina
Emolisina
Moria di
molluschi e pesci
Amphidinium klebsii Kofoid & Swezy Amfidinolidi
Moria di
molluschi e pesci
Aureococcus
anophagefferens
Hargraves & Sieburth
Componente della
membrana cellulare
Moria di
molluschi
Chattonella antiqua (Hada) Ono
Itttiotossina n.i.
Tossina emolitica
Perossido di idrogeno
Radicali idrossilici
Moria di
molluschi e pesci
Chattonella marina
(Subrahmanyan)
Hara & Chihara
Neurotossine
Acidi lipoteicoici emolitici
Perossido di idrogeno
Radicali idrossilici
Moria di
molluschi e pesci
Chrysochromulina
leadbeateri
Estep, Daws,
Hargraves & Sieburth
Primnesina
Moria di
molluschi e pesci
Fibrocapsa japonica Toriumi & Takano Fibrocapsina
Moria di
molluschi e pesci
Gymnodinium
galatheanum
Woloszynskia micra *
Gymnodinium micrum *
Braarud
Leadbeater & Dodge
(Leadbeater & Dodge)
Loeblich III
Itttiotossina n.i.
Moria di
molluschi e pesci
Gymnodinium veneficum
Gymnodinium vitiligo *
Ballantine Neurotossina
Moria di
molluschi
Pfiesteria piscicida Steidinger Neurotossina
Moria di
molluschi e pesci
Prorocentrum balticum
Exuviaella baltica *
(Lohmann) Loeblich
Lohmann
Itttiotossina n.i. Moria di pesci
* sinonimo del termine precedente; n.i.: non identificata.
258
-le saxitossine aphantossine (da Aphanizomenon flos-aquae, Anabaena circinalis e,
recentemente aggiunta, Lyngbya wollei), composti guanidinici eterociclici, potenti
bloccanti della conduzione dei canali del sodio, responsabili di gastroenteriti acute,
paralisi e morte;
-le anatossine (da Anabaena flos-aquae e Cylindrospermopsis sp.) ed omoanatossine
(da Oscillatoria formosa), potenti bloccanti neuromuscolari post-sinaptici e
depolarizzanti, ed anticolinesterasi irreversibili, responsabili anch’esse di
gastroenteriti acute, paralisi e morte;
-lipopolisaccaridi da numerose specie.
Oltre alle tossine, le alghe possono produrre una grande varietà di sostanze, molte delle
quali sono dotate di proprietà odorose acute e persistenti che possono rendere l’acqua
potabilizzata inaccettabile per gli utenti.
Insieme alle Cianoficee, delle cui specie il 45% impartisce odori o sapori particolari
all’acqua, anche altri taxa di alghe producono un gran numero di sostanze odorose: le
Crisoficee, le Criptoficee, il 14% delle specie di Dinoficee pigmentate, il 20% delle
specie delle Cloroficee, ed il 21% delle specie di Diatomee. Le sostanze prodotte sono
tra le più varie, e comprendono geosmina, metilisoborneolo, alcani, alcooli, idrocarburi
alifatici saturi ed insaturi, tra cui n-eptani, aldeidi, chetoni, esteri, tioesteri, mercaptani e
sostanze solforate. Oltre a questi metaboliti, al momento della morte e decomposizione
le alghe rilasciano tra vari composti eterogenei anche composti fenolici, che durante i
processi di disinfezione e potabilizzazione possono trasformarsi in clorofenoli. Le alghe
morte sono a loro volta substrato per attinomiceti, batteri, funghi ed invertebrati,
anch’essi produttori di odori e sapori.
I principali composti chimici odorosi prodotti dalle alghe sono costituiti:
-dalla geosmina, prodotto intracellulare con odore di terra, intermedio della sintesi
dei carotenoidi e della clorofilla liberato con la morte o il decadimento cellulare, che
si presenta come un olio neutro con punto di ebollizione a 270°C; induce proteste
negli utenti a partire da un livello di 30-45 ng/L, ed è caratteristica delle Cianoficee
Anabaena macrospora, Anabaena circinalis, Oscillatoria brevis, Oscillatoria
bornetii e Planktothrix aghardii;
-dal 2-metilisoborneolo, forma enantiomera della d-canfora, anch’esso prodotto
intermedio della sintesi degli isoprenoidi nelle Cianoficee; induce proteste a partire
da 8-10 ng/L ed è prodotto, tra le varie specie, da Phormidium tenue, Oscillatoria
raciborskii, Oscillatoria cortiana ed Oscillatoria tenuis ;
-da lattoni, tra cui il mucidone, e dalla 2-isopropil-3-metossipirazina;
-da aldeidi come eptanale ed esanale, prodotte da Uroglena e Dinobryon, e decanale,
prodotta da Uroglena, Dinobryon ed Asterionella formosa;
-dall’octatriene, prodotto da Asterionella formosa e Fragilaria crotonensis;
-dal b-ciclocitrale, prodotto da Microcystis.
Alcune Oscillatoriacee, come O. brevis e Phormidium tenue, ed in misura minore O.
tenuis ed Anabaena macrospora, vengono avvantaggiate nella crescita e nella
produzione di 2-metilisoborneolo dalla presenza di ioni ferro, che possono utilizzare
259
sotto diverse forme. La geosmina viene rilasciata da Anabaena circinalis, O. brevis ed
O. bornetii durante la lisi cellulare che caratterizza la fase stazionaria.
La normativa auspica l’assenza di alghe nell’acqua potabile in quanto, in particolari
circostanze, la loro presenza può renderne pericolosa l’assunzione, come anche ribadito
dal Decreto del Ministro della Sanità del 26 marzo 1991.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per le acque sorgive, sotterranee e superficiali,
destinate o da destinare al consumo umano.
2. Principio del metodo
Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza
di alghe, con il metodo di seguito presentato viene data la possibilità di quantificarne, se
presente, il numero nelle acque destinate al consumo umano.
La procedura analitica si basa sull’identificazione microscopica delle specie algali
potenzialmente tossiche presenti in un campione d’acqua dolce e sul calcolo del loro
numero per litro, mediante un’apposita equazione.
3. Strumentazione e vetreria
Per lo svolgimento del metodo, oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v.
Appendice 1) è necessario avere a disposizione:
-bottiglie di vetro Pyrex chiare e scure da 1 L, o bottiglie di teflon da 1 L;
-bottiglie per campionamento tipo Van Dorn, Ruttner o Niskin da almeno 2,5 L di
capacità, con apposito verricello a mano o collegato ad un motorino elettrico;
-o in alternativa, Pompe a diaframma alimentate a batteria e collegate a tubi, che
consentono il prelievo di acqua da profondità prefissate.
-invertoscopio attrezzato con obiettivi per ottenere ingrandimenti almeno fino a 300
x;
-pozzetti di sedimentazione da 25 mL.
4. Reagenti
4.1. Soluzione di Lugol
Composizione:
Iodio 10 g
Ioduro di potassio 20 g
260
Acqua distillata 200 mL
Acido acetico glaciale 20 mL
Sciogliere i componenti nell’acqua distillata, ed aggiungere al momento del
campionamento l’acido acetico glaciale, che dovrà raggiungere una concentrazione
finale dell’1%. Aggiungere la soluzione a 1 L di campione in quantità tale che questo
assuma un colore giallo ambrato. Conservare il campione colorato al buio fino all’arrivo
in laboratorio.
5. Procedura
5.1. Campionamento
L’obiettivo di un programma di monitoraggio ed allerta dovrebbe essere quello di:
-identificare le Cianoficee e stimarne la quantità rispetto al restante fitoplancton;
-se le Cianoficee presenti superano il 15-20% del totale, adottare un programma di
monitoraggio settimanale per individuare i popolamenti di specie potenzialmente
tossiche e controllarne l’evoluzione prima che sviluppino fioriture di massa;
-avvertire le autorità responsabili della eventuale presenza di specie tossiche o
potenzialmente tossiche in rapido aumento.
Nel caso di prelievo di campioni in corpi idrici, la scelta dei punti di campionamento
dovrà garantire la significatività dei risultati in rapporto all’indice di sinuosità del corpo
d’acqua esaminato, ed alla sua profondità. In un invaso, il numero minimo di stazioni
dovrà comprendere i quattro punti cardinali rivieraschi ed un punto a centro lago con
prelievi nella colonna d’acqua, ogni 5 m fino al fondo. Il prelievo di campioni lungo la
colonna d’acqua è utile per determinare la distribuzione e la frequenza dei popolamenti
algali tossici in funzione della profondità e per avere un quadro complessivo delle
condizioni chimico-fisiche dei diversi strati d’acqua a temperatura differente. Inoltre
può essere necessario, in caso di fioriture tossiche lacustri, localizzare con precisione
l’estensione verticale della fioritura, per valutare l’entità del risucchio attraverso le
bocche di presa posizionate in profondità.
Nei corpi d’acqua soggetti a stratificazione termica, il rimescolamento completo
avviene solo durante i mesi invernali. I campionamenti lungo la colonna d’acqua vanno
pertanto eseguiti ogni 5 metri a partire dalla superficie, attraverso lo strato superficiale
più caldo, l’epilimnio, fino allo strato profondo più freddo, l’ipolimnio, comprendendo
anche lo stretto strato separatore intermedio, detto termoclino, caratterizzato da una
differenza di temperatura maggiore di 1°C per ogni metro di profondit
gradiente termico di questo strato impedisce il mescolamento di epilimnio ed ipolimnio
e quindi la libera diffusione dell’ossigeno disciolto, prodotto dalle alghe o diffuso
dall’atmosfera, dalla superficie al fondo.
E’ consigliabile eseguire anche un campionamento nei pressi del fondo per controllare
l’andamento dell’ossigeno disciolto negli strati profondi durante l’anno. Il
campionamento va eseguito mediante bottiglie tipo Van Dorn, Ruttner o Niskin, di
261
capacità non inferiore a 2,5 L, dotate di chiusura comandabile a distanza con
messaggero e di un termometro a rovesciamento che registri la temperatura delle varie
profondità rilevando la posizione del termoclino durante le stagioni. La bottiglia va
calata alle varie profondità mediante un sistema a verricello. Il campione d’acqua
prelevato dovrà essere ripartito tra le diverse analisi da compiere, ficologiche e
chimiche.
Nel caso di prelievo di acqua, all’impianto, i prelievi verranno effettuati:
-prima della presa,
-dopo ogni fase di trattamento nell’impianto,
-all’uscita dell’impianto di trattamento.
Prelevare almeno 1 L di acqua per ogni campione da esaminare a circa 30 cm di
profondità e conservarlo a circa +4°C e al buio durante il trasporto in laboratorio.
5.2. Preparazione del campione
In laboratorio mescolare delicatamente 1 L di campione in una bottiglia capovolgendola
fino a 50 volte, poi riempire con l’acqua del campione un pozzetto di sedimentazione da
25 mL fino all’orlo superiore, e chiuderlo con l’apposito disco di vetro, avendo cura che
tra il menisco dell’acqua e la superficie del vetro non rimangano bolle d’aria. Lasciare
sedimentare il pozzetto per 24-48 ore (3-4 ore per ogni cm d’altezza del cilindro) e
conservare il campione residuo a circa +4°C.
I campioni devono essere sempre esaminati freschi, poiché i fissativi che ne permettono
la conservazione causano la lisi delle cellule più anziane, o dissolvono le teche.
Ove questo non sia possibile, può essere aggiunta al campione una soluzione di Lugol
(4.1.), finché l’acqua non prenda un colore giallo paglierino. In questo caso trasferire il
campione fissato in bottiglie di vetro scuro, da conservare a circa +4°C ed al buio,
avendo cura di eseguire l’esame entro 1 mese dalla fissazione. Il Lugol, infatti, causa la
lenta dissoluzione delle teche silicee delle diatomee, non permettendo di valutarne la
presenza.
Il DPR 236/88 richiede solo la verifica della eventuale presenza di alghe; tuttavia
qualora si desideri procedere al conteggio delle cellule algali in caso di acque
particolarmente oligotrofiche, sarà necessario operare la sedimentazione di 100 mL di
campione o più, adoperando opportuni speciali cilindri di sedimentazione; nei casi
estremi filtrando l’intero litro di campione su filtri di vetro, e dilavando poi il filtrato nei
pozzetti di sedimentazione.
5.3. Determinazione delle cellule algali
Al termine della sedimentazione, esaminare il pozzetto di sedimentazione con un
invertoscopio che arrivi almeno fino a 300 ingrandimenti. Il sedimentato dovrà essere
leggibile, con cellule non troppo addensate. In caso contrario, la procedura di
sedimentazione dovrà essere ripetuta, diluendo adeguatamente il campione prima di
sedimentarlo, e tenendo conto della diluizione eseguita al momento dell’eventuale
calcolo del numero di cellule per millilitro.
262
6. Conteggio ed identificazione degli organismi
Il conteggio va eseguito in genere sui singoli individui, ma in presenza di specie
coloniali difficilmente separabili può essere eseguita la conta delle colonie, o filamenti,
riferendosi nel conteggio al numero di filamenti o colonie/L, oppure, ove possibile, può
essere eseguito un conteggio delle cellule presenti in 50 o 100 filamenti o colonie,
calcolando la media delle cellule presenti e contando successivamente solo i filamenti o
le colonie presenti, moltiplicando poi questo numero per la media delle cellule calcolata.
L’esame del campione va eseguito al microscopio invertito dotato di contrasto di fase
adoperando un obiettivo che consenta un ingrandimento finale di almeno 300x. È
possibile effettuare il conteggio delle cellule su campi di dimensioni corrispondenti al
campo visivo o dell’area del reticolo inserito nell’oculare. Il numero di campi da
esaminare può essere prefissato ovvero possono essere esaminati tanti campi fino a
contare 100 unità della specie dominante.
7. Calcoli ed espressione dei risultati
Il numero totale delle cellule algali si esprime in numero N° / mL di acqua e si ottiene
dalla seguente formula:
C × At
N ° / mL =
Af × F ×V
dove:
C = N° di organismi contati
At = area totale del fondo del cilindro in mm2
Af = area di un campo in mm2
F = N° dei campi contati
V = volume del cilindro in mL.
BIBLIOGRAFIA
INNAMORATI M., FERRARI I., MARINO D., RIBERA D’ALCALÀ M. Metodi nell’ecologia del
plancton marino. Nova Thalassia 11 pp. 372, 1990.
263
DETERMINAZIONE DELLA CLOROFILLA a
0. Generalità e definizioni
Le clorofille sono molecole a struttura tetrapirrolica che legano al centro un atomo di
magnesio, a funzione di accezione fotonica durante la sintesi fotochimica. Questa
reazione consente alle piante, e quindi anche alle alghe, di avere un metabolismo
autotrofo, cioè di elaborare zuccheri a partire semplicemente da acqua ed anidride
carbonica. Esistono vari tipi di clorofille, diversamente distribuite nei phyla algali.
Il metodo che segue consente di stimare la biomassa autotrofa planctonica, tramite il
rilevamento del suo principale pigmento clorofilliano. La clorofilla a, contenuta in tutti i
phyla algali, permette di valutare la presenza complessiva di tutte le alghe, procariotiche
ed eucariotiche, che in un dato momento compongono il fitoplancton.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per le acque sorgive, sotterranee e superficiali
destinate o da destinare al consumo umano.
2. Principio del metodo
Il metodo si basa sulla determinazione spettrofotometrica della clorofilla a estratta in
acetone dalle cellule fitoplanctoniche preconcentrate su filtro. La molecola è, infatti, in
grado di assorbire la luce rossa dello spettro visibile. Acidificando l’estratto si ha la
perdita dell’atomo di magnesio dal nucleo porfirinico della clorofilla a che degrada a
feofitina. La successiva misura spettrofotometrica dell’estratto acidificato consente,
inoltre, il calcolo delle concentrazioni della feofitina a e delle clorofille b e c nel
campione originale, mediante l’applicazione di equazioni che fanno uso dei rispettivi
coefficienti di assorbimento.
In alternativa è possibile stimare le concentrazioni dei pigmenti fotosintetici mediante
fluorimetria diretta del campione. La tecnica si basa sulla misura della radiazione rossa
(680 ± 2 nm) di fluorescenza emessa dalla clorofilla a e dai pigmenti accessori in seguito
ad eccitazione con luce blu (432 ± 4 nm). Gli spettrofluorimetri disponibili sul mercato
consentono la stima della clorofilla a in un intervallo di concentrazioni compreso tra 0,01
e 10 mg/L. L’impiego di fluorimetri in situ consente, inoltre, il rilevamento in tempo reale
della biomassa autotrofa e permette di evidenziarne le caratteristiche di distribuzione
verticale ed orizzontale.
264
3. Interferenze e cause d’errore
La concentrazione del campione sul filtro deve essere effettuata con cura. Un’eccessiva
depressione creata dalla pompa aspirante avrebbe come effetto la rottura delle cellule
vegetali con il conseguente passaggio dei pigmenti attraverso il filtro.
La stabilità della clorofilla dipende in larga misura dalla luce, dalla temperatura e dal pH
del mezzo. Quindi particolare attenzione merita la manipolazione del campione e
dell’estratto.
La selezione della banda passante e delle lunghezze d’onda per le letture allo
spettrofotometro è causa frequente d’errore e pertanto va effettuata con cura. Il picco di
assorbimento della clorofilla è molto stretto e la banda passante ottimale è tra 0,5 e 2,0
nm. Con bande passanti di 20,0 nm, ad esempio, si può avere una sottostima del 40%.
L’estrazione va eseguita immediatamente per prevenire i rapidi processi degradativi ai
quali va incontro la clorofilla a contenuta nelle cellule. Al contrario, l’estratto in acetone
può essere conservato al buio ed a circa +4°C anche per una settimana.
Nelle misure fluorimetriche la corrispondenza delle misure con la reale concentrazione di
clorofilla a deve essere verificata frequentemente con dosaggi su estratti acetonici, a
causa della notevole variabilità del rapporto tra l’intensità di fluorescenza e la
concentrazione di clorofilla a nei popolamenti naturali. Le principali cause di variazione
sono:
-la presenza in mare di sostanze fluorescenti con caratteristiche spettrali interferenti
con quelle della clorofilla, come acidi umici, sostanza gialla e cellulosa;
-l’interferenza di fenomeni ottici come diffusione, autoassorbimento e quencing, che
però assumono un ruolo determinante solo con concentrazioni di pigmento molto
elevate;
-il differente stato fisiologico degli organismi algali, che può riflettersi in una variabile
efficienza di fluorescenza, a parità di contenuto di clorofilla a.
Oltre a questi fattori, possono costituire fonte di variazione i cambiamenti di temperatura
e le fluttuazioni dei nutrienti, le differenze dei vari taxa nella composizione in pigmenti, le
condizioni di stress, i ritmi biologici ed anche le modalità di svolgimento della cinetica di
induzione della fluorescenza.
Il limite di rilevabilità del metodo dipende dal volume di acqua filtrata e dalla sensibilità
dello spettrofotometro utilizzato.
4. Strumentazione e vetreria
Oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1) è necessario avere a
disposizione:
-beute da vuoto con supporti per filtri in Pyrex da 47 mm di diametro;
-centrifuga;
-filtri in acetato di cellulosa o nitrato di cellulosa (preferibile) con porosità 0,45 mm e
diametro 47 mm;
265
-manometro;
-omogeneizzatore;
-pinzette a punte piatte;
-pompa;
-provette da 10 mL con tappo a tenuta;
-sistema di omogeneizzazione a cavitazione;
-spettrofluorimetro con sensibilità estesa nella regione del rosso (800 nm);
-spettrofotometro UV/VIS.
5. Reagenti
5.1. Soluzione acquosa di acetone al 90%
Preparare al momento.
5.2. Soluzione di acido cloridrico 1 N
Composizione:
Acido cloridrico al 37% 8,2 mL
Acqua distillata
Diluire a 100 mL con acqua distillata.
6. Procedura
6.1. Campionamento e conservazione del campione
Il campione va prelevato in bottiglie scure di vetro o di plastica e trasportato entro 8 ore
in laboratorio utilizzando una borsa termica ad una temperatura di circa +4°C. Il prelievo
va effettuato a circa 30 cm sotto il pelo dell’acqua.
Si consiglia di filtrare volumi di acqua compresi tra 0,5 e 2,0 L per concentrazioni di
clorofilla comprese tra 1 e 20 mg/L.
Nel caso, poco frequente, in cui la concentrazione sia inferiore a 1 mg/L, è preferibile
utilizzare il metodo fluorimetrico, in quanto più sensibile di quello spettrofotometrico.
6.2. Preparazione del campione
Servendosi delle pinzette porre il filtro sul supporto e filtrare un volume idoneo di
campione utilizzando l’apposito sistema di filtrazione. E’ necessario applicare una
depressione non superiore ai 50 Kpa (350 mm Hg).
266
6.3. Estrazione
Omogeneizzare per 10 s il filtro in 10 mL di acetone-acqua al 90% con un
omogeneizzatore regolato alla velocità di 25.000-30.000 rpm. Porre il campione al buio
a circa +4°C e lasciare in posa per 10 min.
Chiarificare trasferendo l’omogenato in una provetta e centrifugando per 20 min a 6.000
xg; prelevare poi il surnatante (estratto) dosandone il volume.
Nel caso in cui si utilizzi lo spettrofluorimetro, preparare una soluzione a titolo noto di
clorofilla a in acetone al 90% e, per diluizione, alcune soluzioni di lavoro a
concentrazioni decrescenti.
6.4. Determinazione spettrofotometrica
Misurare l’assorbanza del surnatante alle lunghezze d’onda di 750, 663, 645 e 630 nm
utilizzando un bianco costituito dalla soluzione di acetone al 90%.
La lettura dell’estratto a 750 nm fornisce una misura della torbidità dell’estratto che non
deve essere superare 0,01 unità di assorbanza. In caso contrario ripetere il procedimento
di chiarificazione.
6.5. Determinazione spettrofluorimetrica
Impostare le lunghezze d’onda di eccitazione e di emissione in corrispondenza dei
rispettivi massimi rilevati nella lettura delle soluzioni a titolo noto. Misurare la
fluorescenza delle soluzioni di lavoro prima e dopo acidificazione con acido cloridrico.
Determinare la fluorescenza del campione non estratto.
Ove necessario testare la validità dei risultati su estratti del campione, procedendo come
segue: filtrare i campioni ed estrarre i pigmenti come per il metodo spettrofotometrico;
misurare la fluorescenza dell’estratto prima (Fo) e dopo (Fa) acidificazione con acido
cloridrico, diluendo i campioni che presentano valori di fluorescenza più elevati della
soluzione di lavoro a concentrazione maggiore.
7. Calcolo dei risultati
7.1. Determinazione spettrofotometrica
Inserire le assorbanze (A) nell’equazione di calcolo della clorofilla a:
Ve
mg / L =[11,64 × ( A663 -A750 ) -2,16 × ( A645 -A750 ) -0,10 × ( A630 -A750 )]×
Vf
dove:
Ve = volume (mL) dell’estratto
Vf = volume (L) del filtrato
267
7.2. Determinazione spettrofluorimetrica
Calcolare il fattore medio di concentrazione o costante di calibrazione c ed il fattore di
acidificazione x come segue:
c =
CChl
Fo
x =
Fo
Fa
dove:
CChl = valore medio della concentrazione della clorofilla nelle soluzioni di lavoro
Fo = valore medio della fluorescenza delle soluzioni di lavoro prima
dell’acidificazione
Fa = valore medio della fluorescenza delle soluzioni di lavoro dopo l’acidificazione
Calcolare la concentrazione della clorofilla nel campione utilizzando le seguenti
equazioni:
3
c × x × v
Clorofilla a: mg / dm = (Fo -Fa ) ×
(x -1) ×V
3
c × x × v
Feofitina a: mg / dm = (Fa × x -Fo ) ×
(x -1) ×V
dove:
c =
CChl
Fo
x =
Fo
Fa
v = volume dell’estratto (mL)
V = volume di campione filtrato (mL)
Nel caso in cui il metodo spettrofluorimetrico venga applicato direttamente al campione
senza estrazione sostituire i volumi dell’estratto e del campione filtrato con il volume del
campione analizzato.
269
DETERMINAZIONE DELLE TOSSINE ALGALI
0. Generalità e definizioni
Le tossine prodotte dalle Cianoficee non vengono inattivate dagli ordinari processi di
purificazione dell’acqua (chiari-flocculazione, filtrazione, preclorazione), mentre le alghe
che le producono generalmente non arrivano in rete: in questo modo i consumatori non
hanno modo di rendersi conto della presenza di tossine nell’acqua di rubinetto, perché
queste non emettono odori o sapori particolari. Il sistema con il 100% di efficienza per
l’abbattimento delle tossine negli impianti di trattamento consiste nel passaggio
dell’acqua privata delle alghe attraverso filtri a carboni attivi composti da microparticelle
ricoperte da mesopori di diametro da 2 a 50 nm; altri sistemi comprendono
l’ozonizzazione o la clorazione a pH inferiore a 8, in condizioni tali da garantire una
concentrazione residua di almeno 0,5 mg Cl2 / L dopo 30 min di contatto. Queste due
opportunità non garantiscono però contro la formazione di trialometani dalla sostanza
organica ancora presente nell’acqua.
Alla fine di una fioritura, Microcystis aeruginosa secerne grandi quantità di composti
polisaccaridici. Questo materiale è solo parzialmente rimosso con i processi di
coagulazione, flocculazione e sedimentazione, e conferisce proprietà anomale all’acqua di
rete.
I sistemi di rimozione dei composti algali odorosi dalle acque comprendono, ad un pH
ottimale tra 7 e 9, la filtrazione lenta su letto di sabbia dell’acqua superficiale da adibire
ad uso potabile. In questo modo vengono trattenuti i terpenoidi, gli ocatrieni e le
molecole di alcani più grandi del dodecano. Questo genere di depurazione può essere a
sua volta fonte dei problemi che dovrebbe risolvere: negli impianti svedesi, che ne fanno
uso, sono state segnalate formazioni di acidi grassi a corta catena carboniosa, come acido
butirrico, acido valerico ed isovalerico, accompagnati dai rispettivi metil, etil e propil
esteri, a loro volta potenti cause di sapore ed odore nelle acque. I filtri a porcellana
porosa granulare garantiscono un’efficienza di rimozione del 2-metilisoborneolo non
superiore al 60-80%, a seconda della quantità di sostanza presente, largamente variabile,
nella stagione di produzione. La flottazione con aria dissolta (FAD o, in inglese, DAF) da
sola non elimina completamente gli odori.
I filtri a sabbia ghiaiosa (diametro delle particelle compreso tra 4 e 10 mm) inoculati con
Pseudomonas fluorescens fermano sia la geosmina che il 2-metilisoborneolo. Altri
microrganismi ritenuti capaci della degradazione di queste sostanze sono lo
Pseudomonas putrefaciens, lo Pseudomonas aeruginosa, la Candida, il Flavobacterium
multivorum, il Bacillus subtilis, che ha dato ottimi risultati inoculato su filtri a carbone
bioattivato, ed una specie ambientale oligotrofica di Bacillus.
La diluizione della fonte d’acqua odorosa con acque di zone immuni, ove possibile,
contribuisce a semplificare il problema della depurazione. Il sistema attuale
maggiormente in uso per procedere all’eliminazione degli odori comporta l’uso di filtri a
carbone attivo in polvere (CAP o, in inglese, PAC) o granulare (CAG o, in inglese,
270
GAC), da cambiare almeno una volta all’anno, eventualmente in associazione con
trattamenti ossidativi. A questo proposito, è stato osservato che i filtri CAP, benché
efficaci, possono avere basse rese in presenza di grosse quantità di particolato organico
sospeso, che non disturbano invece i filtri CAG. Un ossidante particolarmente efficace e
con potere alghicida è il permanganato di potassio ad alte dosi e a pH compreso tra 3 e
11,5, ma si tende ad abbandonarne l’uso per via della formazione di ossidi di manganese
insolubili.
Sistemi di controllo sperimentali vengono condotti oggi in paesi, come il Giappone e gli
Stati Uniti, dove i problemi dovuti ad odori e sapori nell’acqua di rubinetto sono comuni
ed ampiamente diffusi. In particolare viene tentato l’immagazzinamento dell’acqua
eutrofica in riserve profonde o coperte (dopo quattro o cinque mesi i livelli di geosmina e
2-metilisoborneolo si riducono anche del 60-70%); l’uso di filtri a torba e terriccio;
l’associazione di ozono e perossido di idrogeno con tempo di contatto compreso tra 6 e
12 min (80-90% di rimozione con una dose di 2 mg/L di ozono ed un tasso H2O2/O3 di
0,2). Quest’ultimo metodo, però, può trasformare gli odori presenti in altri ugualmente
sgraditi. Il passaggio attraverso filtri CAG -filtri a sabbia è risolutivo, come anche la
combinazione chiarificazione con FAD -filtrazione su CAG. Recentemente grande
attenzione ha suscitato l’uso di zeoliti US-Y (SiO2/Al2= 80), resine rigenerabili che
O3
attualmente sembrano dare risultati notevoli con relativa economicità di esercizio.
L’efficienza di absorbimento per geosmina e 2-metilisoborneolo non viene ridotta dalla
durezza dell’acqua o dalla presenza di basse concentrazioni di acido umico (5 mg C/L).
Il procedimento di filtrazione su CAP -ultrafiltrazione su filtri a taglio molecolare di
100.000 dalton (diametro particellare 10 nm) è efficace per tutte le sostanze odorose e
per i microrganismi, ma troppo oneroso come sistema di routine.
1. Analisi strumentale delle tossine estratte dalle alghe
1.1. Analisi in HPLC delle tossine PSP
Sospendere, con il vortex, un centrifugato di 200 mg di cellule algali in 50 mL di acido
acetico 0,05 M; sonicare a 30-40°C per 5 min (dopo 2,5 min trattare al vortex per 20 s,
poi sonicare per i restanti minuti). Centrifugare per 20 min ad 8.000 xg e raccogliere il
surnatante. Sospendere nuovamente il centrifugato residuo in altri 50 mL di CH3COOH
0,05 M e ripetere la procedura. Al termine unire i due surnatanti e procedere con la
successiva analisi cromatografica.
Utilizzare un HPLC provvisto di una colonna a fase inversa del tipo C8, seguita da un
reattore post-colonna e da un rivelatore spettrofluorimetrico (lunghezza d’onda di
eccitazione: 330 nm; lunghezza d’onda di emissione: 390 nm). A titolo di esempio si
consiglia di impostare il flusso della fase mobile a 0,8 mL/min, quando si utilizza una
colonna 250 x 4,6 mm impaccata con particelle da 5 mm. I tre differenti gruppi di tossine
PSP possono essere separati utilizzando eluenti a composizione diversa:
271
-acido 1-eptansolfonico 2 mM in soluzione tampone (pH 7,1) di ammonio fosfato 10
mM per il gruppo delle gonyautossine;
-acetonitrile + acido 1-eptansolfonico 2 mM in soluzione tampone (pH 7,1) di
ammonio fosfato 30 mM (5:100) per le saxitossine;
-tetrabutilammonio fosfato 1 mM acidificato a pH 6 con acido acetico per le tossine
da C1 a C4.
All’uscita dalla colonna immettere, in continuo, acido periodico 7 mM in soluzione
tampone (pH 9) di sodio fosfato 50 mM al flusso di 0,4 mL/min.. Riscaldare a 65°C
facendo fluire l’eluente attraverso un tubo di teflon preriscaldato (500 mm di diametro
interno, 10 m di lunghezza) ed immettere acido acetico 0,5 N al flusso di 0,4 mL/min.
1.2. Analisi di microcistine e nodularine in HPLC
Sospendere, con il vortex, un centrifugato di 200 mg di cellule algali in 10 mL di acqua
sterile bidistillata; sonicare a 30-40°C per 5 min (dopo 2 min e mezzo trattare al vortex
per 20 s, poi sonicare per i restanti minuti). Centrifugare per 20 min ad 8.000 g e
raccogliere il surnatante. Sospendere nuovamente il centrifugato residuo in altri 10 mL di
acqua sterile bidistillata e ripetere la procedura. Al termine unire i due surnatanti e
procedere con la successiva analisi cromatografica.
Utilizzare un HPLC provvisto di una colonna a fase inversa del tipo C18 e di un
rivelatore spettrofotometrico (lunghezza d’onda: 238 nm). A titolo di esempio si
consiglia di impostare il flusso della fase mobile a 1,0 mL/min, quando si utilizza una
colonna 220-250 x 4,6 mm impaccata con particelle da 5 mm. Le tossine -RR, -YR, -LR
possono essere separate utilizzando un eluente costituito da acetonitrile (10-30%) in
soluzione tampone (pH 6,8-7,0) di fosfato acido di potassio.
1.3. Analisi gascromatografica della anatossina-a
Sospendere, con il vortex, un centrifugato di 200 mg di cellule algali in 10 mL di acqua
sterile bidistillata; sonicare a 30-40°C per 5 min (dopo 2 min e mezzo trattare al vortex
per 20 s, poi sonicare per i restanti minuti). Centrifugare per 20 min ad 8.000 xg e
raccogliere il surnatante. Sospendere nuovamente il centrifugato residuo in altri 10 mL di
acqua sterile bidistillata e ripetere la procedura. Al termine unire i due surnatanti.
Porre 2 mL di estratto algale in un pallone di separazione da 250 mL, diluirli con 20 mL
di acqua sterile bidistillata, alcalinizzarli con NaOH 1 N fino a pH 11 e sottoporli a 4
estrazioni successive, ognuna effettuata con 50 mL di cloroformio. Filtrare la fase
organica attraverso una colonna (25 x 1,5 cm) impaccata con 15 g di Na2SO4 anidro e
raccogliere in matraccio da 250 mL. Effettuare il lavaggio finale della colonna con circa
25 mL di cloroformio.
Ridurre il volume dell’estratto organico a 2-3 mL usando il Rotavapor (40°C), trasferire
il concentrato in un pallone a fondo piatto da 50 mL ed evaporare a secco mediante una
blanda corrente di azoto. Dissolvere l’estratto in 2 mL di acetone, addizionare 60 mL di
KOH al 30% e 100 mL di pentafluorobenzilbromuro all’1% in acetone, quindi riscaldare
272
ad 80°C per 3 ore dopo aver connesso il pallone ad un refrigerante. Raffreddare a
temperatura ambiente, far evaporare il solvente, dissolvere l’estratto in 1-10 mL di
isoottano e procedere con la successiva analisi gascromatografica utilizzando un
rivelatore a cattura di elettroni.
1.4. Analisi della geosmina e del 2-metilisoborneolo
Filtrare un volume noto della soluzione, contenente una quantità nota di cellule,
attraverso un filtro di policarbonato con pori di 200 mm. Successivamente estrarre il
filtro in acetone, utilizzando una provetta di teflon tappata, ed analizzare
gascromatograficamente l’estratto cellulare mediante un rivelatore a ionizzazione di
fiamma (a titolo di esempio si consiglia l’impiego di una colonna capillare – diametro
interno 250 mm, lunghezza: 50 m – contenente una fase 5%-fenilmetilsiliconica con
spessore di film pari a 0,25 mm).
Le sostanze presenti in acqua privata delle cellule possono essere dosate
gascromatograficamente applicando la tecnica del CLSA (closed loop stripping
analysis).
Per la determinazione del 2-metilisoborneolo è stato messo a punto, di recente, un saggio
ELISA (limite di rivelabilità: 1 mg/mL), disponibile in commercio.
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275
DETERMINAZIONE DEI BATTERIOFAGI ANTI -ESCHERICHIA COLI
0. Generalità e definizioni
I batteriofagi, per le loro caratteristiche chimico-fisiche e biologiche simili a quelle dei
virus animali, sono stati utilizzati come modello di studi sulle interazioni virus-cellula
ospite. Sono costituiti da una molecola di acido nucleico racchiusa in un involucro
protettivo proteico.
Il Comitato Internazionale di tassonomia dei virus li ha classificati, in base alla loro
morfologia, in 11 famiglie, andando da una morfologia estremamente semplice
(Leviviridae) con capside icosaedrico con una sola proteina ed una RNA-polimerasi
associata all’RNA; ad una molto complicata (Myoviridae) con capside icosaedrico
legato, tramite un anello, ad una coda contrattile.
I batteriofagi possono moltiplicarsi esclusivamente all’interno della cellula batterica
ospite metabolicamente attiva e competente. Le loro modalità replicative non
differiscono da quelle dei virus animali.
I dati riguardanti la distribuzione nell’ambiente dei fagi sono ancora frammentari ma è
possibile individuare la loro presenza in tutte le matrici ambientali. Qualunque sia il
loro habitat, esiste una popolazione fagica di batteri autoctoni ed una popolazione fagica
proveniente da altri ambienti. L’interesse maggiore è rivolto a questa seconda categoria
di fagi.
In particolare, per quanto concerne gli ambienti acquatici, le informazioni più
importanti riguardano la presenza di fagi infettanti i batteri del genere E. coli (colifagi);
ciò è dovuto all’interesse che essi ricoprono in qualità di indicatori potenziali di una
contaminazione virale di origine fecale.
La loro distribuzione nel tratto digerente dell’uomo e degli animali è stata più volte
studiata ed è stato dimostrato che il 23,5% di campioni di feci umane contiene colifagi
con una concentrazione pari a 105 Unità Formanti Placca (UFP) per grammo di feci.
Un aspetto importante è la capacità di moltiplicazione dei fagi nell’ambiente. I fagi
infettanti i batteri autoctoni si replicano nell’ambiente in funzione della presenza del
batterio ospite, dell’età fisiologica del batterio stesso e della densità rispettivamente del
batterio ospite e del fago.
Per i fagi specifici dei batteri alloctoni invece, la situazione è meno chiara. Una
moltiplicazione nell’ambiente è stata osservata sia per i colifagi somatici, che
riconoscono il loro recettore di attacco sulla superficie esterna del corpo batterico, che
per i colifagi F specifici, che utilizzano come recettore il sex-pilus. La ragione di tale
fenomeno è intuibile per i colifagi somatici in quanto questi, allo stesso modo del loro
batterio ospite, sono in grado di moltiplicarsi a temperature di circa +15°C quali quelle
riscontrabili in un ambiente idrico. I colifagi F-specifici possono infettare invece
soltanto le cellule di E. coli che hanno sintetizzato il loro sex-pilus. La sintesi di questo
recettore è possibile a temperature superiori a +30°C, ragion per cui è presumibile che la
moltiplicazione nell’ambiente di questi fagi sia realizzabile soltanto se il loro batterio
ospite ha sintetizzato precedentemente il sex-pilus nell’intestino degli omeotermi prima
di essere versato nel mezzo idrico.
276
I batteriofagi sopravvivono nell’ambiente idrico più a lungo dei batteri autoctoni ed in
particolare dei batteri indicatori di contaminazione fecale. Allo stesso modo dei virus
animali la durata della loro sopravvivenza dipende dalla presenza di sostanza organica
nel mezzo e dalla loro associazione con le particelle solide, dalla temperatura, dalla loro
esposizione ai raggi ultravioletti, dal pH, ecc. La loro ubiquitarietà, soprattutto per
quelli provenienti dall’uomo e dagli animali omeotermi, ha suggerito il loro utilizzo
quali indicatori di contaminazione fecale.
Nel corso dell’ultimo decennio i batteriofagi sono stati proposti come indicatori di
contaminazione virale dei mezzi idrici e anche come indicatori di efficacia dei processi
di depurazione e disinfezione delle acque.
Le motivazioni che suggeriscono l’utilizzo dei colifagi come indicatori della presenza di
virus umani possono essere così schematizzate:
-i fagi si trovano in abbondanza nelle acque residue e contaminate;
-le popolazioni dei colifagi sono più abbondanti di quelle degli enterovirus;
-i colifagi sono incapaci di riprodursi senza il batterio ospite;
-i colifagi possono essere isolati e quantificati con metodi semplici e poco costosi;
-i tempi di risposta sono più brevi che per gli enterovirus;
-alcuni colifagi sono più resistenti degli enterovirus all’inattivazione e alla
disinfezione.
Nel DPR 236/88 per questo parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua
potabile, come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento dei batteriofagi anti-
Escherichia coli nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare
al consumo umano.
2. Principio del metodo
Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza
di batteriofagi anti-E. coli, con i metodi di seguito descritti viene comunque data la
possibilità di quantificarne, se presenti, il numero. Vengono pertanto proposti tre
metodi, di cui due quantitativi: il metodo MPN (numero più probabile -Most Probable
Number) e il metodo del conteggio di placche di lisi su piastre di terreno agarizzato, e
uno qualitativo di Presenza/Assenza.
3. Strumentazione e vetreria
Per effettuare l’analisi, oltre la normale strumentazione di base di laboratorio (v.
Appendice 1) è necessario disporre di:
-spettrofotometro;
-agitatore basculante.
277
4. Volume da analizzare
Il volume da analizzare per poter effettuare un’analisi batteriofagica dipende dalla
natura del campione di acqua. E’ necessario distinguere le acque superficiali da quelle
potabili o potabilizzate per il fatto che la quantità di batteriofagi potrebbe essere
sensibilmente differente. Si consigliano i seguenti volumi da analizzare, valori elaborati
in base alla letteratura internazionale disponibile e sulla base di personali esperienze:
acque superficiali: 0,1 -10 L
acque sorgive: 10 -100 L
acque di falda e potabili: 100 -1000 L
Per i volumi più elevati, relativi ad acque presumibilmente poco contaminate, è
necessario effettuare una preparazione del campione riducendo il volume elevato
necessariamente prelevato mediante tecniche di concentrazione (filtrazione,
ultrafiltrazione).
4.1. Batteri rivelatori raccomandati
4.1.1. E. coli C ATCC 13706 per la messa in evidenza dei colifagi somatici, ma è anche
possibile utilizzare un batterio derivato da esso purché resistente all’acido nalidixico
(7.2.1.). Quest’ultimo viene aggiunto all’Agar molle (7.1.3.) alla concentrazione finale
di 100 mg/L.
4.1.2. Un batterio derivato da E. coli K 12 Hfr (alta frequenza di ricombinazione -
High frequency recombination) per la messa in evidenza dei colifagi F-plus, che
presenta i plasmidi di resistenza per la streptomicina (7.2.2.) e l’ampicillina (7.2.3.).
Questi vengono aggiunti all’Agar molle (7.1.3.) alla concentrazione di 15 mg/L.
4.2. Preparazione e conservazione dei batteri rivelatori
Il batterio rivelatore raccomandato può essere conservato a circa +4°C per non più di
una settimana in terreno solido di crescita (7.1.2.). Può essere conservato per lungo
tempo a -70°C in fiale con 2/3 di crescita batterica in terreno liquido (7.1.1.) e 1/3 di
glicerolo anidro purissimo sterile.
5. Concentrazione: metodo con membrane filtranti (MF)
5.1. Terreni
5.1.1. Estratto di carne al 3%, pH 9,5 (eluente).
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Acqua distillata 100 mL
pH 9,5 ± 0,2
278
In una beuta sterile reidratare la polvere, provvedendo al completo scioglimento con
l’aiuto di un agitatore magnetico. Portare il pH al valore desiderato con l’aggiunta di
idrossido di sodio. Sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C.
5.2. Filtri
5.2.1. Filtri elettronegativi. Questo modello di membrane filtranti presenta una
superficie a carica elettrica negativa che ai valori di pH prossimi alla neutralità respinge
le particelle virali. Riducendo i valori di pH del campione intorno a pH 3,5 si ottiene
una inversione della carica elettrica superficiale dei virus che ne permette il loro
adsorbimento. E’ possibile migliorare la capacità adsorbente del filtro aggiungendo
cationi bi- o tri-valenti al campione da concentrare. Questa tecnica, largamente
utilizzata per il recupero degli enterovirus da campioni ambientali, può essere applicata
per il recupero dei batteriofagi ma con un minor rendimento; molti fagi infatti sono
rapidamente inattivati dai bassi valori di pH. Adottando dei valori di pH leggermente
più alti (da 3,8 a 4,0), ed effettuando un accurato controllo di esso durante le singole fasi
della procedura di recupero, si ottengono risultati più soddisfacenti. Per valori di pH
intorno a 6,0 ed in presenza di ioni magnesio a concentrazione 0,2 M è stato dimostrato
un maggior rendimento.
5.2.2. Filtri elettropositivi. Ottimo è l’adsorbimento dei fagi ai filtri con carica elettrica
superficiale positiva, piuttosto difficile risulta invece la loro completa eluizione;
adottando come eluente una soluzione di estratto di carne al 3% con un valore di pH 9,5
± 0,2 si ottengono risultati migliori.
5.3. Procedura di eluizione
Dopo aver filtrato il campione per pressione negativa attraverso il filtro, si procede alla
eluizione con un piccolo volume (5 mL) di eluente (5.1.1.). Trasferire il filtro in un
provettone contenente il volume di eluente ed agitare vigorosamente per 5 min. L’eluato
viene neutralizzato velocemente con acido cloridrico ed il concentrato ottenuto è pronto
per essere analizzato.
5.4. Decontaminazione del campione
E’ necessario inattivare o eliminare la popolazione microbica eventualmente presente
prima di effettuare la messa in evidenza dei fagi.
La decontaminazione può essere effettuata direttamente, mediante filtrazione su
membrane (0,2 mm di porosità) a basso adsorbimento proteico preventivamente trattate
con estratto di carne al 3%, pH 7,2 ± 0,2 (6.1.1.) o indirettamente, nella fase di
rilevazione dei fagi, aggiungendo al mezzo di coltura un antibiotico in grado di
inattivare, anche parzialmente, i batteri contaminanti ma non la crescita del batterio
rivelatore (4.1.).
La decontaminazione del campione con cloroformio, che abitualmente si utilizza per la
ricerca degli enterovirus, è sconsigliata per i batteriofagi in quanto è stata dimostrata
una inattivazione parziale di essi.
279
5.4.1. Metodo diretto. Montare su una siringa sterile un filtro (0,2 mm di porosità)
sterile a basso legame proteico (low binding protein). Prelevare 1-2 mL di estratto di
carne sterile al 3%, pH 7,2 ± 0,2 (6.1.1.) e lasciarlo passare attraverso il filtro.
Successivamente filtrare il campione concentrato (eluato neutralizzato) raccogliendolo
in una provetta sterile. Questa procedura va effettuata in condizioni di asepsi. Il
campione è così pronto per essere seminato.
5.4.2. Metodo indiretto. Aggiungere al mezzo di coltura Agar Triptone molle (7.1.3.)
gli antibiotici specifici per il tipo di fago da evidenziare (7.2.). Essi sono in grado di
inattivare, seppur parzialmente, i batteri contaminanti, ma non la crescita del batterio
rivelatore che presenta un plasmide di resistenza verso l’antibiotico.
6. Concentrazione: metodo per ultrafiltrazione a flusso tangenziale
L’ultrafiltrazione è un processo di separazione delle particelle in funzione del solo peso
molecolare; esistono diverse membrane con tagli molecolari (nominal molecular-weight
limit) da 1.000 sino a 1.000.000 di dalton. La funzione delle membrane è quella di porre
una barriera tra le sostanze che riescono ad attraversare le membrane e le altre, a peso
molecolare più elevato rispetto al taglio molecolare (cut-off), che sono ritenute, ad
esempio i virus. Nel caso specifico i batteriofagi vengono concentrati non per
adsorbimento su membrane ma per riduzione progressiva del volume del campione
dovuto a perdita di acqua, sali e soluti in base al cut-off scelto. La membrane
attualmente in commercio sono di due tipi: cellulosa rigenerata e polisolfone.
Si consiglia l’uso di membrane con taglio molecolare pari a 100.000 dalton.
6.1. Terreni
6.1.1. Estratto di carne al 3%, pH 7,2.
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Acqua distillata 100 mL
Agitare vigorosamente con barretta magnetica. Controllare il valore di pH, sterilizzare
in autoclave (121°C per 15 min).
La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a
temperatura ambiente.
6.1.2. Estratto di carne al 3%, pH 9,5 (5.1.1.).
6.1.3. Soluzione di formaldeide allo 0,1%.
Composizione:
Formaldeide 13,5 mL
Acqua distillata 500 mL
Preparare al momento dell’uso e scartarla dopo l’utilizzo.
280
6.1.4. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N.
Composizione:
Idrossido di sodio 4 g
Acqua distillata 1 L
Agitare vigorosamente con barretta magnetica fino a completa dissoluzione. Scartare
dopo l’utilizzo.
6.2. Procedura
Il campione non necessita di pretrattamenti sebbene, per migliorare il rendimento della
cartuccia, è preferibile pretrattare le membrane con estratto di carne al 3%, pH 7,0 ± 0,2
(6.1.1.) prevenendo così l’adsorbimento aspecifico dei virus alla membrana stessa.
Montare la cartuccia secondo le istruzioni della casa produttrice.
Lavare la cartuccia con 5-10 L di acqua distillata al fine di allontanare il liquido
conservante.
Pretrattare il sistema con estratto di carne a pH 7,0 ± 0,2 (6.1.1.) facendolo ricircolare
per 5 min.
Far circolare il campione alle seguenti condizioni operative: 10-12 psi in entrata.
Fermare l’apparecchio quando il recipiente del campione è quasi vuoto. In questo caso il
volume del campione è rappresentato dal solo volume di riempimento dei tubi e di
imbibizione della cartuccia. Svuotare il sistema completamente e raccogliere il
campione.
Lavare la cartuccia con una soluzione di estratto di carne al 3%, pH 9,5 ± 0,2 (6.1.2.),
utilizzando un volume pari a 3/4 dell’ultraconcentrato.
Riunire l’ultraconcentrato con la soluzione di lavaggio.
Neutralizzare il pH del campione-concentrato finale con acido cloridrico (HCl).
Il campione può essere ulteriormente concentrato se necessario, utilizzando sistemi di
ultrafiltrazione in grado di trattare volumi minori di acqua.
A fine concentrazione:
-lavare la cartuccia con 1-2 L di acqua distillata;
-far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH 0,1 N (6.1.4.);
-lavare la cartuccia con 2-3 L di acqua distillata.
A questo punto le cartucce possono essere utilizzate per un nuovo campione (6.2.) o
conservate per successive analisi (6.3.).
6.3. Mantenimento e conservazione delle cartucce
Le cartucce per ultrafiltrazione a flusso tangenziale possono essere utilizzate a lungo e
per diversi campioni se adeguatamente rigenerate e conservate. Procedere nel seguente
modo:
-lavare la cartuccia con 1-2 L di acqua distillata;
-far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH 0,1 N (6.1.4.);
-lavare la cartuccia con 2-3 L di acqua distillata;
281
-far circolare in continuo una soluzione di formaldeide allo 0,1% (6.1.3.);
-spegnere la pompa ed estrarre la cartuccia cercando di conservare quanta più
formaldeide possibile all’interno della cartuccia medesima;
-mantenere la cartuccia a circa +4°C.
7. Rivelazione dei fagi: metodo del numero più probabile o dei tubi multipli
(MPN)
Il metodo permette di fornire una stima, statisticamente probabile, della concentrazione
di fagi in campioni di acque dove si presume una scarsa presenza di essi.
In pratica consiste nel mescolare il batterio rivelatore con volumi di campione
appropriati, in una serie di tubi contenenti i terreni specifici.
Durante l’incubazione i fagi si moltiplicano in presenza del loro batterio ospite.
Successivamente è necessario evidenziarli in ciascun tubo di coltura con la tecnica dello
spot test (8.1.). Il numero di tubi positivi verrà confrontato nella tabella delle
combinazioni (Tabella 1), di seguito riportata, ed il risultato espresso secondo la
formula di Thomas:
Np ×100
MPN /100 mL =
Vn ×Vt
dove:
Np = n° di tubi positivi;
Vn = volume (mL) di campione nei tubi negativi;
Vt = volume(mL) di campione in tutti i tubi
7.1. Reagenti e terreni di coltura
7.1.1. Brodo triptone (Trypticase broth, TB).
Composizione:
Triptone 10 g
Destrosio 1 g
Cloruro di sodio 5 g
Acqua distillata 1 L
pH 7,0 ± 0,2
Sciogliere i costituenti in acqua distillata, sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C e
mantenere a circa +4°C. Utilizzare non oltre i 14 giorni.
282
Tabella 1. Valori dell’indice MPN e limiti di confidenza al 95%.
COMBINAZIONI 3 TUBI PER DILUIZIONE 5 TUBI PER DILUIZIONE
DI TUBI Indice * Limiti di confidenza * Indice * Limiti di confidenza *
POSITIVI inferiore superiore inferiore superiore
0-0-0 < 3 < 2
0-0-1 3 < 0,5 9 2 < 0,5 7
0-1-0 3 < 0,5 13 2 < 0,5 7
0-2-0 4 < 0,5 11
1-0-0 4 < 0,5 20 2 < 0,5 7
1-0-1 7 1 21 4< 0,5 11
1-1-0 7 1 23 4< 0,5 11
1-1-1 11 3 36 6 < 0,5 15
1-2-0 11 3 36 6 < 0,5 15
2-0-0 9 1 36 4< 0,5 13
2-0-1 143 37 71 17
2-1-0 153 44 71 17
2-1-1 207 89 92 21
2-2-0 214 47 92 21
2-2-1 28 10 150
2-3-0 12 3 28
3-0-0 234 120 8 1 19
3-0-1 397 130 112 25
3-0-2 64 15 380
3-1-0 437 210 112 25
3-1-1 75 14 230 14 4 34
3-1-2 120 30 380
3-2-0 93 15 380 14 4 34
3-2-1 150 30 440 17 5 46
3-2-2 210 35 470
3-3-0 240 36 1300
3-3-1 460 71 2400
3-3-2 1100 150 4800
3-3-3 ³ 2400
(continua)
283
Tabella 1 (segue).
3 TUBI PER DILUIZIONE 5 TUBI PER DILUIZIONE
COMBINAZIONI
DI TUBI
Indice * Limiti di confidenza * Indice * Limiti di confidenza *
POSITIVI
inferiore superiore inferiore superiore
4-0-0 13 3 31
4-0-1 17 5 46
4-1-0 17 5 46
4-1-1 21 7 63
4-1-2 26 9 78
4-2-0 22 7 67
4-2-1 26 9 78
4-3-0 27 9 80
4-3-1 33 11 93
4-4-0 34 12 93
5-0-0 23 7 70
5-0-1 31 11 89
5-0-2 43 15 110
5-1-0 33 11 93
5-1-1 46 16 120
5-1-2 63 21 150
5-2-0 49 17 130
5-2-1 70 23 170
5-2-2 94 28 220
5-3-0 79 25 190
5-3-1 110 31 250
5-3-2 140 37 340
5-3-3 180 44 500
5-4-0 130 35 300
5-4-1 170 43 490
5-4-2 220 57 700
5-4-3 280 90 850
5-4-4 350 120 1000
5-5-0 240 68 750
5-5-1 350 120 1000
5-5-2 540 180 1400
5-5-3 920 300 3200
5-5-4 1600 640 5800
5-5-5 ³ 2400
° valori espressi in MPN / 100 mL.
284
7.1.2. Agar triptone (Trypticase agar): primo strato.
Composizione:
Triptone 10 g
Destrosio 1 g
Cloruro di sodio 5 g
Agar 15 g
Acqua distillata 1 L
pH 7,0 ± 0,2
La miscela di terreno così composta non è reperibile in commercio; è possibile
acquistare i singoli costituenti che verranno mescolati al momento della preparazione
del terreno.
Reidratare in acqua distillata i costituenti, secondo la formula sopra riportata, fino a
completo scioglimento in agitazione. Sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C,
raffreddare a circa 50°C e distribuire in capsule Petri da 90 mm di diametro. Lasciare
solidificare. Le piastre possono essere conservate per circa una settimana a circa +4°C.
7.1.3. Agar triptone molle (Trypticase agar soft): secondo strato.
Composizione:
Triptone 10 g
Destrosio 1 g
Cloruro di sodio 5 g
Agar 7g
Acqua distillata 1 L
pH 7,0 ± 0,2
Preparare il terreno in piccoli matracci nella quantità sufficiente per l’analisi quotidiana
e autoclavare per 15 min a 121°C. Mantenere il terreno a 55±1°C fino al momento
Aggiungere prima della semina acido nalidixico (7.2.1.) alla concentrazione di 100
mg/L per la ricerca dei colifagi somatici; oppure streptomicina (7.2.2.) e ampicillina
(7.2.3.) entrambi alla concentrazione di 15 mg/L per la ricerca dei fagi F-plus.
7.1.4. Soluzione tampone per fago.
Composizione:
Fosfato di sodio bibasico (Na2HPO4) 7 g
Fosfato di potassio monobasico (K2HPO4) 3 g
Sodio cloruro 5 g
Acqua distillata 1 L
Sciogliere i costituenti in acqua distillata e autoclavare a 121°C per 15 min. Lasciare
raffreddare e aggiungere:
Solfato di magnesio eptaidrato 0,1 M 10 mL (7.1.5.)
Cloruro di calcio biidrato 0,01 M 10 mL (7.1.6.)
Queste soluzioni vanno preparate separatamente, autoclavate a 121°C per 15 min e
conservate a circa +4°C per non oltre i 6 mesi in condizioni ottimali.
285
7.1.5. Soluzione di solfato di magnesio eptaidrato 0,1 M.
Composizione:
Solfato di magnesio eptaidrato (MgSO4 × 7H2O) 2,46 g
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere la polvere in acqua fino alla completa dissoluzione, sterilizzare in autoclave
per 15 min a 121°C e conservare a circa +4°C per non oltre 6 mesi in condizioni
ottimali.
7.1.6. Soluzione di cloruro di calcio biidrato 0,01 M .
Composizione:
Cloruro di calcio biidrato (CaCl2 × 2H2O) 0,15 g
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere la polvere in acqua fino alla completa dissoluzione, sterilizzare in autoclave
per 15 min a 121°C e conservare a circa +4°C per non oltre 6 mesi in condizioni
ottimali.
7.2. Supplementi selettivi: antibiotici
Gli antibiotici sono disponibili in commercio in forma liofilizzata.
Preparare uno stock iniziale per ogni antibiotico e conservarlo a -20°C.
Lo stock si conserva non oltre i sei mesi suddiviso in aliquote e in condizioni ottimali.
7.2.1. Acido nalidixico per la ricerca di Colifagi somatici: stock iniziale.
Composizione:
Acido nalidixico 1 g
Acqua distillata 10 mL
Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione.
Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C.
7.2.2. Streptomicina per la ricerca di Fagi F-plus: stock iniziale.
Composizione:
Streptomicina 0,15 g
Acqua distillata 10 mL
Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione.
Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C.
7.2.3. Ampicillina per la ricerca di Fagi F-plus: stock iniziale.
Composizione:
Ampicillina 0,15 g
Acqua distillata 10 mL
Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione.
Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C.
286
7.3. Procedura
Preparare un matraccio con 50 mL e 5 tubi contenenti ciascuno 10 mL di terreno liquido
(7.1.1.), addizionare 0,5 mL di una brodocoltura in fase esponenziale di crescita (densità
ottica, D.O. = 0,3 a 620 nm) del batterio rivelatore (4.1.) nel matraccio e 0,1 mL per
ciascun tubo.
Inoculare 50 mL del campione in esame nel matraccio e 10 mL in ciascun tubo.
Incubare sotto agitazione a 37±1°C per 20±2 ore; prelevare 1 mL da ciascuna coltura,
procedere con il metodo dello spot test (8.1.) per confermare la presenza dei fagi e
calcolare il risultato consultando la tabella dell’MPN.
7.3.1. Spot test: conferma di positività.
Preparare una capsula di Petri sterile da 90 mm di diametro con uno strato di terreno di
crescita (7.1.2.) e lasciare solidificare. Mescolare 3 mL di agar molle (7.1.3.) portato a
45±1°C in bagno termostatato, con 0,2 mL di una brodocoltura del batterio rivelatore
(4.1.) in fase esponenziale di crescita (D.O. = 0,3 a 620 nm) e, dopo lieve agitazione,
versarlo velocemente sul primo strato agarizzato della capsula di Petri. Lasciare
solidificare in piano. Prelevare una aliquota (circa 1 mL) della coltura ottenuta
(matraccio e tubi) e procedere alla decontaminazione, per inattivare totalmente i batteri
presenti, aggiungendo cloroformio pari ad 1/3 del volume dell’aliquota. Agitare
vigorosamente per 5 min e centrifugare a 6000 rpm per 3 min. Raccogliere sterilmente il
supernatante e deporre una goccia (50 mL) sulla superficie dell’agar. Lasciare asciugare
e incubare per almeno20 ± 2 ore a 37 ± 1°C.
In caso di presenza di fago si osserverà un’area di lisi intorno alla goccia depositata.
E’ consigliabile affiancare sempre un controllo positivo utilizzando uno stock del fago
precedentemente titolato alla concentrazione 105 UFP/mL.
7.4. Espressione dei risultati
Riportare il risultato come Batteriofagi anti-Escherichia coli MPN/100 mL.
7.5. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
7.6. Controllo positivo: stock del fago
Per preparare uno stock del fago è necessario disporre di almeno 5 piastre con lisi totale
della crescita batterica ottenuta con il metodo delle placche di lisi (7.3.). Versare 3 mL
di soluzione tampone del fago (7.1.4.) in ogni piastra coprendo tutta la superficie. Porre
a circa +4°C per 1 ora le piastre e staccare l’agar molle utilizzando una spatola sterile.
Con una pipetta raccogliere in una o più provette la soluzione tampone da ogni piastra e
287
centrifugare a 3000-4000 rpm per 10 min. Recuperare il supernatante e filtrarlo
sterilmente con filtri a basso adsorbimento proteico (low binding protein). Procedere
alla titolazione del supernatante ottenuto e conservare a circa +4°C lo stock. E’
consigliabile una titolazione mensile dello stock del fago (7.6.1.).
7.6.1. Titolazione dello stock del fago.
Data l’alta concentrazione dello stock è necessario diluire. Allestire una serie di
diluizioni in provette Eppendorf partendo da una diluizione di 10-1 fino a 10-9 dello
stock usando la soluzione tampone del fago (7.1.4.) come diluente. Effettuare il test
dalla diluizione 10-6 fino a 10-9 su piastre con il metodo delle placche di lisi (7.3.). E’
necessario affiancare un controllo della soluzione tampone ed uno della crescita
batterica:
controllo soluzione tampone:
agar molle
crescita batterica (D.O. = 0,3)
soluzione tampone del fago
(7.1.3.)
(4.1.)
(7.1.4.)
2,5 mL
0,5 mL
1 mL
controllo batterio:
agar molle
crescita batterica D.O. = 0,3
(7.1.3.)
(4.1.)
2,5 mL
0,5 mL
Da ogni diluizione seminare due piastre secondo il metodo descritto (7.3.) ed effettuare
la conta delle placche di lisi dopo 20 ± 2 ore di incubazione a 37 ± 1°C. Calcolare il
titolo per mL.
8. Rivelazione dei fagi: metodo delle placche di lisi
Il metodo consiste nel mescolare un adeguato volume del campione da analizzare con
un volume di agar molle (7.1.3.) mantenuto nella fase liquida (45 ± 1°C), a cui viene
aggiunta un’aliquota della sospensione batterica rivelatrice (4.1.). Dopo leggera
agitazione la miscela ottenuta viene versata delicatamente su uno strato di terreno di
crescita agarizzato (7.1.2.) precedentemente fatto solidificare in capsule Petri.
Dopo incubazione vengono osservate e quantizzate le placche di lisi: ognuna di queste
corrisponde ad una particella di fago infettivo.
8.1. Reagenti e terreni di coltura
8.1.1. Brodo triptone (7.1.1.).
8.1.2. Agar triptone primo strato (7.1.2.).
8.1.3. Agar triptone molle (7.1.3.).
288
8.2. Procedura
In un tubo sterile mescolare:
agar molle (7.1.3.) completo di antibiotici (7.2.), mantenuto in
bagno termostatato a 45 ± 1°C
coltura in fase esponenziale del batterio rivelatore (D.O. = 0,3 a
620 nm) (4.1.)
campione da analizzare precedentemente concentrato (volume
totale da seminare 5 mL di eluato da suddividere in 5 piastre)
2,5 mL
0,5 mL
1 mL
Mescolare delicatamente e versare su un primo strato di terreno di crescita agarizzato
(7.1.2.) solidificato in capsula Petri. Lasciare solidificare ed incubare a 37 ± 1°C.
Le placche di lisi sono visibili già dopo 6-8 ore di permanenza a 37 ± 1°C consentendo
di effettuare una quantizzazione prima delle 24 ore. La lettura, comunque, può anche
essere effettuata dopo 18-24 ore.
8.3. Espressione dei risultati
Riportare il risultato come numero di Batteriofagi anti-Escherichia coli UFP/volume di
campione concentrato.
8.4. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
9. Rivelazione dei fagi: metodo qualitativo (Presenza/Assenza)
Tale metodo si basa su una fase di arricchimento del fago e sua successiva messa in
evidenza aggiungendo al volume finale noto del campione da analizzare un eguale
volume di terreno di coltura idoneo nel quale è stato fatto precedentemente crescere il
batterio rivelatore.
9.1. Reagenti e terreni di coltura
9.1.1. Brodo triptone (7.1.1.).
9.1.2. Brodo Triptone doppio concentrato (2x).
Composizione:
Triptone 20 g
Destrosio 2 g
Cloruro di sodio 10 g
Acqua distillata 1 L
pH 7,0 ± 0,2
Sciogliere i costituenti in acqua distillata, sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C e
mantenere a circa +4°C. Utilizzare non oltre i 14 giorni.
289
9.1.3. Agar triptone primo strato (7.1.2.).
9.1.4. Agar triptone molle (7.1.3.).
9.2. Procedura
In una bottiglia sterile di adeguata capacità mescolare:
a) il volume del campione di acqua concentrata da analizzare
b) un volume uguale di terreno liquido doppio concentrato (2x) (9.1.2.)
c) una coltura in fase esponenziale di crescita del batterio rivelatore (4.1.) in ragione
del 12% della somma dei volumi suddetti ( a + b ).
Incubare a 37±1°C per 18±2 ore in termostato. Dopo incubazione, una piccola quantità
della coltura, preventivamente decontaminata, viene sottoposta al test di conferma (spot
test) (8.1.).
9.3. Espressione dei risultati
Riportare il risultato come Presenza/Assenza in un volume di campione concentrato.
9.4. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
BIBLIOGRAFIA
DEBARTOLOMEIS J., CABELLI V.J. Evaluation of an Escherichia coli host strain for enumeration of
F-male-specific bacteriophages. Applied Environmental Microbiology, 1991, 57: 1301.
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1993, 59: 614.
290
291
DETERMINAZIONE DEL B40-8, FAGO DEL BACTEROIDES FRAGILIS
0. Generalità e definizioni
La ricerca del B40-8, fago del Bacterioides fragilis, non è prevista dalla normativa
italiana riguardante la determinazione della qualità delle acque destinate al consumo
umano. Tuttavia, poiché alcuni autori hanno proposto l’uso del fago specifico del
Bacteroides fragilis quale possibile indicatore di contaminazione virale nell’ambiente,
si ritiene opportuno fornire i metodi di analisi che ne permettono la determinazione
qualitativa e quantitativa.
Nel tratto intestinale dell’uomo e degli animali sono presenti numerose specie di batteri
strettamente anaerobi. Un particolare biotipo, Bacteroides fragilis HSP-40, è stato
evidenziato esclusivamente nelle feci umane ed il suo fago specifico, B40-8, è stato
ritrovato in diverse matrici ambientali dove era accertato un grado di contaminazione di
origine fecale. In letteratura non vengono riferiti isolamenti da matrici ambientali non
contaminate.
B40-8 non è in grado di moltiplicarsi nell’ambiente, in quanto il suo batterio-ospite è
metabolicamente attivo soltanto in condizione di stretta anaerobiosi ed in presenza di
alcuni fattori di crescita specifici. Tali condizioni non sono riproducibili in un ambiente
idrico.
Studi sperimentali hanno dimostrato una sopravvivenza del B40-8 nell’ambiente simile
ai poliovirus ed una resistenza ai comuni disinfettanti sovrapponibile a quella dei fagi a
RNA e superiore a quella dei poliovirus.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento del fago B40-8 nelle acque
sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano.
2. Principio del metodo
Il metodo permette di valutare e quantizzare la presenza del fago B40-8 in campioni di
acqua destinate al consumo umano.
La popolazione fagica può essere messa in evidenza sia con il metodo qualitativo della
presenza/assenza che con il metodo quantitativo delle placche di lisi. Il primo si basa su
una fase di arricchimento del fago e successiva messa in evidenza; il metodo
quantitativo permette di enumerare le singole particelle fagiche che producono delle
placche di lisi su terreno solido agarizzato.
292
3. Strumentazione e vetreria
Per lo svolgimento dell’analisi, oltre la normale strumentazione di base di laboratorio
(v. Appendice 1), è necessario disporre di:
-spettrofotometro;
-sistema completo per anaerobiosi.
4. Volume da analizzare
Il volume da analizzare varia in base alla natura del campione e al grado presunto di
inquinamento. Si consigliano i seguenti volumi da analizzare, valori elaborati dalla
letteratura internazionale disponibile e sulla base di personali esperienze:
acque superficiali 0,1 -10 L
acque sorgive 10 -100 L
acque di falda e potabili 100 -1000 L
Il campione, al fine di ridurre il volume da analizzare, richiede un pretrattamento
mediante tecniche di concentrazione.
La maggior parte dei metodi utilizzati per concentrare i fagi si basa sul principio
dell’adsorbimento su diversi materiali così come avviene per i virus animali. In una
seconda fase si provvede ad eluire in un piccolo volume i fagi adesi al materiale
adsorbente. E’ importante tener conto di alcune caratteristiche dei fagi, in particolare la
loro sensibilità al pH. Alcuni colifagi presenti nell’acqua sono inattivati a pH 11,5; il
fago specifico del B. fragilis è sensibile invece a valori di pH intorno a 3,0 che
generalmente vengono impiegati in alcuni metodi di concentrazione.
4.1. Batterio rivelatore raccomandato
Il biotipo raccomandato è il Bacteroides fragilis HSP-40. Esso presenta una resistenza
plasmidica verso la vancomicina (7.2.1.) e la kanamicina (7.2.2.), due antibiotici che
vengono aggiunti all’agar molle (7.1.8.) alla concentrazione finale rispettivamente di 7,5
mg/mL e 100 mg/ mL.
4.2. Preparazione e conservazione del batterio rivelatore
Il batterio rivelatore raccomandato può essere conservato a circa +4°C per non più di
una settimana in terreno solido di crescita (7.1.7.) ed in condizioni di stretta anaerobiosi.
Può essere conservato per lungo tempo a -70°C in fiale con 2/3 di crescita batterica in
terreno liquido (7.1.6.) e 1/3 di glicerolo anidro purissimo sterile.
293
5. Concentrazione: metodo con membrane filtranti (MF)
5.1. Reagenti e terreni di coltura
5.1.1. Tampone glicina 0,25 M a pH 9,5 (eluente).
Composizione:
Glicina
Acqua distillata
pH 9,5±0,2
18,7 g
1000 mL
In una beuta sterile reidratare la polvere, provvedendo al completo scioglimento con
l’aiuto di un agitatore magnetico. Portare il pH al valore desiderato con l’aggiunta di
idrossido di sodio.
Sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C. La soluzione, se conservata sterilmente,
può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente.
5.1.2. Estratto di carne al 3%, pH 7,2.
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Acqua distillata 100 mL
pH 7,2±0,2
Agitare vigorosamente con barretta magnetica. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15
min. La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a
temperatura ambiente.
5.2. Filtri
Si utilizzano membrane filtranti con diametro di 47 mm con porosità di 0,1 o 0,2 µm del
tipo ANODISCTM. Si tratta di membrane di materiale inorganico con bassa attività
legante le proteine, che non presentano cariche elettriche di superficie. Consentono di
concentrare il campione in condizioni di pH neutro ottimali per il B40-8.
5.3. Procedura di eluizione
Dopo aver filtrato il campione per pressione negativa attraverso il filtro, si procede alla
eluizione con un piccolo volume (5 mL) di eluente (5.1.1.). Trasferire il filtro in un
provettone contenente il volume di eluente ed agitare vigorosamente per 5 min. L’eluato
viene neutralizzato velocemente con acido cloridrico (HCl) ed il concentrato ottenuto è
pronto per essere analizzato.
5.4. Decontaminazione del campione
Prima di effettuare la messa in evidenza dei fagi è necessario eliminare l’eventuale
popolazione microbica presente nel campione. I metodi di decontaminazione possono
essere diretti, mediante filtrazione su membrane (0,2 µm di porosità) a basso
294
assorbimento proteico preventivamente trattate con estratto di carne al 3%, pH 7,2±0,2
(5.1.2.), oppure indirettamente, aggiungendo antibiotici al mezzo di coltura (7.1.8.),
nella fase di rilevazione dei fagi, che inattiveranno i batteri contaminanti sensa
interferire nella crescita del batterio rivelatore. La decontaminazione con il cloroformio
è sconsigliata in quanto è stata dimostrata un’inattivazione, se pur parziale, dei fagi.
5.4.1. Metodo diretto. Montare su una siringa sterile un filtro sterile (0,2 µm di
porosità) a basso legame proteico (low binding protein). Prelevare 1-2 mL di estratto di
carne sterile al 3%, pH 7,2±0,2 (5.1.2.) e lasciarlo passare attraverso il filtro.
Successivamente filtrare il campione concentrato (eluato neutralizzato) raccogliendolo
in una provetta sterile. Questa procedura va effettuata in condizioni di asepsi. Il
campione è così pronto per essere seminato.
5.4.2. Metodo indiretto. Aggiungere al mezzo di coltura (7.1.8.) gli antibiotici (7.2.)
specifici per il Bacteroides fragilis che presenta plasmidi di resistenza verso di essi. I
batteri contaminanti eventualmente presenti saranno inattivati.
6. Concentrazione: metodo per ultrafiltrazione a flusso tangenziale
L’ultrafiltrazione è un processo di separazione delle particelle in funzione del solo peso
molecolare; esistono diverse membrane con tagli molecolari (nominal molecular weight
limit) da 1000 sino a 1.000.000 di dalton. La funzione delle membrane è quella di porre
una barriera tra le sostanze che riescono ad attraversare le membrane e le altre, a peso
molecolare più elevato rispetto al taglio molecolare (cut-off), che sono ritenute, ad
esempio, i virus. Nel caso specifico i batteriofagi vengono concentrati non per
adsorbimento su membrane, ma per riduzione progressiva del volume del campione
dovuto a perdita di acqua, sali e soluti in base al cut-off scelto. Le membrane
attualmente in commercio sono di due tipi, cellulosa rigenerata e polisolfone.
Si consiglia l’uso di membrane con taglio molecolare pari a 100.000 dalton.
6.1. Terreni
6.1.1. Estratto di carne al 3%, pH 9,5.
Composizione:
Estratto di carne
Acqua distillata
pH 9,5±0,2
3 g
100 mL
Agitare vigorosamente con barretta magnetica. Portare il pH al valore desiderato con
l’aggiunta di idrossido di sodio e sterilizzare in autoclave (121° C per 15 min). La
soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a
temperatura ambiente.
295
6.1.2. Soluzione di formaldeide allo 0,1%.
Composizione:
Formaldeide 13,5 mL
Acqua distillata 500 mL
Preparare la soluzione al momento dell’uso sotto cappa, con le dovute precauzioni e
6.1.3. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N.
Composizione:
Idrossido di sodio 4 g
Acqua distillata 1 L
Agitare vigorosamente con barretta magnetica fino a completa dissoluzione. Scartare
dopo l’utilizzo.
6.2. Procedura
Il campione non necessita di pretrattamenti sebbene, per migliorare il rendimento della
cartuccia, è preferibile pretrattare le membrane con estratto di carne al 3%, pH 7,2±0,2
(5.1.2.) prevenendo così l’adsorbimento aspecifico dei fagi alla membrana stessa.
-Montare la cartuccia secondo le istruzioni della casa produttrice;
-Lavare la cartuccia con 5-10 L di acqua distillata al fine di allontanare il liquido
conservante;
-Pretrattare il sistema con estratto di carne a pH 7,2±0,2 (5.1.2.) facendolo ricircolare
per 5 min;
-Far circolare il campione alle seguenti condizioni operative: 10-12 psi in entrata;
-Fermare l’apparecchio quando il recipiente del campione è quasi vuoto. In questo
caso il volume del campione è rappresentato dal solo volume di riempimento dei
tubi e di imbibizione della cartuccia. Svuotare il sistema completamente e
raccogliere il campione;
-Lavare la cartuccia con una soluzione di estratto di carne al 3%, pH 9,5±0,2 (5.1.2.),
utilizzando un volume pari a 3/4 dell’ultraconcentrato;
-Riunire l’ultraconcentrato con la soluzione di lavaggio;
-Neutralizzare il pH del campione-concentrato finale con acido cloridrico.
-Il campione può essere ulteriormente concentrato se necessario, utilizzando sistemi
di ultrafiltrazione in grado di trattare volumi minori di acqua.
A fine concentrazione:
-lavare la cartuccia con 1-2 L di acqua distillata;
-far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH allo 0,1 N
(6.1.3.);
-lavare la cartuccia con 2-3 L di acqua distillata.
A questo punto le cartucce possono essere utilizzate per un nuovo campione (6.2.) o
conservate per successive analisi (6.3.).
296
6.3. Mantenimento e conservazione delle cartucce
Le cartucce per ultrafiltrazione a flusso tangenziale possono essere utilizzate a lungo e
per diversi campioni se adeguatamente rigenerate e conservate.
-Lavare la cartuccia con 1-2 L di acqua distillata;
-far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH allo 0,1 N
(6.1.3.);
-lavare la cartuccia con 2-3 L di acqua distillata;
-far circolare in continuo una soluzione di formaldeide allo 0,1% (6.1.2.);
-spegnere la pompa ed estrarre la cartuccia cercando di conservare quanta più
formaldeide possibile all’interno della cartuccia medesima;
-mantenere la cartuccia a circa +4°C.
7. Rilevazione del fago: metodo qualitativo (presenza/assenza)
Il metodo consiste nell’aggiungere ad un volume di campione noto un eguale volume di
terreno di coltura idoneo nel quale è stato fatto precedentemente crescere il batterio
rivelatore.
7.1. Terreni
7.1.1. Brodo di crescita del Bacteroides fragilis (Bacteroides Phage Recovery Medium,
BPRM) doppio concentrato (2 x).
Composizione:
Caseitone 20 g
Peptone di carne 20 g
Estratto di lievito 4 g
Cloruro di sodio 10 g
L-cisteina cloridrato 1 g
Cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL 2 g (7.1.2.)
Solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL 2 L (7.1.3.)
Glucosio 3,6 g
Acqua distillata 1 L
Dopo aver sciolto i costituenti in acqua distillata sterilizzare per 15 min a 121°C in
autoclave, raffreddare a circa 50°C. Successivamente aggiungere sterilmente:
Emina 0,1% 20 mL (7.1.4.)
Carbonato di sodio 1 M 50 mL (7.1.5.)
Aggiustare sterilmente il pH a 7,0±0,2 con HCl 35% (circa 5-6 mL/L) senza superare il
valore limite.
Il terreno, senza emina, può essere conservato a circa +4°C per 1 settimana. E’
consigliabile preparare la quantità di terreno da usare per l’analisi giornaliera senza
conservarlo successivamente.
297
7.1.2. Soluzione di cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL.
Composizione:
Cloruro di calcio biidrato (CaCl2 × 2 H2O) 5 g
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere la polvere fino a completa dissoluzione con l’aiuto di un agitatore magnetico.
Autoclavare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non oltre sei mesi in
condizioni ottimali.
7.1.3. Soluzione di solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL.
Composizione:
Solfato di magnesio eptaidrato (MgSO4 × H2O) 12 mg
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere la polvere fino a completa dissoluzione con l’aiuto di un agitatore magnetico.
Autoclavare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non oltre sei mesi in
condizioni ottimali.
7.1.4. Soluzione di emina allo 0,1%.
Composizione:
Idrossido di sodio 0,02 g
Emina 0,1 g
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere su agitatore magnetico NaOH in acqua fino a completa dissoluzione (15 min
circa), aggiungere l’emina e lasciare in agitazione magnetica per circa 2 ore fino a
completa dissoluzione. Sterilizzare per filtrazione (0,22 µm). Conservare a temperatura
ambiente per non oltre i sei mesi in condizioni ottimali.
7.1.5. Soluzione di carbonato di sodio 1 M.
Composizione:
Carbonato di sodio (Na2CO3 ) 105,99 g
Acqua distillata 1 L
Sciogliere la polvere in acqua fino a completa dissoluzione e sterilizzare per filtrazione
(0,22 µm). Conservare a temperatura ambiente per non oltre 6 mesi in condizioni
ottimali.
7.1.6. Brodo di crescita del Bacteroides fragilis (Bacteroides Phage Recovery Medium,
BPRM).
Composizione:
Casitone 10 g
Peptone di carne 10 g
Estratto di lievito 2 g
298
Cloruro di sodio 5 g
L-cisteina monoidrato 0,5 g
Glucosio 1,8 g
Cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL 1 mL (7.1.2.)
Solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL 1 mL (7.1.3.)
Acqua distillata 1 L
Dopo aver sciolto i costituenti in acqua distillata, sterilizzare per 15 min a 121°C in
autoclave e raffreddare a circa 50°C. Successivamente aggiungere sterilmente:
Emina allo 0,1% 10 mL (7.1.4.)
Carbonato di sodio 1 M 25 mL (7.1.5.)
Aggiustare sterilmente il pH a 7,0±0,2 con HCl 35% (circa 2-3mL/L)
Il terreno, senza emina, può essere conservato a circa +4°C per non più di una settimana
in condizioni ottimali. E’ consigliabile preparare la quantità di terreno da usare per
l’analisi giornaliera senza conservarlo successivamente.
7.1.7. Terreno di isolamento primo strato (Modified Blood Agar Base, MBAB).
Composizione:
Agar sangue base n° 2 40 g
L-cisteina monoidrato 0,5 g
Cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL 1 mL (7.1.2.)
Solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL 1 mL (7.1.3.)
Acqua distillata 1 L
Sciogliere i costituenti in acqua distillata fino a completo scioglimento. Autoclavare per
15 min a 121°C. Distribuire in capsule Petri e lasciare solidificare. Il terreno può essere
conservato a circa +4°C per non più di una settimana in condizioni ottimali.
7.1.8. Agar molle secondo strato (Bacteroides Phage Recovery Medium, BPRM - soft
agar).
Composizione:
Caseitone 10 g
Peptone di carne 10 g
Estratto di lievito 2 g
Cloruro di sodio 5 g
L-cisteina monoidrato 0,5 g
Glucosio 1,8 g
Cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL 1 mL (7.1.4.)
Solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL 1 mL (7.1.5.)
Agar 7g
Acqua distillata 1 L
299
Dopo aver sciolto i costituenti in acqua distillata sterilizzare per 15 min a 121°C in
autoclave e raffreddare a circa 55±1°C. Successivamente aggiungere sterilmente:
Emina allo 0,1% 10 mL (7.1.4.)
Carbonato di sodio 1 M 25 mL (7.1.5.)
Aggiustare sterilmente il pH a 7,0±0,2 con HCl 35% (circa 2-3 mL/L). Mantenere il
terreno a 55°C±1 fino al momento dell’uso. E’ consigliabile preparare la quantità di
terreno da usare per l’analisi giornaliera senza conservarlo successivamente.
Per evitare contaminazioni è bene aggiungere al terreno 100 mg/mL di solfato di
kanamicina (7.2.2.) e 7,5 mg/mL di vancomicina (7.2.1.). Il batterio rivelatore
raccomandato è resistente ad entrambi gli antibiotici.
7.1.9. Soluzione tampone per fago.
Composizione:
Fosfato di sodio bibasico (Na2HPO4) 7 g
Fosfato di potassio monobasico (K2HPO4) 3 g
Cloruro di sodio 5 g
Acqua distillata 1 L
Sciogliere i costituenti in acqua distillata e autoclavare a 121°C per 15 min. Lasciare
raffreddare e aggiungere:
Solfato di magnesio eptaidrato 0,1M 10 mL (7.1.10.)
Cloruro di calcio biidrato 0,01M 10 mL (7.1.11.)
Queste soluzioni preparate separatamente vanno autoclavate a 121°C per 15 min e
conservate a circa+4°C non oltre 6 mesi in condizioni ottimali.
7.1.10. Soluzione di solfato di magnesio 0,1M.
Composizione:
Solfato di magnesio eptaidrato (MgSO4 × 7H2O) 2,46 g
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere la polvere in acqua fino alla completa dissoluzione, sterilizzare in autoclave
per 15 min a 121°C e conservare a circa +4°C per non oltre 6 mesi in condizioni
ottimali.
7.1.11. Soluzione di cloruro di calcio 0,01 M.
Composizione:
Cloruro di calcio biidrato (CaCl2 × 2 H2O) 0,15 mg
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere la polvere in acqua fino alla completa dissoluzione, sterilizzare in autoclave
per 15 min a 121°C e conservare a circa +4°C per non oltre 6 mesi in condizioni
ottimali.
300
7.2. Supplementi selettivi: antibiotici
Gli antibiotici sono disponibili in commercio in forma liofilizzata.
Preparare uno stock iniziale per ogni antibiotico e conservarlo a -20°C. Lo stock si
conserva non oltre i 6 mesi suddiviso in aliquote.
7.2.1. Vancomicina: stock iniziale.
Composizione:
Vancomicina 75 mg
Acqua distillata 10 mL
Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione.
Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C.
7.2.2. Kanamicina: stock iniziale.
Composizione:
Kanamicina 1 g
Acqua distillata 10 mL
Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione.
Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C.
7.3. Procedura
In una bottiglia sterile di adeguata capacità, mescolare il volume del campione di acqua
concentrata da analizzare (a) con un egual volume di terreno liquido doppio concentrato
(b) (7.1.1.) e una coltura in fase esponenziale di crescita del batterio rivelatore (4.1.) in
ragione del 12% della somma dei volumi suddetti (a+b). Incubare in anaerobiosi a
37±1°C per 18±2ore in termostato.
Dopo incubazione, una piccola quantità della coltura, preventivamente decontaminata,
viene sottoposta al test di conferma (spot test) (7.3.1.).
7.3.1. Spot test: conferma di positività.
Preparare una capsula di Petri sterile da 90 mm di diametro con uno strato di terreno di
isolamento primo strato (7.1.7.) e lasciare solidificare. Mescolare 3 mL di agar molle
(7.1.8.) mantenuto a 45±1°C in bagno termostatato, con 0,2 mL di una brodocoltura del
batterio rivelatore (4.1.) in fase esponenziale di crescita (D.O. = 0,3 a 620 nm) e, dopo
lieve agitazione, versarlo velocemente sul primo strato agarizzato della capsula di Petri.
Lasciare solidificare in piano. Prelevare una aliquota (circa 1 mL) della coltura ottenuta
(7.3.) e procedere alla decontaminazione, per inattivare totalmente i batteri presenti,
aggiungendo cloroformio pari ad 1/3 del volume dell’aliquota. Agitare vigorosamente
per 5 min e centrifugare a 6000 rpm per 3 min. Raccogliere sterilmente il supernatante e
deporre una goccia (50 µL) sulla superficie dell’agar. Lasciare asciugare e incubare in
anaerobiosi per almeno 20±2 ore a 37±1°C.
301
In caso di presenza di fago si osserverà un’area di lisi intorno alla goccia depositata.
E’ consigliabile affiancare sempre un controllo positivo utilizzando uno stock del fago
precedentemente titolato alla concentrazione 105 Unità Formanti Placca/mL (UFP/mL)
(11.).
7.4. Espressione dei risultati
Esprimere il risultato come Presenza/Assenza del fago B40-8 in un volume di campione
concentrato.
7.5. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
8. Rilevazione del fago: metodo quantitativo (placche di lisi)
Il metodo consiste nel mescolare un adeguato volume del campione da analizzare con
un volume di agar molle (7.1.8.) mantenuto nella fase liquida (45±1°C), a cui viene
aggiunta un’aliquota della sospensione batterica rivelatrice (4.1.). Dopo leggera
agitazione la miscela ottenuta viene versata delicatamente su uno strato di terreno di
isolamento agarizzato (7.1.7.) precedentemente fatto solidificare in capsule Petri.
Dopo incubazione in anaerobiosi vengono osservate e quantizzate le placche di lisi:
ognuna di queste corrisponde ad una particella di fago infettivo.
8.1. Terreni
8.1.1. Brodo di crescita (7.1.6.).
8.1.2. Terreno di isolamento primo strato (7.1.7.).
8.1.3. Agar molle secondo strato (7.1.8.).
8.2. Procedura
In un tubo sterile mescolare:
agar molle (7.1.8.) completo di antibiotici (7.2.), mantenuto in
bagno termostatato a 45±1°C
coltura in fase esponenziale del batterio rivelatore (D.O. = 0,3 a
620 nm) (4.1.)
campione da analizzare precedentemente concentrato (volume
massimo da seminare per piastra)
2,5
0,5
1
mL
mL
mL
302
Mescolare delicatamente e versare su un primo strato di terreno di crescita agarizzato
(7.1.7.) fatto solidificare in capsula Petri. Lasciare solidificare ed incubare in
anaerobiosi a 37±1°C.
Le placche di lisi sono visibili già dopo 6-8 ore di permanenza a 37±1°C consentendo di
effettuare una quantizzazione prima delle 24 ore. La lettura, comunque, può anche
essere effettuata dopo 18-24 ore.
8.3. Espressione dei risultati
Esprimere il risultato come fago B40-8 UFP/ volume di campione concentrato.
8.4. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
8.5. Controllo positivo: stock del fago
Per preparare uno stock del fago è necessario disporre di almeno 5 piastre con lisi totale
della crescita batterica ottenuta con il metodo delle placche di lisi (8.2.). Versare 3 mL
di soluzione tampone del fago (7.1.9.) in ogni piastra coprendo tutta la superficie. Porre
a circa +4°C per 1 ora le piastre e staccare l’agar molle utilizzando una spatola sterile.
Con una pipetta raccogliere, in una o più provette, la soluzione tampone da ogni piastra
e centrifugare a 3000-4000 rpm per 10 min. Recuperare il supernatante e filtrarlo
sterilmente con filtri a basso adsorbimento proteico (low binding protein). Procedere
alla titolazione del supernatante ottenuto e conservare a circa +4°C lo stock. E’
consigliabile una titolazione mensile dello stock del fago (8.5.1.).
8.5.1. Titolazione dello stock del fago.
Data l’alta concentrazione dello stock è necessario diluire la brodocoltura. Allestire una
serie di diluizioni in provette eppendorf partendo da 10-1 fino a 10-9 dello stock usando
la soluzione tampone del fago (7.1.9.) come diluente. Effettuare il test dalla diluizione
10-6 fino a 10-9 su piastre con il metodo delle placche di lisi (8.2.). E’ necessario
affiancare un controllo della soluzione tampone ed uno della crescita batterica:
controllo soluzione tampone:
agar molle (7.1.8.) 2,5 mL
crescita batterica (D.O. = 0,3) (4.1.) 0,5 mL
soluzione tampone del fago (7.1.9.) 1 mL
controllo batterio:
agar molle (7.1.8.) 2,5 mL
crescita batterica D.O. = 0,3 (4.1.) 0,5 mL
Da ogni diluizione seminare due piastre secondo il metodo descritto (8.2.) ed effettuare
la conta delle placche di lisi dopo 20±2 ore di incubazione in anaerobiosi a 37±1°C.
Calcolare il titolo per mL.
303
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DIVIZIA M., DONIA D., GABRIELI R., RUSCIO V., PANA’ A. Valutazioni relative ad un nuovo
sistema di ultrafiltrazione per la concentrazione di enterovirus e batteriofagi. Igiene e Sanita’ Pubblica,
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TARTERA C., ARAUJO R., MICHEL T., JOFRE J. Culture and decontamination methods affecting
enumeration of phages infecting Bacteroides fragilis in sewage. Applied and Environmental
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TARTERA C., JOFRE J. Bacteriophages active against Bacteroides fragilis in sewage-polluted waters.
Applied and Environmental Microbiology, 1987, 53, 1632.
305
DETERMINAZIONE DEGLI ELMINTI
0. Generalità e definizioni
In passato, nel termine Elminti, che non ha un preciso significato tassonomico, venivano
compresi vari animali o stadi di animali vermiformi che non sembravano possedere
caratteri distintivi tali da farli comprendere in altri gruppi zoologici.
Così come citato nella nota 2 del Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991,
tra i parametri del controllo occasionale C4, gli Elminti sono da ricercare in quanto
organismi indicatori di qualità che, come tali, solo in particolari circostanze possono
rendere pericolosa l’assunzione di acqua. A differenza di altri parametri del controllo
occasionale di cui è prescritta l’assenza obbligatoria, di questo parametro se ne auspica
l'assenza nelle acque potabili. Questa specificazione, escludendo che gli organismi
indicati nel DPR 236/88 con il termine Elminti appartengano a specie parassite
patogene per l’uomo, chiarisce che il termine si riferisce a organismi che conducono
vita libera. Il metodo proposto si riferisce in modo particolare alla ricerca di Nematodi a
vita libera.
I Nematodi a vita libera sono animali microscopici, invertebrati senza appendici, con
corpo cilindrico, arrotondato, fusiforme, posteriormente allungato in una coda. Sono
provvisti di una cuticola, per lo più liscia e trasparente. I sessi sono separati, in molti
generi; alcuni sono ermafroditi o partenogenetici. Il loro ciclo vitale comprende lo
stadio di uovo, 4 stadi larvali ed uno stadio adulto. Morfologicamente gli stadi larvali
sono simili a quello degli adulti, ma di dimensioni più piccole.
Hanno diffusione cosmopolita, vivono nelle acque dolci, nel mare, nel suolo. I
Nematodi d’acqua dolce vivono sul fondo dei laghi, degli stagni, dei fiumi e dei ruscelli.
Sono animali strettamente bentonici e mancano nel plancton; tuttavia possono trovarsi
temporaneamente sospesi nelle acque correnti dei fiumi e dei laghi e quindi anche in
acque grezze da utilizzarsi a scopo potabile. A causa della attività motoria e per la loro
nota resistenza alla clorazione, non sono, infatti, sensibili ai trattamenti convenzionali di
potabilizzazione, possono entrare nei sistemi di distribuzione.
Inoltre è possibile trovarli anche in acque di rete provenienti da captazioni profonde
perché in grado di vivere anche nelle acque sotterranee, nelle grotte e nelle sorgenti.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di elminti nelle acque sorgive,
sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano.
306
2. Principio del metodo
Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza
degli organismi indicati con il termine di Elminti, per quanto sopra detto, con il metodo
di seguito presentato viene data la possibilità di quantificare, se presenti, il numero dei
Nematodi nelle acque destinate al consumo umano.
La procedura analitica si basa sulla concentrazione del campione mediante filtrazione su
membrana e successivo conteggio degli organismi al microscopio.
3. Strumentazione e vetreria
Oltre alla comune attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1), per la conduzione
dell’analisi sono necessari:
-dispositivo di filtrazione in linea;
-membrane di esteri di cellulosa di diametro 47-50 mm e porosità nominale di 3 mm;
-microscopio invertito;
-pozzetti da plancton o piastre Petri;
-recipienti di plastica da 25 L.
4. Reagenti
4.1. Acido acetico o propionico
Usare, con le dovute precauzioni, sotto cappa chimica.
4.2. Formaldeide
Usare, con le dovute precauzioni, sotto cappa chimica.
5. Procedura
5.1. Campionamento
Prelevare un volume di acqua di almeno 20 L nel caso di acque destinate al consumo
umano e di almeno 3 L nel caso di acque superficiali da inviare alla potabilizzazione
utilizzando taniche di plastica o bottiglie di vetro. I contenitori devono essere puliti, ma
non necessariamente sterili; è sufficiente che siano lavati con acqua corrente e
sciacquati con acqua distillata.
Per acque destinate al consumo umano da tenere sotto controllo in maniera routinaria,
dopo la fase iniziale di studio che serve per individuare la concentrazione dei Nematodi,
si possono ridurre progressivamente i volumi, fino ad arrivare a misure standard, sulla
base del numero degli organismi riscontrati.
307
Trasportare il campione in laboratorio e procedere all’analisi che dovrà essere svolta nel
più breve tempo possibile e terminata entro 2 giorni dal prelievo. Se questo non fosse
possibile, procedere al più presto quantomeno a concentrare il campione e a fissarlo con
i liquidi conservanti (4.1. e 4.2.).
5.2. Concentrazione
Filtrare il campione a bassa pressione attraverso una membrana di esteri di cellulosa con
porosità nominale di 3 mm. Prima della filtrazione agitare il campione in maniera
ondulatoria per evitare che organismi possano rimanere sul fondo del recipiente e lavare
le pareti dell’imbuto con acqua distillata dopo la filtrazione, per raccogliere ogni
eventuale residuo.
Fare aderire la membrana alla parete di un pozzetto da plancton riempito a metà con
acqua del campione in esame, sottratta al volume iniziale prima della filtrazione. Lavare
ripetutamente la membrana con l’acqua del pozzetto tramite un sottile getto ottenuto
mediante spruzzetta o pipetta capillare per rimuovere i Nematodi, eventualmente
presenti, e risospenderli nel campione. Nella necessità di analizzare un volume di acqua
particolarmente elevato, per evitare difficoltà di lettura dovute all’eventuale presenza di
particolato, il campione può essere filtrato in più frazioni.
Lasciare sedimentare il preparato per circa 12 ore prima di procedere all’osservazione
microscopica. In alternativa ai pozzetti si possono utilizzare piastre Petri.
Nel caso che non si possa procedere all’osservazione microscopica nei tempi stabiliti,
occorre fissare il campione con i liquidi conservanti. In tal caso, addizionare al
campione concentrato, nel pozzetto, acido acetico o propionico e formaldeide (4.1. e
4.2.) in modo che i Nematodi vengano a trovarsi in una soluzione di acido al 5-15% e di
formaldeide al 2-5%; l’acido acetico fa morire i vermi distesi e li rende più trasparenti,
la formaldeide rende i loro tessuti un po’ granulosi e opachi correggendo l’effetto
dell’acido. Il campione fissato si mantiene per un tempo indefinito a circa +4°C.
In alternativa e/o in casi particolari, possono essere utilizzati dispositivi di filtrazione in
linea che permettono di concentrare il campione direttamente in loco, al momento del
prelievo. Tali dispositivi (ad esempio ne esistono in commercio in policarbonato) sono
particolarmente utili per esaminare volumi piuttosto elevati di acqua ed evitare problemi
connessi al trasporto di grossi quantitativi.
In tal caso, adottare la seguente procedura.
Inserire la membrana filtrante fra le due parti del dispositivo che viene montato al
rubinetto del prelievo, tramite un tubo in gomma, seguendo le istruzioni della ditta
produttrice. Dalla parte opposta inserire un secondo tubo di gomma per fare defluire
l’acqua in una tanica di capacità nota, onde potere quantificare il volume filtrato (in
alternativa utilizzare un contalitri). Aprire il rubinetto in modo che l’acqua scorra a una
pressione non troppo elevata e aspettare il tempo necessario a concentrare il volume
prefissato. Dopo il prelievo, smontare il dispositivo e metterlo in una busta di plastica
pulita; trasportarlo in laboratorio in condizioni refrigerate. In laboratorio è preferibile
smontare immediatamente la membrana filtrante e procedere subito alla preparazione
del pozzetto per la osservazione microscopica.
308
5.3. Osservazione microscopica
Procedere all’osservazione al microscopio invertito a 100 ingrandimenti di tutti i campi
e di ogni frazione filtrata; contare i Nematodi presenti. I valori ottenuti sono riferiti al
volume iniziale di acqua. Per un’indagine più approfondita distinguere i Nematodi in
vivi e morti ed esaminarli ad ingrandimento maggiore.
5.4. Identificazione tassonomica
Nel caso si voglia procedere all’identificazione tassonomica si può inviare il campione
presso un centro specializzato, in quanto è necessario l’intervento di un esperto
tassonomo per il riconoscimento delle specie. Il campione concentrato va fissato prima
dell’invio (5.1.).
6. Espressione dei risultati
Riportare il risultato ottenuto come N° di individui/L.
BIBLIOGRAFIA
APHA, AWWA, WPCE. Standard methods for the examination of water and wastewater 17th Edition,
1989.
ZULLINI. Guide per il riconoscimento delle specie animali delle acque interne Italiane: Nematodi. CNR
AQ/1/190, 1982.
309
DETERMINAZIONE DEGLI ENTEROVIRUS
0. Generalità e definizioni
I virus sono parassiti endocellulari obbligati e necessitano, quindi, di una cellula
suscettibile all’infezione di cui utilizzano le risorse energetiche, enzimatiche e strutturali
per riprodursi. Sono provvisti di un involucro proteico o lipoproteico che circonda un
acido nucleico. Quest’ultimo è di un solo tipo: RNA (acido ribonucleico) o DNA (acido
desossiribonucleico). Le proteine di rivestimento (capside) sono responsabili sia
dell’attacco alla cellula suscettibile che dell’induzione di anticorpi specifici da parte del
soggetto infettato.
La morfologia dei virus è estremamente variabile e dipende dal modo di assemblarsi
delle varie subunità proteiche che costituiscono il capside.
Gli enterovirus, e cioè tutti quelli che riconoscono la classica trasmissione oro-fecale,
reperibili nell’ambiente appartengono a 6-7 famiglie e sono suddivisi in altrettanti
generi; diversamente i sierotipi sono più di 100. Nel complesso le malattie causate dagli
enterovirus sono diverse e dipendono strettamente dall’organo o apparato bersaglio
colpito: gastroenteriti (Coronavirus, Astrovirus, Adenovirus, Rotavirus); paralisi
(Poliovirus); meningiti (Coxsackievirus tipo A); miocarditi (Coxsackievirus tipo B);
epatiti (virus dell’epatite A, virus dell’epatite E).
L’analisi virologica delle acque destinate ad uso umano o potabilizzate pone dei
problemi nettamente differenti rispetto alle classiche analisi batteriologiche. Tali
problemi sono legati ai volumi da analizzare e, di conseguenza, alla metodologia da
adottare, alla mancanza di una metodica universalmente valida per tutti gli enterovirus
ed ai mezzi di identificazione dei virus isolati.
I volumi da analizzare sono nettamente superiori a quelli determinati per le analisi
batteriologiche partendo da un minimo di 100 sino a 1000 L. Inevitabilmente, la prima
fase della concentrazione del campione da analizzare deve essere svolta su campo e poi
proseguire in laboratorio. La stessa metodologia da adottare, sia su campo che in
laboratorio, presenta numerose variabili e variazioni adottate dai singoli ricercatori.
In ultimo, merita particolare attenzione il problema legato all’isolamento ed
identificazione dei virus eventualmente presenti. Le metodiche classiche di
sieroneutralizzazione con antisieri specifici, test di immunoenzimatica per la ricerca di
antigeni virali (enzyme-linked immunosorbent assay, ELISA) o test di
immunofluorescenza sia diretta che indiretta sono stati in parte superati dai più rapidi e
moderni test di biologia molecolare, quali il test di ibridazione molecolare e il test di
reazione a catena della polimerasi (Polymerase Chain Reaction, PCR).
Nel DPR 236/88 per questo parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua
potabile, come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento degli enterovirus nelle acque
sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano.
310
2. Principio del metodo
Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza
di enterovirus, i metodi di seguito descritti permettono di effettuare determinazioni
qualitative e quantitative degli enterovirus nelle acque destinate al consumo umano.
Come prima detto, l’analisi virologica delle acque potabili richiede il trattamento di
grandi volumi di acque, difficili da trasportare in laboratorio. E’ quindi evidente che la
metodica dovrà prevedere una fase di concentrazione su campo, al fine di ridurre il
volume del campione, ed una fase di concentrazione in laboratorio, al fine di ridurre
ulteriormente il campione fino ad un volume adatto per l’infezione di colture cellulari.
2.1. Metodi di indagine
In letteratura sono riportati numerosi metodi di concentrazione da diverse matrici
ambientali. Tutti questi metodi sono altrettanto validi quanto difficilmente riproducibili
e non applicabili a tutti gli enterovirus reperibili nell’ambiente. In effetti, la matrice
ambientale così come il comportamento degli enterovirus può influenzare positivamente
o negativamente un metodo o l’altro.
Nel complesso i metodi più comunemente utilizzati sono:
a) metodi di adsorbimento su flocculati o precipitati che comprendono l’uso del
solfato di alluminio, solfato di ammonio, cloruro ferrico. Si tratta di metodi
semplici ma di efficacia estremamente variabile;
b)
ultrafiltrazione che si basa sull’utilizzo di membrane la cui porosità è inferiore alla
taglia dei virus, tale metodo non necessita di pretrattamento o condizionamento
delle acque prima della concentrazione;
c)
adsorbimento-eluizione su supporti solidi che si basa sulla capacità dei virus di
adsorbirsi su supporti ed in seguito di staccarsi utilizzando condizioni differenti di
pH o in presenza di soluzione organica. A tal fine si utilizzano membrane piane o a
cartuccia a carica superficiale elettronegativa od elettropositiva, polvere di vetro,
lana di vetro, polielettroliti insolubili, silicati minerali, carbone attivo.
Il metodo di seguito descritto, è stato elaborato dalla letteratura internazionale
disponibile e sulla base di personali esperienze. Niente vieta che il metodo possa essere
modificato ed adattato alle personali esigenze; è possibile anche utilizzare uno dei
metodi di seguito descritti.
3. Strumentazione di laboratorio
Per lo svolgimento dell’analisi, oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v.
Appendice 1) sono necessario specifiche attrezzature. Di seguito saranno descritte solo
le attrezzature principali che debbono essere presenti in un laboratorio di virologia
ambientale, alcune delle quali di uso anche più comune.
311
3.1. Termostati
I termostati presenti in un laboratorio di virologia vengono utilizzati alla temperatura di
37±1°C, a meno che diversamente indicato per particolari condizioni di crescita
cellulare e/o virale. E’ da tenere presente che le cellule, che servono al mantenimento
delle linee cellulari, devono essere incubate in termostati separati e non devono mai
entrare in contatto con le cellule infettate o seminate con campioni ambientali
potenzialmente infetti. E’ consigliabile predisporre ambienti separati e sprovvisti di
climatizzazione forzata al fine di evitare una disseminazione nell’ambiente dei virus.
3.2. Cappe a flusso laminare
Anche in questo caso devono essere accuratamente separate le cappe per il
mantenimento delle cellule sane da quelle delle cellule infette. Le cappe devono inoltre
essere di tipo Biohazard per evitare una possibile trasmissione di patogeni virali
all’operatore. A tal fine sono anche da preferire le cappe che offrano la possibilità
all’operatore di introdurre solo le mani, proteggendo con un vetro il viso.
Le cappe a flusso laminare devono inoltre essere pulite routinariamente. La superficie di
lavoro deve essere detersa ogni giorno pulendola con alcool, con una soluzione di
ipoclorito 0,1-0,2% o con altri detergenti presenti in commercio e preparati allo scopo.
Una pulizia più energica può essere attuata mediante vapori di formaldeide, ottenuti
utilizzando una piastra riscaldante e tenendo in funzione il flusso della cappa. E’ bene
ricordare che i vapori di formaldeide sono estremamente tossici ed è quindi
indispensabile che l’operatore si allontani durante la fase di disinfezione e che questa
stessa sia attuata al termine della settimana lavorativa al fine di permettere
l’evaporazione del disinfettate. Si attua periodicamente una volta ogni 2 mesi e
comunque ogniqualvolta si verifichi una contaminazione batterica delle colture cellulari.
3.3. Contenitori di azoto liquido
Presso ogni laboratorio di virologia devono essere sempre disponibili più linee cellulari,
in considerazione del fatto che non tutti gli enterovirus crescono su un’unica linea
cellulare. Linee cellulari che non sono in uso in un dato momento possono essere
congelate e conservate in azoto liquido per diversi anni. Per brevi periodi di tempo (6
mesi) è possibile conservare le cellule a circa -80°C.
3.4. Apparecchi per la produzione di acqua ultrapura
L’acqua per colture cellulari può essere prodotta sia per bidistillazione, mediante
ebollizione, partendo da un’acqua preventivamente deionizzata o, meglio ancora,
mediante apparati per la produzione di acqua ultrapura in genere provvisti anche di un
ultrafiltro e di un sistema di depirogenazione.
A causa dell’aggressività di questo tipo d’acqua, è bene aggiungere immediatamente,
all’acqua ultrapura sterile e raffreddata, il terreno 10x concentrato.
312
3.5. Pompa peristaltica
E’ bene preferire, tra le diverse pompe in commercio, quelle a velocità e potenza
regolabile.
3.6. Altre attrezzature
Frigorifero a -20°C e -80°C, centrifuga refrigerata veloce a 20.000 rpm, centrifuga
refrigerata a 6000 rpm, centrifuga per provetta eppendhorf, sistemi per la sterilizzazione
a pressione positiva, ecc.
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Estratto di carne al 3%, pH 7,2 e pH 9,5
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Acqua ultrapura 100 mL
Agitare la soluzione con barretta magnetica. Portare il pH al valore desiderato con
aggiunta di idrossido di sodio e sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min).
La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a
temperatura ambiente.
4.2. Estratto di carne allo 0,3% in glicina 0,05 M, pH 9,5
Composizione:
Estratto di carne 0,3 g
Glicina 0,38 g
Acqua ultrapura 100 mL
Agitare la soluzione con barretta magnetica e portare il pH a 9,5±0,2 con aggiunta di
idrossido di sodio. Sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min).
La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a
temperatura ambiente.
4.3. Soluzione di formaldeide allo 0,1%
Composizione:
Formaldeide 13,5 mL
Acqua distillata 500 mL
Preparare al momento dell’uso, con le dovute cautele, sotto cappa chimica e scartarla
313
4.4. Soluzione di polietilenglicol 6000 (PEG 6000) al 50%p/v
Composizione:
Soluzione salina fosfatata senza calcio e magnesio (7.4.3.)
Cloruro di sodio
PEG 6000
90 mL
12 g
80 g
Portare a 160 mL di volume totale con la soluzione salina fosfata (PBS) (7.4.3.) senza
calcio e magnesio. Aggiungere un magnete alla soluzione di PEG al 50% (4.4.).
Sterilizzare in autoclave (15 min a 121°C). Una volta prelevata la soluzione
dall’autoclave, mettere ad agitare per diverse ore (anche per tutta la notte) finché la
soluzione non diviene limpida. La soluzione, se conservata sterilmente, può essere
mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente.
4.5. Soluzione di fosfato di sodio bibasico anidro 0,15 M
Composizione:
Fosfato di sodio bibasico anidro (Na2HPO4) 2,4 g
Acqua ultrapura 100 mL
Sciogliere la soluzione utilizzando una barretta magnetica e sterilizzare in autoclave
(121°C per 15 min). La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per
diversi mesi a temperatura ambiente.
4.6. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N
Composizione:
Idrossido di sodio 4 g
Acqua distillata 1 L
Agitare vigorosamente con barretta magnetica fino a completa dissoluzione. Scartare
dopo l’uso.
5. Campionamento e concentrazione primaria degli enterovirus
La presenza di cloro nelle acque potabili non costituisce un problema nell’analisi
virologica per via della maggiore resistenza acquisita dai virus all’inattivazione sia nei
confronti dei disinfettanti naturali che artificiali. In considerazione poi dell’elevato
volume da analizzare è praticamente impensabile qualsiasi trattamento contro il cloro
residuo se non utilizzando dei sistemi ad iniezione, ormai non più praticabili.
5.1. Fase su campo
Per questa fase possono essere utilizzati diversi sistemi, ma le membrane, così come le
cartucce elettronegative che prevedono aggiunta di sali e acidificazione del campione
mediante sistemi ad iniezione, non sono facilmente applicabili su campo. Tali
314
membrane prevedevano l’acidificazione del campione a pH 3,5-4,0 e l’aggiunta di
cloruro di alluminio (AlCl3) o cloruro di magnesio (MgCl2) a differenti concentrazioni,
determinando recuperi estremamente variabili a causa della obbligata manipolazione del
campione stesso. Recentemente sono state prodotte membrane piane e cartucce a carica
superficiale elettropositiva che operano in un campo di pH estremamente ampio, non
necessitano di pre-acidificazione ed aggiunta di sali, e possono essere collegate
direttamente al rubinetto dell’acqua potabile per il prelievo del campione.
5.2. Concentrazione primaria
Montare la cartuccia a carica superficiale elettropositiva nell’apposito contenitore e
collegare direttamente il contenitore al rubinetto di prelievo.
Aprire il rubinetto e regolare il flusso in uscita dal contenitore a circa 15-17 L/min,
applicando un regolatore del flusso idrico in entrata. In uscita è consigliabile applicare
un contalitri. Il volume da filtrare é compreso tra 500 e 1000 L.
Dopo il prelievo, mettere la cartuccia in una busta in plastica ed etichettarla indicando
luogo, data del prelievo e il volume filtrato. Porre la cartuccia in una borsa termica sino
al ritorno in laboratorio. In laboratorio è preferibile eluire la cartuccia immediatamente
o comunque entro le 24 h conservandola a circa +4°C.
5.3. Fase in laboratorio
Al fine di ridurre il volume da seminare su colture cellulari è necessario, soprattutto
quando si concentrino grandi volumi di acqua, procedere ad una seconda fase di
concentrazione che può differenziarsi a seconda dei virus che si intendono ricercare o
dell’eluente utilizzato per eluire la cartuccia.
5.4. Eluizione del virus adsorbito dalla cartuccia
Per eluire correttamente una cartuccia sono necessari 1,2-1,5 L di eluente (4.2.) fatto
ricircolare di continuo con l’ausilio di una pompa da laboratorio. In breve: collegare
l'uscita della pompa all'entrata del contenitore per cartucce mentre il tubo di entrata
della pompa deve pescare nella beuta contenente l’eluente. A sua volta l’uscita del
contenitore deve ritornare, mediante un tubo flessibile, alla beuta.
Far fluire l’eluente per almeno 15 min e alla fine raccoglierlo svuotando completamente
la cartuccia.
Neutralizzare l’eluente con acido cloridrico facendo attenzione che il pH sia intorno a
7,0±0,2. L’acidificazione eccessiva dell’eluente, specie nel caso contenga estratto di
carne, determinerebbe una precipitazione delle proteine ed un’inattivazione dei virus
eventualmente presenti.
315
6. Concentrazione secondaria degli enterovirus
La stessa metodica descritta nella prima fase di concentrazione (cartuccia
elettropositiva) può essere anche utilizzata nella seconda fase utilizzando membrane,
con diametro piuttosto piccolo (45 mm). Altri sistemi prevedono una precipitazione
degli enterovirus eventualmente presenti: la flocculazione organica (nel caso di
soluzioni di natura proteica), l’ultracentrifugazione, o la precipitazione con diversi
agenti chimici quali il solfato di alluminio, il cloruro di alluminio o di ferro, l’idrossido
di magnesio e il polietilenglicol 6000. Verranno descritte le tre metodiche più
comunemente utilizzate: l’ultrafiltrazione, la flocculazione organica e la precipitazione
con polietilenglicol 6000.
6.1. Ultrafiltrazione a flusso tangenziale
L’ultrafiltrazione è un processo di separazione delle particelle in funzione del solo peso
molecolare; esistono diverse membrane con tagli molecolari (nominal molecular weight
limit) da 1.000 sino a 1.000.000 di dalton. La funzione delle membrane è quella di porre
una barriera tra le sostanze che riescono ad attraversare le membrane e le altre, a peso
molecolare più elevato rispetto al taglio molecolare (cut-off), che sono ritenute, ad
esempio, i virus. Nel caso specifico gli enterovirus vengono concentrati non per
adsorbimento su membrane, ma per riduzione progressiva del volume del campione
dovuto a perdita di acqua, sali e soluti in base al cut-off scelto. Le membrane
attualmente in commercio sono di due tipi: cellulosa rigenerata e polisulfone, e possono
essere a cartuccia (membrana avvolta a spirale) o a membrana piana.
Si consiglia l’uso di membrane con taglio molecolare pari a 100.000 dalton.
6.1.1. Preparazione del campione.
Il campione non necessita di pretrattamenti sebbene, per migliorare il rendimento della
membrana, è preferibile pretrattarla con estratto di carne al 3%, pH 7,2±0,2 (4.1.)
prevenendo così l’adsorbimento aspecifico dei virus.
6.1.2. Concentrazione.
-Montare la membrana secondo le istruzioni della casa produttrice;
-Lavare la membrana con 5-10 L di acqua distillata al fine di allontanare il liquido
conservante;
-Pretrattare il sistema con estratto di carne a pH 7,2±0,2 (4.1.) facendolo ricircolare
per 5 min;
-Far circolare il campione alle seguenti condizioni operative: 10-12 psi in entrata;
rapporto ritenuto/filtrato (ultraconcentrato/scarto) 1:5-7;
-Fermare l’apparecchio quando il recipiente del campione è quasi vuoto. In questo
caso il volume del campione è rappresentato dal solo volume di riempimento dei
tubi e di imbibizione della membrana. Svuotare il sistema completamente e
raccogliere il campione;
-Lavare la membrana con una soluzione di estratto di carne al 3%, pH 9,5±0,2 (4.1.)
utilizzando un volume pari a 3/4 dell’ultraconcentrato;
316
-Riunire l’ultraconcentrato con la soluzione di lavaggio;
-Neutralizzare il pH del campione-concentrato finale.
Il campione può essere ulteriormente concentrato se necessario, utilizzando sistemi di
ultrafiltrazione in grado di trattare volumi minori di acqua, oppure mediante
flocculazione organica (6.2.) o precipitazione con polietilenglicol 6000 (6.3.).
A fine campionamento:
-Lavare la membrana con 1-2 L di acqua distillata;
-Far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH 0,1 N (4.6.);
-Lavare la membrana con 2-3 L di acqua distillata.
A questo punto la membrana può essere utilizzata per un nuovo campione (6.1.2.) o
conservata per successive analisi, facendo circolare in continuo una soluzione di
formaldeide allo 0,1% (4.3.) per almeno 5-10 min.
Spegnere la pompa ed estrarre la membrana cercando di conservare quanta più
formaldeide possibile all’interno della membrana, al fine di evitare l’essiccamento della
stessa. Riporre in idoneo contenitore aggiungendo formaldeide come liquido
conservante.
6.2. Flocculazione organica
Questa tecnica si basa sulla capacità delle proteine di precipitare a pH acido e comunque
inferiore al loro punto isoelettrico. I virus presenti nel campione sono imprigionati nei
flocculati e raccolti per semplice centrifugazione.
Questa metodica è applicabile solo a soluzioni proteiche o comunque rese tali per
semplice aggiunta di estratto di carne. La flocculazione organica va attentamente
controllata per impedire una caduta eccessiva del pH che inattiverebbe i virus presenti
(ad esempio, i Rotavirus). Esistono in commercio estratti di carne purificati che
migliorano il rendimento della flocculazione organica.
6.2.1. Concentrazione.
Portare la soluzione proteica lentamente a pH 3,5±0,2 e mantenere costantemente in
agitazione lenta per 30 min. Recuperare il flocculato per semplice centrifugazione a
3500 g per 30 min a circa +4°C. Risospendere il pellet in una soluzione sterile di
Na2HPO4 0,15 M, pH 7,2 (4.5.). Dopo dissoluzione del pellet riportare il pH a 7,2±0,2
con l’aggiunta di idrossido di sodio.
6.3. Polietileglicol 6000 (PEG 6000)
Il PEG è un polimero sintetico solubile in acqua ed atossico su colture cellulari. Il PEG
determina una clusterizzazione delle molecole di acqua intorno alle proteine, e quindi ai
virus, causandone una precipitazione Può essere utilizzato sia con soluzioni proteiche
che saline.
317
6.3.1. Concentrazione.
Porre il campione, addizionato con una soluzione di polietilenglicol 6000 al 50% (4.4.),
in rapporto di 1:4 vol/vol (concentrazione finale 10%), a circa +4°C, in agitazione lenta
per una notte.
Risospendere il precipitato, spesso invisibile, raccolto per centrifugazione a 10.000g per
45 min a circa +4°C, nel minor volume possibile (2-3 mL) di PBS sterile pH 7,2±0,2
(7.4.3.).
I tempi di centrifugazione sono proporzionali ai volumi da centrifugare, in genere per
volumi da 50 a 100 mL sono necessari 45-60 min. Per volumi superiori (200-250 mL) si
può arrivare anche alle 2 h.
La precipitazione con PEG, che richiede l’utilizzo di una centrifuga ad alta velocità, è
un processo meno drastico rispetto alla flocculazione organica.
7. Isolamento ed identificazione di enterovirus
I metodi per la ricerca degli enterovirus da campioni ambientali comprendono diversi
sistemi: sistemi biologici (inoculazione su colture cellulari), sistemi immunologici
(immunofluorescenza diretta ed indiretta, test immunoenzimatici, test
radioimmunologici) e sistemi molecolari (sonde molecolari o probes, test di reazione a
catena della polimerasi).
Molti di questi test sono già commercializzati ma, in alcuni casi, richiedono una certa
esperienza da parte dell’operatore. Tutti i test immunologici si basano sull’utilizzo di un
anticorpo marcato con radioattivo, fluoresceina o con un enzima.
Altri test immunoenzimatici, come ad esempio il test di immunomicroscopia elettronica,
difficilmente possono essere applicabili all’ambiente in quanto la loro bassa sensibilità
richiede un’elevata concentrazione virale, necessaria per una risposta positiva,
difficilmente raggiungibile in campioni ambientali.
7.1. Colture cellulari
I virus umani sono parassiti strettamente endocellulari, quindi necessitano di cellule su
cui moltiplicarsi. Alcuni virus, come i Poliovirus, possono moltiplicarsi su diverse linee
cellulari, mentre altri virus presentano una specificità cellulare stretta. Infine, per un
terzo gruppo di enterovirus, non esiste al momento una linea cellulare adatta e non sono
quindi evidenziabili se non con altri sistemi più sofisticati delle colture cellulari. Alcuni
virus, capaci di moltiplicarsi su sistemi cellulari, sono in grado di indurre un tipico
effetto citopatico (Poliovirus, Echovirus, Coxsackievirus), altri (Epatite A, Rotavirus)
possono moltiplicarsi senza indurre alcuna alterazione evidente. In quest’ultimo caso la
loro presenza può essere svelata solo con test immunologici (immunofluorescenza
diretta o indiretta, test immunoenzimatici, test radioimmunologici) o di biologia
molecolare (ibridazione, reazione a catena della polimerasi).
E’ buona norma, che tutti i laboratori di virologia ambientale, abbiano a disposizione
più di una linea cellulare a seconda del virus che si intende ricercare. Le linee cellulari
318
sono classificabili in tre gruppi: cellule di primo espianto, linee cellulari continue (le più
utilizzate) e cellule diploidi. Le modalità di coltivazione, di subcoltivazione, di
congelamento in azoto liquido per il mantenimento a lungo termine delle linee cellulari
sono estremamente complesse e prima di avventurarsi al mantenimento e all’uso di
cellule per l’isolamento da campioni ambientali, è assolutamente indispensabile un
approfondito training in laboratori specializzati.
Le cellule vengono fatte crescere su supporti solidi (fiasche) in plastica speciale per
colture cellulari di dimensioni variabili da 12,5 cm2 sino a 175 cm2, o in roller (fiasche
tonde in rotazione continua) da 500 cm2. Le cellule possono essere anche coltivate in
tubi, in piastre da 2 a 96 pozzetti o in capsule di Petri in genere da 45 a 90 mm di
diametro.
I monostrati cellulari ad intervalli regolari e variabili, a seconda delle diverse linee
cellulari, devono essere separati nelle loro singole cellule da utilizzare per la
preparazione di altri monostrati cellulari.
Qui di seguito verrà dato, a titolo di esempio, la produzione di nuovi monostrati
cellulari a partire da monostrati di 25 cm2.
7.2. Reagenti e terreni di coltura
7.2.1. Stock 10x. In commercio sono disponibili sia terreni già pronti che in polvere.
Questi ultimi richiedono la reidratazione della polvere in acqua ultrapura, utilizzando
1/10 del volume indicato al fine di ottenere una soluzione 10x. Aggiungere 1 mL dello
stock di antibiotici (7.2.3.) e mettere ad agitare per almeno 2 ore al fine di favorire la
completa dissoluzione della polvere. Sterilizzare per filtrazione a pressione positiva
utilizzando un gas inerte come l’azoto. La composizione del terreno può variare a
seconda delle esigenze nutrizionali delle cellule o a seconda del loro utilizzo (con o
senza rosso neutro).
Il terreno così preparato può essere conservato a circa +4°C per non più di 6 mesi in
condizioni ottimali.
7.2.2. Siero vitello fetale. Trattare i flaconi di siero di vitello a 56±1°C per 45 min.
7.2.3. Pool di antibiotici. La composizione che viene indicata è una miscela ricca che
può essere variata a seconda delle necessità, ad esempio aggiungendo antimicoplasmi in
caso di presente o accertata contaminazione delle linee cellulari.
Composizione:
Kanamicina 0,5 g
Streptomicina 6 g
Penicillina 5.000.000 unità
Micostatin 160.000 unità
Acqua ultrapura 50 mL
Agitare la miscela con barretta magnetica per diverse ore e sterilizzare per filtrazione a
pressione positiva. Distribuire la miscela in aliquote di 3-5 mL, congelare a -20±1°C ed
utilizzare per non oltre 6 mesi.
319
7.2.4. Soluzione di bicarbonato di sodio all’8%.
Composizione:
Bicarbonato di sodio 32 g
Acqua ultrapura 400 mL
Agitare con barretta magnetica per 30 min e sterilizzare per filtrazione positiva.
Il bicarbonato deve essere conservato a circa +4°C, in flacone chiuso ed al riparo dalla
luce. Non può essere conservato a lungo (massimo 3-4 settimane). Al momento
dell’aggiunta al terreno di coltura si deve notare un viraggio di colore che può andare
dal rosso pallido al rosso più intenso (dipende dalla costituzione del terreno); un
viraggio verso il viola depone per uno scarto immediato sia dello stock di bicarbonato
che del flacone di terreno al quale il bicarbonato stesso è stato aggiunto.
7.2.5. Soluzione di glutamina al 3%.
Composizione:
Glutamina 12 g
Acqua ultrapura 400 mL
Agitare con barretta magnetica per almeno 30 min e sterilizzare per filtrazione positiva.
Distribuire in aliquote e congelare a becco di clarino a -20±1°C. Può essere conservata
per non più di 6 mesi in condizioni ottimali.
7.2.6. Miscela di tripsina - EDTA
Composizione:
Soluzione salina fosfatata (phosphate buffered salts,
calcio e magnesio (7.4.3.)
Tripsina
Acido etilendiaminotetracetico (EDTA)
PBS) senza 1 L
2,5 g
0,2 g
La soluzione salina è disponibile in commercio in polvere o pastiglie da sciogliere in
acqua ultrapura. Agitare con barretta magnetica per almeno 2 h e sterilizzare per
filtrazione positiva.
Distribuire in aliquote da 100 mL e congelare a -20±1°C. Può essere conservata per non
di 3 mesi in condizioni ottimali.
Prima dell’uso la tripsina deve essere riscaldata a 37±1°C in bagno termostatato. Nel
caso in cui i 100 mL di soluzione non siano utilizzati completamente, il flacone può
essere conservato per non più di 2 settimane a circ
7.3. Terreni di crescita e di mantenimento
I terreni di crescita sono utilizzati per la moltiplicazione delle cellule, diversamente i
terreni di mantenimento sono utilizzati su monostrati cellulari già formati.
320
7.3.1. Terreno di crescita al 10% di siero di vitello fetale.
Composizione:
Acqua ultrapura preventivamente sterilizzata in autoclave (121°C 400 mL
per 15 min)
Terreno 10x specifico per la linea cellulare utilizzata (7.2.1.) 50 mL
Siero di vitello fetale inattivato (7.2.2.) 50 mL
Antibiotici (7.2.3.) 0,5 mL
Bicarbonato di sodio all’8% (7.2.4.) 7 mL
Glutamina al 3% (7.2.5.) 5 mL
Etichettare accuratamente la bottiglia di terreno indicando: tipo di terreno, percentuale
di siero di vitello fetale, linea cellulare e data di preparazione.
Il terreno 10x può variare a seconda delle esigenze nutrizionali delle diverse linee
cellulari; alcune richiedono terreni particolarmente arricchiti, ad esempio zuccheri,
aminoacidi non-essenziali. Può essere conservato a circa +4°C per non più di 6 mesi. E
bene comunque prima del suo utilizzo controllare l’assenza di crescita batterica che si
evidenzia con un precipitato sul fondo della bottiglia.
7.3.2. Terreno di mantenimento al 2% di siero di vitello fetale.
Composizione:
Acqua ultrapura preventivamente sterilizzata in autoclave 420 mL
(121°C per 15 min)
Terreno 10x specifico per la linea cellulare utilizzata (7.2.1.) 50mL
Siero di vitello fetale inattivato (7.2.2.) 10mL
Antibiotici (7.2.3.) 0,5 mL
Bicarbonato sodico all’8% (7.2.4.) 14mL
Glutamina al 3% (7.2.5.) 5mL
Etichettare la bottiglia come per il terreno di crescita.
I terreni sia di crescita che di mantenimento vanno utilizzati entro 2 mesi dalla data di
preparazione.
7.3.3. Terreno di mantenimento doppio concentrato (2x).
Composizione:
Acqua ultrapura preventivamente sterilizzata in autoclave (121°C 340 mL
per 15 min)
Terreno 10x (7.2.1.) specifico per la linea cellulare utilizzata e 100 mL
privo di rosso neutro
Siero di vitello fetale inattivato (7.2.2.) 20mL
Antibiotici (7.2.3.) 1mL
Bicarbonato di sodio all’8% (7.2.4.) 28mL
Glutamina al 3% (7.2.5.) 10mL
Etichettare la bottiglia come per il terreno di crescita. Il terreno va utilizzato entro 2
mesi dalla data di preparazione.
321
7.4. Altri reagenti
7.4.1. Agar per colture cellulari all’1,8%.
Composizione:
Agar per colture cellulari 1,8 g
Acqua ultrapura 100 mL
Sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min). Può essere conservato a circa +4°C per
non più di 6 mesi. Se l’agar è troppo vecchio si può notare una certa difficoltà a
solidificare.
7.4.2. Rosso neutro all’1%.
Composizione:
Rosso neutro 1 g
Cloruro di sodio 8,5 g
Acqua ultrapura 100 mL
Sciogliere la soluzione utilizzando una barretta magnetica e sterilizzare in autoclave
(121°C per 15 min). Distribuire sterilmente in aliquote. Può essere conservato a
temperatura ambiente per non più di 6 mesi. Non agitare mai prima dell’uso al fine di
evitare la risospensione di eventuali cristalli di colore che potrebbero interferire con la
lettura.
7.4.3. Soluzione salina fosfatata (PBS) con o senza calcio e magnesio. In commercio
esistono polveri e/o pastiglie da sciogliere direttamente in acqua ultrapura.
Sciogliere la polvere o le pastiglie nella quantità di acqua ultrapura indicata in
confezione. Dopo agitazione con barretta magnetica, sterilizzare in autoclave il PBS
senza calcio e magnesio (121°C per 15 min) e per pressione positiva il PBS con calcio e
magnesio. La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi
mesi a temperatura ambiente.
7.4.4. Soluzione di cristal violetto allo 0,15%.
Composizione:
Cristal violetto 0,15 g
Acqua ultrapura 100 mL
Sciogliere la soluzione utilizzando una barretta magnetica e sterilizzare in autoclave
(121°C per 15 min). La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per
diversi mesi a temperatura ambiente.
7.5. Preparazione di monostrati cellulari partendo da una fiasca da 25 cm2
-Eliminare il terreno di mantenimento (7.3.2.);
-Lavare il monostrato cellulare con PBS sterile senza calcio e magnesio (7.4.3.);
322
-Aggiungere 5-7 mL di Tripsina-EDTA (7.2.6.) preriscaldata a 37±1°C in bagno
termostatato;
-Controllare al microscopio rovesciato il momento in cui le cellule iniziano a
separarsi le une dalle altre assumendo una forma tondeggiante;
-Eliminare la soluzione Tripsina-EDTA;
-Sbattere vigorosamente la fiasca sul palmo della mano controllando visivamente, in
controluce, il distacco del tappeto dal supporto;
-Aggiungere immediatamente 5-6 mL di terreno di crescita (7.3.1.) e con l’ausilio di
una pipettatrice automatica risospendere le cellule;
-Distribuire, in parti uguali, il terreno contenente le cellule in 3 o più fiasche a
seconda delle linee cellulari utilizzate;
-Aggiungere altro terreno di crescita (7.3.1.) a finale 7-8 mL per fiasca. L’area di
crescita cellulare deve essere coperta dal terreno;
-Incubare le cellule a 37±1°C; il nuovo monostrato cellulare sarà completo nell’arco
di 36-48 h;
-Al monostrato formato, eliminare il terreno di crescita ed aggiungere 7-8 mL di
terreno di mantenimento (7.3.2.). Quest’ultimo deve essere periodicamente cambiato
quando il colore del terreno virerà verso il giallo.
Particolare cura deve essere posta al momento della separazione delle cellule con
Tripsina-EDTA (7.2.6.), il tempo di contatto è estremamente variabile e dipende dalle
diverse linee cellulari. Nel caso in cui le cellule si disperdano nella soluzione Tripsina-
EDTA (7.2.6.) deve essere immediatamente aggiunto terreno di crescita (7.3.1.). Nel
siero è presente un inibitore della Tripsina che, se fosse lasciata agire troppo a lungo,
porterebbe ad una digestione della stessa parete cellulare e alla morte delle cellule. Nel
caso in cui le cellule siano sospese in Tripsina-EDTA, possono essere raccolte per
semplice centrifugazione (3500 rpm per 15 min, a temperatura ambiente) e il pellet
risospeso in terreno di crescita (7.3.1.).
7.6. Inoculo di colture cellulari
La ricerca di enterovirus può effettuarsi per isolamento su colture cellulari in vitro, per
tecniche immunologiche e per test di biologia molecolare.
I campioni comunque concentrati presentano una notevole quantità di batteri che vanno
eliminati prima dell’inoculo sulle cellule. Inoculare 0,5 mL di campione per fiasche da
25 cm2 ed aggiungere un uguale volume di terreno di mantenimento (diluizione
finale1:2). La quantità di campione che può essere inoculata su monostrati cellulari
dipende strettamente dalla tossicità del campione (in alcuni casi è consigliabile ricorrere
a diluizioni superiori (1:7-1:10) come nel caso di omogenati di mitili o fanghi).
7.6.1. Decontaminazione per filtrazione.
Esistono in commercio filtri già pre-assemblati ed a basso adsorbimento proteico.
-Pretrattare il filtro, utilizzando una siringa sterile, da 0,22 mm e di 12 mm di
diametro con 4-5 mL di estratto di carne (4.1.) a pH 7,2±0,2 o con terreno di crescita
(7.3.1.) al fine di prevenire l’adsorbimento aspecifico dei virus;
323
-Filtrare il campione e raccoglierlo in un contenitore sterile;
-Aggiungere un pool di antibiotici (7.2.3.) in rapporto 1:50 ed incubare per 2 h a
37±1°C.
Il diametro del filtro può variare in base alla torbidità ed al volume del campione.
7.6.2. Decontaminazione con cloroformio.
-Aggiungere al campione cloroformio a concentrazione finale pari al 30%;
-Agitare vigorosamente per 15-20 min;
-Centrifugare a 3500 rpm per 15 min a temperatura ambiente;
-Prelevare accuratamente e sterilmente la fase acquosa;
-Aggiungere alla fase acquosa un pool di antibiotici (7.2.3.), in rapporto 1:50;
-Mettere il campione per 2 h a 37±1°C.
7.7. Isolamento di virus citopatici
L’isolamento su monostrato cellulare può essere effettuato in due modi. Dopo inoculo
del campione sul monostrato cellulare e successivo adsorbimento del virus si può
aggiungere: terreno liquido (metodo qualitativo: presenza/assenza, per volume di
inoculo) o addizionato con agar (metodo quantitativo: Unità Formanti Placche, per
volume di inoculo).
7.7.1. Inoculazione su monostrati in terreno liquido.
-Preparare monostrati cellulari in fiaschette da 25 cm2 o superiori;
-Eliminare il terreno di crescita;
-Inoculare il campione precedentemente trattato;
-Lasciare a contatto il campione (adsorbimento) per 1-2 h a 37±1°C in agitazione
lenta, ma continua utilizzando un agitatore basculante;
-Osservare al microscopio invertito l’eventuale effetto tossico del campione
(distruzione del monostrato non imputabile a virus). In caso di elevata tossicità,
l’inoculo del campione va ripetuto, su nuovo monostrato, a diluizione maggiore;
-In caso di assenza di tossicità, eliminare l’inoculo e lavare il monostrato cellulare
con terreno di mantenimento (7.3.2.) o soluzione salina sterile completa di calcio e
magnesio (7.4.3.);
-Aggiungere 6-7 mL di terreno di mantenimento (7.3.2.) per fiasche da 25 cm2;
-Incubare a 37±1°C ed osservare le cellule giornalmente al fine di evidenziare un
effetto citopatico da virus.
Dopo una notte di incubazione si può presentare un effetto tossico ritardato, seppur
minimo. E’ necessario affiancare alle analisi in corso, almeno 2 fiaschette di cellule non
infettate e trattate allo stesso modo delle cellule infette (controllo cellule). Le colture
debbono essere osservate per almeno 2 settimane. L’effetto citopatico da virus deve
essere confermato con un secondo passaggio, inoculando un’aliquota del lisato cellulare
del primo passaggio (previo congelamento e scongelamento per almeno tre volte) su un
nuovo monostrato cellulare.
324
7.7.2. Inoculazione su monostrati mantenuti in terreni agarizzati. Questa tecnica può
essere applicata solo per quei virus che provocano placche visibili di lisi.
•
Metodo delle placche in presenza di colorante vitale.
-Preparare monostrati cellulari su capsule di Petri da 100 mm di diametro;
-Trattare il campione ed inoculare come sopra (7.6.) incubando le capsule di Petri
per colture cellulari in atmosfera di 5% di CO2;
-Eliminare l’inoculo e lavare il tappeto con una soluzione salina sterile completa
di calcio e magnesio (7.4.3.);
-Aggiungere 10 mL di terreno di mantenimento doppio concentrato (7.3.3.)
addizionato con agar (7.4.1.) (50% - 50%);
-Dopo solidificazione, aggiungere un secondo strato di terreno doppio
concentrato (7.3.3.) agarizzato (7.4.1.) contenente rosso neutro (7.4.2.) allo
0,1%;
-
Dopo solidificazione del secondo strato incubare le piastre a 37±1°C in
atmosfera di 5% CO2.
Il colorante vitale determina una colorazione rosso pallido del monostrato integro,
mentre le placche di lisi sono visibili come foci rotondi non colorati.
•
Metodo delle placche in assenza di colorante vitale.
-Trattamento, inoculo e aggiunta del terreno agarizzato (7.3.3.; 7.4.1.) senza
colorante vitale ed incubazione sono eseguiti come precedentemente detto;
-Dopo 3-5 giorni le cellule sono fissate per aggiunta di 3 mL di 10%
acidotricloroacetico;
-Dopo 20 min di contatto, l’agar è eliminato e le cellule colorate con 1-2 mL di
una soluzione di cristal violetto (7.4.4.);
-Dopo 10 min le capsule sono lavate con soluzione salina (7.4.3.) ed asciugate.
Il tappeto intatto si presenta colorato in viola, mentre le placche di lisi sono
trasparenti.
7.8. Isolamento di virus che non provocano effetto citopatico
Alcuni virus possono moltiplicarsi senza indurre un’alterazione visibile del tappeto
cellulare (Rotavirus), altri virus crescono con estrema difficoltà e con tempi di
incubazione lunghi anche diverse settimane, ad esempio Epatite A.
Tutti questi virus possono essere messi in evidenza con tecniche immunologiche di
immunofluorescenza diretta o indiretta e di radio-immuno focus assay (RIFA).
Verrà descritto solo il metodo dell’immunofluorescenza in quanto il metodo RIFA è
simile al primo con la differenza della marcatura radioattiva dell’anticorpo;
nell’immunofluorescenza l’anticorpo è marcato con fluoresceina (sostanza
fluorescente).
Ogni test deve sempre comprendere dei controlli negativi (cellule non infettate) e
controlli positivi (cellule infettate con ceppi virali noti di laboratorio).
325
7.8.1. Metodo dell’immunofluorescenza diretta.
-Preparare il monostrato cellulare su vetrini per immunofluorescenza;
-Il campione è inoculato come nell’inoculo su monostrati con terreno liquido
(7.7.1.);
-Incubare i vetrini in atmosfera di 5% CO2 per un tempo variabile dipendente dal
periodo di replicazione del virus;
-Lavare il monostrato cellulare con soluzione salina sterile completa di calcio e
magnesio (7.4.3.);
-Fissare il vetrino per 10-15min in acetone a freddo (-20±1°C);
-Lavare con una soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.) e
asciugare all’aria;
-Aggiungere un anticorpo fluoresceinato e specifico contro l’antigene virale che si
intende ricercare (45 min a +37±1°C ed in camera umida);
-Lavare il vetrino con una soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio
(7.4.3.) ed esaminarlo con un microscopio a fluorescenza.
La positività è data dall’evidenziazione di punti verdi fluorescenti in genere
intracitoplasmatici. La positività può essere espressa come percentuale di cellule infette
o numero di foci fluorescenti.
7.8.2. Metodo dell’immunofluorescenza indiretta.
Il metodo prevede l’utilizzo di due anticorpi: il primo anticorpo è un’immunoglobulina
non marcata e specifica verso un determinato virus; il secondo anticorpo è un’anti
immunoglobulina marcata con fluoresceina. In commercio sono reperibili entrambi i tipi
di anticorpi.
-La preparazione del tappeto cellulare, l’infezione e il fissaggio viene eseguita come
nel test precedente (7.7.1.);
-Aggiungere il primo anticorpo ed incubare per 45 min a 37±1°C in camera umida;
-Lavare 2 volte con soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.);
-Aggiungere il secondo anticorpo marcato con fluoresceina (45 min a 37±1°C in
camera umida);
-Lavare con soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.) ed
osservare al microscopio a fluorescenza.
La positività viene espressa come nel caso dell’immunofluorescenza diretta.
7.8.3. Metodo immunoenzimatico.
Nel metodo immunoenzimatico (ELISA) l’anticorpo specifico verso un determinato
antigene è adeso alla fase solida (piastre per test ELISA a 96 pozzetti). Esistono oramai
in commercio numerosi test enzimatici per la ricerca dei virus isolabili dall’ambiente.
Viene descritto un metodo standard di tipo diretto per la ricerca del virus dell’epatite A.
In ogni test vanno sempre inclusi almeno due controlli positivi e due negativi forniti nel
kit commerciale insieme alle soluzioni specifiche da utilizzare nel test.
-Lavare il pozzetto con la soluzione di lavaggio;
-Mettere 100 mL del campione in esame;
326
-Incubare per 16±2 h a temperatura ambiente in camera umida;
-Lavare i pozzetti per almeno 3 volte con 300 mL di soluzione di lavaggio;
-Mettere 100 ml dell’anticorpo marcato;
-Incubare a 37±1°C per 1 h in camera umida;
-Lavare almeno 3 volte con 300 mL della soluzione di lavaggio;
-Aggiungere 100 mL di una soluzione contenente un appropriato substrato specifico
per l’enzima legato all’anticorpo;
-Lasciare 30 min a temperatura ambiente in camera umida;
-Bloccare la reazione con 100 mL di una soluzione di acido cloridrico 0,1 N.
L’avvenuto legame anticorpo-antigene (positività) è evidenziato dallo sviluppo di una
reazione cromatica tra substrato ed enzima. I campioni sono considerati positivi sulla
base delle indicazioni fornite dalla casa produttrice.
7.8.4. Test di biologia molecolare.
Tali test possono essere applicati sia al campione concentrato (senza passaggio su
monostrati cellulari) che dopo passaggio su cellule.
Negli anni più recenti accanto ai tradizionali test si sono sviluppati metodi di analisi
biologico-molecolari. Tali sistemi comprendono le sonde molecolari o probes sia a
DNA, acido deossiribonucleico, che RNA, acido ribonucleico, (test di ibridazione) e più
recentemente la reazione a catena della polimerasi (Polymerase Chain Reaction, PCR).
Tali tecniche hanno ricevuto un notevole sviluppo, sebbene entrambe non siano in grado
di discriminare tra particelle virali infettive e non.
Le sonde molecolari sono costituite da RNA o DNA complementare ad una sequenza
specifica ed unica del genoma virale. Tali sonde, come nel caso degli anticorpi, sono
marcate con enzimi o con isotopi radioattivi. L’uso delle sonde molecolari per la ricerca
degli enterovirus ha avuto il merito di avere introdotto tecniche di biologia molecolare
nel campo ambientale, ma presenta un unico limite legato alla loro sensibilità che le
rende applicabili solo ad acque con alto titolo virale (limite di sensibilità: 103 particelle
virali infettive).
Il test di reazione a catena della polimerasi (PCR) consiste in un’amplificazione
selettiva di una porzione unica e specifica del genoma secondo una relazione del tipo 2n,
con un uguale al numero di cicli di amplificazione. Alla fine del test la sequenza risulta
copiata da appositi enzimi fino ad un massimo di 106 copie. L’amplificato può essere
successivamente risolto ed identificato sia su gel di agarosio, in quanto, essendo nota la
sequenza, se ne conosce anche dimensione e peso molecolare, sia mediante test di
ibridazione molecolare su supporto solido utilizzando apposite sonde marcate (test di
ibridazione). Il limite di sensibilità del test è compreso tra 3-30 particelle virali infettive,
sebbene, in teoria, anche una singola particella virale può essere rivelata con il test di
reazione a catena della polimerasi.
Sebbene tale test è oramai largamente accettato esistono anche in questo caso diversi
problemi legati soprattutto alla presenza di inibitori aspecifici e non delle reazioni
enzimatiche. Diverse procedure sono state adottate al fine di eliminare tali inibitori dal
campione ambientale; è bene comunque considerare che ogni tecnica deve essere
sempre attentamente valutata in laboratorio ed adattata alle personali esigenze.
327
8. Espressione dei risultati
Riportare il risultato ottenuto come Enterovirus: Assente o Presente per volume
analizzato (metodo qualitativo) o numero in UFP per volume analizzato (metodo
quantitativo).
BIBLIOGRAFIA
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PCR and hybridization. Microbiologica 1998, 21: 161-167.
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SCHWARTZBROD, L. Virologie des milieux hydriques. Tec & Doc-Lavoisier, Paris. ISBN 2-85206753-
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PAYMENT P., TRUDEL, M. Manuel de tecniques virologiques. Universiteés francophones du Québec,
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DIVIZIA M., DE FILIPPIS P., DI NAPOLI A., GABRIELI A., SANTI L., PANÀ A. HAV recovery
from tap water evaluation of different types of membranes. Annali di Igiene 1, 57-64, 1989.
329
DETERMINAZIONE DEI FUNGHI
0. Generalità e definizioni
I funghi sono organismi eucarioti immobili, chemiosintetici ed eterotrofi, unicellulari o
più spesso organizzati in strutture pluricellulari, che possono raggiungere dimensioni
notevoli; possiedono parete cellulare rigida e si riproducono con produzione di spore
(riproduzione sessuale) e di conidiospore (riproduzione asessuale).
Nel gruppo sono compresi, oltre ai funghi, il cui sviluppo si verifica per mezzo di ife con
produzione di micelio, anche i lieviti, la cui crescita si attua per gemmazione con
produzione di blastoconidi che, in alcune specie, si staccano dalla cellula madre, mentre
in altre rimangono attaccati gli uni agli altri a formare lo pseudomicelio.
I funghi sono largamente diffusi in natura e ubiquitari in tutte le matrici ambientali
(acqua, aria e suolo). In base al loro metabolismo si distinguono in saprofiti, parassiti e
simbionti. In particolare i saprofiti sono responsabili della degradazione della sostanza
organica e possono vivere negli strati superficiali del suolo e negli ambienti acquatici
(fiumi, laghi, mare, acque contaminate da liquami) ed essere presenti anche nelle acque
potabili in rete dove possono anche partecipare alla formazione di biofilm .
Alcune specie fungine possono produrre allergie, asma, polmoniti (per inalazione), altri
producono effetti tossigeni (per ingestione di alimenti contaminati) o patogeni (per
inalazione); altre specie per contatto possono provocare micosi.
La maggior parte dei funghi isolati sia da acque trattate che da acque non trattate
appartiene alla classe dei Deuteromiceti. Le loro concentrazioni nelle acque sono variabili
e possono presentare ampie oscillazioni (da 0 ad alcune migliaia UFC/100 mL, Unità
Formanti Colonia) in relazione alle caratteristiche dell’acqua. La ricerca di questo
parametro nelle acque potabili e negli impianti di distribuzione può essere utile a
verificare l’efficienza del trattamento di potabilizzazione ed esso può essere considerato
un indice della qualità dell’acqua erogata.
La normativa ne auspica l’assenza nell’acqua potabile in quanto solo in particolari
circostanze può renderne pericolosa l’assunzione, come anche ribadito dal Decreto del
Ministro della Sanità del 26 marzo 1991.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di funghi nelle acque sorgive,
sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano.
2. Principio del metodo
Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza
di Funghi, con i metodi di seguito presentati viene data la possibilità di quantificarne, se
presenti, il numero nelle acque destinate al consumo umano.
330
La procedura analitica si basa sulla semina diretta di un aliquota del campione su piastra
e sul successivo conteggio delle colonie sviluppate; in alternativa può essere utilizzata la
filtrazione su membrana con conteggio delle colonie.
Vengono di seguito proposti due metodi:
-metodo a: metodo della semina diretta su piastra. Con questo metodo viene
verificata la presenza di funghi in campioni di acqua tramite la messa in evidenza di
colonie su terreno colturale agarizzato.
-metodo b: metodo della filtrazione su membrana (MF). Questo metodo permette di
verificare la presenza di funghi in campioni di acqua tramite la messa in evidenza di
colonie cresciute su membrana posta su terreno colturale agarizzato.
Di seguito vengono proposti substrati di isolamento diversi, tutti altrettanto validi per la
determinazione dei funghi. Comunque esistono in commercio diversi substrati usati per
l’isolamento dei Funghi che garantiscono buoni risultati in fase analitica anche se non
esiste un unico substrato in grado di far crescere tutte le specie presenti. E’ necessario in
ogni caso tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere
effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti
alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività.
3. Strumentazione e vetreria
Oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1) è necessario disporre di
membrane di acetato di cellulosa di diametro 47 mm con porosità nominale 0,45 mm, di
colore nero.
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Agar di Czapek Dox (Czapek Dox Agar, CDA)
Composizione:
Saccarosio 30 g
Nitrato di sodio 3 g
Fosfato bipotassico 1 g
Solfato di magnesio 0,5 g
Cloruro di potassio 0,5 g
Solfato ferroso 0,01 g
Agar 15 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,3+0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice.
331
Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino a ebollizione agitando
frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Sterilizzare a 121°C
per 15 min. Distribuire in capsule Petri e lasciare solidificare. Lasciare asciugare molto
bene la superficie del terreno. Conservare il terreno sterilizzato, pronto per l’uso, a circa
+4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali.
4.2. Agar di Sabouraud (Sabouraud Dextrose Agar, SDA)
Composizione:
Peptone
Destrosio
Agar
Acqua distillata
pH 4,5+0,2
10
40
15
100
g
g
g
mL
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
all’ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Dopo aver sciolto la polvere sterilizzare a 121°C per 15 min. Dopo la
sterilizzazione si consiglia di modificare il pH, nel terreno ancora liquido, con una
soluzione di acido lattico sterile al 10% (4.3.) in modo da ottenere un valore di pH
4,5+0,2. Ciò riduce la crescita batterica la cui preponderanza potrebbe disturbare quella
fungina. Distribuire in capsule Petri e lasciare solidificare. Lasciare asciugare molto bene
la superficie del terreno. Conservare il terreno sterilizzato, pronto per l’uso, a circa +4°C
per non più di due settimane in condizioni ottimali.
4.3. Soluzione di acido lattico al 10%
Composizione:
Acido lattico 10 mL
Acqua distillata
Mettere in un pallone tarato 10 mL di acido lattico e portare a 100 mL con acqua
distillata.
Sono reperibili in commercio soluzioni a titolo noto.
4.4. Agar all’estratto di malto (Malt Agar, MA)
Composizione:
Estratto di malto 30 g
Agar 1g
Acqua distillata 1000 mL
pH 5,4+0,2
332
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
all’ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Distribuire in capsule Petri e
lasciare solidificare. Lasciare asciugare molto bene la superficie del terreno. Conservare il
terreno sterilizzato, pronto per l’uso, a circa +4°C per non più di 2 settimane in
condizioni ottimali.
4.5. Soluzione di blu lattofenolo
Colorante per microscopia disponibile in commercio.
5. Procedura
5.1. Metodo a: semina diretta su piastra
5.1.1. Volume da analizzare.
Il volume da analizzare con questo metodo è pari a 1 mL; per analizzare volumi maggiori
distribuire il campione in più piastre e procedere per tutte allo stesso modo.
5.1.2. Semina diretta e incubazione.
Per lo svolgimento dell’analisi può essere utilizzato uno o più dei terreni colturali sopra
proposti.
Trasferire sterilmente 1 mL di campione sulla superficie, ben asciutta, del terreno
colturale solidificato in capsula Petri. Distribuire uniformemente sull’intera superficie
usando un’ansa sterile di vetro oppure un sistema a piastra rotante che assicuri una
distribuzione uniforme del campione. Coprire la capsula, lasciare asciugare a temperatura
ambiente, ed incubare a 22°-25°C per 3–5 giorni.
5.2. Metodo b: filtrazione su membrana
5.2.1. Volume da analizzare.
Il volume da analizzare è pari a 100 mL per le acque in rete; per altri tipi di acqua, in
relazione alla qualità possono essere analizzate aliquote diverse.
5.2.2. Filtrazione e incubazione.
Per lo svolgimento dell’analisi può essere utilizzato uno o più dei terreni colturali sopra
proposti.
Filtrare 100 mL di campione attraverso una membrana di acetato di cellulosa,
preferibilmente di colore nero, di 0,45 mm di porosità nominale, posta sul supporto
dell’apparecchiatura di filtrazione, rispettando le comuni norme di asepsi. Trasferire
sterilmente la membrana in piastre contenenti il terreno colturale di isolamento evitando
la formazione di bolle d’aria tra la membrana stessa e la superficie del terreno agarizzato.
Incubare alla temperatura di 22°-25°C in frigo-termostato per 3–5 giorni.
333
6. Identificazione e conteggio delle colonie
I lieviti sviluppano colonie dall’aspetto cremoso, bianche nella prima fase di crescita e
che, dopo la formazione di blastoconidi, possono assumere colorazioni diverse. Nei
funghi la struttura filamentosa del micelio vegetativo può essere nascosta da una
copertura piumosa o cotonosa, polverulenta, formata da miceli aerei e dalle spore
disposte a volte in anelli concentrici. Contare tutte le colonie tipiche.
7. Espressione dei risultati
Riportare il risultato ottenuto come numero di Funghi UFC/1 mL se si applica il metodo
a o come Funghi UFC/100 mL se si applica il metodo b.
8. Osservazione microscopica
Qualora si volesse procedere all’osservazione microscopica degli organismi cresciuti,
effettuare isolamenti delle colonie da saggiare.
Per i lieviti è consigliabile procedere all’isolamento delle colonie su piastra di SDA (4.2.).
Incubare a 22°–25°C per 3–5 giorni. Con un’ansa sterile procedere al prelievo di una
parte della colonia (al centro) da esaminare e strisciare su un vetrino stemperando con
una goccia di acqua distillata sterile. Osservare al microscopio, preferibilmente a
contrasto di fase (20x o 40x), per l’evidenziazione di pseudomicelio e spore.
Eventualmente procedere alla identificazione dei lieviti con microkit di prove
biochimiche.
Volendo procedere alla osservazione microscopica dei funghi, usare la tecnica della
osservazione diretta.
Fare aderire delicatamente una striscia di nastro adesivo trasparente sulla superficie della
colonia da verificare al microscopio. Trasferire il nastro su un vetrino portaoggetti sul
quale è stata posta una goccia di soluzione di blu lattofenolo (4.5.), con la parte adesiva
rivolta verso il basso. Porre un vetrino coprioggetti e osservare all’ingrandimento 100x
per distinguere spore e conidi.
BIBLIOGRAFIA
APHA. Standards Methods for Examination of Water and Wastewater. APHA, AWWA, WPCF. 18th
Ed. Washington D.C. , 1992.
BARRON G.L. Genera of Hyphomycetes from soil. Lubrecht L. and Cramer B.J. Ldt, 1977.
LA PLACA M. Caratteri generali dei miceti in: Principi Di Microbiologia Medica. Esculapio Editrice,
6th Ed. Bologna, 40, 379-401, 1991
ORSI A. Generalità sui miceti in: Pasquinelli F. Diagnostica e tecniche di laboratorio. Rosini Editrice,
Firenze, vol. II, 461-507, 1989
335
DETERMINAZIONE DEI PROTOZOI: CISTI DI GIARDIA ED OOCISTI DI
CRYPTOSPORIDIUM
0. Generalità e definizioni
Il DPR 236/88 e la nota 2 del Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991
includono i Protozoi tra gli organismi di cui se ne auspica l’assenza nelle acque potabili.
Questo parametro è pertanto da interpretare come indice di qualità di un’acqua di cui,
solo in particolari circostanze, può essere pericolosa l’assunzione.
Tuttavia di seguito verranno descritti i metodi per la ricerca di cisti ed oocisti di protozoi
patogeni, considerando che, negli anni più recenti, alcuni protozoi, ritenuti inizialmente
agenti di zoonosi, acquistando capacità infettanti più ampie, sono stati anche riconosciuti
come patogeni umani diretti e che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito, tra
i patogeni emergenti di interesse prioritario, i protozoi patogeni Giardia e
Cryptosporidium.
Giardia lamblia (o intestinalis) è un protozoo flagellato, riconosciuto come patogeno
per l’uomo dalla metà degli anni ‘60. Ha un ciclo monoxeno che comprende lo stadio di
trofozoite e quello di cisti. Cryptosporidium parvum è un protozoo coccide, riconosciuto
come patogeno per l’uomo dal 1976. Anch’esso ha un ciclo monoxeno, nel quale la
riproduzione sessuata ed asessuata si compiono nello stesso ospite e che attraverso una
serie di stadi portano alla formazione di una oociste.
Le cisti di Giardia e le oocisti di Cryptosporidium sono le forme infettanti e vengono
introdotte nell’ambiente con le feci dai serbatoi di infezione che possono essere
rappresentati dall’uomo, ma anche da numerosi animali sia selvatici, sia di allevamento o
domestici. La diffusione delle cisti e delle oocisti nell’ambiente è favorita dalla scarsa
specificità d’ospite di questi parassiti, nonché dalla notevole resistenza di queste strutture
agli stress ambientali.
Giardiasi e criptosporidiosi sono patologie a trasmissione fecale-orale, che possono
trascorrere in forma asintomatica o determinare una gastroenterite autorisolvente nei
soggetti immunocompetenti. Negli immunodepressi, in modo particolare nei malati di
AIDS, invece, soprattutto l’infezione da Cryptosporidium, può cronicizzare, provocando
una diarrea persistente, con conseguenze gravi, che possono arrivare sino alla morte.
Le modalità d’infezione, per entrambi i parassiti, sono rappresentate dal consumo di
acqua o di alimenti contaminati, dal contatto interpersonale e con animali che fungono da
serbatoi. Tuttavia, l’acqua è stata riconosciuta come il principale veicolo di trasmissione
per questi parassiti, la cui presenza è stata rilevata sia nelle acque grezze, soprattutto di
origine superficiale, sia nelle acque potabilizzate. Infatti, le acque superficiali possono
subire facilmente contaminazione attraverso gli scarichi di reflui civili o di allevamenti, il
dilavamento del terreno e la fertirrigazione; d’altra parte la resistenza delle cisti e oocisti
non permette ai trattamenti chimico-fisici attuati nei processi di potabilizzazione di
garantire l’eliminazione di questi parassiti.
336
1. Campo di applicazione
Le procedure analitiche vengono utilizzate per le acque sorgive, sotterranee e
superficiali, destinate da destinare al consumo. Possono essere utilizzate per valutare la
eventuale presenza e distribuzione di protozoi nelle riserve idriche, per individuare la
sorgente di contaminazione e per analizzare l’efficienza del trattamento di
potabilizzazione.
Di seguito vengono descritti tre metodi idonei alla ricerca di cisti e oocisti in acque
destinate al consumo umano che contengano basse concentrazioni di solidi sospesi.
Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza
degli organismi indicati con il termine di Protozoi, per quanto sopra detto, con i metodi
di seguito presentati viene data la possibilità di quantificare, se presenti, il numero delle
cisti ed oocisti di Protozoi patogeni nelle acque destinate al consumo umano.
2. Metodo 1
2.1. Principio del metodo
Prevede la filtrazione su cartuccia di polipropilene, porosità nominale 1 µm, di campioni
d'acqua, l’eluizione delle cisti ed oocisti mediante lavaggio delle fibre della cartuccia, la
concentrazione e purificazione dell’eluato per centrifugazione e flottazione, la
determinazione ed il conteggio al microscopio delle cisti ed oocisti mediante
immunofluorescenza diretta.
2.2. Strumentazione e vetreria
Per lo svolgimento dell’analisi, oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio (v.
Appendice 1), è necessario disporre di:
-apparato di filtrazione per filtri a membrana da 25 mm ;
-cartucce in polipropilene con porosità nominale 1 µm, lunghezza 25 cm, (con
portacartuccia in polipropilene);
-centrifuga a rotore basculante per contenitori a fondo conico da 15 mL;
-centrifuga refrigerata (+4°C) a rotore basculante per contenitori da 50-500 mL;
-contalitri;
-contenitori da centrifuga da 500 mL con fondo conico o del tipo a bottiglia;
-contenitori da centrifuga da 50 e 15 mL con fondo conico;
-idrometro per liquidi con range di densità 1,000-1,225;
-membrane di policarbonato, 1,2 µm di porosità, 25 mm di diametro;
-microscopio a epifluorescenza con filtri di eccitazione 450-490 nm, filtro barriera
515-520 nm, obiettivi 20, 40 e 100x e oculare con micrometro lineare. E’ necessario
disporre del contrasto di fase o, meglio, del contrasto ad interferenza differenziale
(DIC) per l’obiettivo 100x;
-pompa aspirante con portata intorno ai 14 L/min;
-regolatore di flusso;
337
-sacchi di plastica da 4 L resistenti, da chiudere per il trasporto della cartuccia;
-Stomacher (facoltativo);
-tubi semirigidi di connessione con relativi raccordi e fascette;
-vaschette di plastica da 2 L di capienza;
-vetrini a pozzetto.
2.3. Reagenti
2.3.1. Soluzione di tiosolfato di sodio al 2%.
Composizione:
Tiosolfato di sodio pentaidrato 2 g
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere la polvere in 100 mL di acqua distillata. Sterilizzare in autoclave per 15 min a
121°C.
2.3.2. Soluzione tamponata di formaldeide al 10%.
Composizione:
Fosfato di sodio bibasico (Na2HPO4) 0,76 g
Fosfato di sodio monobasico (NaH2PO4) 0,02 g
Formaldeide 100 mL
Acqua distillata
Portare a volume finale di 1 L con acqua distillata adottando dovute precauzioni ed
operando sotto cappa chimica.
2.3.3. Soluzione di PBS (Phosphatase Buffer Saline) 10x.
Composizione:
Cloruro di sodio
Posfato di potassio
Fosfato di
(Na2HPO4 · 12H2O
Cloruro di potassio
Acqua distillata
sodio
monobasibibasico dodeco (KH2PO4)
80
2
caidrato 29
2
g
g
g
g
Portare a volume finale di 1 L con acqua distillata. Aggiustare il pH a 7,2±0,2 con NaOH
0,1 N o HCl 0,1 N. Sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C.
La soluzione è anche disponibile in commercio pronta per l’uso.
2.3.4. Soluzione di PBS 1x.
Composizione:
PBS 10x (2.3.3.) 100 mL
Acqua distillata 900 mL
Mescolare i due componenti.
338
2.3.5. Soluzione di lavaggio A.
Composizione:
PBS 10x (2.3.3.)
Tween-80
100 mL
1 mL
Sodio Dodecil Solfato (SDS )
Antischiuma B
Acqua distillata
1 g
500 µL
Portare a volume finale di 1 L con acqua distillata.
2.3.6. Soluzione di lavaggio B.
Composizione:
PBS 10 x (2.3.3.) 100 mL
Tween 20 0,5 mL
Acqua distillata
Portare a volume finale di 1 L con acqua distillata.
2.3.7. Soluzione idrossido di sodio 0,1 N.
Composizione:
Idrossido di sodio 0,4 g
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere su agitatore magnetico.
2.3.8. Soluzione di acido cloridrico 0,1 N.
Composizione:
Acido cloridrico al 37% 0,82 mL
Acqua distillata 100 mL
Preparare la soluzione con acqua distillata.
2.3.9. Soluzione di Percoll-saccarosio 1 (100 mL).
Composizione:
Percoll (densità=1,13) 45 mL
Saccarosio 2,5 M 10 mL
Acqua distillata 45 mL
Mescolare i componenti e controllare che la densità sia tra 1,09-1,1 con un idrometro.
Tutta la procedura deve essere svolta mantenendo i reattivi a circa +4°C.
339
2.3.10. Soluzione di Percoll-saccarosio 2 (30 mL).
Composizione:
Percoll (d=1,13) 15,9 mL
Saccarosio 2,5 M 14,1 mL
Tutta la procedura deve essere svolta mantenendo i reattivi a circa +4°C.
2.3.11. Soluzione di saccarosio 2,5 M.
Composizione:
Saccarosio 855,8 g
Acqua distillata 400 mL
Far sciogliere il saccarosio nell’acqua distillata preriscaldata. Raffreddare e portare a
volume finale di 1 L con acqua distillata.
2.3.12. Soluzione di montaggio DABCO (1,4-diazodiciclo[2.2.2]ottano) e glicerolo.
Composizione:
Glicerolo 95 mL
DABCO 2 g
Riscaldare su piastra 95 mL di glicerolo e aggiungere 2 g di DABCO mescolando, quindi
aggiustare il volume a 100 mL con glicerolo. L’operazione deve essere condotta sotto
cappa.
2.3.13. Kit per la determinazione di oocisti e di cisti mediante immunofluorescenza
diretta.
Componenti:
Anticorpi monoclonali diretti contro le oocisti di Cryptosporidium e le cisti di Giardia
coniugati con isotiocianato di fluoresceina (FITC).
Controllo positivo;
Controllo negativo;
Tampone di lavaggio;
Soluzione di montaggio (Mounting Medium).
Conservare tra 0-8°C protetti dalla luce.
2.4. Procedura
La procedura di seguito descritta è tratta dal metodo accettato dall’EPA modificata in
base alla personale esperienza.
2.4.1. Campionamento.
Acque grezze. Nel caso di un corso d’acqua superficiale effettuare il prelievo in un punto
340
rappresentativo. E’ possibile effettuare il prelievo sia in pressione (con la pompa a
monte), come nello schema 1a, Figura 1), sia in aspirazione (con la pompa a valle). Si
consiglia di utilizzare il metodo in pressione per il prelievo di acque con materiale in
sospensione. In tutti gli altri casi si consiglia l’uso del metodo in aspirazione per evitare
l’eventuale contaminazione della pompa.
Acque potabili. Non è necessario l’uso di pompe per prelevare da rubinetti con
sufficiente pressione. In questo caso seguire lo schema 1b della Figura 1.
Nel caso in cui l’acqua sia clorata aggiungere tiosolfato di sodio (2.3.1.) (aggiungere 250
mL di tiosolfato di sodio al 2% ogni 100 L di campione).
Tutto l’apparato per il prelievo deve essere pulito, anche se non necessariamente sterile.
Lasciare scorrere l’acqua per 2-3 min, quindi connettere tutto l’apparato, senza cartuccia
e lasciare scorrere circa 100 litri d’acqua. Inserire la cartuccia, aggiustare il flusso a circa
4 L/min ed effettuare il prelievo ponendo attenzione a non superare i 10 L/min.
Effettuato il campionamento rimuovere la cartuccia dal portacartuccia e trasferirla in
sacchetti da 4 L, mantenendola immersa nell’acqua del campione.
I campioni devono essere trasportati in condizioni refrigerate e conservati a circa +4°C.
Non congelare mai i campioni perché le cisti e le oocisti potrebbero danneggiarsi.
Si consiglia di trattare il campione entro 24-48 ore dal prelievo. Se non può essere
trattato entro questo limite di tempo aggiungere formaldeide al 10% (2.3.2.) in relazione
al volume del campione.
2.4.2. Volume da campionare.
Per le acque grezze si consiglia di concentrare un campione di 50-500 L. Se la cartuccia
tende ad intasarsi il volume del campione può essere ridotto in relazione alle condizioni
di torbidità ed alla quantità del particolato in sospensione.
Per le acque potabilizzate si consiglia di concentrare un campione di 250-1000 L.
2.4.3. Eluizione della cartuccia.
Utilizzare materiale diverso dal vetro onde evitare problemi di adesione delle cisti ed
oocisti.
Porre la cartuccia in un contenitore adatto ai lavaggi successivi (vaschetta). Conservare
l’acqua del campione nella quale è stata immersa la cartuccia.
Tagliare con un bisturi la cartuccia sul lato lungo, aprirla e dividere le fibre in tre strati:
strato esterno, strato intermedio e strato interno.
Il lavaggio della cartuccia può essere effettuato manualmente o in alternativa con l’ausilio
di uno Stomacher:
-Eluizione manuale della cartuccia. Lavare energicamente i tre strati in sequenza
(interno, intermedio ed esterno) in una vaschetta contenente la soluzione di lavaggio
A (2.3.5.) fino a chiarificazione delle fibre (tale operazione deve essere condotta
utilizzando guanti). Strizzare ed eliminare le fibre.
341
Schema - 1 a
prefiltro grossolano pompa cartuccia filtrante contalitri
IN OUT
Schema - 1 b
cartuccia filtrante contalitri
rubinetto
IN OUT
Figura 1. Schema del metodo di campionamento.
342
-Eluizione della cartuccia con Stomacher. Porre tutte le fibre in un sacco per
Stomacher da 3,5 L. Aggiungere 1,75 L di soluzione di lavaggio A (2.3.5.) alle fibre
e omogeneizzare con lo Stomacher per due cicli da 5 min ciascuno. Nell’intervallo
tra i due cicli mescolare manualmente le fibre nel sacco per ridistribuirle.
Raccogliere l’eluato in un beaker da 4 L e strizzare le fibre. Procedere quindi con un
secondo lavaggio analogo al precedente (due cicli da 5 min ciascuno) con 1 L di
soluzione di lavaggio A (2.3.5.).
Dopo un’accurata strizzatura eliminare le fibre. Unire l’eluato ottenuto nel secondo
lavaggio a quello del primo e sciacquare con il resto della soluzione di lavaggio il
sacco utilizzato.
2.4.4. Concentrazione dell’eluato.
Unire e mescolare l’eluato (circa 3 L) ed aggiungere l’acqua nella quale è stato
conservato il campione.
Centrifugare il campione (provettoni da 1 L) per 15 min a 1050 x g a circa +4°C,
eliminare il supernatante e trasferire il pellet in provette da 50 mL, lasciandone una
quantità sufficiente per poterlo risospendere utilizzando un vortex.
Attraverso ulteriori centrifugazioni (1050 x g per 15 min a circa +4°C) concentrare tutto
l’eluato in un’unica provetta da 50 mL. Misurare il volume del campione concentrato (150
mL). Dovendo sospendere il trattamento del campione in questa fase, aggiungere un
volume uguale al campione di soluzione di formaldeide al 10% (2.3.2.) e conservare a
circa +4°C.
2.4.5. Chiarificazione del campione.
Preparare 30 mL di soluzione Percoll-Saccarosio per ogni campione. Questa soluzione
può essere preparata secondo due metodi diversi:
-Chiarificazione mediante soluzione di Percoll Saccarosio 1. Utilizzare la soluzione
di Percoll-Saccarosio 1 (2.3.9.) e procedere nel seguente modo.
Prendere 0,5 mL di campione concentrato (dal volume totale di 1-50 mL) e
aggiungere 19,5 mL di soluzione di lavaggio A (2.3.5.) utilizzata per eluire la
cartuccia. Mettere, in una provetta da 50 mL, 20 mL di campione e iniettare sul
fondo 30 mL di soluzione di Percoll-Saccarosio 1, facendo attenzione a non
rompere l’interfaccia tra le due componenti.
-Chiarificazione mediante soluzione di Percoll Saccarosio 2. Utilizzare la soluzione
di Percoll-Saccarosio 2 (2.3.10.) e procedere nel seguente modo.
Prendere 1 mL di campione concentrato dal volume finale (1-50 mL) e aggiungere
19 mL di soluzione di lavaggio A (2.3.5.) utilizzata inizialmente per eluire la
cartuccia. Mettere la soluzione di Percoll-Saccarosio 2 (30 mL) in una provetta da
50 mL e stratificare sulla superficie 20 mL di campione.
In entrambi i casi centrifugare a 1050 x g per 10 min a circa +4°C accelerando
lentamente e senza usare il freno alla fine della centrifugazione.
343
Prelevare con cura il supernatante, l’interfaccia e circa 5 mL di Percoll-Saccarosio
(per un totale di circa 25 mL) e raccoglierlo in una provetta da 50 mL.
Introdurre nella provetta contenente il campione chiarificato la soluzione di lavaggio
B (2.3.6.) fino a raggiungere il volume di 50 mL, mescolare con vortex e
centrifugare a 1050 x g per 15 min.
Aspirare il supernatante e raccogliere il pellet (1-5 mL).
2.4.6. Determinazione mediante immunofluorescenza diretta.
Principio: si usano anticorpi monoclonali di topo anti-cisti di Giardia e anti-oocisti di
Cryptosporidium coniugati con FITC, che si legano ad antigeni presenti sulle pareti.
-Procedimento su vetrino a pozzetto. Portare i reattivi del kit (2.3.13.) a temperatura
ambiente. Trasferire 10-30 µL di campione in un pozzetto, distribuire con una
bacchetta di plastica su tutta la superficie disponibile.
Trasferire 10 µL del controllo positivo in un pozzetto e 10 µL del controllo
negativo in un altro; distribuire con una bacchetta di plastica su tutta la superficie
disponibile.
Asciugare a temperatura ambiente o più rapidamente in stufa a circa 37°C. Fissare
ciascun campione secondo le modalità indicate dalla ditta produttrice del kit.
Mettere 20-50 µL di anticorpo su ciascun pozzetto ed incubare il vetrino in camera
umida, al buio, a temperatura ambiente per 30 min. Aspirare l’eccesso di anticorpo
con una pompa Venturi usando una pipetta con punta molto fine. Lavare il vetrino
con molta cautela usando il tampone di lavaggio fornito dal kit o PBS 1x (2.3.4.).
Asciugare i vetrini all’aria. Montare il vetrino coprioggetto con una goccia di
soluzione di montaggio (2.3.12.) (o con il Mounting medium fornito nel kit),
facendo attenzione a non formare bolle.
-
Procedimento su filtro. Portare tutti i reattivi del kit (2.3.13.) a temperatura
ambiente. Preparare la membrana (porosità 1,2 µm, in policarbonato, di diametro 25
mm) bagnandola con PBS 1x (2.3.4.); porre la membrana sul supporto di filtrazione.
Filtrare 1 mL di campione. Evitare che il campione posto sulla membrana vada a
secco durante tutti i passaggi.
Aggiungere una goccia di anticorpi fluoresceinati. Incubare per 30 min a
temperatura ambiente. Filtrare, quindi lavare per tre volte la membrana con PBS 1X
(2.3.4.) aggiungendone 3 mL e filtrando di volta in volta. Eliminare ogni traccia di
liquido mediante filtrazione.
Porre una goccia di liquido di montaggio (2.3.12.) (o di Mounting medium fornito
nel kit) su un vetrino, farvi aderire la membrana, quindi montare il vetrino
coprioggetto con il liquido di montaggio stesso.
2.4.7. Esame microscopico.
Osservare al microscopio tutto il vetrino a 200 o 400 ingrandimenti con il microscopio
ad epifluorescenza ed individuare le strutture fluorescenti verde mela con forma e
dimensioni caratteristiche delle cisti di Giardia (lunghezza 8-12 µm e larghezza 7-10
344
µm) e oocisti di Cryptosporidium (3,5-6,5 µm), utilizzando un micrometro lineare ed
effettuando dei confronti con un controllo positivo. Segnare le coordinate del vetrino
dove sono state rinvenute le cisti e le oocisti. Questa valutazione consente di fornire una
determinazione presuntiva delle cisti ed oocisti.
Effettuare l’osservazione delle stesse strutture in epifluorescenza a 1000 ingrandimenti in
immersione, quindi passare sull’obiettivo con il contrasto di fase o con il contrasto ad
interferenza differenziale (DIC). Con il contrasto di fase è possibile distinguere le cisti ed
oocisti piene da quelle vuote e, quindi, dare un’ulteriore indicazione sulla presunta vitalità
delle cisti ed oocisti piene. Con il microscopio a contrasto interferenziale è invece
possibile valutare la presenza di strutture interne (nuclei, corpi mediani, spazio
peritrofico nella Giardia; sporozoiti e granuli residui nel Cryptosporidium), valutazioni
che consentono sia di confermare la determinazione, sia di dare una ulteriore indicazione
in merito alla condizione delle cisti ed oocisti: si possono distingure, infatti, cisti ed
oocisti vuote, contenenti strutture amorfe oppure contenenti strutture caratteristiche ben
conservate.
Effettuata questa valutazione, registrare il conteggio totale di cisti di Giardia e di oocisti
di Cryptosporidium.
Se è stata effettuata anche la valutazione con il contrasto di fase annotare il numero di
cisti ed oocisti che risultano piene o vuote.
Se è stata effettuata anche la valutazione con il DIC annotare il numero di cisti ed oocisti
vuote, con contenuto amorfo o con strutture interne.
Per effettuare le valutazioni al contrasto di fase o con il DIC è consigliabile utilizzare la
tecnica di immunofluorescenza su vetrino a pozzetto perché questa condizione consente
una maggiore trasparenza.
2.4.8. Interpretazione dei risultati.
Ogni campione che presenta una o più strutture tipiche assimilabili a cisti di Giardia o
oocisti di Cryptosporidium per fluorescenza, forma e dimensioni può essere considerato
presuntivamente un campione positivo.
La torbidità, il particolato organico ed inorganico del campione d’acqua possono
interferire con il recupero delle cisti ed oocisti nella fase di concentrazione e
purificazione e con la determinazione delle strutture al microscopio.
Organismi (alghe e lieviti) e detriti autofluorescenti possono interferire durante la
determinazione al microscopio a epifluorescenza e causare la registrazione di falsi
positivi.
Le sostanze utilizzate nella disinfezione possono determinare delle interferenze nella
individuazione delle strutture interne alle cisti ed oocisti perché possono causarne la
parziale distruzione o trasformazione in strutture amorfe e pertanto irriconoscibili.
2.4.9. Espressione dei risultati.
Il numero di cisti ed oocisti contate si riferisce al volume analizzato sul vetrino stesso;
tale numero viene quindi rapportato a 0,5 mL o ad 1 mL in relazione al volume di pellet
purificato (2.4.5.) e moltiplicato per il volume dell’eluato (1-50 mL). Il risultato viene
infine rapportato al numero di litri di campione filtrati.
345
3. Metodo 2
3.1. Principio del metodo
Prevede la filtrazione su capsula, porosità nominale 1 mm, di campioni d’acqua,
l’eluizione delle cisti ed oocisti con una soluzione di lavaggio utilizzando uno shaker, la
concentrazione e purificazione dell’eluato tramite centrifugazione e flottazione, la
determinazione e il conteggio al microscopio delle cisti ed oocisti mediante
immunofluorescenza diretta. L’efficienza di recupero del metodo prima della fase di
flottazione varia da 20 a 35% per Cryptosporidium e da 45 a 95% per Giardia.
3.2. Strumentazione e vetreria
Per lo svolgimento dell’analisi, oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio (v.
Appendice 1), è necessario disporre di:
-agitatore con braccetti;
-apparato di filtrazione per filtri a membrana da 25 mm di diametro;
-centrifuga a rotore basculante per contenitori a fondo conico da 15 mL;
-centrifuga refrigerata (+4°C) a rotore basculante per contenitori da 50-1000 mL;
-contalitri;
-contenitori da centrifuga da 250 mL con fondo conico o tipo bottiglia;
-contenitori da centrifuga da 50 e 15 mL con fondo conico;
-filtro a capsula in polietersulfone, (1 µm di porosità, 6 cm di diametro, 12 cm di
lunghezza, 1300 cm
2
di superficie);
-membrane di policarbonato, 1,2 µm di porosità, 25 mm di diametro;
-microscopio a epifluorescenza con filtri di eccitazione 450-490 nm, filtro barriera
515-520 nm, obiettivi 20, 40 e 100x ed oculare con micrometro lineare. E’
necessario disporre del contrasto di fase o, meglio del contrasto ad interferenza
differenziale (DIC) per l’obiettivo 100x;
-regolatore di flusso ;
-tubi semirigidi di connessione con relativi raccordi e fascette;
-vetrini a pozzetto.
3.3. Reagenti
3.3.1. Soluzione di tiosolfato di sodio al 2 % (2.3.1.).
3.3.2. Soluzione di PBS (Phosphatase Buffer Saline) 10x (2.3.3.).
3.3.3. Soluzione di PBS 1x (2.3.4.).
3.3.4. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N (2.3.7.).
346
3.3.5. Soluzione di acido cloridrico 0,1 N (2.3.8.).
3.3.6. Tampone per eluizione.
Composizione:
Laureth 12
Tris 1M a pH 7,4
EDTANa2 · 2H2O 0,5 M a pH
8
1 g
10 mL
2 mL
Antischiuma A 150 mL
Acqua distillata
Pesare il Laureth-12 in un beaker di vetro pirex e aggiungere 100 mL di acqua distillata.
Scaldare su una piastra o in un forno a microonde per consentire al Laureth-12 di
sciogliersi. Trasferire la soluzione in un matraccio da 1 L.
Sciacquare il beaker numerose volte e mettere l’acqua di risciacquo nel matraccio.
Aggiungere gli altri reattivi. Portare ad 1 L con acqua distillata.
3.3.7. Tris 1 M a pH 7,4.
Composizione:
Tris 121,1 g
Acqua distillata
Sciogliere il Tris nell’acqua e portare a pH 7,4±0,2 con HCl o NaOH 0,1 N.
Portare a 1 L con acqua distillata.
Sterilizzare con un filtro a membrana da 0,22 µm; conservare in un contenitore di
plastica a temperatura ambiente.
3.3.8. EDTANa2 0,5 M a pH 8.
Composizione:
EDTANa2· 2H2 186,1 g
O
Acqua distillata
Sciogliere l’EDTA nell’acqua e portare a pH 8±0,2 con HCl o NaOH 0,1 N. Portare a 1
L con acqua distillata.
3.3.9. Soluzione di montaggio DABCO (1,4-diazodiciclo[2.2.2]ottano) e glicerolo
(2.3.12.).
3.3.10. Kit per la determinazione di cisti e oocisti mediante immunofluorescenza
diretta.
Componenti:
Anticorpi monoclonali diretti contro le oocisti di Cryptosporidium e le cisti di
347
Giardia coniugati con isotiocianato di fluoresceina (FITC);
Controllo positivo;
Controllo negativo;
Tampone di lavaggio;
Soluzione di montaggio (Mounting Medium).
Conservare tra 0-8°C.
3.4. Procedura
3.4.1. Campionamento e volume da analizzare.
Questo metodo consente di campionare volumi variabili d’acqua (10-700 L) in relazione
alla sua torbidità, usando eventualmente più cartucce per filtrare il volume appropriato.
Nel caso che l’acqua sia clorata aggiungere tiosolfato di sodio (3.3.1.) (aggiungere 250
mL di tiosolfato di sodio al 2% ogni 100 L di campione).
Il campionamento può essere effettuato secondo lo schema riportato in Figura 2 ponendo
la pompa e gli altri accessori a valle della capsula oppure ponendo la pompa a monte
oppure utilizzando un sistema in pressione (rubinetto). Il flusso deve essere intorno a 2
L/min. Prima di iniziare il campionamento e montare quindi la capsula, è importante far
passare attraverso il sistema da 100 a 200 L di acqua. Inserire poi la capsula dopo aver
rimosso e tenuto da parte i tappi che proteggono le due estremità della capsula.
Dopo aver avviato la pompa aprire la valvola di sfiato della capsula girandola in senso
orario, permettendo così all’aria di uscire dalla capsula. Effettuare il campionamento.
Quando tutto il campione è stato raccolto rimuovere l’entrata del tubo dalla fonte
d’acqua e consentire alla pompa di pompare il resto dell’acqua rimasta nel tubo dentro la
capsula. Staccare il tubo di uscita e tappare l’estremità di uscita della capsula, quindi
staccare l’altra estremità facendo attenzione a non perdere l’acqua rimasta nella capsula e
tapparla. In ogni caso, il campionamento deve considerarsi concluso quando il flusso
viene ridotto in conseguenza dell’intasamento della capsula. Trasportare la capsula in
condizioni refrigerate in laboratorio.
348
capsula pompa contalitri regolatore di flusso
IN OUT
Figura 2. Schema del metodo di campionamento.
349
3.4.2. Eluizione della capsula.
Per ogni capsula sono necessari 240 mL di soluzione tampone di eluizione (3.3.6.).
Se l’acqua rimasta nella capsula riempie meno della metà della cartuccia, mantenerla nella
cartuccia e procedere con l’eluizione. Se l’acqua rimasta nella capsula riempie più della
metà della cartuccia, svuotarla in un contenitore e tenerla da parte come parte del
campione.
Aggiungere 120 mL di soluzione eluente con un cilindro graduato attraverso l’estremità
di entrata della capsula. Inserire la capsula nell’agitatore con il lato di ingresso posto in
modo che la valvola di sfiato sia posizionata a ore 12 e procedere all’agitazione per 5
min a 600 rpm. Versare l’eluato in un tubo da centrifuga.
Aggiungere gli altri 120 mL di soluzione eluente con un cilindro graduato attraverso
l’estremità di entrata della capsula. Inserire la capsule nell’agitatore con il lato di ingresso
posto in modo che la valvola di sfiato sia posizionata a ore 9 e procedere all’agitazione
per 5 min a 600 rpm.
Miscelare l’eluato con il precedente ed aggiungere l’eventuale residuo d’acqua tenuto da
parte.
Centrifugare a 1100 x g per 10 min, decelerare lentamente senza usare il freno. Eliminare
con delicatezza il surnatante. Misurare il volume del campione concentrato.
Qualora il procedimento di concentrazione avesse portato ad un campione finale di
eccessiva torbidità per un’analisi diretta al microscopio a fluorescenza, si procede alla
chiarificazione del campione (2.4.5.).
3.4.3. Determinazione mediante immunofluorescenza diretta (2.4.6.).
3.4.4. Esame microscopico (2.4.7.).
3.4.5. Interpretazione dei risultati (2.4.8.).
3.5. Espressione dei risultati (2.4.9.)
4. Metodo 3
4.1. Principio del metodo
Prevede la filtrazione di campioni di acqua su membrana di porosità nominale 1,2 mm, la
dissoluzione della membrana in un solvente, la concentrazione dell’emulsione mediante
centrifugazione, il lavaggio del pellet con solventi, la determinazione ed il conteggio al
microscopio delle cisti ed oocisti mediante immunofluorescenza diretta. L’efficienza di
recupero del metodo prima della flottazione varia da 25 a 40% per Cryptosporidium e da
50 a 60% per Giardia.
350
4.2. Strumentazione e vetreria
Per lo svolgimento dell’analisi, oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio, è
necessario disporre di:
-apparato di filtrazione per filtri a membrana da 25 mm di diametro;
-camera umida;
-centrifuga refrigerata (+4°C) a rotore basculante per contenitori da 50-500 mL;
-contalitri;
-contenitori da centrifuga in polipropilene (PP) o in etilene propilene fluorato (teflon-
FEP), da 50 mL con fondo conico;
-filtro a membrana in acetato di cellulosa con porosità nominale 1,2 µm, diametro
142 mm;
-membrane in policarbonato, di porosità 1,2 µm e di diametro 25 mm;
-microscopio a epifluorescenza con filtri di eccitazione 450-490 nm, filtro barriera
515-520, obiettivi 20, 40 e 100x ed oculare con micrometro lineare. E’ necessario
disporre del contrasto di fase o, meglio del contrasto ad interferenza differenziale
(DIC) per l’obiettivo 100x;
-regolatore di flusso;
-supporto per filtro a membrana da 142 mm;
-tubi semirigidi di connessione con relativi raccordi e fascette;
-vetrini a pozzetto.
4.3. Reagenti
4.3.1. Soluzione di tiosolfato di sodio al 2% (2.3.1.).
4.3.2. Acetone.
4.3.3. Etanolo.
4.3.4. Etanolo al 70%.
Composizione:
Etanolo 700 mL
Acqua distillata 300 mL
Mescolare i due componenti.
4.3.5. Soluzione di PBS (Phosphatase Buffer Saline) 10x (2.3.3.).
4.3.6. Soluzione di PBS 1x (2.3.4.).
4.3.7. Soluzione di lavaggio A (2.3.5.).
4.3.8. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N (2.3.7.).
351
4.3.9. Soluzione di acido cloridrico 0,1 N (2.3.8.).
4.3.10. Soluzione di montaggio DABCO (1,4-diazodiciclo[2.2.2]ottano) e glicerolo
(2.3.12.).
4.3.11. Kit per la determinazione di cisti e oocisti mediante immunofluorescenza
diretta.
Componenti:
Anticorpi monoclonali diretti contro le oocisti di Cryptosporidium e le cisti di
Giardia coniugati con isotiocianato di fluoresceina (FITC).
Controllo positivo;
Controllo negativo;
Tampone di lavaggio;
Soluzione di montaggio (Mounting Medium).
Conservare tra 0-8°C.
4.4. Procedura
4.4.1. Campionamento e volume di acqua da campionare.
Questo metodo consente di campionare volumi variabili d’acqua (5-400 L) in relazione
alla sua torbidità, usando eventualmente più membrane per filtrare il volume appropriato.
Acque grezze. Il supporto per filtro a membrana è connesso mediante tubo semirigido
alla pompa aspirante; un prefiltro (porosità 100-300 mm) è interposto tra pompa e
supporto. Nella filtrazione si consiglia di non superare la pressione di circa 2 bar.
Acque potabili. Il supporto per filtro a membrana è connesso mediante tubo semirigido di
connessione direttamente al rubinetto erogatore. Se l’acqua è
neutralizzare il disinfettante residuo con aggiunta di tiosolfato (4.3.1.). Si consiglia di
mantenere un flusso di 3 L/min.
Con l’ausilio di pinzette rimuovere la membrana dal supporto e porla in una provetta da
centrifuga da 50 mL. Durante il trasporto mantenere le provette alla temperatura di circa
+4°C. Conservare a circa +4°C se non si procede subito alla dissoluzione. Si consiglia di
trattare il campione entro 24-48 ore dal prelievo.
4.4.2. Dissoluzione della membrana.
Riempire la provetta con acetone (4.3.2.) fino a portarlo a 50 mL. Agitare mediante
vortex per 2-3 min, fino alla completa dissoluzione della membrana.
Centrifugare a 7000 x g per 15 min e lasciare che il rotore si fermi senza usare il freno.
Eliminare il supernatante arrivando fino a 2 cm dal fondo, con l’accortezza di non
disturbare il pellet. Portare a 50 mL con acetone, risospendere il pellet agitando mediante
vortex o eventualmente con l’aiuto di una pipetta. Centrifugare a 7000 x g per 15 min.
Eliminare il supernatante come sopra indicato.
352
4.4.3. Lavaggi del pellet.
Portare il pellet a 50 mL con etanolo (4.3.3.) e risospenderlo mediante vortex.
Centrifugare a 7000 x g per 15 min, aspirare il supernatante e sospendere nuovamente il
pellet portandolo a 50 mL con etanolo al 70% (4.3.4.) ed agitando. Centrifugare a 7000
x g per 15 min, scartare il supernatante e risospendere il pellet con la soluzione di
lavaggio A (4.3.7.), sempre portandolo a 50 mL. Agitare mediante vortex. Centrifugare a
7000 x g per 15 min, scartare il supernatante e risospendere il pellet in PBS 1x (4.3.6.)
(volume finale del campione circa 1-5 mL). Misurare il volume.
Qualora il procedimento di concentrazione avesse portato ad un campione finale di
eccessiva torbidità per un’analisi diretta al microscopio a fluorescenza, si procede alla
chiarificazione del campione (2.4.5.).
4.4.4. Determinazione mediante immunofluorescenza diretta (2.4.6.).
4.4.5. Esame microscopico (2.4.7.).
4.4.6. Interpretazione dei risultati (2.4.8.).
4.5. Espressione dei risultati (2.4.9.)
BIBLIOGRAFIA
EPA ICR Protozoan method for detecting Giardia cysts and Cryptosporidium oocysts in water by a
fluorescent antibody procedure, US-EPA, EPA/814-B-95-003, 1995.
EPA, 821R. Method 1622: Cryptosporidium in water by filtration/IMS/FA, 1999.
EPA, 821R.. Method 1623:Cryptosporidium and Giardia in water by filtration/IMS/FA, 1999.
T.K. GRACZYK, M.R. CRANFIELD AND R. FAYER. Recovery of waterborne oocysts of
Cryptosporidium from water samples by the membrane-filter dissolution method. Parasitol. Res., 83:
121-125, 1997.
T.K.GRACZYK, R. FAYER, M.R. CRANFIELD AND R.OWENS. Cryptosporidium parvum oocysts
recovered from water by the membrane dissolution method retain their infectivity. J. Parasitol. 83 (1):
111-114, 1997.
J.E. ALDOM AND A.H. CHAGLA. Recovery of Cryptosporidium oocysts from water by a membrane
filter dissolution method. Appl. Environ. Microbiol. 20: 186-187, 1995.
353
DETERMINAZIONE DI PSEUDOMONAS AERUGINOSA
0. Generalità e definizioni
I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa sono batteri a forma
di bastoncello diritto o leggermente ricurvo, con lunghezza compresa tra 1,5 e 3 mm e
larghezza compresa tra 0,5 e 0,7 mm, mobili tramite uno o più flagelli polari, Gram
negativi, aerobi, con metabolismo respiratorio ma in grado anche di utilizzare i nitrati
come accettori di elettroni alternativi all’ossigeno. Sono ossidasi positivi, catalasi
positivi e produttori di due pigmenti idrosolubili: piocianina, di colore verde-blu, e
pioverdina, di colore giallo-verde, che emette fluorescenza in seguito ad eccitazione con
radiazione ultravioletta.
Si trovano nel suolo, nell’acqua, nell’aria, nei liquami, nelle feci animali e umane,
possono far parte anche della flora intestinale dell’uomo (10% dei casi) e
occasionalmente possono riscontrarsi sulla cute e nella saliva.
Sono in grado di aderire e mantenersi sui più diversi substrati e, avendo esigenze
nutritive piuttosto modeste, possono moltiplicarsi in qualsiasi ambiente che contenga
tracce anche minime di composti organici.
Sono patogeni opportunisti per l’uomo e occasionalmente patogeni per le piante.
L’attività patogena di Pseudomonas aeruginosa si esplica sia per contatto che per
ingestione (dose infettante 109 nei soggetti immunocompetenti) ed è dovuta alla sua
capacità invasiva e alla produzione di sostanze extracellulari, quali alcune proteasi,
tossine emolitiche, enterotossine e la tossina letale, esotossina A.
Pseudomonas aeruginosa può provocare infezioni delle vie urinarie, delle ustioni e
delle ferite, ulcere corneali e cheratiti, setticemie, gastroenteriti nei neonati, ascessi,
broncopolmoniti e meningiti.
Negli anni recenti, a causa dell’utilizzo diffuso di antibiotici e di altri agenti battericidi,
ai quali tale organismo è notoriamente resistente, è diventato un importante agente di
infezioni animali ed umane, in particolare per individui immunodepressi. E’ noto come
uno dei più comuni agenti di infezioni ospedaliere.
Pseudomonas aeruginosa si può rinvenire, oltre che nelle acque superficiali, anche nelle
sorgenti e nelle acque sotterranee. Presenta un’elevata resistenza ai trattamenti di
potabilizzazione e una notevole capacità di ricrescita nella rete di distribuzione,
rappresentando una possibile causa di sviluppo di biofilm e di fenomeni di corrosione.
La ricerca di questo organismo nelle acque potabili è, quindi, importante in quanto è un
indicatore dell’efficacia del trattamento e del grado di p
dell’acqua nella rete di distribuzione. Inoltre, se le acque potabili vengono utilizzate per
essere confezionate, la presenza di Pseudomonas aeruginosa può anche indicare
scadenti condizioni igieniche dell’ambiente di produzione e degli impianti.
Nel DPR 236/88 di questo parametro se ne auspica l’assenza nell’acqua potabile, in
quanto solo in particolari circostanze può renderne pericolosa l’assunzione, come
ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991.
354
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di Pseudomonas aeruginosa
nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo
umano.
2. Principio del metodo
Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza
di Pseudomonas aeruginosa, con il metodo di seguito presentato viene data la
possibilità di quantificarne, se presente, il numero nelle acque destinate al consumo
umano. Il metodo analitico si basa sulla filtrazione di un volume noto di acqua e sul
conteggio delle colonie sviluppatesi su membrana posta su terreno agarizzato. Vengono
di seguito proposti due substrati di isolamento, entrambi validi per l’isolamento di
Pseudomonas aeruginosa, da scegliere in alternativa uno all’altro.
3. Strumentazione e vetreria
Oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1) è necessario avere a
disposizione una lampada UV con lunghezza d’onda di 256 nm.
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Substrati di isolamento
4.1.1. Agar alla Cetrimide (Cetrimide Agar Base, CAB).
Composizione:
Peptone 20 g
Cloruro di magnesio 1,4 g
Solfato di potassio 10 g
Cetrimide (Cetiltrimetilammonio bromuro) 0,3 g
Agar 13,6 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,2±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Aggiungere per ogni litro
di terreno 10 mL di glicerolo (4.1.3.). Riscaldare fino ad ebollizione agitando
frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Sterilizzare
in autoclave a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare fino a circa 50°C. Distribuire in
piastre Petri. Il terreno pronto all’uso può essere conservato
1 mese in condizioni ottimali.
355
Esistono in commercio diversi substrati usati per l’isolamento di Pseudomonas
aeruginosa che garantiscono buoni risultati in fase analitica. In alternativa al terreno
proposto è possibile utilizzare il substrato Pseudomonas Agar Base/CN; è necessario
comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere
effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti
alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività.
4.1.2. Pseudomonas CN Agar (Pseudomonas Agar Base/CN , PAB/CN).
Composizione:
Peptone gelatina 16 g
Caseina idrolisata 10 g
Solfato di potassio 10 g
Cloruro di magnesio 1,4 g
Agar 11 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,1±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice aggiungere per ogni litro
di terreno 10 mL di glicerolo (4.1.3.). Riscaldare fino ad ebollizione agitando
frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Sterilizzare
in autoclave a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare fino a circa 50°C.
Aggiungere asetticamente in 1 L di terreno il supplemento CN (4.1.4.), mescolare e
distribuire in piastre Petri. Il terreno pronto all’uso può essere conservato a circa +4°C
per non più di 1 mese in condizioni ottimali.
4.1.3. Glicerolo.
E’ disponibile in commercio pronto all’uso.
4.1.4. Supplemento CN (CN Supplement, CNS).
Composizione:
Cetrimide (cetiltrimetilammonio bromuro) 0,2 g
Acido nalidixico 0,015 g
Il supplemento da ricostruire è disponibile in commercio.
Ricostruire in 2 mL di acqua distillata sterile. Aggiungere asetticamente il supplemento
ad 1 L di terreno Pseudomonas CN Agar (4.1.2.).
4.2. Substrato di crescita
4.2.1. Agar Nutritivo (Nutrient Agar, NA).
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Peptone 5 g
356
Agar 15 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 6,8±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad
ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli
ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Raffreddare fino a circa 50°C
e distribuire in piastre Petri.
Il terreno pronto all’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in
condizioni ottimali.
4.3. Reattivo alla tetrametilparafenilendiamina dicloridrato
4.3.1. Soluzione di tetrametilparafenilendiamina dicloridrato all’1%.
Composizione:
N,N,N’,N’-tetrametilparafenildiamina dicloridrato 1 g
Acqua distillata 100 mL
Dischetti o tamponi adatti all’uopo sono anche disponibili in commercio; in alternativa
sciogliere N,N,N',N'-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato in acqua distillata,
preparando la soluzione al momento dell’uso. Tuttavia è da segnalare che tale prodotto
viene classificato come sostanza pericolosa per la salute ai sensi della direttiva
67/548/CEE e successivi adeguamenti.
4.4. Substrato per la prova dell’ossidazione e fermentazione degli zuccheri
4.4.1. Medium Ossidativo/Fermentativo (Oxidative/Fermentative Medium, O/F
Medium).
Composizione:
Triptone 2 g
Cloruro di sodio 5 g
Fosfato di potassio bidasico (K2HPO4) 0,3 g
Blu di bromotimolo 0,08 g
Agar 2g
Acqua distillata 1000 mL
pH 6,8±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad
ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli
ingredienti. Distribuire aliquote da 100 mL in flaconi e sterilizzare in autoclave a 121°C
per 15 min.
Raffreddare a circa 50°C. Aggiungere sterilmente a ciascun flacone di terreno sterile 10
mL di soluzione al 10% del carboidrato desiderato, destrosio, lattosio o saccarosio
(4.4.2.).
357
Mescolare con cura e distribuire volumi di 5 mL in provette sterili.
Il terreno pronto all’uso può essere conservato a circa +4°C per non
condizioni ottimali.
4.4.2. Soluzioni di carboidrati al 10%.
Sciogliere 10 g del carboidrato desiderato, destrosio, lattosio o saccarosio, in 100 mL di
acqua distillata. Sterilizzare per filtrazione su membrana di porosità nominale 0,22 mm.
4.4.3. Olio minerale.
E’ disponibile in commercio pronto all’uso. Sterilizzare in una stufa ad aria calda alla
temperatura di 160–180°C per 60 min.
5. Procedura
5.1. Volume da analizzare
Il volume da analizzare è di 250 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di
acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate aliquote diverse.
5.2. Filtrazione ed incubazione
Filtrare 250 mL di campione attraverso una membrana sterile di 47 mm di diametro e di
porosità nominale di 0,45 mm, posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione,
seguendo scrupolosamente le norme di asepsi. Trasferire la membrana su piastre
contenenti il substrato di isolamento (4.1.1. o 4.1.2.). Incubare a 36±1°C per 24±2 ore.
In caso di risultato negativo protrarre l’incubazione per altre 24±2 ore e ripetere la
lettura.
5.3. Identificazione delle colonie
I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa sviluppano sul
substrato di isolamento Agar alla Cetrimide (4.1.1.) colonie piatte, con margine liscio,
di 0,8-2,2 mm di diametro, pigmentate di blu-verde, giallo-verde, con pigmento diffuso
nel terreno o non pigmentate (circa il 10% dei biotipi non produce pigmento); sul
substrato di isolamento Pseudomonas CN Agar (4.1.2.) sviluppano colonie pigmentate
di colore blu, verde, marrone-rossastro.
Le colonie che presentino le suddette caratteristiche e/o emettano fluorescenza in
seguito ad eccitazione con radiazione ultravioletta sono da considerarsi sospette e
possono essere sottoposte a successive prove di conferma. Infatti, l’evidenziazione della
fluorescenza (con lampada UV alla lunghezza d’onda di 256 nm) è prova presuntiva di
presenza di Pseudomonas aeruginosa. La mancanza di fluorescenza non esclude
tuttavia la presenza di Pseudomonas aeruginosa.
358
6. Conferma
Per la verifica dell’appartenenza alla specie Pseudomonas aeruginosa è possibile
procedere allo svolgimento delle seguenti prove di conferma: colorazione di gram (v.
Appendice 2), prova dell’ossidazione e fermentazione degli zuccheri (6.1.); prova della
crescita a 42±1°C (6.2.); prova della citocromossidasi (6.3.). Per l’accertamento
dell’appartenenza alla specie Pseudomonas aeruginosa l’identificazione biochimica può
essere completata con i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in
commercio.
Prima di effettuare ciascuna prova si suggerisce, onde verificarne la purezza, di
subcoltivare le colonie sospette sul substrato di isolamento (4.1.1. o 4.1.2.), isolandole
per striscio sulla superficie di piastre contenenti Agar Nutritivo (4.2.1.) ed incubando a
36±1°C per 24±2 ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo.
6.1. Prova dell’ossidazione e fermentazione degli zuccheri
Seminare per infissione, con un ago sterile, la colonia sospetta cresciuta su Agar
Nutritivo (4.2.1.) in 2 provette di Medium Ossidativo/Fermentativo (4.4.1.), ricoprire
una delle provette con 2 mL di olio minerale (4.4.3.) e incubare a 35°C±1°C per 48–72
ore. I microrganismi ossidanti gli zuccheri producono un abbassamento del pH che
determina il viraggio del colore del terreno da blu–verde al giallo. Il viraggio del colore
solo del terreno nella provetta non coperta dall’olio indica l’ossidazione degli zuccheri,
mentre il viraggio dei terreni in entrambe le provette ne indica anche la fermentazione.
I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa non sono in grado di
fermentare gli zuccheri.
6.2. Prova della crescita a 42±1°C
Prelevare con un’ansa sterile la colonia sospetta, strisciarla su Agar Nutritivo (4.2.1.) e
incubare a 42±1°C per 48±2 ore. Il risultato è positivo quando si ha crescita.
I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa sono in grado di
svilupparsi a 42±1°C.
6.3. Prova della citocromossidasi
Strisciare la colonia, cresciuta sul terreno Agar Nutritivo (4.2.1.), su una carta da filtro
imbibita del reattivo alla tetrametilparafenilendiamina dicloridrato (4.3.1.) o
direttamente saggiare sui dischetti o con i tamponi disponibili in commercio.
Una reazione positiva si evidenzia quando una colorazione blu-viola si sviluppa entro
10 sec. I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa sono ossidasi
positivi.
359
7. Espressione dei risultati
Riportare il numero di Pseudomonas aeruginosa come UFC/ 250 mL (Unità Formanti
Colonia).
Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di
microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa si calcola in base al
numero di colonie contate e sottoposte a conferma riportando il valore come Unità
Formanti Colonia per 250 mL di campione.
Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei
risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di microrganismi presenti in 100
mL del campione in base alla seguente formula:
A × N ×Vs × F
C =
B ×Vt
dove:
C = numero di colonie che sono state confermate per 250 mL
A = numero di colonie confermate
B = numero di colonie da sottoporre a conferma
N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana
Vt = volume di campione analizzato
Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (250 mL)
F = eventuale fattore di diluizione
8. Prestazione del metodo
Le prestazioni dei metodi proposti verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
BIBLIOGRAFIA
DAVIS B.D., DULBECCO R., EISEN H.N., GINSBERG H.S., WOOD W.B., MCCARTY M., 1981:
Trattato di Microbiologia, Piccin Editore, Padova: 900 - 902.
EUROPEAN STANDARD, “Water quality – Detenction and enumeration of Pseudomonas aeruginosa
in bottled water”. Draft prEN 12780. March 1997.
MURRAY R.G.E. et al., Bergey’s Manual of Systematic Bacteriology. William and Wilkins ED., Vol.1:
141 - 155. 1995.
POZZOLI R., CHIODO F. Laboratorio clinico di analisi microbiologiche. S.E.F. ED., Milano: 111 –
114, 1981.
TIECCO G., “Microbiologia degli alimenti di origine animale.“ Quarta edizione, Edagricole: 136 – 142,
1987.
361
DETERMINAZIONE DEGLI ENTEROBATTERI PATOGENI: SALMONELLA
0. Generalità e definizioni
Il genere Salmonella comprende microrganismi bastoncellari appartenenti alla famiglia
delle Enterobatteriacee, gram negativi, generalmente mobili con flagelli peritrichi,
anaerobi facoltativi. Le salmonelle sono classificate in base ai caratteri sierologici che
differenziano circa 2.000 tra tipi e sierotipi. Sono prevalentemente caratterizzate dalla
presenza di due tipi di antigeni: antigeni somatici (O), termostabili e resistenti all’azione
di acidi e alcooli, e antigeni ciliari (H), termolabili. Salmonella typhi ed altre salmonelle
possiedono anche un antigene denominato Vi, strettamente correlato all’antigene
somatico, ma diverso da questo in quanto termolabile. Sono microrganismi patogeni e
possono essere strettamente adattati ad un particolare ospite o essere ubiquitari e
ritrovarsi in ospiti diversi. L’infezione è a trasmissione fecale-orale o associata alla
contaminazione di alimenti e di acqua. Nell’uomo può manifestarsi con febbri enteriche,
gastroenteriti, setticemia e tifo. La dose infettante è variabile in funzione del sierotipo
(107-109).
Salmonella è ampiamente diffusa nell’ambiente dove può anche sopravvivere. La sua
presenza nell’ambiente idrico rappresenta inequivocabilmente l’esistenza di una
contaminazione fecale primaria (immissione diretta di scarichi fognari) o secondaria (ad
es. dilavamento di suoli contaminati). Il trattamento di disinfezione delle acque ne
riduce generalmente le concentrazioni (99% di rimozione) e, se non si verificano
condizioni favorevoli alla sua introduzione o al suo mantenimento in rete, è rilevata
raramente, mentre può essere più facilmente isolata dalle acque grezze.
I microrganismi appartenenti al genere Salmonella possono essere ricercati nelle acque
destinate al consumo umano nell’ambito della verifica per il parametro Enterobatteri
patogeni inserito tra quelli del controllo occasionale C4 del DPR 236/88. Di questo
parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua potabile come ribadito anche dal
Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di Salmonella nelle acque
sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano.
2. Principio del metodo
Il metodo consente di valutare la Presenza/Assenza di Salmonella in un determinato
volume di acqua. La procedura analitica consiste in una serie di fasi successive che
possono comprendere Prearricchimento, Arricchimento, Isolamento ed eventualmente,
Conferma biochimica e Conferma sierologica.
362
3. Strumentazione e vetreria
Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1).
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Substrato di prearricchimento
4.1.1. Acqua Peptonata Tamponata
Composizione:
Peptone
Cloruro di sodio
Fosfato di sodio bibasico dodecaidrato (Na2HPO4· H2O)
Fosfato di potassio monobasico (KH2PO4)
Acqua distillata
pH 7,2±0,2
10
5
9
1,5
1000
g
g
g
g
mL
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Dopo avere sciolto la polvere distribuire in beute e sterilizzare a 121°C per
15 min. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali.
4.2. Substrato di arricchimento
4.2.1. Brodo di arricchimento di Rappaport Vassiliadis (Rappaport Vassiliadis
Enrichment Broth, RV).
Composizione:
Peptone di soia 5 g
Cloruro di sodio 8 g
Fosfato di potassio monobasico (KH2PO4) 1,6 g
Cloruro di magnesio esaidrato 40 g
Verde malachite 40 mg
Acqua distillata 1000 mL
pH 5,2±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in tubi e sterilizzare a 115°C per 15 min. Conservare a circa
+4°C per non più di una settimana in condizioni ottimali. L’aggiunta al brodo di
arricchimento di 10 mg/mL di sodio novobiocina può migliorare il recupero di
Salmonella.
363
4.3. Substrati di isolamento
4.3.1. Hektoen Enteric Agar (HEA).
Composizione:
Peptone 12 g
Estratto di lievito 3 g
Sali biliari 9 g
Lattosio 12 g
Saccarosio 12 g
Salicina 2 g
Cloruro di sodio 5 g
Iposolfito di sodio 5 g
Citrato ferrico ammoniacale 1,5 g
Agar 13,5 g
Blu di bromotimolo 64 mg
Fucsina acida 40 mg
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,6±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Non sterilizzare. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare.
Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali.
Esistono in commercio diversi substrati usati per l’isolamento di Salmonella che
garantiscono buoni risultati in fase analitica anche se non esiste un unico substrato in
grado di far crescere tutti i sierotipi di Salmonella presenti. In aggiunta o in alternativa
al terreno proposto, è possibile utilizzare l’XLD; è necessario comunque tenere in
considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base
dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento
delle caratteristiche di produttività.
4.3.2. Xilosio Lisina Desossicolato (Xylose Lysine Desoxycholato, XLD).
Composizione:
Xilosio 3,5 g
L-Lisina 5 g
Lattosio 7,5 g
Saccarosio 7,5 g
Cloruro di sodio 5 g
Estratto di lievito 3 g
Rosso fenolo 0,08 g
Desossicolato di sodio 2,5 g
Tiosolfato di sodio 6,8 g
Citrato di ferro ammoniacale 0,8 g
Agar 13,5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,4±0,2
364
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Non sterilizzare. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare.
Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali.
4.4. Substrato di crescita
4.4.1. Triptone Soia Agar (Tryptic Soy Agar, TSA).
Composizione:
Triptone 15 g
Peptone di soia 5 g
Cloruro di sodio 5 g
Agar 20 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,3±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Sterilizzare a 121°C per 15 min. Distribuire in piastre di Petri e lasciare
solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni
ottimali.
4.5. Reattivo alla tetrametilparafenilendiamina dicloridrato
4.5.1. Soluzione di tetrametilparafenilendiamina dicloridrato all’1%.
Composizione:
N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 1 g
Acqua distillata 100 mL
Dischetti o tamponi adatti all’uopo sono anche disponibili in commercio; in alternativa
sciogliere N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato in acqua distillata,
preparando la soluzione al momento dell’uso. Tuttavia è da segnalare che tale prodotto
viene classificato come sostanza pericolosa per la salute ai sensi della direttiva
67/548/CEE e successivi adeguamenti.
4.6. Substrato per la prova della fermentazione dei carboidrati
4.6.1. Agar al ferro di Kliger (Kliger Iron Agar, KIA).
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Estratto di lievito 3 g
Peptone 20 g
365
Cloruro di sodio 5 g
Lattosio 10 g
Glucosio 1 g
Ferro citrato 0,3 g
Tiosolfato di sodio 0,3 g
Agar 12 g
Rosso fenolo 50 mg
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,4±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in provette e, dopo sterilizzazione a 121°C per 15 min, lasciare
solidificare in posizione inclinata per ottenere una superficie a becco di clarino.
Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali.
4.7. Substrato per la prova della decarbossilazione della lisina
4.7.1. Agar al ferro e lisina (Lysine Iron Agar, LIA).
Composizione:
Casitone 5 g
Estratto di lievito 3 g
Destrosio 1 g
L-lisina 10 g
Ferro ammonio citrato 0,5 g
Agar 13,5 g
Tiosolfato di sodio 40 mg
Porpora bromocresolo 20 mg
Acqua distillata 1000 mL
pH 6,2±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in provette e dopo sterilizzazione a 121°C per 12 min lasciare
solidificare in posizione inclinata per ottenere una superficie a becco di clarino.
Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali.
5. Procedura
5.1. Volume da analizzare
Il volume da analizzare è pari a 1000 mL per l’analisi delle acque in rete; per acque
grezze, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse.
366
5.2. Fase di prearricchimento
Consiste in una fase di rivitalizzazione dei microrganismi in idoneo brodo di coltura non
selettivo; è una fase che può essere omessa sulla base dell’esperienza dell’operatore a
condizione che ciò non comporti modifiche dei risultati ottenuti. La procedura di
seguito riportata tuttavia propone lo svolgimento di tutte le fasi.
Filtrare 1000 mL di campione attraverso una membrana di 47 mm di diametro (porosità
nominale 0,45 mm) posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, rispettando le
comuni norme di asepsi. Se è necessario per presenza di particolato in sospensione, la
filtrazione può essere eseguita su più membrane. Trasferire sterilmente la membrana/e
in 100 mL di Acqua Peptonata Tamponata (4.1.1.) contenuta in beuta e incubare a
36±1°C per 18-24 ore.
5.3. Fase di arricchimento
Dal brodo di prearricchimento (4.1.1.) eseguire l’inoculo, in rapporto di 1:100, di
un’aliquota della brodocoltura in Brodo di arricchimento di Rappaport Vassiliadis
(4.2.1.). Incubare a 42±0,5°C per 24+24 ore. A questa temperatura e per la presenza in
questo terreno di verde malachite tuttavia S. typhi non cresce. La sua ricerca attualmente
viene ancora effettuata in brodi alla selenite, il cui uso tuttavia richiede precauzioni
particolari e l’applicazione di speciali procedure da parte degli operatori sia nella fase di
manipolazione sia in quella di smaltimento.
5.4. Fase di isolamento ed identificazione delle colonie
Dal brodo di arricchimento (4.2.1.) eseguire, prelevando un’ansata, 2 subcolture per
strisci multipli sui terreni di isolamento (4.3.1. -4.3.2.): la prima dopo 24 ore di
incubazione del brodo, la seconda dopo 48 ore. Incubare le piastre a 36±1°C per 24 ore.
Su Hektoen Enteric Agar le colonie sospette di Salmonella si presentano verdi con
margini netti con o senza centro nero.
Su Xilosio Lisina Desossicolato le colonie sospette di Salmonella si presentano rosse
con centro nero, lucide, convesse e con margini netti.
6. Conferma biochimica
E’ necessario procedere all’esecuzione di prove di conferma per l’accertamento
dell'appartenenza al genere Salmonella delle colonie sospette eseguendo la colorazione
di gram (v. Appendice 2), la prova della citocromossidasi (6.1.), della fermentazione dei
carboidrati (6.2.) e della decarbossilazione della lisina (6.3.).
Successivamente l’identificazione biochimica può essere completata con i kit
miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio.
Prima di effettuare ciascuna prova si suggerisce, onde verificarne la purezza, di
subcoltivare le colonie sospette su Triptone Soia Agar (4.4.1.) e incubare a 36±1°C per
24 ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo.
367
6.1. Prova della citocromossidasi
La prova permette di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Salmonella da
quelli appartenenti al genere Pseudomonas che possono produrre colonie simili sul
terreno di isolamento. Le salmonelle sono ossidasi-negative.
Dal terreno Triptone Soia Agar (4.4.1.) prelevare, con le usuali regole di asepsi, con
un’ansa sterile, la colonia cresciuta e strisciare su una carta da filtro imbibita del reattivo
(4.5.1.) preparato al momento dell’uso o saggiare sui dischetti o con i tamponi adatti
all’uopo distribuiti in commercio. Una reazione negativa si evidenzia quando non si
produce alcuna colorazione; se positiva si sviluppa entro 10 s una colorazione blu-
violetto.
6.2. Prova della fermentazione dei carboidrati
Dal terreno Triptone Soia Agar (4.4.1.) prelevare con un’ansa sterile la colonia sospetta
e trasferire, per infissione e successivo strisciamento sulla superficie inclinata del
terreno Agar al ferro di Kliger (4.6.1.). Incubare a 36±1°C per 18-24 ore. E’ essenziale
che i risultati vengano registrati dopo 18-24 ore di incubazione. Sebbene Citrobacter
possa dare le stesse reazioni di Salmonella, per l’interpretazione dei risultati si devono
annotare le reazioni elencate in Tabella 1.
Le reazioni dopo 18-24 ore di incubazione a 36±1°C per alcune delle specie di
Salmonella sono elencate in Tabella 2.
Tabella 1. Utilizzazione dei carboidrati su Kliger Iron Agar.
Reazione sulla superficie inclinata
Acidità:
Alcalinità:
colore giallo
colore rosso
Reazione di profondità
Acidità:
Alcalinità:
colore giallo
colore rosso
Produzione di gas
Presente:
Assente
bolle o rottura Agar
Produzione di H2S
Presente:
Assente
annerimento del terreno
368
Tabella 2. Reazioni per alcune specie di Salmonella.
Microrganismo Superficie Profondità Gas H2S
Salmonella spp. Rosso Giallo ++
S. typhi Rosso Giallo
+
S. paratyphi Rosso Giallo
6.3. Prova della decarbossilazione della lisina
Dal terreno Triptone Soia Agar (4.4.1.) prelevare con un’ansa sterile la colonia sospetta
e trasferire, per infissione e successivo strisciamento sulla superficie inclinata del
terreno Agar al ferro e lisina (4.7.1.). Incubare a 36±1°C per 18-24 ore.
I microrganismi appartenenti al genere Salmonella producono una reazione alcalina
(violetta) sia del becco, sia del cilindro; una colorazione gialla (acida) indica una
reazione negativa. Gli stipiti che producono idrogeno solforato determinano un
annerimento del terreno.
7. Conferma sierologica
Qualora si ritenga opportuno si può procedere alla tipizzazione delle colonie mediante
conferma sierologica. Gli stipiti selezionati in base alle caratteristiche colturali e
biochimiche proprie di Salmonella possono essere tipizzati in base alla classificazione
di Kauffmann-White utilizzando sieri polivalenti. L’ulteriore tipizzazione sierologica
può essere effettuata con sieri monovalenti anti-O e anti-H oppure inviando gli stipiti ai
centri di riferimento per la Salmonella.
Per lo svolgimento della procedura si rimanda ai testi specifici.
8. Espressione dei risultati
Riportare il risultato ottenuto come Salmonella: Assente o Presente in 1 L e, se del caso,
il sierotipo individuato.
9. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
369
BIBLIOGRAFIA
AMERICAN PUBLIC HEALTH ASSOCIATION. Standard methods for the Examination of Water and
Wastewater. A.P.H.A., A.W.W.A. (Ed.), 18th ed. Washington D.C.: APHA, 1992. 1200 p.
IRSA-CNR Metodi analitici per i fanghi. Quaderno 64, CNR-ISTITUTO DI RICERCA SULLE
ACQUE, Roma: 1983.
371
DETERMINAZIONE DEGLI ENTEROBATTERI PATOGENI: SHIGELLA
0. Generalità e definizioni
Sono microrganismi bastoncellari, di dimensione 0,7-1,5 ´ 2-5 mm, appartenenti alla famiglia
delle Enterobatteriacee, gram negativi, non mobili, anaerobi facoltativi, con metabolismo sia
respiratorio che fermentativo. Comprendono 4 specie nell’ambito delle quali sono distinguibili
uno o più sierotipi. Sono tutte patogene intestinali per l’uomo e gli altri primati e sono gli agenti
eziologici della dissenteria bacillare. La dose minima infettante è molto bassa (101-102) e la
presenza del microrganismo negli alimenti, nel latte e nelle acque può essere significativa anche
quando un numero molto ridotto di organismi è presente.
La classificazione si basa su caratteristiche biochimiche e sierologiche e nell’ambito del genere
vengono distinti 4 gruppi: gruppo A (con Sh. dysenteriae che comprende 10 sierotipi); gruppo
B (con Sh. flexneri che comprende 6 sierotipi; gruppo C (con Sh. boydii che comprende 15
sierotipi); gruppo D (con Sh. sonnei non distinguibile in sierotipi).
Le shigelle fermentano solo pochi carboidrati (non fermentano il lattosio, tranne Sh. sonnei che
lo fermenta lentamente) e senza produzione di gas e idrogeno solforato. Posseggono antigeni
somatici (O) di natura polisaccaridica. Essendo immobili sono sprovviste di cilia, e pertanto non
sono dotate di antigene ciliare, ma possono presentare, nonostante la mancanza della capsula, un
antigene K termolabile, che può inibire l’agglutinazione con antisieri per l’antigene somatico.
Oltre alla endotossina di natura polipeptido-lipido-polisaccaridica, Shigella dysenteriae produce
una potente esotossina: è l’unico caso tra le Enterobatteriacee.
L’isolamento di Shigella da acque superficiali e potabili non è frequente; i membri del gruppo
non si riscontrano frequentemente neanche in scarichi ed acque contaminate. Infatti, il
microrganismo risulta essere molto sensibile alle condizioni ostili del mezzo e all’antagonismo di
microrganismi interferenti e presenta una particolare fragilità e sensibilità ai trattamenti di disinfezione.
Qualora venga rilevato nelle acque potabili, la sua presenza può essere messa in relazione ad
inadeguati trattamenti dell’acqua e a carenze del sistema di distribuzione.
I microrganismi appartenenti al genere Shigella possono essere ricercati nelle acque destinate al
consumo umano nell’ambito della verifica per il parametro Enterobatteri patogeni inserito tra
quelli del controllo occasionale C4 del DPR 236/88. Di questo parametro è prescritta l’assenza
obbligatoria nell’acqua potabile come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del
26 marzo 1991.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento diShigella nelle acque sorgive, sotterranee
e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano.
372
2. Principio del metodo
Il metodo consente di valutare la presenza/assenza di Shigella in un determinato volume
di acqua, considerando che la normativa ne richiede l’assenza. La procedura analitica
consiste in una serie di fasi successive che possono comprendere Arricchimento,
Isolamento ed eventualmente, Conferma biochimica e Conferma sierologica.
3. Strumentazione e vetreria
Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1).
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Substrati di arricchimento
4.1.1. Brodo nutritivo (Nutrient Broth, NB).
Composizione:
Estratto di carne
Digerito pancreatico di gelatina
Acqua distillata
pH 7,9±0,2
3 g
5 g
1000 mL
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare
agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Dopo
avere sciolto la polvere distribuire in beute e sterilizzare a 121°C per 15 min.
Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali.
Esistono in commercio diversi substrati usati per l’arricchimento di Shigella che
garantiscono buoni risultati in fase analitica. Qui viene riportata la composizione del
Brodo nutritivo; in alternativa è possibile utilizzare il Brodo GN Hajna. E’ necessario
comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere
effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizi
alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività.
4.1.2. Brodo GN Hajna (GN Broth Hajna, GN).
Composizione:
Triptosio 20 g
Destrosio 1 g
D-mannitolo 2 g
Citrato di sodio 5 g
373
Desossicolato di sodio 0,5 g
Fosfato di potassio bibasico (K2HPO4) 4 g
Fosfato di potassio monobasico (KH2PO4) 1,5 g
Cloruro di sodio 5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,0±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare
agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Dopo
avere sciolto la polvere distribuire in beute e sterilizzare a 121°C per 15 min.
Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali.
4.2. Substrati di isolamento
4.2.1. Xilosio Lisina Desossicolato Agar (Xylose Lysine Desoxycholate Medium, XLD).
Composizione:
Xilosio 3,5 g
L-Lisina 5 g
Lattosio 7,5 g
Saccarosio 7,5 g
Cloruro di sodio 5 g
Estratto di lievito 3 g
Rosso fenolo 0,08 g
Desossicolato di sodio 2,5 g
Tiosolfato di sodio 6,8 g
Citrato di ferro ammoniacale 0,8 g
Agar 13,5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,4±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Non surriscaldare e non sterilizzare. Distribuire in piastre di Petri e lasciare
solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni
ottimali.
Esistono in commercio diversi substrati usati per l’isolamento di Shigella che
garantiscono buoni risultati in fase analitica anche se non esiste un unico substrato in
grado di far crescere tutti i sierotipi di Shigella presenti. In aggiunta, o in alternativa al
terreno proposto, è possibile utilizzare l’SS Agar; è necessario comunque tenere in
considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base
dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento
delle caratteristiche di produttività.
374
4.2.2. Salmonella Shigella Agar (SS Agar, SS).
Composizione:
Estratto di carne 5 g
Proteose Peptone 5 g
Lattosio 10 g
Sali di bile n° 3 8,5 g
Citrato di sodio 8,5 g
Tiosolfato di sodio 8,5 g
Citrato ferrico 1 g
Agar 13,5 g
Verde brillante 0,33 g
Rosso neutro 0,025 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,0±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Non surriscaldare e non sterilizzare. Distribuire in piastre di Petri e lasciare
solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni
ottimali.
4.3. Substrato di crescita
4.3.1. Agar Nutritivo (Nutrient Agar, NA).
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Peptone 5 g
Agar 15 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 6,8±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Sterilizzare a 121°C per 15 min. Distribuire in piastre di Petri e lasciare
solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni
ottimali.
4.4. Substrato per la prova della fermentazione dei carboidrati
4.4.1. Agar al ferro di Kliger (Kliger Iron Agar).
Composizione:
Estratto di carne 3 g
375
Estratto di lievito 3 g
Peptone 20 g
Cloruro di sodio 5 g
Lattosio 10 g
Glucosio 1 g
Citrato di ferro 0,3 g
Tiosolfato di sodio 0,3 g
Agar 12 g
Rosso fenolo 50 mg
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,4±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in provette e dopo sterilizzazione a 121°C per 15 min lasciare
solidificare in posizione inclinata per ottenere una superficie a becco di clarino.
Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali.
5. Procedura
5.1. Volume da analizzare
Il volume da analizzare è pari a 1000 mL per l’analisi delle acque in rete; per acque
grezze, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse.
5.2. Fase di arricchimento
Consiste in una fase di rivitalizzazione in idoneo brodo di coltura non selettivo.
Filtrare 1000 mL di campione attraverso una membrana di 47 mm di diametro (porosità
nominale 0,45 mm) posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, rispettando le
comuni norme di asepsi. Se è necessario, per presenza di particolato in sospensione, la
filtrazione può essere eseguita su più membrane. Trasferire sterilmente la membrana/e
in 100 mL del brodo di arricchimento (4.1.1. o 4.1.2.) e incubare a 36±1°C per 6-18 ore.
5.3. Fase di isolamento
Dal brodo di arricchimento eseguire, prelevando un’ansata, 2 subcolture per strisci
multipli sul terreno di isolamento (4.2.1. -4.2.2.): la prima dopo 6 ore di incubazione
del brodo, la seconda dopo 18 ore. Incubare le piastre a 36±1°C per 24 ore.
Su Xilosio Lisina Desossicolato le colonie sospette di Shigella si presentano rosse.
Su SS Agar le colonie sospette si presentano incolori, generalmente con margini netti,
anche se spesso Sh. sonnei si presenta con margini irregolari.
376
6. Conferma biochimica
E’ necessario procedere all’esecuzione di prove di conferma per l’accertamento
dell'appartenenza al genere Shigella delle colonie sospette eseguendo la colorazione di
gram (v. Appendice 2), la prova della fermentazione dei carboidrati (6.1.).
Successivamente l’identificazione biochimica può essere completata con i kit
miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio.
Prima di effettuare ciascuna prova si suggerisce, onde verificarne la purezza, di
subcoltivare le colonie sospette su Agar Nutritivo (4.3.1.) e incubare a 36±1°C per 24
ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo.
6.1. Prova della fermentazione dei carboidrati
Dall’Agar Nutritivo (4.3.1.) prelevare con un’ansa sterile la colonia sospetta e trasferire,
per infissione e successivo strisciamento sulla superficie inclinata del terreno Agar al
ferro di Kliger (4.4.1.) Incubare a 36±1°C per 18-24 ore. E’ essenziale che i risultati
vengano registrati dopo 18-24 ore di incubazione.
L’utilizzazione dei carboidrati su Agar al ferro di Kliger, dopo 18-24 ore di incubazione
a 36±1°C, fornisce le reazioni elencate in Tabella 1.
7. Conferma sierologica
Qualora si ritenga opportuno si può procedere alla tipizzazione delle colonie mediante
conferma sierologica. E’ necessario segnalare che molti sierotipi di Shigella possono
essere confusi con quelli di Escherichia coli. Pertanto prima di procedere alla conferma
sierologica è necessario verificare con attenzione che le caratteristiche biochimiche
siano tipiche del genere Shigella. La tipizzazione può essere eseguita utilizzando sieri
polivalenti e sieri monovalenti anti-O oppure inviando gli stipiti ai centri di riferimento
per la Shigella.
Per lo svolgimento della procedura si rimanda ai testi specifici.
Tabella 1.
Microrganismo Superficie Profondità Gas H2S
Shigella spp. Rosso Giallo ± ¾
Sh. flexneri Rosso Giallo ¾ ¾
377
8. Espressione dei risultati
Riportare il risultato ottenuto come Shigella: Assente o Presente in 1 L e, se del caso, il
sierotipo individuato.
9. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
BIBLIOGRAFIA
AMERICAN PUBLIC HEALTH ASSOCIATION. Standard methods for the Examination of Water and
Wastewater. A.P.H.A., A.W.W.A. (Ed.), 18th ed. Washington D.C.: APHA, 1992. 1200 p.
IRSA-CNR Metodi analitici per i fanghi. Quaderno 64, CNR-ISTITUTO DI RICERCA SULLE
ACQUE, Roma: 1983.
379
DETERMINAZIONE DELLE SPORE DI CLOSTRIDI SOLFITO RIDUTTORI
0. Generalità e definizioni
I clostridi sono microrganismi anaerobi obbligati; bacilli gram-positivi; producono ATP
esclusivamente tramite fosforilazione a livello del substrato (che può essere costituito da
aminoacidi, cellulosa, zuccheri semplici). Riducono il solfito con produzione di solfuri e
producono spore termoresistenti. Sono normalmente saprofiti e vivono negli strati
superficiali del terreno o nell’intestino di alcuni animali, compreso l’uomo. Il loro
numero nelle feci, rispetto ai coliformi e agli streptococchi, è inferiore, in rapporto
rispettivamente di circa 1/100 e 1/10. Alcune specie producono potenti esotossine
(Clostridium tetani e Clostridium botulinum) che causano sindromi particolarmente
gravi. Le specie di interesse per le indagini sulle acque potabili sono generalmente
Clostridium perfringens, Clostridium novji, Clostridium welchii, Clostridium
histolyticum e Clostridium sporegenens. Il loro rilevamento, nelle acque destinate al
consumo umano, dove vengono ricercati nella forma sporale, può essere indice sia di
inquinamento fecale anche pregresso, sia, soprattutto se accompagnato da valori elevati
della conta batterica, di carenze imputabili al trattamento di potabilizzazione o alla
contaminazione dell’acqua a livello di stoccaggio e di distribuzione. Infatti, per la loro
capacità di produrre forme di resistenza (spore), sono in grado di sopravvivere più a
lungo nell’ambiente e di resistere ai trattamenti di potabilizzazione e clorazione delle
acque. La loro presenza in acque trattate a scopo potabile potrebbe comportare la
necessità di fare ricorso a trattamenti di disinfezione più spinti.
Il valore limite stabilito nel DPR 236/88 per il parametro spore di clostridi solfito-
riduttori è 0/100 mL.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento delle spore di clostridi solfito
riduttori nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al
consumo umano.
2. Principio del metodo
Il metodo consente di valutare la concentrazione delle spore dei microrganismi
appartenenti al genere Clostridium presenti in un volume d’acqua preventivamente
trattato al calore per distruggere le forme microbiche vegetative, favorendo
contemporaneamente la germinazione delle forme sporali.
Vengono di seguito proposti due metodi:
-metodo a: metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (Most Probable
Number, MPN). Con questo metodo viene calcolata la densità delle spore dei
380
clostridi solfito-riduttori in campioni di acqua tramite una stima statistica calcolata
sulla base della combinazione di tubi positivi e negativi ottenuti inoculando
aliquote del campione in terreno colturale liquido. Il risultato può essere ricavato,
in base alle diverse combinazioni, dall’apposita tabella già predisposta (Tabella 1).
-metodo b: metodo della filtrazione su membrana (MF). Questo metodo permette di
contare il numero delle colonie cresciute su una membrana posta sul terreno
colturale agarizzato.
3. Strumentazione e vetreria
Oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio (v. Appendice 1), per lo
svolgimento dell’analisi, è necessario avere a disposizione giara per anaerobiosi
Tabella 1. le.
Quantità di acqua seminata Quantità di acqua seminata Numero più probabile
per ogni beuta: 50 mL per ogni tubo: 10 mL MPN / 100 mL campione
N° di beute positive N° di tubi positivi
0 0 0
0 1 1
0 2 2
0 3 4
0 4 5
0 5 7
1 0 2
1 1 3
1 2 6
1 3 9
1 4 16
1 5 > 16
381
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Agar al Triptone Solfito e Neomicina (Trypticase Sulfite Neomycin Agar, TSN)
Composizione:
Peptone o Triptone 15 g
Solfito di sodio 1 g
Solfato di neomicina 0,02 g
Solfato di polimixina 0,05 g
Estratto di lievito 10 g
Citrato ferrico 0,5 g
Agar 13,5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,0±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in tubi nella misura di 50 mL e 10 mL di terreno a doppia
concentrazione (2x). Autoclavare i tubi a 118 °C per 20 min e conservare a circa +4°C
per non più di 1 mese in condizioni ottimali.
4.2. Olio di vaselina sterile
4.3. Agar nutritivo al sangue di coniglio (Nutrient Agar, NA)
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Peptone 5 g
Agar 15 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 6,8±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo
le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare
fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in tubi o beute, sterilizzare a 121°C per 15 min.
Dopo sterilizzazione, preparare, con le normali procedure, alcune piastre di terreno
senza aggiunta di sangue; in altre piastre, in condizioni di asepsi, trasferire 0,5 mL di
sangue defibrinato di coniglio (4.4.) e aggiungere circa 12-13 mL di Agar nutritivo
preventivamente sciolto e portato a 50-60 °C in bagno termostatato, miscelare e lasciar
solidificare a temperatura ambiente. Il terreno colturale al sangue ha tempi di
conservazione molto brevi; si consiglia pertanto di prepararlo al momento dell’uso.
382
4.4. Sangue defibrinato di coniglio
Il sangue defibrinato di coniglio è reperibile in commercio e si può conservare per circa
n condizioni ottimali.
4.5. Agar Columbia con 5% di sangue di montone
Composizione:
Bio-polyptone 10 g
Idrolizzato di proteine animali e vegetali 10 g
Bio-miotone 3 g
Amido di mais 1 g
Cloruro di sodio 5 g
Sangue di montone 50 mL
Agar 3,5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,3±0,2
Esistono in commercio diversi substrati per la crescita dei microrganismi appartenenti al
genere Clostridium. In alternativa all’Agar nutritivo al sangue di coniglio (4.3.) qui
viene anche riportata la composizione dell’Agar Columbia con 5% di sangue di
montone. Il terreno si trova in commercio già pronto per l’uso e preparato in piastre
Petri. Ha tempi di conservazione molto brevi; si consiglia pertanto di comprarne a
piccoli lotti.
E’ necessario comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o
dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione
che ciò non comporti alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività.
4.6. Perossido di idrogeno al 3%
Conservare al riparo della luce diretta e a circa +4°C in condizioni ottimali.
4.7. Agar al Solfito Polimixina Solfadiazina (Sulfite Polymyxin Sulfadiazine Agar,
SPS)
Composizione:
Solfito di sodio 0,5 g
Solfato di polimixina 0,01 g
Sulfodiazina 0,12 g
Triptone o peptone 15 g
Estratto di lievito 10 g
Citrato di ferro 0,5 g
Sodio tioglicollato 0,1 g
Sorbitan monooleato 0,05 g
383
Agar 15 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,0±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in tubi o beute. Sterilizzare a 118°C per 15 min. Conservare a
circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali.
5. Procedura
5.1. Metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN)
5.1.1. Volume da analizzare.
Il volume da analizzare è pari a 100 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di
acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse.
5.1.2. Pretrattamento del campione.
Mantenere il campione per 15 min a 75±5°C in bagno termostatato per l’inattivazione
delle forme vegetative. Raffreddare il campione sotto acqua fredda prima di sottoporlo
ad analisi.
5.1.3. Prova analitica.
Inoculare una beuta contenente 50 mL e 5 tubi contenenti 10 mL di terreno TSN Agar
2x (4.1.) con rispettivamente 50 mL e 10 mL di campione pretrattato. Effettuare
l’inoculo nei tubi con il terreno disciolto e mantenuto tale alla temperatura di circa 45°C
avendo cura di distribuire bene il campione nel terreno evitando la formazione di bolle
d’aria. Lasciar raffreddare ed aggiungere in ogni tubo alcuni millilitri di olio di vaselina
(4.2.). Incubare a 46±1°C per 24±2 ore.
5.1.4. Identificazione e conteggio delle colonie.
Considerare positivi i tubi con crescita di colonie nere nello spessore Agar che
provocano annerimento del terreno.
5.2. Metodo della filtrazione su membrana (MF)
5.2.1. Volume da analizzare (5.1.1.).
5.2.2. Pretrattamento del campione (5.1.2.).
5.2.3. Filtrazione e incubazione.
Sciogliere il terreno SPS Agar (4.7.) e versarne un’aliquota in una piastra Petri, lasciare
solidificare a temperatura ambiente. Mantenere il rimanente terreno allo stato liquido
alla temperatura di 50-60°C.
384
Filtrare 100 mL di campione pretrattato utilizzando una membrana di acetato di
cellulosa con porosità nominale di 0,45 mm. Trasferire la membrana su terreno SPS
Agar (4.7.) facendola aderire perfettamente. Versare su di essa, con cautela, un’aliquota
dello stesso terreno (4.7.) mantenuto allo stato liquido in modo da ricoprirla interamente
e lasciare solidificare a temperatura ambiente.
Incubare a 36±1°C per 48±2 ore in condizioni anaerobie in giara o con apposito kit per
anaerobiosi.
5.2.4. Identificazione e conteggio delle colonie.
La presenza di anaerobi solfito-riduttori è evidenziata dalla comparsa di colonie di
colore nero con alone nerastro.
6. Conferma
Qualora si ritenga opportuno procedere all’esecuzione di prove di conferma per
l’accertamento dell’appartenenza al genere Clostridium, è necessario eseguire, sulle
colonie rilevate, la colorazione di gram (v. Appendice 2) e la prova della catalasi (6.1.).
Per una identificazione, a livello di specie, dei microrganismi isolati si possono
utilizzare i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio.
Trasferire la colonia da saggiare, mediante semina per strisciamento in superficie in due
piastre contenenti Agar nutritivo con sangue di coniglio (4.3.) o in alternativa in due
piastre di Agar Columbia con 5% di sangue di montone (4.5.). Incubare una piastra a
36±1°C per 24 ore, l’altra alla stessa temperatura per 24 ore, ma in anaerobiosi.
I microrganismi appartenenti al genere Clostridium cresceranno unicamente sul terreno
incubato in anaerobiosi. Procedere allo svolgimento della prova della catalasi.
6.1. Prova della catalasi
La prova della catalasi serve per differenziare i batteri solfito-riduttori appartenenti al
genere Clostridium (catalasi negativi) da quelli appartenenti al genere Bacillus (catalasi
positivi).
Seminare la colonie da saggiare su Agar nutritivo senza sangue di coniglio (4.3.) e
incubare a 36±1°C per 24±2 ore in anaerobiosi. Strisciare su un vetrino da microscopio
una colonia in esame quindi ricoprire con una goccia di perossido d’idrogeno (4.6.).
La reazione negativa, tipica del genere Clostridium, è evidenziata dalla mancata
formazione di bolle (liberazione di gas).
7. Espressione dei risultati
7.1. Metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN)
Sulla base delle positività ottenute consultare la Tabella 1 ed esprimere il risultato come
MPN/100 mL.
385
7.2. Metodo della filtrazione su membrana (MF)
Riportare il numero di spore di clostridi solfito riduttori come UFC/100 mL.
Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di spore di
clostridi solfito riduttori si calcola in base al numero di colonie contate e sottoposte a
conferma riportando il valore come Unità Formanti Colonia per 100 mL di campione
(UFC/100 mL)
Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei
risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di spore presenti in 100 mL del
campione in base alla seguente formula:
A × N ×Vc × F
C =
B ×Vt
dove:
C = numero di colonie che sono state confermate per 100 mL
A = numero di colonie confermate
B = numero di colonie da sottoporre a conferma
N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana
Vt = volume di campione analizzato
Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (100 mL)
F = eventuale fattore di diluizione
8. Prestazioni dei metodi
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
BIBLIOGRAFIA
APHA, AWWA, WPCE -Standard methods for the examination of water and wastewater - 18th edition
APHA, Washington, D.C.1992.
METODI ANALITICI PER LE ACQUE -Volume terzo, Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio
Nazionale delle Ricerche. Ed. La Pergamena, Roma, 1973.
METODI ANALITICI PER LE ACQUE. Quaderno 100, n. 2. Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio
Nazionale delle Ricerche Ed. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1994.
KONEMAN, S.D.ALLEN, V.R.DOWELL JR., W.M.JANDA, P.C. SCHRECKENBERGER, W.C.
WINN JR. -Testo atlante di microbiologia diagnostica. II Ed. Delfino editore, Roma, 1995.
379
DETERMINAZIONE DELLE SPORE DI CLOSTRIDI SOLFITO RIDUTTORI
0. Generalità e definizioni
I clostridi sono microrganismi anaerobi obbligati; bacilli gram-positivi; producono ATP
esclusivamente tramite fosforilazione a livello del substrato (che può essere costituito da
aminoacidi, cellulosa, zuccheri semplici). Riducono il solfito con produzione di solfuri e
producono spore termoresistenti. Sono normalmente saprofiti e vivono negli strati
superficiali del terreno o nell’intestino di alcuni animali, compreso l’uomo. Il loro
numero nelle feci, rispetto ai coliformi e agli streptococchi, è inferiore, in rapporto
rispettivamente di circa 1/100 e 1/10. Alcune specie producono potenti esotossine
(Clostridium tetani e Clostridium botulinum) che causano sindromi particolarmente
gravi. Le specie di interesse per le indagini sulle acque potabili sono generalmente
Clostridium perfringens, Clostridium novji, Clostridium welchii, Clostridium
histolyticum e Clostridium sporegenens. Il loro rilevamento, nelle acque destinate al
consumo umano, dove vengono ricercati nella forma sporale, può essere indice sia di
inquinamento fecale anche pregresso, sia, soprattutto se accompagnato da valori elevati
della conta batterica, di carenze imputabili al trattamento di potabilizzazione o alla
contaminazione dell’acqua a livello di stoccaggio e di distribuzione. Infatti, per la loro
capacità di produrre forme di resistenza (spore), sono in grado di sopravvivere più a
lungo nell’ambiente e di resistere ai trattamenti di potabilizzazione e clorazione delle
acque. La loro presenza in acque trattate a scopo potabile potrebbe comportare la
necessità di fare ricorso a trattamenti di disinfezione più spinti.
Il valore limite stabilito nel DPR 236/88 per il parametro spore di clostridi solfito-
riduttori è 0/100 mL.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento delle spore di clostridi solfito
riduttori nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al
consumo umano.
2. Principio del metodo
Il metodo consente di valutare la concentrazione delle spore dei microrganismi
appartenenti al genere Clostridium presenti in un volume d’acqua preventivamente
trattato al calore per distruggere le forme microbiche vegetative, favorendo
contemporaneamente la germinazione delle forme sporali.
Vengono di seguito proposti due metodi:
-metodo a: metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (Most Probable
Number, MPN). Con questo metodo viene calcolata la densità delle spore dei
380
clostridi solfito-riduttori in campioni di acqua tramite una stima statistica calcolata
sulla base della combinazione di tubi positivi e negativi ottenuti inoculando
aliquote del campione in terreno colturale liquido. Il risultato può essere ricavato,
in base alle diverse combinazioni, dall’apposita tabella già predisposta (Tabella 1).
-metodo b: metodo della filtrazione su membrana (MF). Questo metodo permette di
contare il numero delle colonie cresciute su una membrana posta sul terreno
colturale agarizzato.
3. Strumentazione e vetreria
Oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio (v. Appendice 1), per lo
svolgimento dell’analisi, è necessario avere a disposizione giara per anaerobiosi
Tabella 1. le.
Quantità di acqua seminata Quantità di acqua seminata Numero più probabile
per ogni beuta: 50 mL per ogni tubo: 10 mL MPN / 100 mL campione
N° di beute positive N° di tubi positivi
0 0 0
0 1 1
0 2 2
0 3 4
0 4 5
0 5 7
1 0 2
1 1 3
1 2 6
1 3 9
1 4 16
1 5 > 16
381
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Agar al Triptone Solfito e Neomicina (Trypticase Sulfite Neomycin Agar, TSN)
Composizione:
Peptone o Triptone 15 g
Solfito di sodio 1 g
Solfato di neomicina 0,02 g
Solfato di polimixina 0,05 g
Estratto di lievito 10 g
Citrato ferrico 0,5 g
Agar 13,5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,0±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in tubi nella misura di 50 mL e 10 mL di terreno a doppia
concentrazione (2x). Autoclavare i tubi a 118 °C per 20 min e conservare a circa +4°C
per non più di 1 mese in condizioni ottimali.
4.2. Olio di vaselina sterile
4.3. Agar nutritivo al sangue di coniglio (Nutrient Agar, NA)
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Peptone 5 g
Agar 15 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 6,8±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo
le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare
fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in tubi o beute, sterilizzare a 121°C per 15 min.
Dopo sterilizzazione, preparare, con le normali procedure, alcune piastre di terreno
senza aggiunta di sangue; in altre piastre, in condizioni di asepsi, trasferire 0,5 mL di
sangue defibrinato di coniglio (4.4.) e aggiungere circa 12-13 mL di Agar nutritivo
preventivamente sciolto e portato a 50-60 °C in bagno termostatato, miscelare e lasciar
solidificare a temperatura ambiente. Il terreno colturale al sangue ha tempi di
conservazione molto brevi; si consiglia pertanto di prepararlo al momento dell’uso.
382
4.4. Sangue defibrinato di coniglio
Il sangue defibrinato di coniglio è reperibile in commercio e si può conservare per circa
n condizioni ottimali.
4.5. Agar Columbia con 5% di sangue di montone
Composizione:
Bio-polyptone 10 g
Idrolizzato di proteine animali e vegetali 10 g
Bio-miotone 3 g
Amido di mais 1 g
Cloruro di sodio 5 g
Sangue di montone 50 mL
Agar 3,5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,3±0,2
Esistono in commercio diversi substrati per la crescita dei microrganismi appartenenti al
genere Clostridium. In alternativa all’Agar nutritivo al sangue di coniglio (4.3.) qui
viene anche riportata la composizione dell’Agar Columbia con 5% di sangue di
montone. Il terreno si trova in commercio già pronto per l’uso e preparato in piastre
Petri. Ha tempi di conservazione molto brevi; si consiglia pertanto di comprarne a
piccoli lotti.
E’ necessario comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o
dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione
che ciò non comporti alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività.
4.6. Perossido di idrogeno al 3%
Conservare al riparo della luce diretta e a circa +4°C in condizioni ottimali.
4.7. Agar al Solfito Polimixina Solfadiazina (Sulfite Polymyxin Sulfadiazine Agar,
SPS)
Composizione:
Solfito di sodio 0,5 g
Solfato di polimixina 0,01 g
Sulfodiazina 0,12 g
Triptone o peptone 15 g
Estratto di lievito 10 g
Citrato di ferro 0,5 g
Sodio tioglicollato 0,1 g
Sorbitan monooleato 0,05 g
383
Agar 15 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,0±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Distribuire in tubi o beute. Sterilizzare a 118°C per 15 min. Conservare a
circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali.
5. Procedura
5.1. Metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN)
5.1.1. Volume da analizzare.
Il volume da analizzare è pari a 100 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di
acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse.
5.1.2. Pretrattamento del campione.
Mantenere il campione per 15 min a 75±5°C in bagno termostatato per l’inattivazione
delle forme vegetative. Raffreddare il campione sotto acqua fredda prima di sottoporlo
ad analisi.
5.1.3. Prova analitica.
Inoculare una beuta contenente 50 mL e 5 tubi contenenti 10 mL di terreno TSN Agar
2x (4.1.) con rispettivamente 50 mL e 10 mL di campione pretrattato. Effettuare
l’inoculo nei tubi con il terreno disciolto e mantenuto tale alla temperatura di circa 45°C
avendo cura di distribuire bene il campione nel terreno evitando la formazione di bolle
d’aria. Lasciar raffreddare ed aggiungere in ogni tubo alcuni millilitri di olio di vaselina
(4.2.). Incubare a 46±1°C per 24±2 ore.
5.1.4. Identificazione e conteggio delle colonie.
Considerare positivi i tubi con crescita di colonie nere nello spessore Agar che
provocano annerimento del terreno.
5.2. Metodo della filtrazione su membrana (MF)
5.2.1. Volume da analizzare (5.1.1.).
5.2.2. Pretrattamento del campione (5.1.2.).
5.2.3. Filtrazione e incubazione.
Sciogliere il terreno SPS Agar (4.7.) e versarne un’aliquota in una piastra Petri, lasciare
solidificare a temperatura ambiente. Mantenere il rimanente terreno allo stato liquido
alla temperatura di 50-60°C.
384
Filtrare 100 mL di campione pretrattato utilizzando una membrana di acetato di
cellulosa con porosità nominale di 0,45 mm. Trasferire la membrana su terreno SPS
Agar (4.7.) facendola aderire perfettamente. Versare su di essa, con cautela, un’aliquota
dello stesso terreno (4.7.) mantenuto allo stato liquido in modo da ricoprirla interamente
e lasciare solidificare a temperatura ambiente.
Incubare a 36±1°C per 48±2 ore in condizioni anaerobie in giara o con apposito kit per
anaerobiosi.
5.2.4. Identificazione e conteggio delle colonie.
La presenza di anaerobi solfito-riduttori è evidenziata dalla comparsa di colonie di
colore nero con alone nerastro.
6. Conferma
Qualora si ritenga opportuno procedere all’esecuzione di prove di conferma per
l’accertamento dell’appartenenza al genere Clostridium, è necessario eseguire, sulle
colonie rilevate, la colorazione di gram (v. Appendice 2) e la prova della catalasi (6.1.).
Per una identificazione, a livello di specie, dei microrganismi isolati si possono
utilizzare i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio.
Trasferire la colonia da saggiare, mediante semina per strisciamento in superficie in due
piastre contenenti Agar nutritivo con sangue di coniglio (4.3.) o in alternativa in due
piastre di Agar Columbia con 5% di sangue di montone (4.5.). Incubare una piastra a
36±1°C per 24 ore, l’altra alla stessa temperatura per 24 ore, ma in anaerobiosi.
I microrganismi appartenenti al genere Clostridium cresceranno unicamente sul terreno
incubato in anaerobiosi. Procedere allo svolgimento della prova della catalasi.
6.1. Prova della catalasi
La prova della catalasi serve per differenziare i batteri solfito-riduttori appartenenti al
genere Clostridium (catalasi negativi) da quelli appartenenti al genere Bacillus (catalasi
positivi).
Seminare la colonie da saggiare su Agar nutritivo senza sangue di coniglio (4.3.) e
incubare a 36±1°C per 24±2 ore in anaerobiosi. Strisciare su un vetrino da microscopio
una colonia in esame quindi ricoprire con una goccia di perossido d’idrogeno (4.6.).
La reazione negativa, tipica del genere Clostridium, è evidenziata dalla mancata
formazione di bolle (liberazione di gas).
7. Espressione dei risultati
7.1. Metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN)
Sulla base delle positività ottenute consultare la Tabella 1 ed esprimere il risultato come
MPN/100 mL.
385
7.2. Metodo della filtrazione su membrana (MF)
Riportare il numero di spore di clostridi solfito riduttori come UFC/100 mL.
Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di spore di
clostridi solfito riduttori si calcola in base al numero di colonie contate e sottoposte a
conferma riportando il valore come Unità Formanti Colonia per 100 mL di campione
(UFC/100 mL)
Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei
risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di spore presenti in 100 mL del
campione in base alla seguente formula:
A × N ×Vc × F
C =
B ×Vt
dove:
C = numero di colonie che sono state confermate per 100 mL
A = numero di colonie confermate
B = numero di colonie da sottoporre a conferma
N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana
Vt = volume di campione analizzato
Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (100 mL)
F = eventuale fattore di diluizione
8. Prestazioni dei metodi
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
BIBLIOGRAFIA
APHA, AWWA, WPCE -Standard methods for the examination of water and wastewater - 18th edition
APHA, Washington, D.C.1992.
METODI ANALITICI PER LE ACQUE -Volume terzo, Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio
Nazionale delle Ricerche. Ed. La Pergamena, Roma, 1973.
METODI ANALITICI PER LE ACQUE. Quaderno 100, n. 2. Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio
Nazionale delle Ricerche Ed. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1994.
KONEMAN, S.D.ALLEN, V.R.DOWELL JR., W.M.JANDA, P.C. SCHRECKENBERGER, W.C.
WINN JR. -Testo atlante di microbiologia diagnostica. II Ed. Delfino editore, Roma, 1995.
387
DETERMINAZIONE DEGLI STAFILOCOCCHI PATOGENI
0. Generalità e definizioni
I microrganismi compresi nel genere Staphylococcus appartengono alla famiglia delle
Micrococcaceae, suddivisa in 4 generi: Micrococcus, Staphylococcus, Stomatococcus e
Planococcus. Al genere Staphylococcus appartengono microrganismi di forma sferica di
circa 0,5-1 mm di diametro, che possono presentarsi isolati, doppi, in tetradi e che sono
in grado di dividersi, in modo caratteristico, secondo più piani a formare ammassi
irregolari a grappolo. Sono Gram positivi, immobili, generalmente acapsulati,
asporigeni, con molte specie cromogene, anaerobi facoltativi, generalmente catalasi
positivi, chemorganotrofi. La maggior parte dei ceppi è in grado di crescere in presenza
di una concentrazione di 10% di NaCl e ad una temperatura compresa tra i 18 e i 40°C.
Possono produrre numerose sostanze extracellulari quali coagulasi, emolisine, tossine,
come le leucocidine, la tossina esfoliativa e le enterotossine, nucleasi, con proprietà
endo e esonucleolitiche, ialuronidasi e fibrinolisina.
Le specie riconosciute appartenenti a questo genere sono 19 ed alcune altre sono
oggetto tuttora di studi tassonomici.
Le popolazioni naturali di tali organismi sono associate soprattutto alla pelle, alle
ghiandole della pelle e alle mucose di animali a sangue caldo. Sono state isolate da una
varietà di prodotti animali, quali carne, latte e formaggio, e di fonti ambientali, suolo,
sabbia, polvere, aria e acque naturali. Alcune specie sono saprofite, altre commensali,
ed altre ancora opportuniste patogene per l’uomo e/o per gli animali.
Gli Stafilococchi intervengono in patologia umana, essenzialmente Staphylococcus
aureus, quali agenti eziologici di numerose infezioni a carattere prevalentemente
suppurativo della cute e di molti altri organi determinando, in alcuni casi, anche
setticemie molto gravi. Alcuni biotipi appartenenti sempre alla specie Staphylococcus
aureus sono, in particolare, responsabili di gravi infezioni alimentari per la capacità di
produrre enterotossine termoresistenti e attive per ingestione.
La ricerca degli Stafilococchi patogeni nelle acque potabili è significativa in quanto tali
organismi sono in grado di sopravvivere nell’ambiente esterno e rappresentano, quindi,
nel controllo delle acque, un importante indice di contaminazione ambientale oltre che
di efficienza di trattamento essendo resistenti all’azione del cloro. In particolare, se lo
stafilococco colonizza la rete di distribuzione, è in grado di installarsi nei serbatoi, nei
rompigetto e nei potabilizzatori domestici e può raggiungere titoli batterici elevati con
possibilità di produzione significativa di enterotossine. Tali sostanze possono essere
formate anche quando acque potabili, contaminate dai suddetti organismi, vengano
utilizzate per la produzione di alimenti che ne favoriscano la moltiplicazione.
Nel DPR 236/88 per questo parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua
potabile immessa nella rete di distribuzione come ribadito anche dal Decreto del
Ministero della Sanità del 26 marzo 1991.
388
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento degli stafilococchi patogeni
nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo
umano.
2. Principio del metodo
Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza
degli Stafilococchi patogeni, con il metodo di seguito presentato viene data la possibilità
di quantificare, se presenti, il loro numero nelle acque destinate al consumo umano. Il
metodo analitico si basa sulla filtrazione di un volume noto di acqua e sul conteggio
delle colonie sviluppate su membrana posta su terreno agarizzato.
3. Strumentazione e vetreria
Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1).
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Substrato di isolamento
Composizione:
Triptone 10 g
Estratto di carne di bue 5 g
Estratto di lievito 1 g
Glicina 12 g
Piruvato di sodio 10 g
Cloruro di litio 5 g
Agar 20 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,0±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad
ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli
ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare fino a
circa 50°C, aggiungere ad 1 L di terreno di coltura 10 mL di una soluzione al tellurito di
potassio all'1% (4.1.2.) e 50 mL di emulsione di tuorlo d’uovo al 50% (4.1.3.).
Mescolare completamente e distribuire in piastre Petri.
Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 7 giorni in
condizioni ottimali.
. 4.1.1.Agar Baird Parker (Baird Parker Agar, BPA)
389
4.1.2. Soluzione di tellurito di potassio all’1% (Potassium Tellurite Solution).
La soluzione già pronta è disponibile in commercio. Seguire le istruzioni della ditta
produttrice.
4.1.3. Emulsione di tuorlo d’uovo (Egg Yolk Emulsion).
L’emulsione già pronta è disponibile in commercio anche combinata con la soluzione di
tellurito di potassio. Seguire le istruzioni della ditta produttrice.
4.2. Substrati di crescita
4.2.1. Brodo Nutritivo (Nutrient Broth, NB).
Composizione:
Estratto di carne
Peptone
Acqua distillata
pH 6,8±0,2
3 g
5 g
1000 mL
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Distribuire in tubi.
Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min .
Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in
condizioni ottimali.
4.2.2. Agar Nutritivo (Nutrient Agar, NA).
Composizione:
Estratto di carne 3 g
Peptone 5 g
Agar 15 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 6,8±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad
ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli
ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Raffreddare fino a circa 50°C
e distribuire in piastre Petri.
Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in
condizioni ottimali.
4.2.3. Infuso di cuore e cervello (Brain Heart Infusion, BHI).
Composizione:
Infuso di cervello di vitello 200 g
Infuso di cuore di bue 250 g
390
Peptone 10 g
Destrosio 2 g
Cloruro di sodio 5 g
Fosfato di sodio bibasico (Na2HPO4) 2,5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,4±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Distribuire in tubi.
Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min.
Il terreno pronto all’uso può essere conservato nei tubi tappati e sterilizzati per non più
di 3 mesi a circa 20°C al buio in condizioni ottimali.
Esistono in commercio diversi substrati non selettivi per la crescita di microrganismi:
qui viene riportata la composizione dell’Infuso di cuore e cervello.
comunque, tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere
effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti un
cambiamento delle caratteristiche di produttività.
4.3. Reattivo per la prova della catalasi
4.3.1. Acqua ossigenata al 3%. La soluzione è disponibile in commercio pronta all’uso
alla concentrazione indicata.
Conservare al riparo dalla luce diretta e ad una temperatura di circa +4°C.
4.4. Substrato per la prova della fermentazione del glucosio
4.4.1. Agar Triptone Cistina (Cystine Tryptic Agar, CTA).
Composizione:
Cistina 0,5 g
Triptosio 20 g
Cloruro di sodio 5 g
Solfito di sodio 0,5 g
Rosso fenolo 0,017 g
Agar 2,5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,3±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad
ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli
ingredienti. Aggiungere 0,5 mL di una soluzione di glucosio all’1% (4.4.2.). Distribuire
in tubi e sterilizzare a 121°C per 15 min.
Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in
condizioni ottimali.
391
. 4.6.1.Agar Desossiribonucleasi (Desossiribonuclease Agar, DNase Agar)
4.4.2. Soluzione di glucosio all’1% .
Composizione:
Glucosio 1 g
Acqua distillata 100 mL
Pesare il glucosio e solubilizzare con acqua distillata.
4.5. Reattivo per prova della coagulasi
4.5.1. Plasma EDTA o ossalato di coniglio (Coagulase Plasma, CP) . Si trova anche in
commercio in forma liofilizzata. Reidratare il contenuto del flacone con acqua distillata
sterile secondo le indicazioni della ditta produttrice. Il plasma reidratato può essere
conservato a 2°-8°C per 5 giorni e fino a 30 giorni a circa -20°C. Ogni partita di plasma
va saggiata con un ceppo di controllo coagulasi positivo e un ceppo di controllo
coagulasi negativo.
E’ possibile utilizzare test di agglutinazione al lattice, disponibili in commercio, che
possono sostituire i test per la prova della coagulasi utilizzanti il plasma di coniglio o
umano.
4.6. Substrato per la prova della desossiribonucleasi
Composizione:
Triptosio 20 g
Acido desossiribonucleico 2 g
Cloruro di sodio 5 g
Agar 15 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,3±0,2
Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno
in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad
ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli
ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Raffreddare a circa 50°C e
distribuire in piastre Petri.
Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in
condizioni ottimali.
4.6.2. Soluzione di acido cloridrico 1 N .
Composizione:
Acido cloridrico al 37% 8 mL
Acqua distillata 100 mL
Diluire l’acido cloridrico in acqua distillata. E’ disponibile in commercio la soluzione
pronta all'uso alla centrazione indicata.
392
4.7. Substrato per la prova della termonucleasi
4.7.1. Agar Blu Toluidina DNA (Toluidine Blue DNA Agar, TBDA).
Composizione:
Acido desossiribonucleico 0,3 g
Cloruro di calcio 0,01 M 1 mL
Cloruro di sodio 10 g
Agar 10 g
Tampone Tris 0,05 M a pH 9 1000 mL
pH 9±0,2
Reidratare in tampone Tris (4.7.3.) e scaldare fino a completa dissoluzione. Raffreddare
a circa 50°C e aggiungere per ogni litro di terreno 3 mL di soluzione di Blu di toluidina
0,1 M (4.7.4.).
Suddividere la miscela in piccoli volumi e conservare a circa +4°C. Sciogliere al
momento dell’uso e distribuire in piastre Petri.
Preparare nello spessore Agar del terreno solidificato 10-12 pozzetti del diametro di 2
mm usando un capillare sterile ed asportando i cilindri di Agar tramite aspirazione con
una pompa per vuoto.
Il terreno è disponibile in commercio pronto all’uso in piastre. Il terreno è molto stabile
e può essere conservato fino a 4 mesi a circa +4°C in condizioni ottimali.
4.7.2. Soluzione di cloruro di calcio 0,01 M.
Composizione:
Cloruro di calcio 0,11 g
Acqua distillata 100 mL
Pesare il cloruro di calcio e solubilizzare con acqua distillata.
4.7.3. Soluzione tampone Tris 0,05 M.
Composizione:
Tris 6g
Acqua distillata 1000 mL
Pesare il Tris in un matraccio tarato da 1000 mL e solubilizzare con acqua distillata.
Diluire a volume con acqua distillata ed omogeneizzare. Il pH della soluzione deve
essere 9±0,2, correggere eventualmente il pH con l’aggiunta di poche gocce di una
soluzione di HCl 1 N (4.6.2.).
4.7.4. Soluzione di blu di toluidina 0,1 M (Toluidine Blue O, TBO).
Composizione:
Blu di toluidina 3 g
Acqua distillata 100 mL
Pesare il blu di toluidina e solubilizzare con acqua distillata. Sterilizzare per filtrazione
su membrana di porosità nominale 0,22 mm.
393
5. Procedura
5.1. Volume da analizzare
Il volume da analizzare è di 250 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di
acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate aliquote diverse.
5.2. Filtrazione ed incubazione
Filtrare 250 mL di campione attraverso una membrana sterile di 47 mm di diametro e di
porosità nominale di 0,45 mm, posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione,
seguendo scrupolosamente le norme di asepsi. Trasferire la membrana su piastre
contenenti il substrato di isolamento (4.1.1.). Incubare a 36±1°C per 24+24 ore.
5.3. Identificazione delle colonie
I microrganismi appartenenti al genere Staphylococcus coagulasi positivi sviluppano su
Agar Baird Parker (4.1.1.) colonie nere per la riduzione del tellurito a tellurio metallico,
brillanti, lisce, con margini netti, convesse, con diametro di 1-3 mm, circondate da un
alone chiaro dovuto ad attività proteolitica. Le specie appartenenti al genere
Staphylococcus coagulasi negative sviluppano, invece, colonie nere, con margini
irregolari, non circondate da alone trasparente.
Possono crescere sullo stesso terreno organismi delle specie appartenenti ai generi
Proteus e Bacillus, ma sviluppano colonie di colore marrone.
Le colonie nere con alone sono da considerarsi sospette e da sottoporre a successive
prove di conferma.
6. Conferma
Per l’accertamento dell’appartenenza dei microrganismi in esame alle specie patogene
del genere Staphylococcus procedere all’esecuzione delle seguenti prove di conferma:
colorazione di gram (v. Appendice 2), prova della catalasi (6.1.); prova della
fermentazione del glucosio (6.2.); prova della coagulasi (6.3.); prova della
Desossiribonucleasi (6.4.); prova della termonucleasi (6.5.).
Successivamente l’identificazione biochimica può essere completata con i kit
miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio.
Prima di effettuare ciascuna prova è necessario prelevare con un’ansa sterile le colonie
sospette sviluppate sul substrato di isolamento (4.1.1.) isolandole per striscio sulla
superficie delle piastre contenenti Agar Nutritivo (4.2.2.) e incubare a 36 ±1°C per 24±2
ore. Eseguire tutte le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo.
394
6.1. Prova dell’enzima catalasi
Differenzia i microrganismi appartenenti alla famiglia delle Micrococcaceae da quelli
appartenenti alla famiglia delle Streptococcaceae.
Strisciare su un vetrino portaoggetti una colonia cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.2.) e
ricoprirla con alcune gocce di acqua ossigenata al 3% (4.3.1.).
La presenza dell’enzima catalasi è rilevata dallo sviluppo di bollicine di gas.
I microrganismi appartenenti alla famiglia delle Micrococcaceae a cui appartiene il
genere Staphylococcus, sono catalasi positivi.
6.2. Prova della fermentazione del glucosio
Differenzia gli organismi appartenenti al genere Micrococcus da quelli appartenenti al
genere Staphylococcus.
Effettuare la prova per infissione di una colonia, con un ago sterile, cresciuta su Agar
Nutritivo (4.2.2.), in tubi contenenti il terreno Agar Triptone Cistina (4.4.1.). Incubare a
36±1°C per 18-24 ore. La reazione è positiva se il terreno vira al giallo.
I microrganismi appartenenti al genere Staphylococcus risultano positivi alla prova della
fermentazione del glucosio.
6.3. Prova della coagulasi
Evidenzia l’attività coagulante sul plasma esercitata da stafilococchi potenzialmente
patogeni. Tale attività è dovuta ad almeno due fattori detti coagulasi libera (enzima
extracellulare) e coagulasi legata o clumping factor (antigene della parete cellulare).
E’ presente nella maggior parte dei biotipi appartenenti alla specie Staphylococcus
aureus e in biotipi appartenenti alle specie Staphylococcus intermedius e hyicus,
opportunisti patogeni per gli animali. E’ sempre assente nelle specie saprofite e
commensali.
6.3.1. Prova in provetta per la ricerca della coagulasi libera. Prelevare con un’ansa
sterile una colonia cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.2.), stemperarla in Infuso di Cuore
Cervello (4.2.3.) o Brodo Nutritivo (4.2.1.) e incubare a 36±1°C per 24±2 ore.
Dosare in una provetta sterile 0,5 mL di plasma EDTA o ossalato di coniglio (4.5.1.) e
0,5 mL della coltura sviluppatasi in Infuso di Cuore Cervello o Brodo Nutritivo,
utilizzando pipette sterili.
In alternativa, emulsionare direttamente nella provetta, contenente il plasma EDTA o
ossalato di coniglio, 2–4 colonie cresciute su Agar Nutritivo (4.2.2.). Mescolare con
cautela e incubare a 36±1°C, preferibilmente in bagno termostatato. Effettuare la lettura
ogni ora durante le prime 4 ore di incubazione inclinando la provetta da un lato con
cautela, senza agitare. La presenza dell’enzima coagulasi è rivelata da un coagulo ben
gelificato in due terzi o in tutto il mezzo colturale. Se la prova risulta negativa, incubare
ancora la provetta e ripetere la lettura dopo 24±2 ore.
Il test in provetta accerta sia la coagulasi libera che la coagulasi legata.
395
6.3.2. Prova su vetrino per la ricerca della coagulasi legata. Prelevare con un’ansa sterile
una colonia cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.2.), stemperarla in una goccia d’acqua su un vetrino
portaoggetti. Mescolare la sospensione ottenuta con un’ansata di plasma EDTA o ossalato di
coniglio (4.5.1.). Gli Stafilococchi coagulasi legata-positivi producono ammassi macroscopici
entro 5–15 sec. Se un biotipo è coagulasi legata-positivo è sicuramente anche coagulasi libera-
positivo, se è coagulasi legata-negativo può essere sia negativo che positivo alla coagulasi libera
ed è quindi necessario confermare la prova su vetrino con quella in provetta.
Il test è indicato come tecnica di screening in presenza di numerosi campioni.
I test per la prova della coagulasi sia in provetta che su vetrino possono essere sostituiti con test
di agglutinazione al lattice da utilizzarsi secondo le indicazioni della ditta produttrice.
6.4. Prova della desossiribonucleasi
Evidenzia la capacità di idrolizzare l’acido desossiribonucleico. La produzione di questo enzima
è strettamente legata a quella dell’enzima coagulasi ma è considerato un carattere più stabile di
quest’ultimo per i biotipi appartenenti alla specie Staphylococcus aureus. Il test ha scarso potere
discriminante in quanto alcuni biotipi del genere Staphylococcus, non appartenenti alla specie
Staphylococcus aureus, ed alcuni micrococchi, sono positivi alla prova.
Effettuare su terreno Agar Desossiribonucleasi (4.6.1.) uno striscio con un’ansa sterile delle
colonie cresciute su Agar Nutritivo (4.2.2.) ed incubare a 36±1°C per 48 ore. Versare sulla
piastra 5 mL di acido cloridrico 1N (4.6.2.). La presenza dell’enzima Desossiribonucleasi è
rilevata dalla formazione di una zona trasparente in corrispondenza della stria di semina dovuta
all’idrolisi del DNA.
6.5. Prova della termonucleasi
Evidenzia la presenza dell’enzima extracellulare termonucleasi, endonucleasi termostabile in grado
di resistere a 100°C per 15-20 min.
E’ un enzima prodotto da tutti i biotipi appartenenti alla specie Staphylococcus aureus.
La ricerca della termonucleasi rappresenta anche un metodo indiretto per valutare la possibile
presenza di enterotossina, perché tale enzima reagisce in modo analogo ai trattamenti chimici e
fisici.
Prelevare con un’ansa sterile una colonia cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.2.), stemperarla in
Infuso Cuore Cervello (4.2.3.) ed incubare a 36±1°C per 24±2 ore.
Dosare 2 mL della coltura sviluppatasi in Infuso di Cuore e Cervello in una provetta sterile e
trasferirla in bagno termostatato a 100°C per 15 min. Dopo raffreddamento trasferire 10 mL
della brodocoltura in un pozzetto della piastra di Agar Blu Toluidina DNA (4.7.1.) utilizzando
una pipetta Pasteur sterile.
Trasferire in un altro pozzetto 10 mL di una coltura standard positiva di riferimento. Incubare in
termostato a 36±1°C per 4–6 ore. La reazione è positiva quando si ha la comparsa di un alone
rosa che si estenda per almeno 1 mm intorno alla periferia del pozzetto del campione e di quello
dello standard positivo. La formazione dell’alone rosa è dovuto all’idrolisi del DNA e alle proprietà
metacromatiche del Blu di Toluidina.
396
7. Identificazione biochimica
Per l’identificazione delle specie seminare le colonie sospette cresciute su Agar
Nutritivo (4.2.2.) in sistemi miniaturizzati di identificazione biochimica secondo le
indicazioni della ditta produttrice. L’identificazione biochimica è essenziale per la
determinazione delle specie patogene di Staphylococcus. Tuttavia sono molto spesso
utilizzate la prova della coagulasi e/o della termonucleasi che, se negative, vanno,
comunque, confermate dalla prova di identificazione biochimica.
8. Espressione dei risultati
Riportare il numero di Stafilococchi patogeni come UFC/250 mL (Unità Formanti
Colonia).
Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di
microrganismi appartenenti al gruppo degli stafilococchi patogeni si calcola in base al
numero di colonie contate e sottoposte a conferma riportando il valore come Unità
Formanti Colonia per 250 mL di campione.
Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei
risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di microrganismi presenti in 100
mL del campione in base alla seguente formula:
A × N ×Vc × F
C =
B ×Vt
dove:
C = numero di colonie che sono state confermate per 250 mL
A = numero di colonie confermate
B = numero di colonie da sottoporre a conferma
N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana
Vt = volume di campione analizzato
Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (250 mL)
F = eventuale fattore di diluizione
9. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
397
BIBLIOGRAFIA
DAVIS B.D., DULBECCO R., EISEN H.N., GINSBERG H.S., WOOD W.B., MCCARTY M.. "Trattato
di Microbiologia", Piccin Editore, Padova: 1981. 836 - 849.
FRANZIN L. "Gli Stafilococchi negli alimenti". Centro Didattico Difco: 1987. 1 - 43.
POZZOLI R. AND CHIODO F. "Laboratorio clinico di analisi microbiologiche". S.E.F. ED., Milano:
1981. 51 - 53.
LACHICA R.V.F., GENIGEORGIS C., HOEPRICH P.D. “Metacromatic Agar diffusion methods for
detecting staphylococcal nuclease activity. Appl. Microbial. 1971, 21: 585 - 587.
SNEATH P.H.A.(Ed.) "Bergey’s Manual of Systematic Bacteriology". William and Wilkins Co.,
Baltimore, Md, Vol. 2: 1996. 1003 - 1019.
399
DETERMINAZIONE DEGLI ENTEROBATTERI PATOGENI: VIBRIO
0. Generalità e definizioni
I microrganismi appartenenti al genere Vibrio sono ampiamente distribuiti
nell’ambiente acquatico. A differenza della maggior parte dei patogeni enterici che
vengono veicolati nell’ambiente idrico attraverso gli scarichi, i microrganismi compresi
in questo genere sono stati isolati, oltre che da acque reflue e acque estuariali, anche da
acque dolci superficiali non contaminate da scarichi fecali.
Vibrio cholerae è la specie più importante del gruppo che fa parte della famiglia delle
Vibrionaceae. Al genere appartengono microrganismi motili, bastoncelli gram-negativi,
asporigeni e anaerobi facoltativi. Diverse sono le specie, alcune delle quali alofile. Di V.
cholerae sono stati individuati più di 130 sierogruppi e prima del 1992 solo il
sierogruppo O1 era stato associato a epidemie e casi di colera. Dal 1993 tuttavia il
sierogruppo O139 (non-O1) è ritenuto responsabile delle epidemie registrate nei Paesi
dell’area orientale.
I biotipi non-O1, ampiamente diffusi nell’ambiente acquatico, possono essere
responsabili di sindromi simili al colera e causa di epidemie circoscritte e le
manifestazioni cliniche, in generale, possono essere riconducibili a infezioni localizzate
dei tessuti molli e delle mucose, infezioni sistemiche e gastroenteriti acute.
La presenza di Vibrio nelle acque potabili è rara e comunque segnalata in zone dove il
colera è endemico. La clorazione delle acque è tuttora considerata una efficace misura
di prevenzione per il controllo del colera. Tuttavia è stato osservato che fenotipi rugosi
sono in grado di sopravvivere in presenza di 2 mg/L di cloro residuo libero con un
tempo di contatto di 30 min.
I microrganismi appartenenti al genere Vibrio possono essere ricercati nelle acque
destinate al consumo umano nell’ambito della verifica per il parametro Enterobatteri
patogeni inserito tra quelli del controllo occasionale C4 del DPR 236/88. Di questo
parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua potabile come ribadito anche dal
Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di Vibrio nelle acque sorgive,
sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano.
2. Principio del metodo
Il metodo consente di valutare la Presenza/Assenza di Vibrio in un determinato volume
di acqua. La procedura analitica consiste in due fasi successive che comprendono
Arricchimento, Isolamento ed eventualmente, Conferma biochimica e Conferma
sierologica.
400
3. Strumentazione e vetreria
Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1).
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Brodo di arricchimento
4.1.1. Acqua Peptonata Alcalina (APA).
Composizione:
Peptone
Cloruro di sodio
Acqua distillata
pH 8,5±0,2
10 g
10 g
1000 mL
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione, ma evitando il surriscaldamento. Agitare frequentemente per ottenere la
completa soluzione degli ingredienti. Raffreddare e modificare il pH con l’aggiunta di
un'aliquota di NaOH 0,1 N (4.2.). Distribuire in beute in ragione di 100 mL/beuta e
sterilizzare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non più di quattro
settimane in condizioni ottimali.
4.2. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N
Composizione:
Idrossido di sodio 4 g
Acqua distillata 1000 mL
Agitare vigorosamente con barretta magnetica fino a completa dissoluzione.
4.3. Substrato di isolamento
4.3.1. Agar al Tiosolfato Citrato Bile e Saccarosio (Thiosulfate Citrate Bile salts
Sucrose Agar, TCBS).
Composizione:
Estratto di lievito 5 g
Peptone 10 g
Tiosolfato di sodio 10 g
Citrato di sodio 10 g
Sali di bile 8 g
Saccarosio 20 g
Cloruro di sodio 10 g
401
Citrato ferrico 1 g
Agar 14 g
Blu di bromotimolo 40 mg
Blu timolo 40 mg
Acqua distillata 1000 mL
pH 8,6±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione, ma evitando il surriscaldamento. Agitare frequentemente per ottenere la
completa soluzione degli ingredienti, raffreddare. Se necessario modificare il pH con
l’aggiunta di un’aliquota di NaOH 0,1 N (4.2.). Non sterilizzare. Distribuire in piastre
di Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di quattro settimane
in condizioni ottimali.
E’ stato osservato che la selettività dei diversi terreni TCBS presenti sul mercato può
essere diversa: ciò può portare a risultati diversi nella crescita del microrganismo
ricercato. Con prove di controllo di qualità verificare le rese quali-quantitative dei
substrati.
4.4. Substrati di crescita
4.4.1. Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (Tryptic Soy Agar, TSA).
Composizione:
Triptone 15 g
Peptone di soia 5 g
Cloruro di sodio 5 g
Agar 20 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,3±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Aggiungere 1 mL di una soluzione di NaCl per ogni 100 mL di terreno
preparato. Sterilizzare a 121°C per 15 min. Distribuire in piastre di Petri e lasciare
solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni
ottimali.
4.4.2. Brodo al Triptone di Soia con NaCl all’1% (Tryptic Soy Broth, TSB).
Composizione:
Digerito pancreatico di caseina 17 g
Digerito papainico di farina di soia 3 g
Cloruro di sodio 5 g
Fosfato di potassio dibasico (K2HPO4) 2,5 g
402
Destrosio 2,5 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,3±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare e
agitare frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Aggiungere
1 mL di una soluzione di NaCl per ogni 100 mL di terreno preparato. Distribuire in tubi
aliquote di circa 10 mL. Sterilizzare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per
4.5. Reattivo alla tetrametilparafenilendiamina dicloridrato
4.5.1. Soluzione di tetrametilparafenilendiamina dicloridrato all’1%.
Composizione:
N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 1 g
Acqua distillata 100 mL
Dischetti o tamponi adatti all’uopo sono anche disponibili in commercio; in alternativa
sciogliere N,N,N’,N’-tetrametil-parafenilendiamina dicloridrato in acqua distillata,
preparando la soluzione al momento dell’uso. Tuttavia è da segnalare che tale prodotto
viene classificato come sostanza pericolosa per la salute ai sensi della direttiva
67/548/CEE e successivi adeguamenti.
4.6. Vibriostatico
In commercio esistono dischetti da 10 mg e da 150 mg di vibriostatico 0/129 (2,4diamino-
6,7-diisopropil-pteridina fosfato).
4.7. Reattivo per String test
4.7.1. Soluzione al desossicolato.
Composizione:
Sodio desossicolato 0,5 g
Acqua distillata 100 mL
Sciogliere il sodio desossicolato in acqua distillata.
5. Procedura
5.1. Volume da analizzare
Il volume da analizzare è pari a 1000 mL per l’analisi delle acque in rete; per acque
grezze, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse.
403
5.2. Fase di arricchimento
Consiste in una fase di rivitalizzazione dei microrganismi in idoneo brodo di coltura non
selettivo. Filtrare 1000 mL di campione attraverso una membrana di 47 mm di diametro
(porosità nominale 0,45 mm) posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione,
rispettando le comuni norme di asepsi. Se è necessario per presenza di particolato in
sospensione, la filtrazione può essere eseguita su più membrane. Trasferire sterilmente
la membrana/e in 100 mL di Acqua Peptonata Alcalina (4.1.1.). Incubare a 36±1°C per
6-8 ore, fino a un massimo di 18 ore. Per i campioni ambientali sono anche stati ottenuti
buoni risultati con incubazione a 42°C.
5.3. Fase di isolamento ed identificazione delle colonie
Dal brodo di arricchimento (4.1.1.) prelevare un’ansata dalla pellicola formata sulla
superficie del brodo ed effettuare uno striscio sul terreno di isolamento (4.3.1.).
Incubare a 36±1°C per 18-20 ore. E’ consigliabile contemporaneamente prelevare 10
mL di brodocoltura dal brodo di arricchimento (4.1.1.) e inoculare in un’altra beuta
contenente 100 mL di Acqua Peptonata Alcalina (4.1.1.). Incubare a 36±1°C per 6-8
ore, fino a un massimo di 18 ore. Dopo incubazione prelevare un’ansata dalla pellicola
formata sulla superficie del brodo ed effettuare uno striscio su un’altra piastra Petri
contenente TCBS (4.3.1.). Incubare a 36±1°C per 18-20 ore.
I microrganismi appartenenti al genere Vibrio sviluppano sul substrato di isolamento
(4.3.1.) colonie gialle con centro opaco e margini traslucidi, piatte, con diametro di 2-4
mm e colonie verdi, piatte, con diametro di 1-3 mm.
6. Conferma biochimica
Per l’accertamento dell’appartenenza al genere Vibrio delle colonie sospette procedere
all’esecuzione delle seguenti prove di conferma: colorazione di gram (v. Appendice 2),
prova della citocromossidasi (6.2.), prova della suscettibilità al vibriostatico (6.3.).
Successivamente l’identificazione biochimica può essere completata con i kit
miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio.
Prima di effettuare ciascuna prova si suggerisce, onde verificarne la purezza, di
subcoltivare le colonie sospette su Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (4.4.1.) e
incubare a 36±1°C per 24 ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di
sviluppo.
6.1. Colorazione di Gram
Eseguire sulle colonie da verificare la colorazione di Gram (v. Appendice 2). I
microrganismi appartenenti al genere Vibrio si presentano come bastoncelli Gram
negativi, in alcuni casi ricurvi.
404
6.2. Prova della citocromossidasi
La prova permette di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Vibrio in base
alla presenza dell’enzima citocromossidasi. Vibrio spp è ossidasi-positivo ad eccezione
di V. metschnichovii che è ossidasi negativo.
Dal terreno Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (4.4.1.) prelevare, con le usuali regole
di asepsi, con un’ansa sterile, la colonia cresciuta e strisciare su una carta da filtro
imbibita del reattivo (4.5.1.) preparato al momento dell’uso o saggiare sui dischetti o
con i tamponi adatti all’uopo distribuiti in commercio. Una reazione positiva si
evidenzia quando si produce, entro 10 s, una colorazione blu-violetto.
6.3. Prova della suscettibilità al vibriostatico
La prova può permettere di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Vibrio
da quelli appartenenti al genere Aeromonas. Vibrio spp è in genere suscettibile al
vibriostatico.
Dal terreno Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (4.4.1.) prelevare, seguendo le usuali
regole di asepsi, con un’ansa sterile, la colonia da saggiare e inoculare in Brodo al
Triptone di Soia con NaCl all’1% (4.4.2.). Incubare a 36±1°C per 18-24 ore. La crescita
è evidenziata dalla torbidità del terreno. Imbibire un tampone sterile nella brodocoltura
e strisciare abbondantemente sul terreno Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (4.4.1.).
Sulla superficie dell’Agar applicare, ad adeguata distanza, un dischetto da 10 mg e uno
da 150 mg di vibriostatico O/129 (4.6.). Incubare a 36±1°C per 18-24 ore.
Dopo incubazione verificare l’eventuale presenza o assenza di aloni di inibizione
intorno ai dischetti. Vibrio spp. è generalmente sensibile al vibriostatico, mentre
Aeromonas è resistente. Recentemente sono stati riportati casi in cui biotipi di V.
cholerae sono risultati resistenti al vibriostatico.
6.4. String test
La prova può permettere di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Vibrio
da quelli appartenenti al genere Aeromonas.
Stemperare un’ansata della colonia da saggiare in poche gocce di soluzione di sodio
desossicolato (4.7.1.) poste su un vetrino portaoggetti. Una reazione positiva per Vibrio
cholerae si evidenzia quando si produce, dopo circa 60 s, una miscela mucosa e
vischiosa. Altri vibrioni possono dare una iniziale reazione positiva che può diminuire o
scomparire dopo 45-60 sec. Il test risulta negativo per Aeromonas spp.
7. Conferma sierologica
Qualora si ritenga opportuno si può procedere alla tipizzazione delle colonie mediante
conferma sierologica. Gli stipiti selezionati in base alle caratteristiche colturali e
biochimiche proprie di Vibrio possono essere tipizzati utilizzando sieri polivalenti.
405
L’ulteriore tipizzazione sierologica può essere effettuata con sieri monovalenti oppure
inviando gli stipiti ai centri di riferimento per la tipizzazione di Vibrio.
Per lo svolgimento della procedura si rimanda ai testi specifici.
8. Espressione dei risultati
Riportare il risultato ottenuto come Vibrio: Assente o Presente in 1 L e, se del caso, il
sierogruppo individuato.
9. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
BIBLIOGRAFIA
KAY, B.A., C.A. BOPP, J.G. WELLS. Isolation and identification of Vibrio cholerae O1 from fecal
specimens. In: Vibrio cholerae and cholera: molecular to global perspectives. I.K. Wachsmuth, P.A.
Blake and O. Olsvik (Ed.) Washington D.C.: American Society for Microbiology, 1994.
KAYSNER, C. A., W. E., HILL. Toxigen Vibrio cholerae O1 in food and water. In Vibrio cholerae and
cholera: molecular to global perspectives. I.K. Wachsmuth, P.A. Blake and O. Olsvik (Ed.) Washington
D.C.: American Society for Microbiology, 1994, p. 210-260.
407
DETERMINAZIONE DI AEROMONAS SPP.
0. Generalità e definizioni
La ricerca dei microrganismi appartenenti a questo genere non è prevista dalla
normativa italiana riguardante la determinazione della qualità delle acque destinate al
consumo umano. Tuttavia, a causa del gran numero di segnalazioni relative alla
presenza di Aeromonas nelle reti acquedottistiche e della sua potenzialità di patogeno, si
ritiene opportuno fornire il metodo di analisi che ne permette la determinazione
quantitativa.
I microrganismi appartenenti al genere Aeromonas sono bastoncelli motili e non motili,
gram-negativi, ossidasi positivi, aerobi facoltativi o anaerobi; il metabolismo del
glucosio è sia respiratorio che fermentativo. Attualmente la tassonomia del genere è in
fase di revisione per quanto riguarda il rilievo delle caratteristiche fenotipiche e delle
proprietà genetiche. Al momento è stata accertata l’esistenza di 15 gruppi di
ibridizzazione non tutti distinguibili su base biochimica. La classificazione tradizionale
riporta la distinzione tra Aeromonas salmonicida, specie psicrofila, e A. hydrophila, A.
sobria e A. caviae, specie mesofile motili. Tuttavia, in attesa di una definitiva
classificazione del genere, è stato suggerito di riportare le specie di Aeromonas sotto
l’unico termine generico di “gruppo o complesso degli A. hydrophila", anche in attesa
di risolvere le problematiche inerenti il ruolo che le diverse specie possono svolgere
come patogeni. Alcuni genotipi sono infatti considerati responsabili di patologie
(infezioni sistemiche e cutanee) per l’uomo e di recente l’OMS ha inserito Aeromonas
nell’elenco dei potenziali agenti di gastroenteriti.
Il microrganismo è isolato, a concentrazioni variabili, molto frequentemente nelle acque
superficiali e nelle acque in rete. In queste ultime un aumento delle sue densità
generalmente è stato messo in relazione ad una diminuzione della concentrazione di
cloro residuo libero in rete, sebbene sia stato evidenziato che più alte densità possono
essere rilevate in acque clorate, soprattutto nel periodo estivo. Infatti, il suo rilevamento
sembra seguire un andamento stagionale: analisi di regressione multipla sembrano
indicare che la crescita di Aeromonas in acque clorate sia in rapporto alla temperatura
dell’acqua e alla concentrazione di cloro. La sua presenza viene rilevata anche in
assenza di Escherichia coli e difficile risulta stabilire un rapporto tra le sue densità e
quelle degli indici di contaminazione fecale, soprattutto in acque poco inquinate e in
acque potabili trattate e non trattate.
Sebbene non siano stabiliti valori limite per le concentrazioni di Aeromonas nelle acque
potabili, dalle autorità sanitarie olandesi sono stati proposti valori massimi indicativi
pari a 200 UFC/100 mL (Unità Formanti Colonia) nelle acque durante la distribuzione e
20 UFC/100 mL nelle acque all’impianto di trattamento.
1. Campo di applicazione
La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di Aeromonas nelle acque
sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano.
408
2. Principio del metodo
Il metodo consente di valutare la concentrazione di Aeromonas in un determinato
volume di acqua. La procedura analitica si basa sulla filtrazione su membrana e sul
successivo conteggio delle colonie.
3. Strumentazione e vetreria
Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1).
4. Reagenti e terreni di coltura
4.1. Substrato di isolamento
4.1.1. m-Aeromonas Selective Agar Base (m-Aeromonas Selective Agar Base, ASA).
Composizione:
Triptosio 5 g
Estratto di lievito 2 g
Destrina 11,4 g
Cloruro di sodio 3 g
Cloruro di potassio 2 g
Solfato di magnesio 0,1 g
Cloruro ferrico 0,06 g
Desossicolato di sodio 0,1 g
Blu di bromotimolo 0,08 g
Agar 13 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 8,0±0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare fino a
circa 50°C ed aggiungere sterilmente 1% di Ampicillina (4.1.2.). Mescolare e
distribuire in piastre Petri. Conservare il terreno sterilizzato, pronto per l’uso, a circa
+4°C per non più di una settimana in condizioni ottimali.
Esistono in commercio diversi substrati usati per la crescita di Aeromonas che
garantiscono buoni risultati in fase analitica. Qui viene riportata la composizione del m-
Aeromonas Selective Agar Base. E’ necessario comunque tenere in considerazione che
la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza
dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento delle
409
4.1.2. Soluzione di ampicillina.
Composizione:
Ampicillina 5 mg
Acqua distillata 5 mL
L’antibiotico è anche disponibile in commercio in forma disidratata in fiale; in
alternativa sciogliere l’ampicillina in acqua distillata e sterilizzare per filtrazione.
Aggiungere al substrato di isolamento (4.1.1.) già sterilizzato in ragione di 1 mL/100
mL di terreno.
4.2. Substrato di crescita
4.2.1. Triptone Soia Agar (Tryptic Soy Agar, TSA).
Composizione:
Triptone 15 g
Peptone di soia 5 g
Cloruro di sodio 5 g
Agar 20 g
Acqua distillata 1000 mL
pH 7,2± 0,2
Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le
istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino
ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli
ingredienti. Dopo avere sciolto la polvere sterilizzare a 121°C per 15 min. Distribuire in
capsule Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di una
settimana in condizioni ottimali.
4.3. Reattivo alla N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato
4.3.1. Soluzione di N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato all’1%.
Composizione:
N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 1 g
Acqua distillata 100 mL
Dischetti o tamponi adatti all’uopo sono anche disponibili in commercio; in alternativa
sciogliere N,N,N',N'-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato in acqua distillata,
preparando la soluzione al momento dell’uso. Tuttavia è da segnalare che tale prodotto
viene classificato come sostanza pericolosa per la salute ai sensi della direttiva
67/548/CEE e successivi adeguamenti.
410
5. Procedura
5.1. Volume da analizzare
Il volume da analizzare è pari a 100 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di
acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse.
5.2. Filtrazione ed incubazione
Filtrare 100 mL di campione attraverso una membrana di 47 mm di diametro (porosità
nominale 0,45 mm) posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, rispettando le
comuni norme di asepsi.
Trasferire sterilmente la membrana in piastre contenenti il substrato di isolamento
(4.1.1.) addizionato con ampicillina (4.1.2.), evitando la formazione di bolle d’aria tra la
membrana stessa e la superficie del terreno agarizzato. Incubare alla temperatura di
28±1°C per 24±2 ore.
5.3. Identificazione e conteggio delle colonie
Sul substrato di isolamento (4.1.1.) i microrganismi appartenenti al genere Aeromonas
sviluppano, con viraggio del terreno, colonie di colore giallo, caratteristica dovuta alla
fermentazione della destrina, ben distinguibili da colonie di altri microrganismi che
possono crescere sullo stesso terreno. In alcuni casi sono infatti state individuate colonie
bianche (Alcaligenes sp.), rosse (Serratia sp.) e verdi (Pseudomonas sp.). Contare tutte
le colonie gialle tipiche.
6. Conferma
Qualora si ritenga opportuno procedere all’esecuzione di prove di conferma per
l’accertamento dell’appartenenza al genere Aeromonas, è necessario eseguire, sulle
colonie rilevate, la colorazione di gram (v. Appendice 2) e la prova della
citocromossidasi (6.1.).
Per una identificazione a livello di specie si possono utilizzare i kit miniaturizzati di
prove biochimiche disponibili in commercio che, tuttavia, attualmente permettono di
identificare solo alcune specie.
Isolare le colonie da sottoporre a conferma sul terreno Triptone Soia Agar (4.2.1.) e
incubare a 28±1°C per 24±2 ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di
sviluppo.
6.1. Prova della citocromossidasi
La prova permette di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Aeromonas
in base alla presenza dell’enzima citocromossidasi: Aeromonas è ossidasi-positivo.
Dal terreno Triptone Soia Agar (4.2.1.) prelevare, con le usuali regole di asepsi, con
un’ansa sterile la colonia cresciuta sul terreno e strisciare su una carta da filtro imbibita
411
del reattivo (4.3.1.) preparato al momento dell’uso o saggiare sui dischetti o con i
tamponi adatti all’uopo distribuiti in commercio. Una reazione positiva si evidenzia
quando una colorazione blu-violetto si sviluppa entro 10 s.
7. Espressione dei risultati
Riportare il numero di Aeromonas come UFC/100 mL.
Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di
microrganismi appartenenti al genere Aeromonas si calcola in base al numero di colonie
contate e sottoposte a conferma riportando il valore come Unità Formanti Colonia per
100 mL di campione (UFC/100 mL)
Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei
risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di microrganismi presenti in 100
mL del campione in base alla seguente formula:
A × N ×Vs × F
C =
B ×Vt
dove:
C = numero di colonie che sono state confermate per 100 mL
A = numero di colonie confermate
B = numero di colonie da sottoporre a conferma
N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana
Vt = volume di campione analizzato
Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (100 mL)
F = eventuale fattore di diluizione
8. Prestazioni del metodo
Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di
intercalibrazione.
BIBLIOGRAFIA
HAVELAAR A.H., M. DURING, J.F.M. VERSTEEGH. Ampicillin-dextrin agar medium for the
enumeration of Aeromonas species in water by membrane filtration. Journal Applied Bacteriology 1987,
62: 279-287.
HAVELAAR A.H., AND M. VONK. The preparation of Ampicillin dextrin agar for the enumeration of
Aeromonas in water. Letters in Applied. Microbioogy. 1988, 7: 169-171.
SEMPRONI M. E L. BONADONNA. Metodo per la ricerca e l’isolamento di Aeromonas sp in acque
destinate al consumo umano. Notiziario dei Metodi Analitici, IRSA-CNR, luglio 1997: 11-15.
413
APPENDICE 1
ATTREZZATURE DI BASE PER LE ANALISI MICROBIOLOGICHE DELLE ACQUE
0. Introduzione
Le indagini microbiologiche presuppongono l’uso di specifiche attrezzature di laboratorio. Di seguito
vengono indicate e descritte alcune attrezzature di uso più
microbiologica delle acque.
Per l’organizzazione di un laboratorio di microbiologia è comunque necessario attenersi a quanto definito,
in relazione all’uso delle attrezzature di laboratorio, dal D.Lgs. 626/94 che così
scelta delle attrezzature, il datore di lavoro prende in considerazione: le condizioni e le caratteristiche
specifiche del lavoro da svolgere; i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; i rischi derivanti dall’impiego
delle attrezzature stesse”. Ciò implica pertanto che prima dell’acquisto di qualsiasi apparecchiatura debba
essere definito il posizionamento, all’interno del laboratorio, della strumentazione da acquistare. Dovrà
essere pertanto valutato che lo spazio e la collocazione assegnati allo strumento siano idonei per
l’esecuzione delle Procedure Operative Standard; le condizioni ambientali (temperatura, umidità,
insolazione) e al contorno (es. presenza di vibrazioni) siano adeguate e siano rispettate le norme di
sicurezza sia in rapporto ad eventuali rischi ambientali (diffusione di bioaerosol e polveri, di sostanze
tossiche), sia in relazione alle strutture e agli impianti.
Per quanto riguarda le procedure per il controllo, la manutenzione e la taratura di alcune apparecchiature
considerate di base, si rimanda al capitolo specifico (Linee guida per le Buone Pratiche di Laboratorio).
1. Apparecchiature per la misura del pH
Il pH dei terreni di coltura e delle soluzioni può essere determinato per via colorimetrica con l’uso di
appropriati indicatori (quando non vi siano interferenze provocate dal colore del terreno) effettuando la
lettura con l’impiego di comparatori muniti degli appositi dischi o con altro dispositivo appropriato.
Tuttavia, le determinazioni possono essere effettuate con più precisione e speditamente per via
potenziometrica con l’uso di piaccametri che devono avere una precisione di misura di ±0,1 unità di pH a
20°C.
2. Apparecchi per la sterilizzazione
2.1. Autoclavi
La sterilizzazione a vapore saturo sotto pressione (per terreni di coltura, bottiglie da prelievo, attrezzature
filtranti, ecc.) richiede l’impiego di autoclavi di capacità adeguate al materiale da sterilizzare che non
dovrà essere eccessivamente ammassato. La sterilizzazione di norma si effettua alla temperatura di 121°C
con una atmosfera di pressione per un tempo di 15 min.
Per il corretto uso dell’autoclave attenersi scrupolosamente alle indicazioni del costruttore.
2.2. Stufe a secco
Le stufe devono consentire il raggiungimento della temperatura di +170 ±10°C per circa 2 ore. E’
necessario che siano corredate di un termometro a gambo lungo, di precisione accettabile nell’intervallo
fra 160° e 180°C e di un idoneo sistema di termoregolazione. E’ altresì opportuno che siano fornite di un
sistema di interruttore a tempo che consenta di programmare il tempo di sterilizzazione.
414
2.3. Lampade a raggi UV
I sistemi di sterilizzazione con raggi ultravioletti (UV) sono particolarmente idonei per la sterilizzazione
dell’ambiente sotto cappa o per piccoli locali. E’ da tenere presente che la vita media di una lampada a
UV è di circa 5000 ore e che comunque è necessario effettuare, per mantenerne l’efficacia, una sua
manutenzione periodica.
L’uso richiede precauzioni per evitare danni agli occhi e alla pelle degli operatori.
3. Attrezzature per l’incubazione
3.1. Armadi termostatici, camere termostatiche e termostati
Dovranno garantire la stabilità della temperatura d’incubazione prefissata e assicurare nei vari scomparti
una temperatura costante, entro limiti di variazione non eccedenti ±1°C. Sono preferibili gli armadi
termostatici a camicia d’acqua. Sia gli armadi termostatici che le camere termostatiche e i termostati
dovranno essere muniti di un doppio sistema di termoregolazione, uno per il mantenimento della
temperatura di esercizio e l’altro regolato ad una temperatura lievemente superiore (temperatura massima
di sicurezza) che non dovrà mai essere superata.
Di norma vengono utilizzati incubatori regolabili da temperatura ambiente a 80°C. Per temperature
intorno ai 20°C sono comunque da utilizzare frigotermostati. Essi devono garantire la temperatura di
incubazione prevista dal metodo analitico.
E’ opportuno che queste apparecchiature siano provviste inoltre di termometri per il controllo visivo della
temperatura, con una scala che consenta la lettura di 1°C, o di un display e, possibilmente, di un sistema
termometrico di registrazione.
Gli armadi termostatici di notevoli dimensioni e le camere termostatiche dovranno essere muniti di un
idoneo sistema di circolazione dell’aria che consenta il mantenimento della temperatura richiesta in tutti i
punti del vano.
E’ altresì opportuno che queste apparecchiature siano dotate di un sistema che consenta il mantenimento
di un livello di umidità compreso fra il 75 e l’80%. Ciò può essere ottenuto anche con un recipiente
contenente acqua, collocato sul fondo.
Il materiale posto ad incubare dovrà essere disposto in modo da consentire la circolazione del calore e non
essere eccessivamente ammassato.
3.2. Bagni termostatici
Dovranno garantire la stabilità della temperatura d’incubazione prefissata ed essere provvisti di un doppio
sistema di controllo della temperatura costituito da un sistema di esercizio e l’altro regolato ad una
temperatura superiore (temperatura di sicurezza) che non dovrà mai essere superata. Dovranno inoltre
essere provvisti di termometri per il controllo visivo della temperatura e possibilmente di un sistema
termometrico di registrazione ed eventualmente di un idoneo sistema di agitazione dell’acqua. Per il loro
riempimento è necessario utilizzare acqua distillata che deve essere comunque rinnovata regolarmente.
Per evitare fenomeni di corrosione è opportuno utilizzare filiere o idonei cestelli di acciaio inossidabile o
di materiale plastico idoneo. L’eventuale sviluppo di alghe o di funghi nell’acqua deve essere eliminato
mediante l’uso di composti ammonici quaternari da fare agire per circa 24 ore, provvedendo poi allo
svuotamento, risciacquo e successivo riempimento con acqua distillata.
4. Bilance
In laboratori attrezzati per l’esecuzione di indagini microbiologiche può essere sufficiente disporre di
bilance che permettono di pesare quantità intorno a 150 g con sensibilità di 0,1 g.
Per la pesata di additivi, reagenti, coloranti ecc., è necessario disporre di una bilancia analitica con una
sensibilità di 0,1 mg.
415
5. Cappe a flusso laminare
Per garantire la qualità del dato analitico e la protezione dell’operatore devono essere utilizzate cappe di
sicurezza. Di norma, per eseguire analisi microbiologiche ambientali che prevedano la ricerca di
microrganismi a rischio basso o moderato (gruppi 2 e 3 del D.Lgs. 626/94) vengono utilizzate cappe a
flusso laminare di classe IIA. Sono cappe a flusso verticale, aperte frontalmente e progettate per la
protezione dell’operatore, del prodotto al suo interno e dell’ambiente circostante.
Le cappe biologiche devono essere collocate in locali esenti da correnti d’aria e lontane da impianti di
condizionamento e finestre.
6. Centrifughe
Possono essere utilizzate centrifughe da banco e da terra con rotori ad inclinazione fissa o variabile.
Possono essere refrigerate o meno in base alle necessità. E’ necessario utilizzare centrifughe realizzate
secondo le norme di sicurezza internazionali.
7. Frigoriferi e congelatori
Frigoriferi e congelatori devono avere un dispositivo di rilevazione della temperatura e impiegare per il
controllo interno un termometro a minima e a massima oppure un termometro con bulbo immerso in
glicerolo.
I frigoriferi devono assicurare una temperatura di +4°C ed i congelatori da utilizzare possono essere quelli
che raggiungono temperature di -20°C e -70°C.
8. Membrane filtranti e apparecchiature per la filtrazione
8.1. Membrane filtranti
Le membrane filtranti per uso batteriologico sono costituite da dischi di esteri di cellulosa con pori
uniformemente distribuiti. Generalmente per le analisi microbiologiche si utilizzano membrane con pori
aventi un diametro di 0,45 µm (±0,02 µm). A causa della loro porosità hanno la capacità di trattenere
sulla loro superficie, all’atto della filtrazione, i batteri contenuti nell’acqua che svilupperanno colonie
sulla superficie della membrana, dopo un idoneo periodo di incubazione, per passaggio per capillarità dei
principi del terreno colturale.
Esistono in commercio membrane filtranti di vario diametro. Per l’esame batteriologico delle acque
vengono normalmente utilizzate membrane del diametro di 47-50 mm.
In commercio si trovano confezioni già sterili pronte per l’uso, in genere sterilizzate con raggi gamma o
con ossido di etilene.
Le membrane si differenziano a seconda della ditta di produzione. Problemi si possono verificare in
relazione al tipo di membrane utilizzate: inibizione batterica in corrispondenza della linea del reticolo,
sciamamento delle colonie, crescita lungo la linea del reticolo, presenza di zone idrofobiche. Per evitare,
pertanto, l’uso di membrane non idonee, sarebbe consigliabile verificarne l’efficienza prima delle analisi.
8.2. Apparecchiature per la filtrazione
Nel caso dell’esame batteriologico delle acque, vengono di norma utilizzate apparecchiature idonee per la
filtrazione di piccoli volumi per i controlli di routine. Dette apparecchiature devono essere adatte per
l’impiego di membrane filtranti del diametro di 47-50 mm. Sono costituite da una rampa con supporti e
contenitori che possono essere in acciaio inossidabile, vetro, policarbonato o polipropilene. Possono
essere impiegate apparecchiature singole o in serie, utilizzando, come sistema aspirante, una pompa da
vuoto azionata elettricamente o una pompa ad acqua. E’ essenziale che fra sistema filtrante e sistema
aspirante sia interposto un idoneo sistema per la raccolta dell’acqua filtrata.
416
I supporti e i contenitori devono essere sterilizzati in autoclave a 121°C per 15 min, dopo accurato
lavaggio ed asciugatura e prima della sterilizzazione devono essere avvolti in carta idonea per mantenere
la sterilità durante la conservazione prima dell’uso. Possono essere utilizzati entro due settimane dalla
sterilizzazione, se conservati in condizioni ottimali.
Apparecchiature per il supporto di membrane di diametro più grande (ad esempio, 120 mm), in genere di
acciaio inossidabile, sono utilizzate per filtrazioni di volumi maggiori di acqua.
9. Microscopio ottico
Per le normali procedure di analisi microbiologica (es. colorazione di Gram) è sufficiente disporre di un
microscopio ottico con obiettivi 10, 40 e 100x, vetrini portaoggetti e coprioggetti e olio ad immersione.
Dopo ogni utilizzo rimuovere il residuo di olio sulle lenti con carta ottica.
10. Sistemi per anaerobiosi
Consistono in giare, incubatori o altri sistemi a tenuta, idonei a creare aree a composizione gassosa
controllata. Le condizioni di anaerobiosi devono essere verificate con appositi dispositivi.
Per il loro corretto uso attenersi scrupolosamente alle indicazioni della ditta produttrice.
11. Vetreria e materiale monouso
E’ da preferire la vetreria fabbricata con vetro neutro, resistente alle temperature di sterilizzazione. Prima
della sterilizzazione (da effettuare in stufa a secco alla temperatura di 180°C per 1 ora e mezzo o in
autoclave a 121°C per 15 min) la vetreria deve essere accuratamente lavata in modo da assicurare la
completa eliminazione di residui organici o di sostanze che possono esplicare azione antibatterica. Dopo
lavaggio e asciugatura la vetreria, per essere sterilizzata deve essere confezionata in modo idoneo a
consentire il mantenimento della sterilità durante la conservazione.
Negli ultimi anni si è andato sempre più diffondendo l’uso di materiali plastici monouso, forniti in
confezioni già sterili. Il vantaggio di usare questi materiali è legato soprattutto al risparmio di
manodopera impiegata nelle lunghe procedure di lavaggio, confezionamento e sterilizzazione dei
materiali in vetro. I materiali plastici da usare nel laboratorio batteriologico devono però essere esenti da
residui tossici della lavorazione, essere trasparenti ed avere segni di calibrazione che corrispondano a
precise indicazioni volumetriche.
Esistono in commercio anche articoli in materiale plastico che possono essere utilizzati e sottoposti a
ripetute sterilizzazioni in autoclave.
11.1. Bottiglie per il prelievo
Possono essere di vetro neutro, resistenti alla sterilizzazione, da chiudere con tappo smerigliato o con
idoneo tappo a vite. Prima della sterilizzazione, le bottiglie con tappo smerigliato debbono essere
provviste di un cappuccio di copertura in carta resistente ed impermeabile o in foglio di alluminio. Tale
tipo di protezione non è richiesto per le bottiglie munite di tappo a vite. Per il campionamento possono
essere anche utilizzate bottiglie monouso in materiale plastico, disponibili in commercio già sterili, in
genere in confezioni multiple.
11.2. Bottiglie e tubi per diluizione, beute, cilindri tarati
E’ da utilizzare preferibilmente materiale in vetro, resistente alla sterilizzazione.
Le bottiglie e i tubi per diluizione dovranno essere provvisti di tappo smerigliato, a scatto, di gomma o a
vite. Possono essere impiegate anche bottiglie (o tubi) di plastica, fabbricate con materiale idoneo e non
tossico e resistenti alla sterilizzazione in autoclave.
417
11.3. Pipette e micropipette
Per le varie operazioni di analisi occorrono pipette di varia capacità (da 1, da 5 e da 10 mL) graduate fino
alla punta, con suddivisione a 0,1 mL.
Sono disponibili in commercio confezioni di pipette monouso in materiale plastico, di varia misura, già
sterili. Per piccoli volumi possono essere comunque utilizzate micropipette manuali, elettroniche,
monocanale o multicanale da utilizzarsi con appositi puntali monouso.
Nell’eventualità si utilizzino pipette di vetro riutilizzabili, prima della sterilizzazione, esse dovranno
essere munite di filtro di cotone grezzo all’estremità superiore. Le pipette vanno sterilizzate in confezione
singola o multipla (in apposite custodie in metallo, preferibilmente acciaio inossidabile, o in vetro).
Non pipettare con la bocca, ma utilizzare sempre sistemi di aspirazione tipo pompette aspiranti a bulbo di
gomma o pipettatrici automatiche.
11.4. Tubi per coltura
I tubi vengono usati per la tecnica dei tubi multipli, per l’esecuzione di test biochimici, per la
conservazione di colture batteriche, ecc. Si utilizzano tubi di diverse dimensioni in relazione all’utilizzo. I
tubi devono essere chiusi utilizzando preferibilmente tappi in metallo, in materiale plastico o in cotone
grezzo. Sono decisamente da preferire i tubi in vetro resistente alla corrosione ed alla sterilizzazione,
mentre i tubi monouso sono da evitare.
11.5. Piastre di Petri
L’uso delle piastre di Petri è indispensabile per l’isolamento di colture batteriche e per l’analisi effettuata
con la tecnica della filtrazione su membrana. Vengono utilizzate piastre di Petri di varie dimensioni. Il
tipo più diffuso ha un diametro di circa 100 mm ed un’altezza di 15 mm. Per la filtrazione dell’acqua,
poiché la tecnica standardizzata prevede l’utilizzo di membrane di 47 mm di diametro, si possono usare
piastre di diametro anche di 50 mm e dello spessore di 12 mm.
Piastre di Petri in vetro sono state usate per lungo tempo in batteriologia. Negli ultimi anni esse sono state
quasi totalmente sostituite da piastre monouso, in materiale plastico che si trovano in commercio già
sterili in confezioni sigillate.
Indipendentemente dal materiale (vetro o plastica) le piastre di Petri devono essere con il fondo
perfettamente piano e perfettamente trasparenti al fine di rendere ottimale il riconoscimento delle colonie.
BIBLIOGRAFIA
APHA. Standard Methods for Examination of Water and Wastewater. APHA, AWWA, WPCF, 18th Ed.
Washington D.C., 1992.
METODI ANALITICI PER LE ACQUE. Quaderno 100, n. 2. Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio
Nazionale delle Ricerche (Ed.). Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1994.
419
APPENDICE 2
COLORAZIONE DI GRAM
0. Introduzione
Le soluzioni per la colorazione di Gram sono disponibili anche in commercio; in alternativa prepararle
secondo il procedimento di seguito descritto.
1. Reattivi per la colorazione di Gram
1.1. Soluzione di colorante
1.1.1. Soluzione A: Soluzione di cristal-violetto all’1%.
Composizione:
Cristal violetto 2 g
Etanolo 20 mL
Sciogliere con cura il cristal violetto in etanolo; l’operazione va svolta preferibilmente sotto cappa.
1.1.2. Soluzione B: soluzione di ammonio ossalato.
Composizione:
Ossalato di ammonio 0,8 g
Acqua distillata 80 mL
Sciogliere l’ammonio ossalato in acqua distillata.
Mescolare la soluzione A (1.1.1.) alla soluzione B (1.1.2.). Lasciare a riposo per 24 ore e poi filtrare
attraverso carta da filtro. Conservare al riparo dalla luce in bottiglie scure.
1.2. Soluzione C: soluzione di Lugol
Composizione:
Ioduro di potassio 2 g
Iodio 1 g
Acqua distillata
Sciogliere KI e I2 in acqua distillata e portare a volume in 300 mL. Conservare al riparo dalla luce in
bottiglie scure.
1.3. Etanolo
1.4. Soluzione D: soluzione di safranina
Composizione:
Safranina 0,25 g
Etanolo 10 mL
Acqua distillata
Sciogliere la safranina in un mortaio con etanolo e portare a volume in 100 mL di acqua distillata;
l’operazione va svolta preferibilmente sotto cappa. Conservare al riparo dalla luce in bottiglie scure.
420
2. Procedura
Utilizzare vetrini portaoggetto puliti. Depositare al centro del vetrino una goccia di acqua e, con un ago
sterile, prelevare dal centro, parte di una colonia, o con un’ansa sterile, qualche goccia di una
brodocoltura. Stemperare con cura. Asciugare e fissare al calore (passaggio rapido sopra la fiamma).
Ricoprire il vetrino con la soluzione di colorante (1.1.). Lasciare a contatto per 1 min. Lavare
delicatamente con acqua.
Ricoprire con la soluzione C (1.2.). Lasciare a contatto per 1 min. Lavare delicatamente con acqua.
Decolorare con etanolo (1.3.) per circa 15-30 s e comunque con attenzione fino a decolorazione. Lavare
delicatamente con acqua.
Ricoprire il vetrino con la soluzione D (1.4.). Lasciare a contatto per 20 s. Lavare delicatamente con
acqua. Asciugare. Osservare al microscopio a ingrandimento 40x e 100x con olio ad immersione.
Le cellule che si decolorano e accettano la colorazione prodotta dalla safranina (Soluzione D, 1.4.) sono
colorate di rosa e caratterizzano i batteri gram-negativi; le cellule che non si decolorano e mantengono la
colorazione del cristal-violetto (Soluzione di colorante, 1.1.) sono colorate di blu-violetto e caratterizzano
i batteri gram-positivi.
Direttore dell’Istituto Superiore di Sanità
e Responsabile scientifico: Giuseppe Benagiano
Direttore responsabile: Vilma Alberani
Stampato dal Servizio per le attività editoriali
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Roma, giugno 2000 (n. 2) 3° Suppl.
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