.................................................................................Soluzioni per l'impresa

ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ Metodi analitici per le acque destinate al consumo umano Volume secondo. Parte 2. Metodi microbiologici A cura di Massimo Ottaviani e Lucia Bonadonna Laboratorio di Igiene Ambientale ISSN 1123-3117 Rapporti ISTISAN 00/14 Pt.2 Direttore dell’Istituto Superiore di Sanità e Responsabile scientifico: Giuseppe Benagiano Direttore responsabile: Vilma Alberani Stampato dal Servizio per le attività editoriali dell’Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena, 299 - 00161 ROMA La riproduzione parziale o totale dei Rapporti e Congressi ISTISAN deve essere preventivamente autorizzata. Reg. Stampa - Tribunale di Roma n. 131/88 del 1° marzo 1988 Roma, giugno 2000 (n. 2) 3° Suppl. La responsabilità dei dati scientifici e tecnici pubblicati nei Rapporti e Congressi ISTISAN è dei singoli autori Istituto Superiore di Sanità Metodi analitici per le acque destinate al consumo umano. Volume 2. Parte 2. Metodi microbiologici. A cura di Massimo Ottaviani e Lucia Bonadonna 2000, xi, p. 225-420 Rapporti ISTISAN 00/14 Pt. 2 Il manuale raccoglie i metodi analitici di riferimento per la determinazione dei parametri chimici e microbiologici inseriti nel “controllo occasionale C4” dell’Allegato I del DPR 236/88. La presente raccolta di metodi, elaborati nell’ambito della Seconda Sottocommissione del Comitato permanente di Studio sulle acque (ex art. 9, DM 26 marzo 1991), istituita presso il Ministero della Sanità, si aggiunge alla precedente (Rapporti ISTISAN 97/8) concernente i parametri elencati nei controlli C1, C2 e C3. Parole chiave: Acque potabili, Metodi analitici, Metodi chimici. Istituto Superiore di Sanità Analytical methods for drinking water. Volume 2. Part 2. Microbiological methods. Edited by Massimo Ottaviani and Lucia Bonadonna 2000, xi, p. 225-420 Rapporti ISTISAN 00/14 Pt. 2 (in Italian) This guidebook reports reference analytical methods for the determination of chemical and microbiological parameters included in the “occasional control C4” of the Annex I of the Decree 236/88 of the President of Italian Republic. The present collection of methods, which were elaborated by the Second Subcommission of the Permanent Study Committee (ex-article 9 of the Italian Ministerial Decree of March 26, 1991) established at the Ministry of Health, follows a previous report (Rapporti ISTISAN 97/8) relating to the parameters of controls C1, C2 and C3. Key words: Analytical methods, Chemical methods, Drinking water. I metodi analitici per le acque destinate al consumo umano (Volume 1 e 2) sono disponibili anche in Internet in formato PDF all’indirizzo: http://www.iss.it © Istituto Superiore di Sanità 2000 v INTRODUZIONE Il DPR 236/88, relativo all’attuazione della Direttiva CEE 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, nell’Allegato III, elenca i metodi analitici di riferimento per i parametri organolettici, fisici, chimico-fisici, chimici e microbiologici. Al fine di elaborare in modo omogeneo i metodi analitici stabiliti dalla legislazione, è stata istituita una 2a Sottocommissione di Studio presso il Ministero della Sanità nell’ambito del Comitato Permanente di Studio (CPS) sulle acque (ex art. 9, DM 26 marzo 1991). Tale Sottocommissione ha coinvolto sia esperti del Ministero e dell’Istituto Superiore di Sanità sia esperti e tecnici appartenenti a differenti istituzioni nazionali (Università, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Presidi Multizonali di Prevenzione, Aziende Regionali per la Prevenzione e l’Ambiente, Aziende Acquedottistiche). Nel 1997 la 2a Sottocommissione di Studio ha prodotto una raccolta di metodi (Rapporto ISTISAN 97/8) per la determinazione dei parametri inseriti nel “controllo minimo C1”, nel “controllo normale C2” e nel “controllo periodico C3”, così come prescritto nell’Allegato I del DPR 236/88. In questo secondo elaborato sono stati raccolti i metodi analitici dei restanti parametri appartenenti al “controllo occasionale C4”. Inoltre sono stati revisionati e/o aggiunti metodi analitici alternativi per alcuni parametri chimici del “controllo normale C2” e del “controllo periodico C3”. Per quanto concerne i parametri chimici del “controllo occasionale C4” non sono stati elaborati metodi analitici per la determinazione di “anidride carbonica libera”, “ossigeno disciolto”, “silice” e “sostanze estraibili in cloroformio”, poiché tali parametri attualmente sono ritenuti poco indicativi dal punto di vista igienico-sanitario e per alcuni di essi i metodi analitici attualmente in uso non sembrano essere idonei per il raggiungimento delle finalità previste dalla legge. Per i parametri “fenoli”, “idrocarburi disciolti ed emulsionati”, “antimonio” e “cianuri” i metodi proposti dai relativi Sottogruppi di Lavoro non sono stati completamente condivisi da tutta la Sottocommissione, per cui la loro stesura sarà curata in un prossimo futuro. Nel caso di alcuni parametri microbiologici, per i quali era disponibile più di una procedura analitica, è stato proposto più di un metodo, ciascuno elaborato anche in funzione delle nuove acquisizioni tecniche e scientifiche e degli aggiornamenti segnalati in ambito internazionale (APHA, EPA) o inseriti nelle linee guida dall’OMS. Inoltre introdotto un capitolo riguardante le “buone pratiche di laboratorio”, comprendente anche una sezione relativa al controllo della ripetibilità del metodo. I metodi riportati vogliono essere uno strumento applicativo di riferimento utile alla pianificazione e all’unificazione delle procedure analitiche per tutte le strutture che operano nel settore del controllo della qualità delle acque destinate al consumo umano. Per tale motivo, nella stesura dei metodi di analisi, sono state selezionate le tecniche strumentali maggiormente utilizzate dalle strutture operanti nel campo del controllo della qualità delle acque. Ne consegue che alcune tecniche analitiche non sono state prese in considerazione nei metodi proposti; ciò non significa che tali tecniche non possano essere utilizzate da quelle strutture e/o laboratori dotati di capacità operative e professionali adeguate. vi L’evoluzione delle conoscenze scientifiche e lo sviluppo di nuove tecniche strumentali utilizzate nel settore potranno determinare un’inadeguatezza dei metodi proposti. Pertanto sarà effettuato un aggiornamento dei metodi in base alle esperienze applicative e di validazione nel frattempo maturate e degli eventuali suggerimenti che perverranno alla Sottocommissione da parte degli operatori e degli esperti del settore. Recentemente (ottobre ’99) il Comitato Permanente di Studio ha riconfermato il mandato alla 2a Sottocommissione di Studio per cui i lavori della stessa proseguiranno sia per aggiornare che per integrare i metodi con quanto previsto dalla nuova direttiva europea sulle acque destinate al consumo umano (Direttiva CE 89/98). Infine, si ritiene opportuno evidenziare che, ai soli fini dell’espressione del dato, il risultato analitico debba essere ricondotto alle stesse cifre significative previste dalle CMA del DPR 236/88 indipendentemente dalla sensibilità della tecnica analitica utilizzata. Il DPR 236/88 è, infatti, una legge sanitaria ed in tale ambito l’eventuale arrotondamento dei risultati sperimentali non comporta nessuna implicazione di carattere tossicologico. La Sottocommissione ringrazia UNICHIM per l’apporto e la collaborazione forniti. Il Coordinatore della 2a Sottocommissione del Comitato Permanente di Studio Dott. Massimo Ottaviani METODI PER LA DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI MICROBIOLOGICI 227 MODALITÀ DI CAMPIONAMENTO 0. Generalità Una corretta metodologia di campionamento dell’acqua da analizzare costituisce il presupposto indispensabile al fine di ottenere risultati analitici attendibili. E’ inoltre importante che il campione raccolto sia quanto più possibile rappresentativo al fine di fornire dati affidabili e utili alla individuazione delle caratteristiche di qualità dell’acqua da esaminare. Nelle fasi di prelievo, trasporto e di analisi di campioni di acqua è richiesta l’adozione di alcune misure specifiche che comportano principalmente l’osservanza di accurate condizioni di asepsi. 1. Campo di applicazione La procedura viene utilizzata per le acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano al fine di mantenere il campione da analizzare quanto più possibile inalterato. 2. Prelievo dei campioni Per l’esecuzione dell’esame microbiologico delle acque destinate al consumo umano si deve provvedere al prelievo di non meno di 500 mL di acqua nel caso si debba effettuare la ricerca dei parametri indicati nell’allegato II del DPR 236/88 per i controlli minimo (C1), normale (C2) e periodico (C3). Per le indagini microbiologiche da effettuarsi in base al controllo occasionale (C4) è necessario prelevare quantitativi maggiori. In questo caso è bene tenere presente il volume occorrente allo svolgimento dell’analisi riportato in ciascuno dei metodi descritti di seguito. E’ di fondamentale importanza che durante le procedure di campionamento di acque da analizzare dal punto di vista microbiologico, e soprattutto nello svolgimento dei controlli di acque destinate al consumo umano, sia evitata qualsiasi contaminazione del campione da esaminare. Effettuare il prelievo dei campioni con recipienti sterili e seguire scrupolosamente procedure che non alterino la qualità del campione. E’ possibile utilizzare bottiglie monouso in materiale plastico, già sterili, disponibili in commercio. Possono essere anche adoperate bottiglie di vetro sterilizzate in laboratorio a calore secco o a calore umido da utilizzarsi entro 1 mese dalla sterilizzazione se conservate in condizioni ottimali. Per i prelievi da effettuare per immersione (in serbatoi, cisterne, pozzi, ecc.) usare bottiglie incartate prima della sterilizzazione, analogamente anche la pinza o altro sistema idoneo per l’immersione dovranno essere incartati e sterilizzati prima dell’uso. 228 Per il prelievo di acque clorate utilizzare bottiglie contenenti sodio tiosolfato al 10% in ragione di 1 mL / L di campione. Il sodio tiosolfato in questa concentrazione può neutralizzare le concentrazioni di cloro residuo comunemente ritrovate nelle acque potabilizzate. Tuttavia a concentrazioni di cloro residuo maggiori devono corrispondere concentrazioni di sodio tiosolfato proporzionalmente superiori. Poiché l’aggiunta, in bottiglie già sterilizzate, di una soluzione, se pure sterile, di neutralizzante comportare il rischio di una contaminazione, è opportuno che la soluzione venga aggiunta prima della sterilizzazione delle bottiglie. La presenza di sodio tiosolfato, nelle quantità indicate, non interferisce con i risultati delle analisi microbiologiche. In commercio sono comunque disponibili contenitori sterili già contenenti sodio tiosolfato. Non sciacquare mai le bottiglie all’atto del prelievo. Il risciacquo, oltre ad esporre la bottiglia a possibili contaminazioni, asporta il sodio tiosolfato eventualmente presente. Al momento del prelievo, se effettuato da un rubinetto, rimuovere, se presenti, tubi di plastica e gomma. La pulizia del rubinetto è richiesta quando esso risulta visibilmente sporco; in questo caso, disinfettare la bocca del rubinetto con alcool. L’operazione di flambaggio, se effettuata in modo superficiale e fugace, non esplica alcun effetto sulla eventuale contaminazione microbica presente. D’altronde, se intensa e persistente, può provocare danni ad eventuali parti infiammabili. Eseguire il prelievo dopo avere fatto scorrere dal rubinetto l’acqua per 1-3 min evitando di modificare la portata del flusso durante la raccolta del campione. All’atto del prelievo, aprire la bottiglia sterile avendo cura di non toccare la parte interna del tappo che andrà a contatto con il campione prelevato, né l’interno del collo della bottiglia e provvedere all’immediata chiusura della stessa subito dopo il prelievo, avendo cura di non riempirla completamente al fine di consentire una efficace omogeneizzazione del campione, in laboratorio, al momento dell’analisi. Per i prelievi da effettuarsi per immersione, afferrare la bottiglia con una pinza o con altro idoneo sistema, che ne permetta l’apertura durante l’immersione, e immergerla nell'acqua da prelevare. Il campione prelevato deve essere accompagnato da tutte le indicazioni necessarie alla sua identificazione, quali la data e l’ora del prelievo, il tipo di acqua, la precisa annotazione del punto in cui si è effettuato il prelievo e dovranno altresì essere trasmesse, con il campione, tutte le indicazioni relative alle eventuali determinazioni effettuate in loco e qualunque altra osservazione possa risultare utile nella interpretazione dei risultati di laboratorio. 3. Trasporto e conservazione dei campioni L’inosservanza dei tempi e/o delle modalità di trasporto, può comportare alterazioni della composizione del campione. Procedere al trasporto in modo che nell’acqua da analizzare la flora batterica non subisca riduzioni o incrementi. Pertanto è necessario mantenere, durante il trasporto, che deve essere effettuato nel più breve tempo possibile, i campioni al riparo dalla luce e ad una temperatura compresa fra +4 e +10°C. 229 Al fine di consentire il mantenimento della temperatura richiesta usare frigoriferi portatili o altrimenti contenitori termoisolanti (borse termiche) utilizzando apposite piastre frigorifere del commercio, o ghiaccio di acqua. Se utilizzato ghiaccio di acqua, porre il ghiaccio in idonei recipienti impermeabili al fine di evitare che l’acqua di scongelamento possa contaminare i campioni. Durante il trasporto collocare le bottiglie nel contenitore in modo da impedire il loro rovesciamento e, fra le bottiglie, collocare idonei sistemi di separazione per evitare rotture. Si raccomanda di effettuare l’analisi entro un massimo di 24 ore dal momento del prelievo, mantenendo i campioni a circa +4°C. Effettuare comunque l’analisi microbiologica su campioni a temperatura ambiente. 231 LINEE GUIDA PER LE BUONE PRATICHE DI LABORATORIO. ANALISI MICROBIOLOGICA DELLE ACQUE 0. Introduzione Il controllo di qualità è un processo di sorveglianza sulla qualità di un prodotto e sulla qualità dei risultati ottenuti. E’ la valutazione continua dello stato delle procedure, dei metodi di analisi e dei dati prodotti dal laboratorio con l’obiettivo di ridurre al minimo tutte le evenienze che potrebbero portare ad uno scostamento dei risultati da raggiungere. L’applicazione di procedure di controllo della qualità, che prevedono un monitoraggio continuo di tutte le attività del laboratorio e dei materiali utilizzati, risulta imprescindibile dalla riproducibilità, precisione ed accuratezza dei dati prodotti in quanto conduce all’identificazione, riduzione o eliminazione di errori casuali, sistematici o grossolani. 1. Ambienti di lavoro Le condizioni ambientali dei locali dove vengono effettuate le determinazioni microbiologiche devono essere tali da non invalidare i risultati né influenzare l'incertezza di misura e garantire la sicurezza degli operatori. A tale scopo è opportuno tenere in considerazione quanto indicato nell’allegato XII del D.Lgs. 626/94 concernente “Specifiche sulle misure di contenimento e sui livelli di contenimento” dove vengono riportate le misure da applicare all’interno dei laboratori di microbiologia in funzione della natura degli agenti biologici da ricercare o trattare al fine di valutare i rischi per i lavoratori. I locali dove vengono eseguite determinazioni microbiologiche devono essere separati da tutte le altre attività produttive in modo da non creare influenze da parte di altre attività analitiche e non. Dovranno inoltre essere protetti da condizioni ambientali anomale quali umidità, polvere, temperature elevate, vibrazioni ed esposizioni a luce solare diretta. Dovrà essere vietato l’accesso ai locali durante l’esecuzione delle prove a persone non autorizzate e in detti locali sarà tassativamente rispettato il divieto di fumare tramite opportune segnalazioni che riportino anche le generali norme di igiene e di buon comportamento. Tutte le apparecchiature e le sorgenti di alimentazione dovranno essere adeguate alle prove da effettuare e qualora richiedano particolari condizioni ambientali queste dovranno essere controllate. I locali dovranno essere sufficientemente spaziosi in modo da permettere di mantenerli puliti e ordinati e consentire agli operatori di muoversi agevolmente. Muri e pavimenti dovranno essere lisci, facili da pulire e disinfettare e facilmente sottoponibili a manutenzioni e riparazioni. 232 I locali dovranno essere protetti da radiazioni solari dirette tramite appropriati sistemi da apporre esternamente alle finestre. Durante l’esecuzione delle prove i locali dovranno essere tenuti chiusi. Tutte le operazioni di pulizia, disinfezione e sanitizzazione devono essere monitorati con idonei sistemi di controllo da porre in atto all’interno del laboratorio; di ogni operazione dovrà essere necessario tenere apposita registrazione. Il monitoraggio biologico degli ambienti costituisce un punto basilare per avere la garanzia di operare in locali dove le prove non vengono influenzate da inquinamenti indipendenti dalla natura del materiale in esame. Un corretto monitoraggio biologico ambientale potrà comprendere controlli dell’aria, delle superfici di lavoro, dei termostati, frigoriferi e cappe a flusso laminare. Le frequenze dei controlli saranno definite all’interno di ogni laboratorio in funzione dell’effettivo carico inquinante gravitante nel laboratorio stesso. Per le superfici di lavoro, si consiglia di effettuare, tramite l’uso di piastre a contatto, la determinazione della carica microbica, di muffe e lieviti dopo l’attività lavorativa e dopo la pulizia onde dimostrare l’efficienza della stessa. Allo stesso modo per termostati, frigoriferi e cappe si potranno effettuare le tipologie di controllo sopra descritte e in casi di inquinamento si potrà procedere alla sanitizzazione degli stessi. Per l’aria ambiente e l’aria della cappa a flusso laminare si potranno utilizzare campionatori meccanici o piastre contenenti terreni colturali lasciate aperte per un certo intervallo di tempo. Nel caso i controlli e i processi di sanitizzazione non abbiano frequenze molto elevate, generalmente potranno essere mensili o semestrali, è bene, per dimostrare che le prove non vengono influenzate da eventuali inquinamenti ambientali, porre, ad ogni ciclo di determinazioni, una piastra di terreno colturale non seminato (bianco) che segua il normale ciclo lavorativo e che non dovrà presentare alcuna crescita alla fine del ciclo stesso. Qualora all’interno dei locali debba essere mantenuto un certo livello di temperatura, umidità e aerazione (ricambio d’aria), dovranno essere installati idonei sistemi di condizionamento e filtrazione dell’aria che non dovranno creare interferenze con l’esecuzione delle prove e compromettere l’attendibilità dei risultati. 2. Strumentazione Le apparecchiature di prova in dotazione ad un laboratorio di microbiologia devono garantire affidabilità di funzionamento e di risposta in modo da non alterare l’accuratezza e la precisione del risultato finale della prova. Pertanto dovranno essere sempre tenute in perfetta efficienza e installate in locali che garantiscano adeguata protezione da deterioramento; l’efficienza dovrà essere garantita con opportune procedure per la manutenzione e la taratura. Di seguito, per opportuna conoscenza, vengono riportate le definizioni di manutenzione ordinaria, straordinaria, programmata e di taratura. 233 -Manutenzione ordinaria: tutte quelle operazioni che devono essere messe in atto al momento dell’uso per garantire da parte dell’Operatore il buon funzionamento dell’apparecchiatura. -Manutenzione programmata: l’intervento che viene effettuato a tempi prefissati per evitare decadimenti nel buon funzionamento dell’apparecchiatura. Questi interventi sono normalmente affidati alla Ditta fornitrice con la quale si stipula un contratto di manutenzione annuale. -Manutenzione straordinaria: gli interventi effettuati dopo il verificarsi di guasti o malfunzionamenti. Questi interventi vengono effettuati su specifica richiesta; vengono eseguiti normalmente da un tecnico specializzato della Ditta fornitrice dopo che l’operatore ha verificato l’anomalia di comportamento. -Taratura: si intendono quelle operazioni atte a garantire che l’apparecchio e lo strumento in uso siano in grado di fornire delle misure entro i limiti di tolleranza previsti dal capitolato d’acquisto. In senso stretto, la definizione si addice maggiormente a quelle apparecchiature che possono fare riferimento a strumenti campioni primari; per le altre può essere intesa come insieme di operazioni finalizzate al controllo del buon funzionamento dell’apparecchiatura. Sarà opportuno prevedere quindi: -modalità di taratura e manutenzione -loro frequenza -personale responsabile delle verifiche Per ogni apparecchiatura dovrà essere prevista un’apposita “SCHEDA” che dovrà riportare tutte le informazioni utili sulla provenienza, l’acquisto, l’installazione, il collaudo, le date di ricevimento e messa in funzione, i riferimenti alle procedure di taratura e manutenzione quando necessari, la loro periodicità e i dati del fornitore e dell’assistenza tecnica. Dovrà essere predisposta inoltre una “SCHEDA DI MANUTENZIONE” che riporti tutte le operazioni effettuate di verifica, sostituzioni, pulizia e riportare le date di svolgimento e la firma del tecnico che ha effettuato le operazioni. Dovrà essere prevista inoltre una “SCHEDA DI TARATURA” su cui verrà riportato il riferimento alla procedura di taratura, il programma di taratura, la data di svolgimento della stessa e della futura taratura, la firma del tecnico e i riferimenti ai campioni primari o materiali di riferimento utilizzati per l’effettuazione della stessa. Qualora la taratura venga attuata da un centro esterno dovrà essere riportata tutta la documentazione inerente. Qualora un’apparecchiatura, che a seguito di taratura abbia rilevato una non attendibilità al suo utilizzo, dovrà essere messa fuori servizio apponendo un’etichetta con la dicitura “FUORI SERVIZIO” e la data. L’apparecchiatura non potrà essere in nessun modo utilizzata fino a riparazione o a taratura che dimostri il rientro nelle condizioni di normalità. Tutto quanto sopra dovrà essere riportato sulla scheda di taratura. Le principali manutenzioni e tarature cui sottoporre le apparecchiature di un laboratorio di microbiologia per analisi delle acque da adibire al consumo umano sono elencate di seguito. 234 2.1. Cappa a flusso laminare Le normali operazioni di manutenzione consistono nella sostituzione dei prefiltri secondo le indicazioni della ditta costruttrice; inoltre, il controllo dell’efficienza dei filtri, la pulizia/disinfezione delle superfici interne con opportuni disinfettanti. Se le cappe sono dotate di sistema a lampade UV, è necessario predisporre cicli di accensione a cappa chiusa con successiva attivazione del flusso per garantire l’allontanamento dell’ozono presente in atmosfera. Verificare periodicamente la presenza di microrganismi nell’aria filtrata esponendo per 30 min capsule Petri aperte contenenti terreni colturali agarizzati per la crescita degli eterotrofi e dei miceti, disposte in punti rappresentativi della superficie di lavoro o, in alternativa, usare contatori di particelle. 2.2. Bilancia Le bilance dovranno essere collocate su un supporto stabile che le protegga da vibrazioni e controllate che siano a bolla. Per la manutenzione si richiede la normale pulizia. Per quanto riguarda il controllo, si utilizzano campioni di riferimento da confrontare almeno con frequenza annuale con campioni di riferimento primari. Almeno una volta l’anno effettuare una taratura con materiale certificato verificando l’intervallo di misura completo della bilancia, o da personale qualificato o da un ente esterno che rilasci un certificato di taratura. A tale scopo, per inciso, si ritiene opportuno riportare le definizioni della Norma ISO GUIDE 30:1992 sui materiali di riferimento (MR) e materiali di riferimento certificati (MRC): -Materiali di riferimento (MR): materiale o sostanza per la quale uno o più valori delle proprietà sono sufficientemente omogenei e ben stabiliti da essere usati per la taratura di un apparecchio, per la valutazione di un metodo per misurazione o per l’assegnazione di valori a materiali. -Materiali di riferimento certificati (MRC): materiale di riferimento accompagnato da un certificato, per il quale uno o più valori delle proprietà sono certificati da una procedura che stabilisce la loro riferibilità a un’accurata realizzazione delle unità nelle quali i valori delle proprietà sono espressi e per il quale ciascun valore certificato è accompagnato da un’incertezza ad uno stabilito livello di confidenza. 2.3. pHmetro Gli elettrodi del pHmetro devono essere condizionati e conservati secondo le istruzioni del costruttore. Dopo ogni uso devono essere puliti con acqua distillata. La taratura va effettuata periodicamente utilizzando delle soluzioni tampone di riferimento (ad es., pH 4 e pH 7 a 20°C). Queste soluzioni di riferimento vanno conservate nelle migliori condizioni e non oltre la data di scadenza. Le aliquote giornaliere utilizzate devono poi essere scartate dopo la taratura. 235 Va inoltre controllato periodicamente lo stato di efficienza degli elettrodi registrando i valori in mV in corrispondenza delle tarature a pH 4 e pH 7. La differenza tra due misurazioni in rapporto al valore teorico indicato dal costruttore rappresenta un indice di invecchiamento dell’elettrodo. 2.4. Autoclave L’autoclave va mantenuta in perfette condizioni operative. I controlli dello stato di sicurezza devono essere effettuati dagli Enti preposti secondo le disposizioni legislative vigenti. Per quanto riguarda la taratura questa va effettuata almeno con frequenza annuale controllando la correlazione tra pressione e temperatura tramite manometro campione certificato oppure va fatta effettuare da ditte specializzate che rilascino idoneo documento di avvenuta taratura. In ogni caso è bene effettuare le seguenti operazioni di manutenzione: -Verifica dell’efficienza del termometro nelle condizioni operative. Impostare la temperatura e il tempo di durata dei cicli richiesti e controllare che, quando l’autoclave è in pressione, il valore di temperatura sia conforme a quello riportato nella tabella di correlazione pressione/temperatura del vapore saturo; -Verifica dell’efficienza del blocco del portello nelle condizioni di esercizio. Controllare che, quando è in corso il ciclo di sterilizzazione, il dispositivo di blocco del portello rimanga bloccato e il portello non si apra; -Verifica del livello dell’acqua. Prima dell’avvio di un ciclo di sterilizzazione controllare che il livello dell’acqua nell’autoclave sia compreso fra l’indice minimo e il massimo riportati sull’indicatore di livello; -Verifica funzionale dello sfiato. Mentre l’autoclave raggiunge la pressione di esercizio, verificare la tenuta delle valvole manuali di sfiato; -Verifica dello stato di conservazione della guarnizione del portello. Verificare che non vi siano rotture, scorie o frammenti; lubrificare con grasso al silicone, evitare l’uso di prodotti chimici; -Verifica dell’efficienza della valvola di sicurezza. Impostare un valore di pressione superiore al valore indicato dall’indice rosso sul manometro e controllare che prima di raggiungere tale valore la valvola di sicurezza cominci a sfiatare; -Controllo del dispositivo elettronico di livello. Mentre l’autoclave è in funzione, scaricare lentamente l’acqua aprendo il rubinetto di scarico e verificare che raggiunto il livello minimo intervenga l’allarme e si accenda la spia di segnalazione; -Ispezione della camera. Ispezionare l’interno della camera e del portello dell’autoclave per controllarne lo stato di conservazione; pulire le superfici interne con detergente idoneo per le superfici in acciaio rimuovendo eventuali residui e incrostazioni; -Controllo dell’efficienza dei processi di sterilizzazione. Utilizzare indicatori biologici come strisce o ampolle di spore di Bacillus stearothermophilus normalmente disponibili in commercio. Si consiglia di effettuare questo controllo con frequenza almeno mensile. 236 2.5. Incubatore Le normali indicazioni d’uso prevedono la protezione delle pareti dalla luce solare diretta. E’ da evitare inoltre l’introduzione di grandi quantità di materiale lasciando spazi tra le pareti e le capsule Petri e fra le stesse, onde permettere la circolazione dell’aria. La normale manutenzione prevede pulizia, decontaminazione e rimozione della polvere dal sistema di ventilazione. Occorre inoltre controllare giornalmente la temperatura dell’incubatore con un termometro il cui bulbo sia immerso in glicerolo contenuto in una bottiglia sigillata, oppure, qualora ne siano dotati, controllando la temperatura indicata dal termometro permanente installato sull’apparecchiatura; lo scostamento tra la temperatura impostata e quella rilevata non deve essere superiore a ±1°C per i termostati/frigotermostati che lavorano a 20°C e a 36°C, e a ±0,5°C per il termostato che lavora a 44,5°C. Per la taratura, e quindi per il controllo del termometro permanente, utilizzare un termometro di riferimento certificato (fatto tarare annualmente da un centro SIT) inserito nella camera del termostato e registrare i valori di temperatura per un intervallo di tempo di almeno 4 ore con frequenze di 30 min avendo cura di non aprire lo sportello del termostato durante l’esecuzione del controllo. E’ bene annotare gli esiti del controllo di taratura su apposito quaderno, registrando per ogni rilevamento: -l’ora in cui il rilevamento è stato effettuato -il valore di temperatura letto sul termometro campione di riferimento -il valore di temperatura letto sul termometro permanente installato sull’apparecchiatura -lo scostamento evidenziato -lo scostamento massimo ammissibile -la data di effettuazione, la data del successivo controllo di taratura e la firma di chi l’ha effettuata. 2.6. Frigoriferi, celle frigorifere, congelatori E’ opportuno tenere nettamente separati, all’interno dei frigoriferi, terreni di coltura e reagenti non inoculati dai campioni da analizzare, dai ceppi di microrganismi e dai terreni inoculati. I frigoriferi e le celle frigorifere devono essere caricati in modo che l’aria circoli liberamente, e i congelatori caricati con accortezza in modo da mantenere all’interno una temperatura bassa. Laddove è possibile, frigoriferi , termostati e congelatori dovrebbero essere messi sotto gruppo di continuità, e in caso contrario è possibile predisporre sistemi che evidenzino eventuali anomalie con conseguente rialzo termico. 237 Devono essere effettuate con cadenza periodica le operazioni di: -rimozione della polvere dalle piastre esterne di aerazione -sbrinamento -pulizia e decontaminazione dell’interno delle celle, dei frigoriferi e dei congelatori. Controllare periodicamente i termometri permanenti installati sui frigoriferi e congelatori per confronto con un termometro campione di riferimento certificato usando la stessa procedura indicata nel caso degli incubatori. Tenere anche per questi apposita registrazione. 2.7. Bagno termostatico Per una buona manutenzione è consigliabile effettuare periodicamente il controllo del livello del liquido, monitorare la temperatura del bagno, sostituire l’acqua contenuta nella vasca e sanitizzare la vasca. Controllare periodicamente i termometri permanenti installati sul bagno termostatico per confronto con un termometro campione di riferimento certificato usando la stessa procedura indicata nel caso degli incubatori. Tenere anche per questi apposita registrazione. 2.8. Microscopio ottico Si consiglia la dotazione di un sistema per l’osservazione in contrasto di fase e di una serie di obiettivi, in modo da coprire un intervallo di ingrandimenti sufficientemente elevato, e di sistemi per la regolazione dell’intensità luminosa. Collocare il microscopio in posizione stabile. La manutenzione, eseguita da personale specializzato, consiste nella rimozione della polvere dagli oculari e dagli obiettivi usando cartine ottiche e nella rimozione, dopo l’uso, di tracce di olio dagli obiettivi usati per immersione. Controllare saltuariamente la lubrificazione delle parti mobili e sostituire la lampada di illuminazione, quando necessario, seguendo le istruzioni della ditta costruttrice. Quando non in uso, il microscopio va tenuto coperto e al riparo dalla luce, per evitare danni alle lenti. 2.9. Incubatore in atmosfera modificata Sono le giare o quelle apparecchiature atte ad ottenere e mantenere condizioni di atmosfera modificata (es., anaerobiosi) per tutta la durata del tempo di incubazione. Porre attenzione all’inserimento del materiale, affinché avvenga nel più breve tempo possibile, in modo da non alterare sensibilmente le condizioni interne, ed alla quantità del materiale stesso in relazione alle dimensioni dell’incubatore. Sia che si tratti di giare che di incubatori, per la manutenzione bisognerà garantire le normali operazioni di pulizia e disinfezione. Per quanto riguarda la taratura, nel caso di incubatori, seguire le indicazioni riportate nel paragrafo corrispondente. 238 E’ opportuno controllare il mantenimento delle condizioni atmosferiche adatte allo sviluppo dei microrganismi ricercati. Quanto sopra può essere verificato misurando la crescita di batteri riferibili a due diverse specie, una inibita dalle condizioni atmosferiche e dalle temperature impostate e l’altra in grado di crescere in quelle condizioni. Si potranno utilizzare quindi ceppi ATCC certificati come controllo positivo e negativo per la verifica della aerobiosi e della anaerobiosi. E’ comunque da segnalare che da parte dell’OMS è in discussione la possibilità di selezionare ceppi di riferimento "selvaggi" e di creare una rete di distribuzione alternativa a quella delle collezioni internazionali. Si consiglia inoltre l’introduzione di indicatori redox, contenenti blu di metilene e resazurina atti a dimostrare l’avvenuto raggiungimento delle condizioni atmosferiche desiderate. 2.10. Micropipette Sono disponibili in commercio quelle manuali, elettroniche, monocanale o multicanale. Quelle manuali sono le più utilizzate all’interno dei laboratori e devono essere quindi trattate con cura e sottoposte a regolare manutenzione. Si consiglia l’utilizzo di puntali monouso; inoltre è opportuno mantenere la pipetta a temperatura ambiente, evitare che subisca urti, tenerla in posizione verticale e procedere alla sua normale pulizia, manutenzione e taratura. 2.11. Dispensatore Si intendono quelle apparecchiature utilizzate per distribuire terreni di coltura e reagenti in provette, bottiglie o piastre Petri. E’ opportuno controllare l’accuratezza dei volumi dispensati e, nel caso si debbano distribuire reagenti o terreni sterili, è opportuno controllare che le parti dell’apparecchio in contatto con essi siano in condizioni asettiche. Mantenere le apparecchiature in perfette condizioni mediante accurata pulizia dopo ogni ciclo lavorativo, in accordo alle indicazioni della ditta costruttrice. 2.12. Termometri I termometri in utilizzo presso il laboratorio devono essere tarati periodicamente mediante confronto con strumenti certificati da appositi Enti. A titolo esemplificativo ci si può dotare di un termometro campione primario fatto tarare annualmente da un ente accreditato con cui effettuare tutte quelle verifiche indicate per incubatori, celle frigorifere, congelatori e termometri. 239 3. Materiali 3.1. Membrane filtranti E’ preferibile utilizzare membrane sterili confezionate singolarmente o in nas sigillate e certificate dalla ditta produttrice. Registrare la data di ricevimento ed il numero di ogni lotto di membrane acquistate e verificare la capacità di sviluppo di colonie batteriche. 3.2. Piastre Petri Preferire piastre Petri in plastica sterile. E’ possibile effettuare il controllo di sterilità delle piastre in contemporanea con il normale controllo di fertilità. 3.3. Terreni di coltura Preferire terreni disidratati o già pronti in piastra. Quando vengono utilizzati terreni di coltura disidratati e reattivi (coloranti, additivi, soluzioni) reperibili in commercio, apporre sulle confezioni sia la data di ricevimento che quella di effettiva apertura. Quando i reagenti e i terreni sono preparati in laboratorio per pesata dai costituenti di base, devono essere identificati con una etichetta riportante le seguenti informazioni: eventuale diluizione, data di preparazione, data di scadenza, modalità di conservazione, nome del preparatore, eventuali segnali di pericolosità. Si consiglia, per controllare l’affidabilità e la conformità alle specifiche richieste di effettuare i seguenti controlli: -Controllo del pH prima della sterilizzazione. Confrontare il valore misurato mediante pHmetro tarato, con quello dichiarato in etichetta e se lo scostamento è superiore a quello ammesso modificare il pH mediante aggiunte di NaOH o HCl 0,1 N. Da effettuare ad ogni preparazione del terreno. -Controllo della sterilità. Porre ad incubare una piastra o un tubo contenenti il terreno da testare, secondo le modalità previste dal metodo analitico, e verificare la completa assenza di crescita batterica e fungina. In caso contrario scartare tutto il lotto preparato e controllare le procedure di sterilizzazione e preparazione. Da effettuare ad ogni preparazione del terreno. -Controllo della fertilità del terreno da testare, cioè la sua idoneità alla crescita del germe. Strisciare sulla superficie del terreno solido o inoculare nel brodo un’ansata di una brodocoltura allestita con un ceppo puro certificato di riferimento. Incubare con le modalità previste dal metodo analitico e verificare la crescita di colonie con le caratteristiche morfologiche tipiche. Ogni laboratorio dovrà stabilire la frequenza di controllo. 240 -Controllo della selettività del terreno da testare mediante l’inibizione di crescita di un germe opportunamente scelto. Strisciare sul terreno solido o inoculare nel brodo un’ansata di brodocoltura allestita a partire da un ceppo puro certificato la cui crescita dovrebbe essere inibita nel substrato in esame; incubare con le stesse modalità indicate dal metodo analitico e verificare l’assenza di crescita di colonie. Ogni laboratorio dovrà stabilire la frequenza di controllo. Per quanto riguarda i ceppi microbici di controllo per lo svolgimento delle prove di fertilità e selettività dei terreni colturali si rimanda alle indicazioni fornite dalle ditte produttrici. Tutti i controlli effettuati dovranno essere accuratamente documentati, cioè registrati ed archiviati. 4. Controllo della ripetibilità del metodo Su campioni di acqua destinata al consumo umano si deve effettuare il conteggio dei microrganismi presenti applicando i metodi di prova indicati nel DPR n. 236 del 24 maggio 1988 relativo alla qualità delle acque destinate al consumo umano. La valutazione dell’incertezza di misura e della ripetibilità del dato analitico risulta molto critica ai livelli previsti dalla normativa. Vengono di seguito riportati alcuni modelli per il calcolo e la verifica della ripetibilità e dell’incertezza di misura all’interno dei laboratori. Vista la complessità dell’argomento, la sua novità in campo microbiologico e la necessità di un progressivo approfondimento, si auspica che ogni laboratorio sperimenti e verifichi al suo interno l’applicabilità dei metodi proposti. E’ necessario innanzitutto specificare che, per i controlli analitici da effettuare in microbiologia delle acque, per ciascun metodo dovrà essere fornito almeno il valore di ripetibilità interno del laboratorio. Per calcolare la ripetibilità di un metodo è necessario che uno stesso operatore svolga una serie di almeno 10 prove sullo stesso campione di acqua. Il valore medio deve essere calcolato nel modo consueto per ciascuna serie di prove effettuate. Calcolare lo scarto quadratico medio mediante la seguente formula: 1 )( 1 2 - - = å = n xx S n i i dove: x = valore medio calcolato x = valore riscontrato per la singola prova n = numero di prove 241 Il valore di ripetibilità r è quindi calcolato con la formula: r = 2 × t × s dove: t = t di Student relativo al numero di prove svolte ed ai gradi di libertà considerati relativamente al 95% di probabilità (per 10 prove il t di Student corrisponde a 2,2622). In questo caso il valore r corrisponde a: r = 3,2 × s Per valori di lettura compresi fra 0 e 15 U.F.C è possibile riferirsi alla Tabella 1 rilevata dalla norma ISO 7218: 1996 “Microbiology of food and animal feeding stuff - General rules for microbiological examinations” per le singole specie di microrganismi e alla Tabella 2, rilevata dalla stessa norma, per la valutazione della carica batterica totale. Quando si devono esaminare campioni di acqua in alimentazione agli impianti di potabilizzazione oppure provenienti da corsi d’acqua o bacini superficiali è probabile riscontrare valori di microrganismi superiori a 20 unità pertanto, in questi casi, è consigliabile valutare l’incertezza di misura applicando il modello di distribuzione di Poisson e calcolare la “ripetibilità” in termini di scarto tipo di questa distribuzione. Sulla base del modello di distribuzione di Poisson si ha: -il valore della varianza è numericamente uguale al valore del conteggio effettuato (C); -lo scarto tipo risulta essere la radice quadrata del conteggio stesso. Per una singola prova possiamo pertanto assumere che l’intervallo di confidenza sia assunto come: C ± 2 × s dove: C = conteggio delle colonie presenti sulla piastra Petri; s = scarto tipo espresso come Il controllo della ripetibilità del dato analitico può essere effettuato eseguendo prove in doppio (stesso campione e stesso operatore) e verificando poi se la seguente equazione viene rispettata: C . X1 -X 2 £ 2× X1 + X2 dove: 242 X1 e X2 sono rispettivamente i due conteggi della prova ripetuta. X1 -X2 Se £ 2× X1 + X 2 la differenza è accettabile; se £ 3 × X1 + X 2 la differenza è accettabile con riserva; X1 -X 2 X1 -X 2 > 3 × X + X se 1 2 la differenza è anomala. Se l’espressione data viene rispettata è possibile effettuare la media delle due prove per dare il valore, espresso come conteggi, nel campione in esame. Tabella 1 (informativa). Limiti dell’intervallo di confidenza a livello di significatività 95% del conteggio effettuato su una piastra Petri. Numero di Limite di confidenza 2 Errore percentuale 1 microrganismi inferiore superiore inferiore superiore 1 < 1 6 -97 + 457 2 < 1 7 -88 + 261 3 < 1 9 -79 + 192 4 1 10 -73 + 156 5 2 12 -68 + 133 6 2 13 -63 + 118 7 3 14 -60 + 106 8 3 16 -57 + 97 9 4 17 -54 + 90 10 5 18 -52 + 84 11 6 20 -50 + 79 12 6 21 -48 + 75 13 7 22 -47 + 71 14 8 24 -45 + 68 15 8 25 -44 + 65 1 Equivalente al numero di colonie presenti sulla piastra. 2 Riferito al conteggio dei microrganismi della prima colonna. 243 Tabella 2 (informativa). Limiti dell’intervallo di confidenza a livello di significatività 95% del conteggio effettuato su due piastre Petri Numero di colonie 1 Numero di Microrganismi Limite di confidenza inferiore superiore Errore percentuale 2 inferiore superiore 1 2 3 4 5 1 1 2 2 2 < 1 < 1 < 1 1 1 3 4 4 5 6 - 97 - 88 - 79 - 73 - 68 + 457 + 261 + 192 + 156 + 133 6 7 8 9 10 3 4 4 4 5 1 2 2 2 2 6 7 8 9 9 - 63 - 60 - 57 - 54 - 52 + 118 + 106 + 97 + 90 + 84 11 12 13 14 15 6 6 6 7 8 3 3 3 4 4 10 10 11 12 12 - 50 - 48 - 47 - 45 - 44 + 79 + 75 + 71 + 68 + 65 16 17 18 19 20 8 8 9 10 10 5 5 5 6 6 13 14 14 15 15 - 43 - 42 - 41 - 40 - 39 + 62 + 60 + 58 + 56 + 54 21 22 23 24 25 10 11 12 12 12 6 7 7 8 8 16 17 17 18 18 - 38 - 37 - 36 - 36 - 35 + 53 + 51 + 50 + 49 + 48 26 27 28 29 30 13 14 14 14 15 8 9 9 9 10 19 20 20 21 21 - 35 - 34 - 34 - 33 - 32 + 47 + 46 + 45 + 44 + 43 1 Conta totale su due piastre Petri per lo stesso campione. 2 Riferito al valore di microrganismi della seconda colonna. 244 ESEMPIO 1: Supponiamo di avere riscontrato i seguenti valori in due prove consecutive indipendenti effettuate sullo stesso campione dallo stesso operatore X1 = 20 e X2 = 29; avremo che la differenza in termini numerici è 9 e la radice quadrata della somma è 7 (che è anche il valore dello scarto tipo di (X1 - X2) secondo la distribuzione di Poisson). Pertanto 9 è minore di (2 × 7)= 14, quindi la differenza viene accettata. ESEMPIO 2: Supponiamo di avere riscontrato i seguenti valori in due prove consecutive indipendenti effettuate sullo stesso campione dallo stesso operatore X1 = 17 e X2 = 32; avremo che la differenza in termini numerici è 15 e la radice quadrata della somma è 7 (che è anche il valore dello scarto tipo di (X1 - X2) secondo la distribuzione di Poisson) pertanto 15 non è minore di (2 × 7)= 14, ma è minore di (3 × 7)= 21, quindi la differenza viene accettata con riserva. ESEMPIO 3: Supponiamo di avere riscontrato i seguenti valori in due prove consecutive indipendenti effettuate sullo stesso campione dallo stesso operatore X1 = 13 e X2 = 36; avremo che la differenza in termini numerici è 23 e la radice quadrata della somma è 7 (che è anche il valore dello scarto quadratico medio di (X1 - X2) secondo la distribuzione di Poisson). Pertanto 23 non è minore di (2 × 7)= 14, non è minore di (3 × 7)= 21, ma è maggiore di (3 × 7) = 21 quindi la differenza è anomala. Nota: Benché questa guida fornisca uno schema generale per valutare l’incertezza, essa non può sostituirsi al pensiero critico, all’onesta intellettuale ed alla capacità professionale. La valutazione dell’incertezza non è né compito di routine, né un esercizio puramente matematico, ma dipende dalla conoscenza approfondita della natura del misurando e della misurazione. La qualità e l’utilità dell’incertezza attribuita al risultato di una misurazione dipendono pertanto, in definitiva, dall’approfondimento, dall’analisi critica e dall’integrità morale di chi contribuisce ad assegnare il valore. BIBLIOGRAFIA ISO 7218:1996 -Microbiology of food and animal feeding stuff -General rules for microbiological examinations. UNI CEI 9: Giugno 1997 - Guida all’espressione dell’incertezza di misura. 245 DETERMINAZIONE DELLE ALGHE 0. Generalità e definizioni Il fitoplancton ha un ruolo basilare nell’ecosistema acquatico: è produttore primario di materia organica attraverso la fotosintesi, e rappresenta il primo anello della catena alimentare acquatica. Con adeguate temperature, le microalghe possono produrre spessi strati di cellule nei laghi e negli stagni eutrofizzati. Queste fioriture possono essere costituite da Cianoficee (alghe verdi-azzurre), alcune specie delle quali sono in grado di produrre tossine che possono causare malattie e morte in animali domestici e selvatici, e possono diventare un problema sanitario per la salute umana tramite la contaminazione dell’acqua per uso potabile o delle acque di balneazione. Le tossine prodotte dalle Cianoficee passano indenni attraverso i sistemi di potabilizzazione ordinari e diversi episodi tossici legati al consumo di acqua potabile contaminata o al suo uso in ambienti ospedalieri intervenuti in Brasile, Cina ed Australia, hanno fatto sì che fossero poste all’attenzione scientifica mondiale come uno dei principali rischi sanitari derivanti dalla eutrofizzazione delle acque interne. Le specie di Cianoficee tossiche dulcacquicole attualmente conosciute nel territorio italiano sono elencate nelle Tabelle 1-10. Tra queste, le specie tossiche più frequentemente responsabili di fioriture nel nostro paese sono Microcystis aeruginosa, Oscillatoria rubescens, Anabaena flos-aquae e Aphanizomenon flos-aquae. A parità di presenza di nutrienti, le temperature atmosferiche che favoriscono le fioriture sono diverse a seconda della specie coinvolta: se per Aphanizomenon flos-aquae sono necessarie temperature estive, per M. aeruginosa e Anabaena flos-aquae in generale sono più propizie temperature tardo-estive od autunnali, e per O. rubescens sono necessarie temperature di pieno autunno, o d’inverno. Le Cianoficee sono le alghe maggiormente responsabili di fioriture tossiche nel nostro territorio, ed i principali gruppi di tossine da esse prodotti sono: -le epatotossine microcistine e nodularine, così nominate dalle prime specie da cui sono state isolate (Microcystis aeruginosa e Nodularia spumigena). Le microcistine sono prodotte, oltre che dalla specie di primo isolamento, anche da diverse altre specie dei generi Microcystis, Oscillatoria, Anabaena e Nostoc. Esse sono le più comuni tossine d’acqua dolce: sono eptapeptidi ciclici contenenti un aminoacido idrofobico peculiare, l’ADDA (acido 3-amino-9-metossi-2,6,8-trimetil-10-fenildeca4,6- dienico) ed un insolito residuo, l’MDHA (N-metildeidroalanina), sito d’attacco sulla molecola bersaglio. Ambedue inibitrici delle proteinfosfatasi 1, 2a, parte della 2c e 3, queste famiglie di tossine promuovono epatotossicità e gastroenterite acuta nei mammiferi intossicati, e sono agenti promotori di tumori epatici ed epiteliali se assunte cronicamente in dosi subacute. Finora sono state descritte 60 diverse microcistine, di cui la più studiata è la microcistina-LR, caratterizzata da una LD50 nel topo di circa 30 mg/kg di peso corporeo i.p.; 246 Tabella 1. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo. Le seguenti specie producono tossine del gruppo ASP, che esplica i suoi effetti sull’uomo mediante sintomi neurologici. Specie algali Autori Modalità di trasmissione Amphora coffeaeformis (Agardh) Kutzing Ingestione di molluschi Pseudo-nitzschia delicatissima Nitzschia delicatissima * Nitzschia actydrophila * (Cleve) Heiden Cleve Hasle Ingestione di molluschi Pseudo-nitzschia pseudodelicatissima Nitzschia pseudodelicatissima * Nitzschia delicatula * (Hasle) Hasle Hasle Hasle Ingestione di molluschi * sinonimo del termine precedente. Tabella 2. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo. Le seguenti specie producono tossine del gruppo PSP, che esplica i suoi effetti sull’uomo mediante sintomi neurologici. Specie algali Autori Modalità di trasmissione Alexandrium andersonii Balech Ingestione di molluschi Alexandrium minutum Alexandrium ibericum * Halim Balech Ingestione di molluschi Alexandrium tamarense Gonyaulax tamarensis * Gonyaulax tamarensis var. exavata * Gonyaulax excavata * Gessnerium tamarensis * Protogonyaulax tamarensis * Alexandrium excavatum * (Lebour) Balech Lebour Braarud (Braarud) Balech (Lebour) Loeblich & Loeblich (Lebour) Taylor (Braarud) Balech & Tangen Ingestione di molluschi Lingulodinium polyedrum Gonyaulax polyedra * (Stein) Dodge Stein Ingestione di molluschi * sinonimo del termine precedente. 247 Tabella 3. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo. Le seguenti specie producono tossine del gruppo DSP, che esplica i suoi effetti sull’uomo mediante sintomi gastroenterici. Specie algali Autori Modalità di trasmissione Dinophysis acuminata Claparéde & Lachmann Ingestione di molluschi Dinophysis acuta Ehrenberg Ingestione di molluschi Dinophysis caudata Saville – Kent Ingestione di molluschi Dinophysis fortii Pavillard Ingestione di molluschi Dinophysis mitra Phalacroma mitra * Schutt Ingestione di molluschi Dinophysis rotundata Phalacroma rotundatum * (Claparéde & Lachmann) Koford & Michener Ingestione di molluschi Dinophysis sacculus Stein Ingestione di molluschi Dinophysis tripos Gourret Ingestione di molluschi Prorocentrum lima Exuviaella marina * Exuviaella lima * (Ehrenberg) Dodge Cienkowski (Ehrenberg) Bütschli Ingestione di molluschi Protoceratium reticulatum Gonyaulax grindleyi * (Claparéde & Lachmann) Bütschli Reinecke Ingestione di molluschi * sinonimo del termine precedente. 248 Tabella 4. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo. Le seguenti specie producono tossine diverse, con effetti variabili sull’uomo. Modalità di Specie algali Autori Tossine Effetto sull’uomo trasmissione Coolia monotis Oscillatoria nigroviridis Ostreopsis ovata Schizothrix calcicola Meunier Cooliatossina Thwaites Debromoaplysia Fukuyo Emolitiche (Agardh) Idrofile Gomont Debroaplysia Ciguatera Dermigeno Gastroenterico Neuroepatotossico Ciguatera Dermigeno Gastroenterico Neuroepatotossico Ingestione di pesci Ingestione e contatto con acqua Ingestione di pesci Ingestione e contatto con acqua Tabella 5. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo. Le seguenti specie sono macroalghe bentoniche diffuse lungo le coste italiane. Specie algali Autori Tossine Effetto sull’uomo Modalità di trasmissione Alsidium helmintochorton (La Tourette) Kuetzing Acido kainico ° ASP Ingestione di pesci Anadyomene stellata (Wulfen) C. Agardh Diterpenoidi Gastroenterico Epatotossico Ingestione di pesci Caulerpa taxifolia (Vahl) C. Agardh Caulerpine e Caulerpenine Gastroenterico Epatotossico Ingestione di pesci (Sparidi) Cystoseira sp. C. Agardh Diterpenoidi Gastroenterico Epatotossico Ingestione di pesci (Sparidi) Flabellia petiolata Udotea petiolata * (Turra) Nizamuddin (Turra) Boergesen Diterpenoidi Gastroenterico Epatotossico Ingestione di pesci Halimeda tuna (Ellis & Solander) Lamouroux Diterpenoidi Gastroenterico Epatotossico Ingestione di pesci * sinonimo del termine precedente; ° analogo dell’acido domoico. 249 Tabella 6. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nel Mar Mediterraneo. Le seguenti specie producono tossine che esplicano effetto sulla fauna ittica. Specie algali Autori Tossine Effetto sulla fauna Alexandrium pseudogonyaulax Horiguchi Goniodomina Moria di molluschi Amphidinium carterae Hulburt Amfidinolidi Moria di molluschi e pesci Chrysochromulina polylepis Manton & Parker Primnesina Moria di molluschi e pesci Cochlodinium polykrikoides Cochlodinium heterolobatum * Margalef Silva Ittiotossina n.i. Moria di molluschi e pesci Gymnodinium mikimotoi Gymnodinium nagasakiense * Gyrodinium aureolum * Miyake – Kominami ex Oda Takayama & Adachi Hulburt Gimnodinina Moria di molluschi e pesci Gymnodinium pulchellum Larsen Emolitiche e ittiotossine Moria di molluschi e pesci Gymnodinium sanguineum Gymnodinium splendens * Hirasaka Lebour Ittiotossina n.i. Moria di molluschi e pesci Heterosigma akashiwo Hada ex Hara e Chihara Acido grasso Moria di molluschi e pesci Prorocentrum minimun Exuviaella minima * (Pavillard) Schiller Pavillard Venerupina Moria di molluschi e pesci Prymnesium calathiferum Chang & Ryan Primnesina Moria di molluschi e pesci Prymnesium patelliferum Green, Hibberd & Pienaar Primnesina Moria di molluschi e pesci Prymnesium parvum Carter Primnesina Moria di molluschi e pesci Synechococcus sp. Nageli Galattopiranosil lipidi emolitici Moria di pesci * sinonimo del termine precedente; n.i.: non identificata. 250 Tabella 7. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti nelle acque dolci italiane. Effetto Modalità di Specie algali Autori Tossine sull’uomo trasmissione Anabaena circinalis Anabaena flos-aquae Anabaena hassallii Anabaena lemmermannii Anabaenopsis milleri Anabaena spiroides var. contracta Anabaena variabilis Aphanizomenon flos-aquae Aphanizomenon ovalisporum Cylindrospermopsis raciborskii Coelosphaerium kutzingianum Fischerella epiphytica Rabenhorst (Lyngbye) Brebisson (Kutzing) Wittrock P.Richter Woronichin Klebhan Kutzing (Linnaeus) Ralfs (Forti) (Woloszynska) Seenaya & Subba Raju Nageli Ghose Microcistine Anatossina-A Saxitossine Microcistine Anatossina-A Anatossine Anatossine Anatossine Anatossine Microcistine Anatossine Saxitossine Cilindrospermopsina Microcistine Cilindrospermopsina Tossina n.i. Tossina n.i. Dermigeno Neuroepatotossico Dermigeno Neuroepatotossico Neurotossico Neurotossico Neurotossico Dermigeno Neuroepatotossico Neurotossico Neurotossico Dermigeno Epatotossico Dermigeno Epatotossico Neuroepatotossico Neuroepatotossico Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione di acqua Ingestione di acqua (continua) 251 Tabella 7 (segue). Effetto Modalità di Specie algali Autori Tossine sull’uomo trasmissione Gloeotrichia (J.E.Smith) echinulata P.Richter Gomphosphaeria Chodat lacustris Gomphosphaeria (Unger) nageliana Lemmermann Hapalosiphon (Agardh) Bornet fontinalis Lyngbya wollei (Gomont) Farlow Microcystis Kutzing aeruginosa Microcystis botrys Teiling (A. Br.) Microcystis viridis Lemmermann Microcystis Komarek wesembergii (Roth) Nostoc linckia Bornet & Flahault Nostoc paludosum Kutzing Tossina n.i. Tossina n.i. Tossina n.i. Apalindoli Saxitossine Microcistine Microcistine Microcistine Microcistine Microcistine Nodularine Microcistine Nodularine Neuroepatotossico Neuroepatotossico Neuroepatotossico Neuroepatotossico Neurotossico Dermigeno Gastroenterico Epatotossico Dermigeno Gastroenterico Epatotossico Dermigeno Gastroenterico Epatotossico Dermigeno Gastroenterico Epatotossico Dermigeno Gastroenterico Epatotossico Dermigeno Gastroenterico Epatotossico Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol (continua) 252 Tabella 7 (segue). Effetto Modalità di Specie algali Autori Tossine sull’uomo trasmissione Nostoc rivulare Nostoc zetterstedtii Oscillatoria acutissima Oscillatoria agardhii rubescens Oscillatoria formosa Phormidium formosum * Pseudoanabaena catenata Scytonema ocellatum Scytonema pseudohofmanni Tolypothrix byssoidea Kutzing Areschoug Kufferath Gomont Bory (Bory) Anagnostidis & Komarek Lauterborn Lyngbye ex Bornet e Flahault Bharadwaja (Hass) Kirchner Microcistine Nodularine Microcistine Nodularine Acutificine Microcistine Microcistine Omoanatossina A Anatossina A Scytoficine Scytoficine Tubercidina Dermigeno Gastroenterico Epatotossico Dermigeno Gastroenterico Epatotossico Dermigeno Dermigeno Gastroenterico Epatotossico Dermigeno Gastroenterico Neuroepatotossico Neurotossico Neuroepatotossico Neuroepatotossico Neuroepatotossico Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione e contatto con acqua Aerosol Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua Ingestione di acqua * sinonimo del termine precedente; n.i.: non identificata. 253 Tabella 8. Specie presente in acque dolci europee; produce una tossina che esplica effetti sulla fauna ittica. Specie algali Autori Tossine Effetto acuto sulla fauna Peridinium polonicum Woloszynska Glenodinina Moria di pesci Tabella 9. Specie algali tossiche e potenzialmente tossiche presenti in altri mari. Effetto Modalità di Specie algali Autori Tossine sull’uomo trasmissione Alexandrium acatenella Gonyaulax acatenella * Alexandrium angustitabulatum Alexandrium catenella Gonyaulax catenella * Gessnerium acatenellum * Protogonyaulax acatenella * Alexandrium cohorticula Protogonyaulax cohorticula * Alexandrium fraterculus Gonyaulax fratercula * Gessnerium fraterculum * Protogonyaulax fratercula * Alexandrium fundyense (Whedon & Kofoid) Balech Whedon & Kofoid Taylor in Balech (Whedon & Kofoid) Balech Whedon & Kofoid (Whedon & Kofoid) Loeblich & Loeblich (Whedon & Kofoid) Taylor (Balech) Balech (Balech) Taylor sec. Kodama et al., 1988 (Balech) Balech Balech (Balech) Loeblich & Loeblich (Balech) Taylor Balech Gruppo PSP Gruppo PSP PSP PSP Ingestione di molluschi Ingestione di molluschi Gruppo PSP PSP Ingestione di molluschi Gruppo PSP PSP Ingestione di molluschi Gruppo PSP Gruppo PSP PSP PSP Ingestione di molluschi Ingestione di molluschi (continua) 254 Tabella 9 (segue). Effetto Modalità di Specie algali Autori Tossine sull’uomo trasmissione Ingestione di Alexandrium lusitanicum Balech Gruppo PSP PSP molluschi (Paulsen) Alexandrium ostenfeldii Balech & Tangen Goniodoma ostenfeldii * Paulsen Gonyaulax ostenfeldii * (Paulsen) Paulsen Ingestione di Spirolodi Neurotossine Gonyaulax globosa * (Braarud) Balech molluschi Protogonyaulax globosa (Braarud) Taylor (Paulsen) Gessnerium ostenfeldii * Loeblich & Loeblich Ingestione di Alexandrium tamiyavanichi Balech Gruppo PSP PSP molluschi Claparede & Ingestione di Dinophysis norvegica Gruppo DSP DSP Lachmann molluschi Ingestione Gambierdiscus toxicus Adachi & Fukuyo Ciguatossina Ciguatera di pesci Gymnodinium breve Davis Ingestione di molluschi Dermigeno Brevetossina Contatto con Ptychodiscus brevis * (Davis) Steidinger NSP acqua Aerosol Hormothamnion Ingestione Grunow Ormotamnine Epatotossico enteromorphoides di acqua Dermigeno Ingestione e Debromo-Gastroenterico Lyngbya majuscola Harvey contatto con aplysiatossina Neuro- acqua epatotossico Dermigeno Ingestione Nodularia spumigena  Mertens Nodularina Gastroenterico di acqua Epatotossico Aerosol (continua) 255 Tabella 9 (segue). Specie algali Autori Tossine Effetto sull’uomo Modalità di trasmissione Ostreopsis heptagona Noms, Bomber & Balech Tossine n.i. Ciguatera Ingestione di pesci Ostreopsis lenticularis Fukuyo Ostreotossina Ciguatera Ingestione di pesci Ostreopsis mascarenensis Quod Tossine n.i. Ciguatera Ingestione di pesci Ostreopsis siamensis Schmidt Tossine n.i. Ciguatera Ingestione di pesci Ostr Palmaria palmata (Linnaeus) O. Kuntze Acido kainico ° ASP Ingestione di pesci Prorocentrum cassubicum Exuviaella cassubica * (Woloszynsska) Dodge Ehrenberg Gruppo DSP Acidi grassi tossici DSP Ingestione di molluschi Prorocentrum concavum Fukuyo Gruppo DSP Acidi grassi tossici DSP Ingestione di molluschi Prorocentrum hoffmannianum Faust Gruppo DSP Acidi grassi tossici DSP Ingestione di molluschi Prorocentrum maculosum Faust Gruppo DSP DSP Ingestione di molluschi (probabile) Prorocentrum mexicanum Tafall Gruppo DSP Acidi grassi tossici DSP Ingestione di molluschi Pseudo-nitzschia australis Pseudo-nitzschia pseudoseriata * Frenguelli Hasle Gruppo ASP ASP Ingestione di molluschi (continua) 256 Tabella 9 (segue). Effetto Modalità di Specie algali Autori Tossine sull’uomo trasmissione Pseudo-nitzschia (Hasle) Hasle multiseries Nitzschia pungens var. Gruppo ASP Ingestione di Hasle ASP multiseries * molluschi Pseudo-nitzschia Hasle pungensvar. multiseries * Pseudo-nitzschia seriata (Cleve) H. Peragallo Gruppo ASP Ingestione di var. seriata ASP molluschi Nitzschia seriata * Cleve Pyrodinium bahamense var. (Bohm) Steidnger, Ingestione di Gruppo PSP PSP Plate compressum Tester & Taylor molluschi  Neuro-Ingestione Synechocystis sp. Sauvageau Anatossina-C epatotossico di acqua Dermigeno Contatto Gastroenterico con acqua Trichodesmium erythraeum Ehrenberg Ciguatossine Neuro-Ingestione di epatotossico acqua e pesci Dermigeno Gastroenterico Ingestione Ulva pertusa C. Agardh Tossina n.i. Neuro-di pesci epatotossico   * sinonimo del termine precedente; ° analogo dell’acido domoico; acqua salmastra; acqua dolce e marina; n.i.: non identificata. 257 Tabella 10. Specie presenti in altri mari e che producono tossine con effetti sulla fauna ittica. Specie algali Autori Tossine Effetto acuto sulla fauna Alexandrium monilatum (Howell) Taylor Ittiotossina Emolisina Moria di molluschi e pesci Amphidinium klebsii Kofoid & Swezy Amfidinolidi Moria di molluschi e pesci Aureococcus anophagefferens Hargraves & Sieburth Componente della membrana cellulare Moria di molluschi Chattonella antiqua (Hada) Ono Itttiotossina n.i. Tossina emolitica Perossido di idrogeno Radicali idrossilici Moria di molluschi e pesci Chattonella marina (Subrahmanyan) Hara & Chihara Neurotossine Acidi lipoteicoici emolitici Perossido di idrogeno Radicali idrossilici Moria di molluschi e pesci Chrysochromulina leadbeateri Estep, Daws, Hargraves & Sieburth Primnesina Moria di molluschi e pesci Fibrocapsa japonica Toriumi & Takano Fibrocapsina Moria di molluschi e pesci Gymnodinium galatheanum Woloszynskia micra * Gymnodinium micrum * Braarud Leadbeater & Dodge (Leadbeater & Dodge) Loeblich III Itttiotossina n.i. Moria di molluschi e pesci Gymnodinium veneficum Gymnodinium vitiligo * Ballantine Neurotossina Moria di molluschi Pfiesteria piscicida Steidinger Neurotossina Moria di molluschi e pesci Prorocentrum balticum Exuviaella baltica * (Lohmann) Loeblich Lohmann Itttiotossina n.i. Moria di pesci * sinonimo del termine precedente; n.i.: non identificata. 258 -le saxitossine aphantossine (da Aphanizomenon flos-aquae, Anabaena circinalis e, recentemente aggiunta, Lyngbya wollei), composti guanidinici eterociclici, potenti bloccanti della conduzione dei canali del sodio, responsabili di gastroenteriti acute, paralisi e morte; -le anatossine (da Anabaena flos-aquae e Cylindrospermopsis sp.) ed omoanatossine (da Oscillatoria formosa), potenti bloccanti neuromuscolari post-sinaptici e depolarizzanti, ed anticolinesterasi irreversibili, responsabili anch’esse di gastroenteriti acute, paralisi e morte; -lipopolisaccaridi da numerose specie. Oltre alle tossine, le alghe possono produrre una grande varietà di sostanze, molte delle quali sono dotate di proprietà odorose acute e persistenti che possono rendere l’acqua potabilizzata inaccettabile per gli utenti. Insieme alle Cianoficee, delle cui specie il 45% impartisce odori o sapori particolari all’acqua, anche altri taxa di alghe producono un gran numero di sostanze odorose: le Crisoficee, le Criptoficee, il 14% delle specie di Dinoficee pigmentate, il 20% delle specie delle Cloroficee, ed il 21% delle specie di Diatomee. Le sostanze prodotte sono tra le più varie, e comprendono geosmina, metilisoborneolo, alcani, alcooli, idrocarburi alifatici saturi ed insaturi, tra cui n-eptani, aldeidi, chetoni, esteri, tioesteri, mercaptani e sostanze solforate. Oltre a questi metaboliti, al momento della morte e decomposizione le alghe rilasciano tra vari composti eterogenei anche composti fenolici, che durante i processi di disinfezione e potabilizzazione possono trasformarsi in clorofenoli. Le alghe morte sono a loro volta substrato per attinomiceti, batteri, funghi ed invertebrati, anch’essi produttori di odori e sapori. I principali composti chimici odorosi prodotti dalle alghe sono costituiti: -dalla geosmina, prodotto intracellulare con odore di terra, intermedio della sintesi dei carotenoidi e della clorofilla liberato con la morte o il decadimento cellulare, che si presenta come un olio neutro con punto di ebollizione a 270°C; induce proteste negli utenti a partire da un livello di 30-45 ng/L, ed è caratteristica delle Cianoficee Anabaena macrospora, Anabaena circinalis, Oscillatoria brevis, Oscillatoria bornetii e Planktothrix aghardii; -dal 2-metilisoborneolo, forma enantiomera della d-canfora, anch’esso prodotto intermedio della sintesi degli isoprenoidi nelle Cianoficee; induce proteste a partire da 8-10 ng/L ed è prodotto, tra le varie specie, da Phormidium tenue, Oscillatoria raciborskii, Oscillatoria cortiana ed Oscillatoria tenuis ; -da lattoni, tra cui il mucidone, e dalla 2-isopropil-3-metossipirazina; -da aldeidi come eptanale ed esanale, prodotte da Uroglena e Dinobryon, e decanale, prodotta da Uroglena, Dinobryon ed Asterionella formosa; -dall’octatriene, prodotto da Asterionella formosa e Fragilaria crotonensis; -dal b-ciclocitrale, prodotto da Microcystis. Alcune Oscillatoriacee, come O. brevis e Phormidium tenue, ed in misura minore O. tenuis ed Anabaena macrospora, vengono avvantaggiate nella crescita e nella produzione di 2-metilisoborneolo dalla presenza di ioni ferro, che possono utilizzare 259 sotto diverse forme. La geosmina viene rilasciata da Anabaena circinalis, O. brevis ed O. bornetii durante la lisi cellulare che caratterizza la fase stazionaria. La normativa auspica l’assenza di alghe nell’acqua potabile in quanto, in particolari circostanze, la loro presenza può renderne pericolosa l’assunzione, come anche ribadito dal Decreto del Ministro della Sanità del 26 marzo 1991. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per le acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza di alghe, con il metodo di seguito presentato viene data la possibilità di quantificarne, se presente, il numero nelle acque destinate al consumo umano. La procedura analitica si basa sull’identificazione microscopica delle specie algali potenzialmente tossiche presenti in un campione d’acqua dolce e sul calcolo del loro numero per litro, mediante un’apposita equazione. 3. Strumentazione e vetreria Per lo svolgimento del metodo, oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1) è necessario avere a disposizione: -bottiglie di vetro Pyrex chiare e scure da 1 L, o bottiglie di teflon da 1 L; -bottiglie per campionamento tipo Van Dorn, Ruttner o Niskin da almeno 2,5 L di capacità, con apposito verricello a mano o collegato ad un motorino elettrico; -o in alternativa, Pompe a diaframma alimentate a batteria e collegate a tubi, che consentono il prelievo di acqua da profondità prefissate. -invertoscopio attrezzato con obiettivi per ottenere ingrandimenti almeno fino a 300 x; -pozzetti di sedimentazione da 25 mL. 4. Reagenti 4.1. Soluzione di Lugol Composizione: Iodio 10 g Ioduro di potassio 20 g 260 Acqua distillata 200 mL Acido acetico glaciale 20 mL Sciogliere i componenti nell’acqua distillata, ed aggiungere al momento del campionamento l’acido acetico glaciale, che dovrà raggiungere una concentrazione finale dell’1%. Aggiungere la soluzione a 1 L di campione in quantità tale che questo assuma un colore giallo ambrato. Conservare il campione colorato al buio fino all’arrivo in laboratorio. 5. Procedura 5.1. Campionamento L’obiettivo di un programma di monitoraggio ed allerta dovrebbe essere quello di: -identificare le Cianoficee e stimarne la quantità rispetto al restante fitoplancton; -se le Cianoficee presenti superano il 15-20% del totale, adottare un programma di monitoraggio settimanale per individuare i popolamenti di specie potenzialmente tossiche e controllarne l’evoluzione prima che sviluppino fioriture di massa; -avvertire le autorità responsabili della eventuale presenza di specie tossiche o potenzialmente tossiche in rapido aumento. Nel caso di prelievo di campioni in corpi idrici, la scelta dei punti di campionamento dovrà garantire la significatività dei risultati in rapporto all’indice di sinuosità del corpo d’acqua esaminato, ed alla sua profondità. In un invaso, il numero minimo di stazioni dovrà comprendere i quattro punti cardinali rivieraschi ed un punto a centro lago con prelievi nella colonna d’acqua, ogni 5 m fino al fondo. Il prelievo di campioni lungo la colonna d’acqua è utile per determinare la distribuzione e la frequenza dei popolamenti algali tossici in funzione della profondità e per avere un quadro complessivo delle condizioni chimico-fisiche dei diversi strati d’acqua a temperatura differente. Inoltre può essere necessario, in caso di fioriture tossiche lacustri, localizzare con precisione l’estensione verticale della fioritura, per valutare l’entità del risucchio attraverso le bocche di presa posizionate in profondità. Nei corpi d’acqua soggetti a stratificazione termica, il rimescolamento completo avviene solo durante i mesi invernali. I campionamenti lungo la colonna d’acqua vanno pertanto eseguiti ogni 5 metri a partire dalla superficie, attraverso lo strato superficiale più caldo, l’epilimnio, fino allo strato profondo più freddo, l’ipolimnio, comprendendo anche lo stretto strato separatore intermedio, detto termoclino, caratterizzato da una differenza di temperatura maggiore di 1°C per ogni metro di profondit gradiente termico di questo strato impedisce il mescolamento di epilimnio ed ipolimnio e quindi la libera diffusione dell’ossigeno disciolto, prodotto dalle alghe o diffuso dall’atmosfera, dalla superficie al fondo. E’ consigliabile eseguire anche un campionamento nei pressi del fondo per controllare l’andamento dell’ossigeno disciolto negli strati profondi durante l’anno. Il campionamento va eseguito mediante bottiglie tipo Van Dorn, Ruttner o Niskin, di 261 capacità non inferiore a 2,5 L, dotate di chiusura comandabile a distanza con messaggero e di un termometro a rovesciamento che registri la temperatura delle varie profondità rilevando la posizione del termoclino durante le stagioni. La bottiglia va calata alle varie profondità mediante un sistema a verricello. Il campione d’acqua prelevato dovrà essere ripartito tra le diverse analisi da compiere, ficologiche e chimiche. Nel caso di prelievo di acqua, all’impianto, i prelievi verranno effettuati: -prima della presa, -dopo ogni fase di trattamento nell’impianto, -all’uscita dell’impianto di trattamento. Prelevare almeno 1 L di acqua per ogni campione da esaminare a circa 30 cm di profondità e conservarlo a circa +4°C e al buio durante il trasporto in laboratorio. 5.2. Preparazione del campione In laboratorio mescolare delicatamente 1 L di campione in una bottiglia capovolgendola fino a 50 volte, poi riempire con l’acqua del campione un pozzetto di sedimentazione da 25 mL fino all’orlo superiore, e chiuderlo con l’apposito disco di vetro, avendo cura che tra il menisco dell’acqua e la superficie del vetro non rimangano bolle d’aria. Lasciare sedimentare il pozzetto per 24-48 ore (3-4 ore per ogni cm d’altezza del cilindro) e conservare il campione residuo a circa +4°C. I campioni devono essere sempre esaminati freschi, poiché i fissativi che ne permettono la conservazione causano la lisi delle cellule più anziane, o dissolvono le teche. Ove questo non sia possibile, può essere aggiunta al campione una soluzione di Lugol (4.1.), finché l’acqua non prenda un colore giallo paglierino. In questo caso trasferire il campione fissato in bottiglie di vetro scuro, da conservare a circa +4°C ed al buio, avendo cura di eseguire l’esame entro 1 mese dalla fissazione. Il Lugol, infatti, causa la lenta dissoluzione delle teche silicee delle diatomee, non permettendo di valutarne la presenza. Il DPR 236/88 richiede solo la verifica della eventuale presenza di alghe; tuttavia qualora si desideri procedere al conteggio delle cellule algali in caso di acque particolarmente oligotrofiche, sarà necessario operare la sedimentazione di 100 mL di campione o più, adoperando opportuni speciali cilindri di sedimentazione; nei casi estremi filtrando l’intero litro di campione su filtri di vetro, e dilavando poi il filtrato nei pozzetti di sedimentazione. 5.3. Determinazione delle cellule algali Al termine della sedimentazione, esaminare il pozzetto di sedimentazione con un invertoscopio che arrivi almeno fino a 300 ingrandimenti. Il sedimentato dovrà essere leggibile, con cellule non troppo addensate. In caso contrario, la procedura di sedimentazione dovrà essere ripetuta, diluendo adeguatamente il campione prima di sedimentarlo, e tenendo conto della diluizione eseguita al momento dell’eventuale calcolo del numero di cellule per millilitro. 262 6. Conteggio ed identificazione degli organismi Il conteggio va eseguito in genere sui singoli individui, ma in presenza di specie coloniali difficilmente separabili può essere eseguita la conta delle colonie, o filamenti, riferendosi nel conteggio al numero di filamenti o colonie/L, oppure, ove possibile, può essere eseguito un conteggio delle cellule presenti in 50 o 100 filamenti o colonie, calcolando la media delle cellule presenti e contando successivamente solo i filamenti o le colonie presenti, moltiplicando poi questo numero per la media delle cellule calcolata. L’esame del campione va eseguito al microscopio invertito dotato di contrasto di fase adoperando un obiettivo che consenta un ingrandimento finale di almeno 300x. È possibile effettuare il conteggio delle cellule su campi di dimensioni corrispondenti al campo visivo o dell’area del reticolo inserito nell’oculare. Il numero di campi da esaminare può essere prefissato ovvero possono essere esaminati tanti campi fino a contare 100 unità della specie dominante. 7. Calcoli ed espressione dei risultati Il numero totale delle cellule algali si esprime in numero N° / mL di acqua e si ottiene dalla seguente formula: C × At N ° / mL = Af × F ×V dove: C = N° di organismi contati At = area totale del fondo del cilindro in mm2 Af = area di un campo in mm2 F = N° dei campi contati V = volume del cilindro in mL. BIBLIOGRAFIA INNAMORATI M., FERRARI I., MARINO D., RIBERA D’ALCALÀ M. Metodi nell’ecologia del plancton marino. Nova Thalassia 11 pp. 372, 1990. 263 DETERMINAZIONE DELLA CLOROFILLA a 0. Generalità e definizioni Le clorofille sono molecole a struttura tetrapirrolica che legano al centro un atomo di magnesio, a funzione di accezione fotonica durante la sintesi fotochimica. Questa reazione consente alle piante, e quindi anche alle alghe, di avere un metabolismo autotrofo, cioè di elaborare zuccheri a partire semplicemente da acqua ed anidride carbonica. Esistono vari tipi di clorofille, diversamente distribuite nei phyla algali. Il metodo che segue consente di stimare la biomassa autotrofa planctonica, tramite il rilevamento del suo principale pigmento clorofilliano. La clorofilla a, contenuta in tutti i phyla algali, permette di valutare la presenza complessiva di tutte le alghe, procariotiche ed eucariotiche, che in un dato momento compongono il fitoplancton. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per le acque sorgive, sotterranee e superficiali destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Il metodo si basa sulla determinazione spettrofotometrica della clorofilla a estratta in acetone dalle cellule fitoplanctoniche preconcentrate su filtro. La molecola è, infatti, in grado di assorbire la luce rossa dello spettro visibile. Acidificando l’estratto si ha la perdita dell’atomo di magnesio dal nucleo porfirinico della clorofilla a che degrada a feofitina. La successiva misura spettrofotometrica dell’estratto acidificato consente, inoltre, il calcolo delle concentrazioni della feofitina a e delle clorofille b e c nel campione originale, mediante l’applicazione di equazioni che fanno uso dei rispettivi coefficienti di assorbimento. In alternativa è possibile stimare le concentrazioni dei pigmenti fotosintetici mediante fluorimetria diretta del campione. La tecnica si basa sulla misura della radiazione rossa (680 ± 2 nm) di fluorescenza emessa dalla clorofilla a e dai pigmenti accessori in seguito ad eccitazione con luce blu (432 ± 4 nm). Gli spettrofluorimetri disponibili sul mercato consentono la stima della clorofilla a in un intervallo di concentrazioni compreso tra 0,01 e 10 mg/L. L’impiego di fluorimetri in situ consente, inoltre, il rilevamento in tempo reale della biomassa autotrofa e permette di evidenziarne le caratteristiche di distribuzione verticale ed orizzontale. 264 3. Interferenze e cause d’errore La concentrazione del campione sul filtro deve essere effettuata con cura. Un’eccessiva depressione creata dalla pompa aspirante avrebbe come effetto la rottura delle cellule vegetali con il conseguente passaggio dei pigmenti attraverso il filtro. La stabilità della clorofilla dipende in larga misura dalla luce, dalla temperatura e dal pH del mezzo. Quindi particolare attenzione merita la manipolazione del campione e dell’estratto. La selezione della banda passante e delle lunghezze d’onda per le letture allo spettrofotometro è causa frequente d’errore e pertanto va effettuata con cura. Il picco di assorbimento della clorofilla è molto stretto e la banda passante ottimale è tra 0,5 e 2,0 nm. Con bande passanti di 20,0 nm, ad esempio, si può avere una sottostima del 40%. L’estrazione va eseguita immediatamente per prevenire i rapidi processi degradativi ai quali va incontro la clorofilla a contenuta nelle cellule. Al contrario, l’estratto in acetone può essere conservato al buio ed a circa +4°C anche per una settimana. Nelle misure fluorimetriche la corrispondenza delle misure con la reale concentrazione di clorofilla a deve essere verificata frequentemente con dosaggi su estratti acetonici, a causa della notevole variabilità del rapporto tra l’intensità di fluorescenza e la concentrazione di clorofilla a nei popolamenti naturali. Le principali cause di variazione sono: -la presenza in mare di sostanze fluorescenti con caratteristiche spettrali interferenti con quelle della clorofilla, come acidi umici, sostanza gialla e cellulosa; -l’interferenza di fenomeni ottici come diffusione, autoassorbimento e quencing, che però assumono un ruolo determinante solo con concentrazioni di pigmento molto elevate; -il differente stato fisiologico degli organismi algali, che può riflettersi in una variabile efficienza di fluorescenza, a parità di contenuto di clorofilla a. Oltre a questi fattori, possono costituire fonte di variazione i cambiamenti di temperatura e le fluttuazioni dei nutrienti, le differenze dei vari taxa nella composizione in pigmenti, le condizioni di stress, i ritmi biologici ed anche le modalità di svolgimento della cinetica di induzione della fluorescenza. Il limite di rilevabilità del metodo dipende dal volume di acqua filtrata e dalla sensibilità dello spettrofotometro utilizzato. 4. Strumentazione e vetreria Oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1) è necessario avere a disposizione: -beute da vuoto con supporti per filtri in Pyrex da 47 mm di diametro; -centrifuga; -filtri in acetato di cellulosa o nitrato di cellulosa (preferibile) con porosità 0,45 mm e diametro 47 mm; 265 -manometro; -omogeneizzatore; -pinzette a punte piatte; -pompa; -provette da 10 mL con tappo a tenuta; -sistema di omogeneizzazione a cavitazione; -spettrofluorimetro con sensibilità estesa nella regione del rosso (800 nm); -spettrofotometro UV/VIS. 5. Reagenti 5.1. Soluzione acquosa di acetone al 90% Preparare al momento. 5.2. Soluzione di acido cloridrico 1 N Composizione: Acido cloridrico al 37% 8,2 mL Acqua distillata Diluire a 100 mL con acqua distillata. 6. Procedura 6.1. Campionamento e conservazione del campione Il campione va prelevato in bottiglie scure di vetro o di plastica e trasportato entro 8 ore in laboratorio utilizzando una borsa termica ad una temperatura di circa +4°C. Il prelievo va effettuato a circa 30 cm sotto il pelo dell’acqua. Si consiglia di filtrare volumi di acqua compresi tra 0,5 e 2,0 L per concentrazioni di clorofilla comprese tra 1 e 20 mg/L. Nel caso, poco frequente, in cui la concentrazione sia inferiore a 1 mg/L, è preferibile utilizzare il metodo fluorimetrico, in quanto più sensibile di quello spettrofotometrico. 6.2. Preparazione del campione Servendosi delle pinzette porre il filtro sul supporto e filtrare un volume idoneo di campione utilizzando l’apposito sistema di filtrazione. E’ necessario applicare una depressione non superiore ai 50 Kpa (350 mm Hg). 266 6.3. Estrazione Omogeneizzare per 10 s il filtro in 10 mL di acetone-acqua al 90% con un omogeneizzatore regolato alla velocità di 25.000-30.000 rpm. Porre il campione al buio a circa +4°C e lasciare in posa per 10 min. Chiarificare trasferendo l’omogenato in una provetta e centrifugando per 20 min a 6.000 xg; prelevare poi il surnatante (estratto) dosandone il volume. Nel caso in cui si utilizzi lo spettrofluorimetro, preparare una soluzione a titolo noto di clorofilla a in acetone al 90% e, per diluizione, alcune soluzioni di lavoro a concentrazioni decrescenti. 6.4. Determinazione spettrofotometrica Misurare l’assorbanza del surnatante alle lunghezze d’onda di 750, 663, 645 e 630 nm utilizzando un bianco costituito dalla soluzione di acetone al 90%. La lettura dell’estratto a 750 nm fornisce una misura della torbidità dell’estratto che non deve essere superare 0,01 unità di assorbanza. In caso contrario ripetere il procedimento di chiarificazione. 6.5. Determinazione spettrofluorimetrica Impostare le lunghezze d’onda di eccitazione e di emissione in corrispondenza dei rispettivi massimi rilevati nella lettura delle soluzioni a titolo noto. Misurare la fluorescenza delle soluzioni di lavoro prima e dopo acidificazione con acido cloridrico. Determinare la fluorescenza del campione non estratto. Ove necessario testare la validità dei risultati su estratti del campione, procedendo come segue: filtrare i campioni ed estrarre i pigmenti come per il metodo spettrofotometrico; misurare la fluorescenza dell’estratto prima (Fo) e dopo (Fa) acidificazione con acido cloridrico, diluendo i campioni che presentano valori di fluorescenza più elevati della soluzione di lavoro a concentrazione maggiore. 7. Calcolo dei risultati 7.1. Determinazione spettrofotometrica Inserire le assorbanze (A) nell’equazione di calcolo della clorofilla a: Ve mg / L =[11,64 × ( A663 -A750 ) -2,16 × ( A645 -A750 ) -0,10 × ( A630 -A750 )]× Vf dove: Ve = volume (mL) dell’estratto Vf = volume (L) del filtrato 267 7.2. Determinazione spettrofluorimetrica Calcolare il fattore medio di concentrazione o costante di calibrazione c ed il fattore di acidificazione x come segue: c = CChl Fo x = Fo Fa dove: CChl = valore medio della concentrazione della clorofilla nelle soluzioni di lavoro Fo = valore medio della fluorescenza delle soluzioni di lavoro prima dell’acidificazione Fa = valore medio della fluorescenza delle soluzioni di lavoro dopo l’acidificazione Calcolare la concentrazione della clorofilla nel campione utilizzando le seguenti equazioni: 3 c × x × v Clorofilla a: mg / dm = (Fo -Fa ) × (x -1) ×V 3 c × x × v Feofitina a: mg / dm = (Fa × x -Fo ) × (x -1) ×V dove: c = CChl Fo x = Fo Fa v = volume dell’estratto (mL) V = volume di campione filtrato (mL) Nel caso in cui il metodo spettrofluorimetrico venga applicato direttamente al campione senza estrazione sostituire i volumi dell’estratto e del campione filtrato con il volume del campione analizzato. 269 DETERMINAZIONE DELLE TOSSINE ALGALI 0. Generalità e definizioni Le tossine prodotte dalle Cianoficee non vengono inattivate dagli ordinari processi di purificazione dell’acqua (chiari-flocculazione, filtrazione, preclorazione), mentre le alghe che le producono generalmente non arrivano in rete: in questo modo i consumatori non hanno modo di rendersi conto della presenza di tossine nell’acqua di rubinetto, perché queste non emettono odori o sapori particolari. Il sistema con il 100% di efficienza per l’abbattimento delle tossine negli impianti di trattamento consiste nel passaggio dell’acqua privata delle alghe attraverso filtri a carboni attivi composti da microparticelle ricoperte da mesopori di diametro da 2 a 50 nm; altri sistemi comprendono l’ozonizzazione o la clorazione a pH inferiore a 8, in condizioni tali da garantire una concentrazione residua di almeno 0,5 mg Cl2 / L dopo 30 min di contatto. Queste due opportunità non garantiscono però contro la formazione di trialometani dalla sostanza organica ancora presente nell’acqua. Alla fine di una fioritura, Microcystis aeruginosa secerne grandi quantità di composti polisaccaridici. Questo materiale è solo parzialmente rimosso con i processi di coagulazione, flocculazione e sedimentazione, e conferisce proprietà anomale all’acqua di rete. I sistemi di rimozione dei composti algali odorosi dalle acque comprendono, ad un pH ottimale tra 7 e 9, la filtrazione lenta su letto di sabbia dell’acqua superficiale da adibire ad uso potabile. In questo modo vengono trattenuti i terpenoidi, gli ocatrieni e le molecole di alcani più grandi del dodecano. Questo genere di depurazione può essere a sua volta fonte dei problemi che dovrebbe risolvere: negli impianti svedesi, che ne fanno uso, sono state segnalate formazioni di acidi grassi a corta catena carboniosa, come acido butirrico, acido valerico ed isovalerico, accompagnati dai rispettivi metil, etil e propil esteri, a loro volta potenti cause di sapore ed odore nelle acque. I filtri a porcellana porosa granulare garantiscono un’efficienza di rimozione del 2-metilisoborneolo non superiore al 60-80%, a seconda della quantità di sostanza presente, largamente variabile, nella stagione di produzione. La flottazione con aria dissolta (FAD o, in inglese, DAF) da sola non elimina completamente gli odori. I filtri a sabbia ghiaiosa (diametro delle particelle compreso tra 4 e 10 mm) inoculati con Pseudomonas fluorescens fermano sia la geosmina che il 2-metilisoborneolo. Altri microrganismi ritenuti capaci della degradazione di queste sostanze sono lo Pseudomonas putrefaciens, lo Pseudomonas aeruginosa, la Candida, il Flavobacterium multivorum, il Bacillus subtilis, che ha dato ottimi risultati inoculato su filtri a carbone bioattivato, ed una specie ambientale oligotrofica di Bacillus. La diluizione della fonte d’acqua odorosa con acque di zone immuni, ove possibile, contribuisce a semplificare il problema della depurazione. Il sistema attuale maggiormente in uso per procedere all’eliminazione degli odori comporta l’uso di filtri a carbone attivo in polvere (CAP o, in inglese, PAC) o granulare (CAG o, in inglese, 270 GAC), da cambiare almeno una volta all’anno, eventualmente in associazione con trattamenti ossidativi. A questo proposito, è stato osservato che i filtri CAP, benché efficaci, possono avere basse rese in presenza di grosse quantità di particolato organico sospeso, che non disturbano invece i filtri CAG. Un ossidante particolarmente efficace e con potere alghicida è il permanganato di potassio ad alte dosi e a pH compreso tra 3 e 11,5, ma si tende ad abbandonarne l’uso per via della formazione di ossidi di manganese insolubili. Sistemi di controllo sperimentali vengono condotti oggi in paesi, come il Giappone e gli Stati Uniti, dove i problemi dovuti ad odori e sapori nell’acqua di rubinetto sono comuni ed ampiamente diffusi. In particolare viene tentato l’immagazzinamento dell’acqua eutrofica in riserve profonde o coperte (dopo quattro o cinque mesi i livelli di geosmina e 2-metilisoborneolo si riducono anche del 60-70%); l’uso di filtri a torba e terriccio; l’associazione di ozono e perossido di idrogeno con tempo di contatto compreso tra 6 e 12 min (80-90% di rimozione con una dose di 2 mg/L di ozono ed un tasso H2O2/O3 di 0,2). Quest’ultimo metodo, però, può trasformare gli odori presenti in altri ugualmente sgraditi. Il passaggio attraverso filtri CAG -filtri a sabbia è risolutivo, come anche la combinazione chiarificazione con FAD -filtrazione su CAG. Recentemente grande attenzione ha suscitato l’uso di zeoliti US-Y (SiO2/Al2= 80), resine rigenerabili che O3 attualmente sembrano dare risultati notevoli con relativa economicità di esercizio. L’efficienza di absorbimento per geosmina e 2-metilisoborneolo non viene ridotta dalla durezza dell’acqua o dalla presenza di basse concentrazioni di acido umico (5 mg C/L). Il procedimento di filtrazione su CAP -ultrafiltrazione su filtri a taglio molecolare di 100.000 dalton (diametro particellare 10 nm) è efficace per tutte le sostanze odorose e per i microrganismi, ma troppo oneroso come sistema di routine. 1. Analisi strumentale delle tossine estratte dalle alghe 1.1. Analisi in HPLC delle tossine PSP Sospendere, con il vortex, un centrifugato di 200 mg di cellule algali in 50 mL di acido acetico 0,05 M; sonicare a 30-40°C per 5 min (dopo 2,5 min trattare al vortex per 20 s, poi sonicare per i restanti minuti). Centrifugare per 20 min ad 8.000 xg e raccogliere il surnatante. Sospendere nuovamente il centrifugato residuo in altri 50 mL di CH3COOH 0,05 M e ripetere la procedura. Al termine unire i due surnatanti e procedere con la successiva analisi cromatografica. Utilizzare un HPLC provvisto di una colonna a fase inversa del tipo C8, seguita da un reattore post-colonna e da un rivelatore spettrofluorimetrico (lunghezza d’onda di eccitazione: 330 nm; lunghezza d’onda di emissione: 390 nm). A titolo di esempio si consiglia di impostare il flusso della fase mobile a 0,8 mL/min, quando si utilizza una colonna 250 x 4,6 mm impaccata con particelle da 5 mm. I tre differenti gruppi di tossine PSP possono essere separati utilizzando eluenti a composizione diversa: 271 -acido 1-eptansolfonico 2 mM in soluzione tampone (pH 7,1) di ammonio fosfato 10 mM per il gruppo delle gonyautossine; -acetonitrile + acido 1-eptansolfonico 2 mM in soluzione tampone (pH 7,1) di ammonio fosfato 30 mM (5:100) per le saxitossine; -tetrabutilammonio fosfato 1 mM acidificato a pH 6 con acido acetico per le tossine da C1 a C4. All’uscita dalla colonna immettere, in continuo, acido periodico 7 mM in soluzione tampone (pH 9) di sodio fosfato 50 mM al flusso di 0,4 mL/min.. Riscaldare a 65°C facendo fluire l’eluente attraverso un tubo di teflon preriscaldato (500 mm di diametro interno, 10 m di lunghezza) ed immettere acido acetico 0,5 N al flusso di 0,4 mL/min. 1.2. Analisi di microcistine e nodularine in HPLC Sospendere, con il vortex, un centrifugato di 200 mg di cellule algali in 10 mL di acqua sterile bidistillata; sonicare a 30-40°C per 5 min (dopo 2 min e mezzo trattare al vortex per 20 s, poi sonicare per i restanti minuti). Centrifugare per 20 min ad 8.000 g e raccogliere il surnatante. Sospendere nuovamente il centrifugato residuo in altri 10 mL di acqua sterile bidistillata e ripetere la procedura. Al termine unire i due surnatanti e procedere con la successiva analisi cromatografica. Utilizzare un HPLC provvisto di una colonna a fase inversa del tipo C18 e di un rivelatore spettrofotometrico (lunghezza d’onda: 238 nm). A titolo di esempio si consiglia di impostare il flusso della fase mobile a 1,0 mL/min, quando si utilizza una colonna 220-250 x 4,6 mm impaccata con particelle da 5 mm. Le tossine -RR, -YR, -LR possono essere separate utilizzando un eluente costituito da acetonitrile (10-30%) in soluzione tampone (pH 6,8-7,0) di fosfato acido di potassio. 1.3. Analisi gascromatografica della anatossina-a Sospendere, con il vortex, un centrifugato di 200 mg di cellule algali in 10 mL di acqua sterile bidistillata; sonicare a 30-40°C per 5 min (dopo 2 min e mezzo trattare al vortex per 20 s, poi sonicare per i restanti minuti). Centrifugare per 20 min ad 8.000 xg e raccogliere il surnatante. Sospendere nuovamente il centrifugato residuo in altri 10 mL di acqua sterile bidistillata e ripetere la procedura. Al termine unire i due surnatanti. Porre 2 mL di estratto algale in un pallone di separazione da 250 mL, diluirli con 20 mL di acqua sterile bidistillata, alcalinizzarli con NaOH 1 N fino a pH 11 e sottoporli a 4 estrazioni successive, ognuna effettuata con 50 mL di cloroformio. Filtrare la fase organica attraverso una colonna (25 x 1,5 cm) impaccata con 15 g di Na2SO4 anidro e raccogliere in matraccio da 250 mL. Effettuare il lavaggio finale della colonna con circa 25 mL di cloroformio. Ridurre il volume dell’estratto organico a 2-3 mL usando il Rotavapor (40°C), trasferire il concentrato in un pallone a fondo piatto da 50 mL ed evaporare a secco mediante una blanda corrente di azoto. Dissolvere l’estratto in 2 mL di acetone, addizionare 60 mL di KOH al 30% e 100 mL di pentafluorobenzilbromuro all’1% in acetone, quindi riscaldare 272 ad 80°C per 3 ore dopo aver connesso il pallone ad un refrigerante. Raffreddare a temperatura ambiente, far evaporare il solvente, dissolvere l’estratto in 1-10 mL di isoottano e procedere con la successiva analisi gascromatografica utilizzando un rivelatore a cattura di elettroni. 1.4. Analisi della geosmina e del 2-metilisoborneolo Filtrare un volume noto della soluzione, contenente una quantità nota di cellule, attraverso un filtro di policarbonato con pori di 200 mm. Successivamente estrarre il filtro in acetone, utilizzando una provetta di teflon tappata, ed analizzare gascromatograficamente l’estratto cellulare mediante un rivelatore a ionizzazione di fiamma (a titolo di esempio si consiglia l’impiego di una colonna capillare – diametro interno 250 mm, lunghezza: 50 m – contenente una fase 5%-fenilmetilsiliconica con spessore di film pari a 0,25 mm). Le sostanze presenti in acqua privata delle cellule possono essere dosate gascromatograficamente applicando la tecnica del CLSA (closed loop stripping analysis). Per la determinazione del 2-metilisoborneolo è stato messo a punto, di recente, un saggio ELISA (limite di rivelabilità: 1 mg/mL), disponibile in commercio. BIBLIOGRAFIA ANDO A., MIWA M., KAJINO M., TATSUMI S. Removal of musty-odorous compounds in water and retained in algal cells through water purification processes. Wat. Sci. Tech. 25(2): 299-306, 1992. BRUNO M., ATTARD BARBINI D., PIERDOMINICI E., SERSE A.P., IOPPOLO A. Anatoxin-a and a previously unknown toxin in Anabaena planctonica from blooms found in lake Mulargia (Italy). Toxicon 12(3): 369-373, 1994. ELLIS J., KORTH W. Removal of geosmin and methylisoborneol from drinking water by adsorption on ultrastable zeolite-Y. Wat. Res. 27 (4): 535-539, 1993. FALCONER I.R. Potential impact on human health of toxic Cyanobacteria. Phycologia 35 (6): 6-11, 1996. HARGESHEIMER H.E., WATSON S.B. Drinking water treatment options for taste and odor control. Wat. Res. 30 (6): 1423-1430, 1996. HOSON T. Growth characteristics of the musty odor producing alga, Oscillatoria tenuis. Wat. Sci. Tech. 25 (2): 177-184, 1992. KARLSSON S., GRIMVALL A., BOREN H. Drinking water off-flavour caused by the formation of short-chain fatty acids in slow sand filters. Wat. Sci. Tech. 31 (11): 49-54, 1995 . LORENZEN C.J. Determination of chlorophyll and phaeopigments with spectrophotometric equations. Limnol. Oceanogr. 12: 343-346, 1967. 273 LOWELL R.A. Toxicity of intraperitoneal doses of microcystin-LR in two strains of male mice. Jour. Environ. Pathol Toxicol. and Oncol. 9: 221-237, 1989. MC GUIRE M.J., KRASNER S.W., HWANG C.J., IZAGUIRRE G. Closed-loop stripping analysis as a tool for solving taste and odor. J. Am. Water Work Assoc. 73:530-537, 1981. MERILUOTO J.A.O., ERIKSSON J.E. Rapid analysis of cyanobacterial peptide toxins. Jour. Chromat. 438: 93-99, 1988. NAKASHIMA S., YAGI M. Iron forms that influence the growth and musty odor production of selected Cyanobacteria. Wat. Sci. Tech. 25 (2): 207-216, 1992. NEGRI A.P., JONES G.J., BLACKBURN S.I., OSHIMA Y., ONODERA H. Effect of culture and bloom development and of sample storage on paralytic shellfish poisons in the cyanobacterium Anabaena circinalis. Jour. Phycol. 33: 26-35, 1997. ROSEN B.H., MAC LEOD B.W., SIMPSON M.R. Accumulation and release of geosmin during the growth phases of Anabaena circinalis (Kutz.)Rabenhorst. Wat. Sci. Tech. 25 (2): 185-190, 1992. TEXEIRA DA GLORIA LIMA CRUZ M., DA CONCEICAO NASCIMIENTO COSTA M., LUCIA PIRES DE CARVALHO V., DOS SANTOS PEREIRA M., HAGE E. Gastroenteritis epidemic in the area of the Itaparica dam. Bahia, Brazil. Bullettin of the Pan American Health Organization 27 (3): 244253, 1993. UTKILEN H.C., FROSHAUG M. Geosmin production and excretion in a planktonic and benthic Oscillatoria. Wat. Sci. Tech. 25(2): 199-206, 1992. JEFFREY S.W., HUMPHREY G.F. New spectrophotometric equations for determining chlorophyll a, b, c-1 and c-2 in higher plants, algae and natural phytoplankton. Biochem. Physiol. Plant. Pfanzen. 167: 191-194, 1975. BIBLIOGRAFIA SISTEMATICA BOURRELLY P. Les algues d`eau douce. 3 Vol. Paris, Boubee ed., 1972. CARR N.G., WHITTON B.A. The biology of the blue-green algae. Botanical Monographs 17. Oxford: Blackwell, pp.676, 1973. CARR N.G., WHITTON B.A. The biology of Cyanobacteria. Botanical Monographs 17. Oxford: Blackwell pp. 688, 1982. FAY P., VANBAALEN C. The Cyanobacteria. Amsterdam: Elsevier pp. 543, 1987. FOGG G.E., STEWART W. D.P., FAY P., WALSBY A.E. The blue-green algae. London: Academic Press pp. 459, 1973. KOMAREK J., ANAGNOSTIDIS K. Modern approach to the classification system of Cyanophytes. I Introduction. Arch. Hydrobiol. Suppl., 71 (Algol. Studies 38/39): 291-302, 1985. 274 KOMAREK J., ANAGNOSTIDIS K. Modern approach to the classification system of Cyanophytes. Arch. Hydrobiol. Suppl., 73 (Algol. Studies 43): 157-226, 1986. KOMAREK J., ANAGNOSTIDIS K. Modern approach to the classification system of Cyanophytes. Arch. Hydrobiol. Suppl., 80 (Algol. Studies 50-53): 327-472, 1988. STARMACH K. Cyanophyta. Flora slodkowodna Polski 2. Warsawa: Polska Akademia, pp. 807, 1966. 275 DETERMINAZIONE DEI BATTERIOFAGI ANTI -ESCHERICHIA COLI 0. Generalità e definizioni I batteriofagi, per le loro caratteristiche chimico-fisiche e biologiche simili a quelle dei virus animali, sono stati utilizzati come modello di studi sulle interazioni virus-cellula ospite. Sono costituiti da una molecola di acido nucleico racchiusa in un involucro protettivo proteico. Il Comitato Internazionale di tassonomia dei virus li ha classificati, in base alla loro morfologia, in 11 famiglie, andando da una morfologia estremamente semplice (Leviviridae) con capside icosaedrico con una sola proteina ed una RNA-polimerasi associata all’RNA; ad una molto complicata (Myoviridae) con capside icosaedrico legato, tramite un anello, ad una coda contrattile. I batteriofagi possono moltiplicarsi esclusivamente all’interno della cellula batterica ospite metabolicamente attiva e competente. Le loro modalità replicative non differiscono da quelle dei virus animali. I dati riguardanti la distribuzione nell’ambiente dei fagi sono ancora frammentari ma è possibile individuare la loro presenza in tutte le matrici ambientali. Qualunque sia il loro habitat, esiste una popolazione fagica di batteri autoctoni ed una popolazione fagica proveniente da altri ambienti. L’interesse maggiore è rivolto a questa seconda categoria di fagi. In particolare, per quanto concerne gli ambienti acquatici, le informazioni più importanti riguardano la presenza di fagi infettanti i batteri del genere E. coli (colifagi); ciò è dovuto all’interesse che essi ricoprono in qualità di indicatori potenziali di una contaminazione virale di origine fecale. La loro distribuzione nel tratto digerente dell’uomo e degli animali è stata più volte studiata ed è stato dimostrato che il 23,5% di campioni di feci umane contiene colifagi con una concentrazione pari a 105 Unità Formanti Placca (UFP) per grammo di feci. Un aspetto importante è la capacità di moltiplicazione dei fagi nell’ambiente. I fagi infettanti i batteri autoctoni si replicano nell’ambiente in funzione della presenza del batterio ospite, dell’età fisiologica del batterio stesso e della densità rispettivamente del batterio ospite e del fago. Per i fagi specifici dei batteri alloctoni invece, la situazione è meno chiara. Una moltiplicazione nell’ambiente è stata osservata sia per i colifagi somatici, che riconoscono il loro recettore di attacco sulla superficie esterna del corpo batterico, che per i colifagi F specifici, che utilizzano come recettore il sex-pilus. La ragione di tale fenomeno è intuibile per i colifagi somatici in quanto questi, allo stesso modo del loro batterio ospite, sono in grado di moltiplicarsi a temperature di circa +15°C quali quelle riscontrabili in un ambiente idrico. I colifagi F-specifici possono infettare invece soltanto le cellule di E. coli che hanno sintetizzato il loro sex-pilus. La sintesi di questo recettore è possibile a temperature superiori a +30°C, ragion per cui è presumibile che la moltiplicazione nell’ambiente di questi fagi sia realizzabile soltanto se il loro batterio ospite ha sintetizzato precedentemente il sex-pilus nell’intestino degli omeotermi prima di essere versato nel mezzo idrico. 276 I batteriofagi sopravvivono nell’ambiente idrico più a lungo dei batteri autoctoni ed in particolare dei batteri indicatori di contaminazione fecale. Allo stesso modo dei virus animali la durata della loro sopravvivenza dipende dalla presenza di sostanza organica nel mezzo e dalla loro associazione con le particelle solide, dalla temperatura, dalla loro esposizione ai raggi ultravioletti, dal pH, ecc. La loro ubiquitarietà, soprattutto per quelli provenienti dall’uomo e dagli animali omeotermi, ha suggerito il loro utilizzo quali indicatori di contaminazione fecale. Nel corso dell’ultimo decennio i batteriofagi sono stati proposti come indicatori di contaminazione virale dei mezzi idrici e anche come indicatori di efficacia dei processi di depurazione e disinfezione delle acque. Le motivazioni che suggeriscono l’utilizzo dei colifagi come indicatori della presenza di virus umani possono essere così schematizzate: -i fagi si trovano in abbondanza nelle acque residue e contaminate; -le popolazioni dei colifagi sono più abbondanti di quelle degli enterovirus; -i colifagi sono incapaci di riprodursi senza il batterio ospite; -i colifagi possono essere isolati e quantificati con metodi semplici e poco costosi; -i tempi di risposta sono più brevi che per gli enterovirus; -alcuni colifagi sono più resistenti degli enterovirus all’inattivazione e alla disinfezione. Nel DPR 236/88 per questo parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua potabile, come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento dei batteriofagi anti- Escherichia coli nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza di batteriofagi anti-E. coli, con i metodi di seguito descritti viene comunque data la possibilità di quantificarne, se presenti, il numero. Vengono pertanto proposti tre metodi, di cui due quantitativi: il metodo MPN (numero più probabile -Most Probable Number) e il metodo del conteggio di placche di lisi su piastre di terreno agarizzato, e uno qualitativo di Presenza/Assenza. 3. Strumentazione e vetreria Per effettuare l’analisi, oltre la normale strumentazione di base di laboratorio (v. Appendice 1) è necessario disporre di: -spettrofotometro; -agitatore basculante. 277 4. Volume da analizzare Il volume da analizzare per poter effettuare un’analisi batteriofagica dipende dalla natura del campione di acqua. E’ necessario distinguere le acque superficiali da quelle potabili o potabilizzate per il fatto che la quantità di batteriofagi potrebbe essere sensibilmente differente. Si consigliano i seguenti volumi da analizzare, valori elaborati in base alla letteratura internazionale disponibile e sulla base di personali esperienze: acque superficiali: 0,1 -10 L acque sorgive: 10 -100 L acque di falda e potabili: 100 -1000 L Per i volumi più elevati, relativi ad acque presumibilmente poco contaminate, è necessario effettuare una preparazione del campione riducendo il volume elevato necessariamente prelevato mediante tecniche di concentrazione (filtrazione, ultrafiltrazione). 4.1. Batteri rivelatori raccomandati 4.1.1. E. coli C ATCC 13706 per la messa in evidenza dei colifagi somatici, ma è anche possibile utilizzare un batterio derivato da esso purché resistente all’acido nalidixico (7.2.1.). Quest’ultimo viene aggiunto all’Agar molle (7.1.3.) alla concentrazione finale di 100 mg/L. 4.1.2. Un batterio derivato da E. coli K 12 Hfr (alta frequenza di ricombinazione - High frequency recombination) per la messa in evidenza dei colifagi F-plus, che presenta i plasmidi di resistenza per la streptomicina (7.2.2.) e l’ampicillina (7.2.3.). Questi vengono aggiunti all’Agar molle (7.1.3.) alla concentrazione di 15 mg/L. 4.2. Preparazione e conservazione dei batteri rivelatori Il batterio rivelatore raccomandato può essere conservato a circa +4°C per non più di una settimana in terreno solido di crescita (7.1.2.). Può essere conservato per lungo tempo a -70°C in fiale con 2/3 di crescita batterica in terreno liquido (7.1.1.) e 1/3 di glicerolo anidro purissimo sterile. 5. Concentrazione: metodo con membrane filtranti (MF) 5.1. Terreni 5.1.1. Estratto di carne al 3%, pH 9,5 (eluente). Composizione: Estratto di carne 3 g Acqua distillata 100 mL pH 9,5 ± 0,2 278 In una beuta sterile reidratare la polvere, provvedendo al completo scioglimento con l’aiuto di un agitatore magnetico. Portare il pH al valore desiderato con l’aggiunta di idrossido di sodio. Sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C. 5.2. Filtri 5.2.1. Filtri elettronegativi. Questo modello di membrane filtranti presenta una superficie a carica elettrica negativa che ai valori di pH prossimi alla neutralità respinge le particelle virali. Riducendo i valori di pH del campione intorno a pH 3,5 si ottiene una inversione della carica elettrica superficiale dei virus che ne permette il loro adsorbimento. E’ possibile migliorare la capacità adsorbente del filtro aggiungendo cationi bi- o tri-valenti al campione da concentrare. Questa tecnica, largamente utilizzata per il recupero degli enterovirus da campioni ambientali, può essere applicata per il recupero dei batteriofagi ma con un minor rendimento; molti fagi infatti sono rapidamente inattivati dai bassi valori di pH. Adottando dei valori di pH leggermente più alti (da 3,8 a 4,0), ed effettuando un accurato controllo di esso durante le singole fasi della procedura di recupero, si ottengono risultati più soddisfacenti. Per valori di pH intorno a 6,0 ed in presenza di ioni magnesio a concentrazione 0,2 M è stato dimostrato un maggior rendimento. 5.2.2. Filtri elettropositivi. Ottimo è l’adsorbimento dei fagi ai filtri con carica elettrica superficiale positiva, piuttosto difficile risulta invece la loro completa eluizione; adottando come eluente una soluzione di estratto di carne al 3% con un valore di pH 9,5 ± 0,2 si ottengono risultati migliori. 5.3. Procedura di eluizione Dopo aver filtrato il campione per pressione negativa attraverso il filtro, si procede alla eluizione con un piccolo volume (5 mL) di eluente (5.1.1.). Trasferire il filtro in un provettone contenente il volume di eluente ed agitare vigorosamente per 5 min. L’eluato viene neutralizzato velocemente con acido cloridrico ed il concentrato ottenuto è pronto per essere analizzato. 5.4. Decontaminazione del campione E’ necessario inattivare o eliminare la popolazione microbica eventualmente presente prima di effettuare la messa in evidenza dei fagi. La decontaminazione può essere effettuata direttamente, mediante filtrazione su membrane (0,2 mm di porosità) a basso adsorbimento proteico preventivamente trattate con estratto di carne al 3%, pH 7,2 ± 0,2 (6.1.1.) o indirettamente, nella fase di rilevazione dei fagi, aggiungendo al mezzo di coltura un antibiotico in grado di inattivare, anche parzialmente, i batteri contaminanti ma non la crescita del batterio rivelatore (4.1.). La decontaminazione del campione con cloroformio, che abitualmente si utilizza per la ricerca degli enterovirus, è sconsigliata per i batteriofagi in quanto è stata dimostrata una inattivazione parziale di essi. 279 5.4.1. Metodo diretto. Montare su una siringa sterile un filtro (0,2 mm di porosità) sterile a basso legame proteico (low binding protein). Prelevare 1-2 mL di estratto di carne sterile al 3%, pH 7,2 ± 0,2 (6.1.1.) e lasciarlo passare attraverso il filtro. Successivamente filtrare il campione concentrato (eluato neutralizzato) raccogliendolo in una provetta sterile. Questa procedura va effettuata in condizioni di asepsi. Il campione è così pronto per essere seminato. 5.4.2. Metodo indiretto. Aggiungere al mezzo di coltura Agar Triptone molle (7.1.3.) gli antibiotici specifici per il tipo di fago da evidenziare (7.2.). Essi sono in grado di inattivare, seppur parzialmente, i batteri contaminanti, ma non la crescita del batterio rivelatore che presenta un plasmide di resistenza verso l’antibiotico. 6. Concentrazione: metodo per ultrafiltrazione a flusso tangenziale L’ultrafiltrazione è un processo di separazione delle particelle in funzione del solo peso molecolare; esistono diverse membrane con tagli molecolari (nominal molecular-weight limit) da 1.000 sino a 1.000.000 di dalton. La funzione delle membrane è quella di porre una barriera tra le sostanze che riescono ad attraversare le membrane e le altre, a peso molecolare più elevato rispetto al taglio molecolare (cut-off), che sono ritenute, ad esempio i virus. Nel caso specifico i batteriofagi vengono concentrati non per adsorbimento su membrane ma per riduzione progressiva del volume del campione dovuto a perdita di acqua, sali e soluti in base al cut-off scelto. La membrane attualmente in commercio sono di due tipi: cellulosa rigenerata e polisolfone. Si consiglia l’uso di membrane con taglio molecolare pari a 100.000 dalton. 6.1. Terreni 6.1.1. Estratto di carne al 3%, pH 7,2. Composizione: Estratto di carne 3 g Acqua distillata 100 mL Agitare vigorosamente con barretta magnetica. Controllare il valore di pH, sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min). La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 6.1.2. Estratto di carne al 3%, pH 9,5 (5.1.1.). 6.1.3. Soluzione di formaldeide allo 0,1%. Composizione: Formaldeide 13,5 mL Acqua distillata 500 mL Preparare al momento dell’uso e scartarla dopo l’utilizzo. 280 6.1.4. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N. Composizione: Idrossido di sodio 4 g Acqua distillata 1 L Agitare vigorosamente con barretta magnetica fino a completa dissoluzione. Scartare dopo l’utilizzo. 6.2. Procedura Il campione non necessita di pretrattamenti sebbene, per migliorare il rendimento della cartuccia, è preferibile pretrattare le membrane con estratto di carne al 3%, pH 7,0 ± 0,2 (6.1.1.) prevenendo così l’adsorbimento aspecifico dei virus alla membrana stessa. Montare la cartuccia secondo le istruzioni della casa produttrice. Lavare la cartuccia con 5-10 L di acqua distillata al fine di allontanare il liquido conservante. Pretrattare il sistema con estratto di carne a pH 7,0 ± 0,2 (6.1.1.) facendolo ricircolare per 5 min. Far circolare il campione alle seguenti condizioni operative: 10-12 psi in entrata. Fermare l’apparecchio quando il recipiente del campione è quasi vuoto. In questo caso il volume del campione è rappresentato dal solo volume di riempimento dei tubi e di imbibizione della cartuccia. Svuotare il sistema completamente e raccogliere il campione. Lavare la cartuccia con una soluzione di estratto di carne al 3%, pH 9,5 ± 0,2 (6.1.2.), utilizzando un volume pari a 3/4 dell’ultraconcentrato. Riunire l’ultraconcentrato con la soluzione di lavaggio. Neutralizzare il pH del campione-concentrato finale con acido cloridrico (HCl). Il campione può essere ulteriormente concentrato se necessario, utilizzando sistemi di ultrafiltrazione in grado di trattare volumi minori di acqua. A fine concentrazione: -lavare la cartuccia con 1-2 L di acqua distillata; -far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH 0,1 N (6.1.4.); -lavare la cartuccia con 2-3 L di acqua distillata. A questo punto le cartucce possono essere utilizzate per un nuovo campione (6.2.) o conservate per successive analisi (6.3.). 6.3. Mantenimento e conservazione delle cartucce Le cartucce per ultrafiltrazione a flusso tangenziale possono essere utilizzate a lungo e per diversi campioni se adeguatamente rigenerate e conservate. Procedere nel seguente modo: -lavare la cartuccia con 1-2 L di acqua distillata; -far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH 0,1 N (6.1.4.); -lavare la cartuccia con 2-3 L di acqua distillata; 281 -far circolare in continuo una soluzione di formaldeide allo 0,1% (6.1.3.); -spegnere la pompa ed estrarre la cartuccia cercando di conservare quanta più formaldeide possibile all’interno della cartuccia medesima; -mantenere la cartuccia a circa +4°C. 7. Rivelazione dei fagi: metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN) Il metodo permette di fornire una stima, statisticamente probabile, della concentrazione di fagi in campioni di acque dove si presume una scarsa presenza di essi. In pratica consiste nel mescolare il batterio rivelatore con volumi di campione appropriati, in una serie di tubi contenenti i terreni specifici. Durante l’incubazione i fagi si moltiplicano in presenza del loro batterio ospite. Successivamente è necessario evidenziarli in ciascun tubo di coltura con la tecnica dello spot test (8.1.). Il numero di tubi positivi verrà confrontato nella tabella delle combinazioni (Tabella 1), di seguito riportata, ed il risultato espresso secondo la formula di Thomas: Np ×100 MPN /100 mL = Vn ×Vt dove: Np = n° di tubi positivi; Vn = volume (mL) di campione nei tubi negativi; Vt = volume(mL) di campione in tutti i tubi 7.1. Reagenti e terreni di coltura 7.1.1. Brodo triptone (Trypticase broth, TB). Composizione: Triptone 10 g Destrosio 1 g Cloruro di sodio 5 g Acqua distillata 1 L pH 7,0 ± 0,2 Sciogliere i costituenti in acqua distillata, sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C e mantenere a circa +4°C. Utilizzare non oltre i 14 giorni. 282 Tabella 1. Valori dell’indice MPN e limiti di confidenza al 95%. COMBINAZIONI 3 TUBI PER DILUIZIONE 5 TUBI PER DILUIZIONE DI TUBI Indice * Limiti di confidenza * Indice * Limiti di confidenza * POSITIVI inferiore superiore inferiore superiore 0-0-0 < 3 < 2 0-0-1 3 < 0,5 9 2 < 0,5 7 0-1-0 3 < 0,5 13 2 < 0,5 7 0-2-0 4 < 0,5 11 1-0-0 4 < 0,5 20 2 < 0,5 7 1-0-1 7 1 21 4< 0,5 11 1-1-0 7 1 23 4< 0,5 11 1-1-1 11 3 36 6 < 0,5 15 1-2-0 11 3 36 6 < 0,5 15 2-0-0 9 1 36 4< 0,5 13 2-0-1 143 37 71 17 2-1-0 153 44 71 17 2-1-1 207 89 92 21 2-2-0 214 47 92 21 2-2-1 28 10 150 2-3-0 12 3 28 3-0-0 234 120 8 1 19 3-0-1 397 130 112 25 3-0-2 64 15 380 3-1-0 437 210 112 25 3-1-1 75 14 230 14 4 34 3-1-2 120 30 380 3-2-0 93 15 380 14 4 34 3-2-1 150 30 440 17 5 46 3-2-2 210 35 470 3-3-0 240 36 1300 3-3-1 460 71 2400 3-3-2 1100 150 4800 3-3-3 ³ 2400 (continua) 283 Tabella 1 (segue). 3 TUBI PER DILUIZIONE 5 TUBI PER DILUIZIONE COMBINAZIONI DI TUBI Indice * Limiti di confidenza * Indice * Limiti di confidenza * POSITIVI inferiore superiore inferiore superiore 4-0-0 13 3 31 4-0-1 17 5 46 4-1-0 17 5 46 4-1-1 21 7 63 4-1-2 26 9 78 4-2-0 22 7 67 4-2-1 26 9 78 4-3-0 27 9 80 4-3-1 33 11 93 4-4-0 34 12 93 5-0-0 23 7 70 5-0-1 31 11 89 5-0-2 43 15 110 5-1-0 33 11 93 5-1-1 46 16 120 5-1-2 63 21 150 5-2-0 49 17 130 5-2-1 70 23 170 5-2-2 94 28 220 5-3-0 79 25 190 5-3-1 110 31 250 5-3-2 140 37 340 5-3-3 180 44 500 5-4-0 130 35 300 5-4-1 170 43 490 5-4-2 220 57 700 5-4-3 280 90 850 5-4-4 350 120 1000 5-5-0 240 68 750 5-5-1 350 120 1000 5-5-2 540 180 1400 5-5-3 920 300 3200 5-5-4 1600 640 5800 5-5-5 ³ 2400 ° valori espressi in MPN / 100 mL. 284 7.1.2. Agar triptone (Trypticase agar): primo strato. Composizione: Triptone 10 g Destrosio 1 g Cloruro di sodio 5 g Agar 15 g Acqua distillata 1 L pH 7,0 ± 0,2 La miscela di terreno così composta non è reperibile in commercio; è possibile acquistare i singoli costituenti che verranno mescolati al momento della preparazione del terreno. Reidratare in acqua distillata i costituenti, secondo la formula sopra riportata, fino a completo scioglimento in agitazione. Sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C, raffreddare a circa 50°C e distribuire in capsule Petri da 90 mm di diametro. Lasciare solidificare. Le piastre possono essere conservate per circa una settimana a circa +4°C. 7.1.3. Agar triptone molle (Trypticase agar soft): secondo strato. Composizione: Triptone 10 g Destrosio 1 g Cloruro di sodio 5 g Agar 7g Acqua distillata 1 L pH 7,0 ± 0,2 Preparare il terreno in piccoli matracci nella quantità sufficiente per l’analisi quotidiana e autoclavare per 15 min a 121°C. Mantenere il terreno a 55±1°C fino al momento Aggiungere prima della semina acido nalidixico (7.2.1.) alla concentrazione di 100 mg/L per la ricerca dei colifagi somatici; oppure streptomicina (7.2.2.) e ampicillina (7.2.3.) entrambi alla concentrazione di 15 mg/L per la ricerca dei fagi F-plus. 7.1.4. Soluzione tampone per fago. Composizione: Fosfato di sodio bibasico (Na2HPO4) 7 g Fosfato di potassio monobasico (K2HPO4) 3 g Sodio cloruro 5 g Acqua distillata 1 L Sciogliere i costituenti in acqua distillata e autoclavare a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare e aggiungere: Solfato di magnesio eptaidrato 0,1 M 10 mL (7.1.5.) Cloruro di calcio biidrato 0,01 M 10 mL (7.1.6.) Queste soluzioni vanno preparate separatamente, autoclavate a 121°C per 15 min e conservate a circa +4°C per non oltre i 6 mesi in condizioni ottimali. 285 7.1.5. Soluzione di solfato di magnesio eptaidrato 0,1 M. Composizione: Solfato di magnesio eptaidrato (MgSO4 × 7H2O) 2,46 g Acqua distillata 100 mL Sciogliere la polvere in acqua fino alla completa dissoluzione, sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C e conservare a circa +4°C per non oltre 6 mesi in condizioni ottimali. 7.1.6. Soluzione di cloruro di calcio biidrato 0,01 M . Composizione: Cloruro di calcio biidrato (CaCl2 × 2H2O) 0,15 g Acqua distillata 100 mL Sciogliere la polvere in acqua fino alla completa dissoluzione, sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C e conservare a circa +4°C per non oltre 6 mesi in condizioni ottimali. 7.2. Supplementi selettivi: antibiotici Gli antibiotici sono disponibili in commercio in forma liofilizzata. Preparare uno stock iniziale per ogni antibiotico e conservarlo a -20°C. Lo stock si conserva non oltre i sei mesi suddiviso in aliquote e in condizioni ottimali. 7.2.1. Acido nalidixico per la ricerca di Colifagi somatici: stock iniziale. Composizione: Acido nalidixico 1 g Acqua distillata 10 mL Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione. Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C. 7.2.2. Streptomicina per la ricerca di Fagi F-plus: stock iniziale. Composizione: Streptomicina 0,15 g Acqua distillata 10 mL Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione. Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C. 7.2.3. Ampicillina per la ricerca di Fagi F-plus: stock iniziale. Composizione: Ampicillina 0,15 g Acqua distillata 10 mL Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione. Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C. 286 7.3. Procedura Preparare un matraccio con 50 mL e 5 tubi contenenti ciascuno 10 mL di terreno liquido (7.1.1.), addizionare 0,5 mL di una brodocoltura in fase esponenziale di crescita (densità ottica, D.O. = 0,3 a 620 nm) del batterio rivelatore (4.1.) nel matraccio e 0,1 mL per ciascun tubo. Inoculare 50 mL del campione in esame nel matraccio e 10 mL in ciascun tubo. Incubare sotto agitazione a 37±1°C per 20±2 ore; prelevare 1 mL da ciascuna coltura, procedere con il metodo dello spot test (8.1.) per confermare la presenza dei fagi e calcolare il risultato consultando la tabella dell’MPN. 7.3.1. Spot test: conferma di positività. Preparare una capsula di Petri sterile da 90 mm di diametro con uno strato di terreno di crescita (7.1.2.) e lasciare solidificare. Mescolare 3 mL di agar molle (7.1.3.) portato a 45±1°C in bagno termostatato, con 0,2 mL di una brodocoltura del batterio rivelatore (4.1.) in fase esponenziale di crescita (D.O. = 0,3 a 620 nm) e, dopo lieve agitazione, versarlo velocemente sul primo strato agarizzato della capsula di Petri. Lasciare solidificare in piano. Prelevare una aliquota (circa 1 mL) della coltura ottenuta (matraccio e tubi) e procedere alla decontaminazione, per inattivare totalmente i batteri presenti, aggiungendo cloroformio pari ad 1/3 del volume dell’aliquota. Agitare vigorosamente per 5 min e centrifugare a 6000 rpm per 3 min. Raccogliere sterilmente il supernatante e deporre una goccia (50 mL) sulla superficie dell’agar. Lasciare asciugare e incubare per almeno20 ± 2 ore a 37 ± 1°C. In caso di presenza di fago si osserverà un’area di lisi intorno alla goccia depositata. E’ consigliabile affiancare sempre un controllo positivo utilizzando uno stock del fago precedentemente titolato alla concentrazione 105 UFP/mL. 7.4. Espressione dei risultati Riportare il risultato come Batteriofagi anti-Escherichia coli MPN/100 mL. 7.5. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. 7.6. Controllo positivo: stock del fago Per preparare uno stock del fago è necessario disporre di almeno 5 piastre con lisi totale della crescita batterica ottenuta con il metodo delle placche di lisi (7.3.). Versare 3 mL di soluzione tampone del fago (7.1.4.) in ogni piastra coprendo tutta la superficie. Porre a circa +4°C per 1 ora le piastre e staccare l’agar molle utilizzando una spatola sterile. Con una pipetta raccogliere in una o più provette la soluzione tampone da ogni piastra e 287 centrifugare a 3000-4000 rpm per 10 min. Recuperare il supernatante e filtrarlo sterilmente con filtri a basso adsorbimento proteico (low binding protein). Procedere alla titolazione del supernatante ottenuto e conservare a circa +4°C lo stock. E’ consigliabile una titolazione mensile dello stock del fago (7.6.1.). 7.6.1. Titolazione dello stock del fago. Data l’alta concentrazione dello stock è necessario diluire. Allestire una serie di diluizioni in provette Eppendorf partendo da una diluizione di 10-1 fino a 10-9 dello stock usando la soluzione tampone del fago (7.1.4.) come diluente. Effettuare il test dalla diluizione 10-6 fino a 10-9 su piastre con il metodo delle placche di lisi (7.3.). E’ necessario affiancare un controllo della soluzione tampone ed uno della crescita batterica: controllo soluzione tampone: agar molle crescita batterica (D.O. = 0,3) soluzione tampone del fago (7.1.3.) (4.1.) (7.1.4.) 2,5 mL 0,5 mL 1 mL controllo batterio: agar molle crescita batterica D.O. = 0,3 (7.1.3.) (4.1.) 2,5 mL 0,5 mL Da ogni diluizione seminare due piastre secondo il metodo descritto (7.3.) ed effettuare la conta delle placche di lisi dopo 20 ± 2 ore di incubazione a 37 ± 1°C. Calcolare il titolo per mL. 8. Rivelazione dei fagi: metodo delle placche di lisi Il metodo consiste nel mescolare un adeguato volume del campione da analizzare con un volume di agar molle (7.1.3.) mantenuto nella fase liquida (45 ± 1°C), a cui viene aggiunta un’aliquota della sospensione batterica rivelatrice (4.1.). Dopo leggera agitazione la miscela ottenuta viene versata delicatamente su uno strato di terreno di crescita agarizzato (7.1.2.) precedentemente fatto solidificare in capsule Petri. Dopo incubazione vengono osservate e quantizzate le placche di lisi: ognuna di queste corrisponde ad una particella di fago infettivo. 8.1. Reagenti e terreni di coltura 8.1.1. Brodo triptone (7.1.1.). 8.1.2. Agar triptone primo strato (7.1.2.). 8.1.3. Agar triptone molle (7.1.3.). 288 8.2. Procedura In un tubo sterile mescolare: agar molle (7.1.3.) completo di antibiotici (7.2.), mantenuto in bagno termostatato a 45 ± 1°C coltura in fase esponenziale del batterio rivelatore (D.O. = 0,3 a 620 nm) (4.1.) campione da analizzare precedentemente concentrato (volume totale da seminare 5 mL di eluato da suddividere in 5 piastre) 2,5 mL 0,5 mL 1 mL Mescolare delicatamente e versare su un primo strato di terreno di crescita agarizzato (7.1.2.) solidificato in capsula Petri. Lasciare solidificare ed incubare a 37 ± 1°C. Le placche di lisi sono visibili già dopo 6-8 ore di permanenza a 37 ± 1°C consentendo di effettuare una quantizzazione prima delle 24 ore. La lettura, comunque, può anche essere effettuata dopo 18-24 ore. 8.3. Espressione dei risultati Riportare il risultato come numero di Batteriofagi anti-Escherichia coli UFP/volume di campione concentrato. 8.4. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. 9. Rivelazione dei fagi: metodo qualitativo (Presenza/Assenza) Tale metodo si basa su una fase di arricchimento del fago e sua successiva messa in evidenza aggiungendo al volume finale noto del campione da analizzare un eguale volume di terreno di coltura idoneo nel quale è stato fatto precedentemente crescere il batterio rivelatore. 9.1. Reagenti e terreni di coltura 9.1.1. Brodo triptone (7.1.1.). 9.1.2. Brodo Triptone doppio concentrato (2x). Composizione: Triptone 20 g Destrosio 2 g Cloruro di sodio 10 g Acqua distillata 1 L pH 7,0 ± 0,2 Sciogliere i costituenti in acqua distillata, sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C e mantenere a circa +4°C. Utilizzare non oltre i 14 giorni. 289 9.1.3. Agar triptone primo strato (7.1.2.). 9.1.4. Agar triptone molle (7.1.3.). 9.2. Procedura In una bottiglia sterile di adeguata capacità mescolare: a) il volume del campione di acqua concentrata da analizzare b) un volume uguale di terreno liquido doppio concentrato (2x) (9.1.2.) c) una coltura in fase esponenziale di crescita del batterio rivelatore (4.1.) in ragione del 12% della somma dei volumi suddetti ( a + b ). Incubare a 37±1°C per 18±2 ore in termostato. Dopo incubazione, una piccola quantità della coltura, preventivamente decontaminata, viene sottoposta al test di conferma (spot test) (8.1.). 9.3. Espressione dei risultati Riportare il risultato come Presenza/Assenza in un volume di campione concentrato. 9.4. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. BIBLIOGRAFIA DEBARTOLOMEIS J., CABELLI V.J. Evaluation of an Escherichia coli host strain for enumeration of F-male-specific bacteriophages. Applied Environmental Microbiology, 1991, 57: 1301. DIVIZIA M., DONIA D., GABRIELI R., RUSCIO V., PANA’ A. Valutazioni relative ad un nuovo sistema di ultrafiltrazione per la concentrazione di enterovirus e batteriofagi. L’Igiene e Sanità Pubblica, 1997, 53: 315. DONIA D., DIVIZIA M., PANA’ A. Analysis of concentration methods for bacteriophages. L’Igiene Moderna, 1998, 109: 1. HAVELAAR A.H. Bacteriophages as models of human enteric viruses in the environment. ASM News, 1993, 59: 614. 290 291 DETERMINAZIONE DEL B40-8, FAGO DEL BACTEROIDES FRAGILIS 0. Generalità e definizioni La ricerca del B40-8, fago del Bacterioides fragilis, non è prevista dalla normativa italiana riguardante la determinazione della qualità delle acque destinate al consumo umano. Tuttavia, poiché alcuni autori hanno proposto l’uso del fago specifico del Bacteroides fragilis quale possibile indicatore di contaminazione virale nell’ambiente, si ritiene opportuno fornire i metodi di analisi che ne permettono la determinazione qualitativa e quantitativa. Nel tratto intestinale dell’uomo e degli animali sono presenti numerose specie di batteri strettamente anaerobi. Un particolare biotipo, Bacteroides fragilis HSP-40, è stato evidenziato esclusivamente nelle feci umane ed il suo fago specifico, B40-8, è stato ritrovato in diverse matrici ambientali dove era accertato un grado di contaminazione di origine fecale. In letteratura non vengono riferiti isolamenti da matrici ambientali non contaminate. B40-8 non è in grado di moltiplicarsi nell’ambiente, in quanto il suo batterio-ospite è metabolicamente attivo soltanto in condizione di stretta anaerobiosi ed in presenza di alcuni fattori di crescita specifici. Tali condizioni non sono riproducibili in un ambiente idrico. Studi sperimentali hanno dimostrato una sopravvivenza del B40-8 nell’ambiente simile ai poliovirus ed una resistenza ai comuni disinfettanti sovrapponibile a quella dei fagi a RNA e superiore a quella dei poliovirus. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento del fago B40-8 nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Il metodo permette di valutare e quantizzare la presenza del fago B40-8 in campioni di acqua destinate al consumo umano. La popolazione fagica può essere messa in evidenza sia con il metodo qualitativo della presenza/assenza che con il metodo quantitativo delle placche di lisi. Il primo si basa su una fase di arricchimento del fago e successiva messa in evidenza; il metodo quantitativo permette di enumerare le singole particelle fagiche che producono delle placche di lisi su terreno solido agarizzato. 292 3. Strumentazione e vetreria Per lo svolgimento dell’analisi, oltre la normale strumentazione di base di laboratorio (v. Appendice 1), è necessario disporre di: -spettrofotometro; -sistema completo per anaerobiosi. 4. Volume da analizzare Il volume da analizzare varia in base alla natura del campione e al grado presunto di inquinamento. Si consigliano i seguenti volumi da analizzare, valori elaborati dalla letteratura internazionale disponibile e sulla base di personali esperienze: acque superficiali 0,1 -10 L acque sorgive 10 -100 L acque di falda e potabili 100 -1000 L Il campione, al fine di ridurre il volume da analizzare, richiede un pretrattamento mediante tecniche di concentrazione. La maggior parte dei metodi utilizzati per concentrare i fagi si basa sul principio dell’adsorbimento su diversi materiali così come avviene per i virus animali. In una seconda fase si provvede ad eluire in un piccolo volume i fagi adesi al materiale adsorbente. E’ importante tener conto di alcune caratteristiche dei fagi, in particolare la loro sensibilità al pH. Alcuni colifagi presenti nell’acqua sono inattivati a pH 11,5; il fago specifico del B. fragilis è sensibile invece a valori di pH intorno a 3,0 che generalmente vengono impiegati in alcuni metodi di concentrazione. 4.1. Batterio rivelatore raccomandato Il biotipo raccomandato è il Bacteroides fragilis HSP-40. Esso presenta una resistenza plasmidica verso la vancomicina (7.2.1.) e la kanamicina (7.2.2.), due antibiotici che vengono aggiunti all’agar molle (7.1.8.) alla concentrazione finale rispettivamente di 7,5 mg/mL e 100 mg/ mL. 4.2. Preparazione e conservazione del batterio rivelatore Il batterio rivelatore raccomandato può essere conservato a circa +4°C per non più di una settimana in terreno solido di crescita (7.1.7.) ed in condizioni di stretta anaerobiosi. Può essere conservato per lungo tempo a -70°C in fiale con 2/3 di crescita batterica in terreno liquido (7.1.6.) e 1/3 di glicerolo anidro purissimo sterile. 293 5. Concentrazione: metodo con membrane filtranti (MF) 5.1. Reagenti e terreni di coltura 5.1.1. Tampone glicina 0,25 M a pH 9,5 (eluente). Composizione: Glicina Acqua distillata pH 9,5±0,2 18,7 g 1000 mL In una beuta sterile reidratare la polvere, provvedendo al completo scioglimento con l’aiuto di un agitatore magnetico. Portare il pH al valore desiderato con l’aggiunta di idrossido di sodio. Sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C. La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 5.1.2. Estratto di carne al 3%, pH 7,2. Composizione: Estratto di carne 3 g Acqua distillata 100 mL pH 7,2±0,2 Agitare vigorosamente con barretta magnetica. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 5.2. Filtri Si utilizzano membrane filtranti con diametro di 47 mm con porosità di 0,1 o 0,2 µm del tipo ANODISCTM. Si tratta di membrane di materiale inorganico con bassa attività legante le proteine, che non presentano cariche elettriche di superficie. Consentono di concentrare il campione in condizioni di pH neutro ottimali per il B40-8. 5.3. Procedura di eluizione Dopo aver filtrato il campione per pressione negativa attraverso il filtro, si procede alla eluizione con un piccolo volume (5 mL) di eluente (5.1.1.). Trasferire il filtro in un provettone contenente il volume di eluente ed agitare vigorosamente per 5 min. L’eluato viene neutralizzato velocemente con acido cloridrico (HCl) ed il concentrato ottenuto è pronto per essere analizzato. 5.4. Decontaminazione del campione Prima di effettuare la messa in evidenza dei fagi è necessario eliminare l’eventuale popolazione microbica presente nel campione. I metodi di decontaminazione possono essere diretti, mediante filtrazione su membrane (0,2 µm di porosità) a basso 294 assorbimento proteico preventivamente trattate con estratto di carne al 3%, pH 7,2±0,2 (5.1.2.), oppure indirettamente, aggiungendo antibiotici al mezzo di coltura (7.1.8.), nella fase di rilevazione dei fagi, che inattiveranno i batteri contaminanti sensa interferire nella crescita del batterio rivelatore. La decontaminazione con il cloroformio è sconsigliata in quanto è stata dimostrata un’inattivazione, se pur parziale, dei fagi. 5.4.1. Metodo diretto. Montare su una siringa sterile un filtro sterile (0,2 µm di porosità) a basso legame proteico (low binding protein). Prelevare 1-2 mL di estratto di carne sterile al 3%, pH 7,2±0,2 (5.1.2.) e lasciarlo passare attraverso il filtro. Successivamente filtrare il campione concentrato (eluato neutralizzato) raccogliendolo in una provetta sterile. Questa procedura va effettuata in condizioni di asepsi. Il campione è così pronto per essere seminato. 5.4.2. Metodo indiretto. Aggiungere al mezzo di coltura (7.1.8.) gli antibiotici (7.2.) specifici per il Bacteroides fragilis che presenta plasmidi di resistenza verso di essi. I batteri contaminanti eventualmente presenti saranno inattivati. 6. Concentrazione: metodo per ultrafiltrazione a flusso tangenziale L’ultrafiltrazione è un processo di separazione delle particelle in funzione del solo peso molecolare; esistono diverse membrane con tagli molecolari (nominal molecular weight limit) da 1000 sino a 1.000.000 di dalton. La funzione delle membrane è quella di porre una barriera tra le sostanze che riescono ad attraversare le membrane e le altre, a peso molecolare più elevato rispetto al taglio molecolare (cut-off), che sono ritenute, ad esempio, i virus. Nel caso specifico i batteriofagi vengono concentrati non per adsorbimento su membrane, ma per riduzione progressiva del volume del campione dovuto a perdita di acqua, sali e soluti in base al cut-off scelto. Le membrane attualmente in commercio sono di due tipi, cellulosa rigenerata e polisolfone. Si consiglia l’uso di membrane con taglio molecolare pari a 100.000 dalton. 6.1. Terreni 6.1.1. Estratto di carne al 3%, pH 9,5. Composizione: Estratto di carne Acqua distillata pH 9,5±0,2 3 g 100 mL Agitare vigorosamente con barretta magnetica. Portare il pH al valore desiderato con l’aggiunta di idrossido di sodio e sterilizzare in autoclave (121° C per 15 min). La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 295 6.1.2. Soluzione di formaldeide allo 0,1%. Composizione: Formaldeide 13,5 mL Acqua distillata 500 mL Preparare la soluzione al momento dell’uso sotto cappa, con le dovute precauzioni e 6.1.3. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N. Composizione: Idrossido di sodio 4 g Acqua distillata 1 L Agitare vigorosamente con barretta magnetica fino a completa dissoluzione. Scartare dopo l’utilizzo. 6.2. Procedura Il campione non necessita di pretrattamenti sebbene, per migliorare il rendimento della cartuccia, è preferibile pretrattare le membrane con estratto di carne al 3%, pH 7,2±0,2 (5.1.2.) prevenendo così l’adsorbimento aspecifico dei fagi alla membrana stessa. -Montare la cartuccia secondo le istruzioni della casa produttrice; -Lavare la cartuccia con 5-10 L di acqua distillata al fine di allontanare il liquido conservante; -Pretrattare il sistema con estratto di carne a pH 7,2±0,2 (5.1.2.) facendolo ricircolare per 5 min; -Far circolare il campione alle seguenti condizioni operative: 10-12 psi in entrata; -Fermare l’apparecchio quando il recipiente del campione è quasi vuoto. In questo caso il volume del campione è rappresentato dal solo volume di riempimento dei tubi e di imbibizione della cartuccia. Svuotare il sistema completamente e raccogliere il campione; -Lavare la cartuccia con una soluzione di estratto di carne al 3%, pH 9,5±0,2 (5.1.2.), utilizzando un volume pari a 3/4 dell’ultraconcentrato; -Riunire l’ultraconcentrato con la soluzione di lavaggio; -Neutralizzare il pH del campione-concentrato finale con acido cloridrico. -Il campione può essere ulteriormente concentrato se necessario, utilizzando sistemi di ultrafiltrazione in grado di trattare volumi minori di acqua. A fine concentrazione: -lavare la cartuccia con 1-2 L di acqua distillata; -far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH allo 0,1 N (6.1.3.); -lavare la cartuccia con 2-3 L di acqua distillata. A questo punto le cartucce possono essere utilizzate per un nuovo campione (6.2.) o conservate per successive analisi (6.3.). 296 6.3. Mantenimento e conservazione delle cartucce Le cartucce per ultrafiltrazione a flusso tangenziale possono essere utilizzate a lungo e per diversi campioni se adeguatamente rigenerate e conservate. -Lavare la cartuccia con 1-2 L di acqua distillata; -far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH allo 0,1 N (6.1.3.); -lavare la cartuccia con 2-3 L di acqua distillata; -far circolare in continuo una soluzione di formaldeide allo 0,1% (6.1.2.); -spegnere la pompa ed estrarre la cartuccia cercando di conservare quanta più formaldeide possibile all’interno della cartuccia medesima; -mantenere la cartuccia a circa +4°C. 7. Rilevazione del fago: metodo qualitativo (presenza/assenza) Il metodo consiste nell’aggiungere ad un volume di campione noto un eguale volume di terreno di coltura idoneo nel quale è stato fatto precedentemente crescere il batterio rivelatore. 7.1. Terreni 7.1.1. Brodo di crescita del Bacteroides fragilis (Bacteroides Phage Recovery Medium, BPRM) doppio concentrato (2 x). Composizione: Caseitone 20 g Peptone di carne 20 g Estratto di lievito 4 g Cloruro di sodio 10 g L-cisteina cloridrato 1 g Cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL 2 g (7.1.2.) Solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL 2 L (7.1.3.) Glucosio 3,6 g Acqua distillata 1 L Dopo aver sciolto i costituenti in acqua distillata sterilizzare per 15 min a 121°C in autoclave, raffreddare a circa 50°C. Successivamente aggiungere sterilmente: Emina 0,1% 20 mL (7.1.4.) Carbonato di sodio 1 M 50 mL (7.1.5.) Aggiustare sterilmente il pH a 7,0±0,2 con HCl 35% (circa 5-6 mL/L) senza superare il valore limite. Il terreno, senza emina, può essere conservato a circa +4°C per 1 settimana. E’ consigliabile preparare la quantità di terreno da usare per l’analisi giornaliera senza conservarlo successivamente. 297 7.1.2. Soluzione di cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL. Composizione: Cloruro di calcio biidrato (CaCl2 × 2 H2O) 5 g Acqua distillata 100 mL Sciogliere la polvere fino a completa dissoluzione con l’aiuto di un agitatore magnetico. Autoclavare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non oltre sei mesi in condizioni ottimali. 7.1.3. Soluzione di solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL. Composizione: Solfato di magnesio eptaidrato (MgSO4 × H2O) 12 mg Acqua distillata 100 mL Sciogliere la polvere fino a completa dissoluzione con l’aiuto di un agitatore magnetico. Autoclavare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non oltre sei mesi in condizioni ottimali. 7.1.4. Soluzione di emina allo 0,1%. Composizione: Idrossido di sodio 0,02 g Emina 0,1 g Acqua distillata 100 mL Sciogliere su agitatore magnetico NaOH in acqua fino a completa dissoluzione (15 min circa), aggiungere l’emina e lasciare in agitazione magnetica per circa 2 ore fino a completa dissoluzione. Sterilizzare per filtrazione (0,22 µm). Conservare a temperatura ambiente per non oltre i sei mesi in condizioni ottimali. 7.1.5. Soluzione di carbonato di sodio 1 M. Composizione: Carbonato di sodio (Na2CO3 ) 105,99 g Acqua distillata 1 L Sciogliere la polvere in acqua fino a completa dissoluzione e sterilizzare per filtrazione (0,22 µm). Conservare a temperatura ambiente per non oltre 6 mesi in condizioni ottimali. 7.1.6. Brodo di crescita del Bacteroides fragilis (Bacteroides Phage Recovery Medium, BPRM). Composizione: Casitone 10 g Peptone di carne 10 g Estratto di lievito 2 g 298 Cloruro di sodio 5 g L-cisteina monoidrato 0,5 g Glucosio 1,8 g Cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL 1 mL (7.1.2.) Solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL 1 mL (7.1.3.) Acqua distillata 1 L Dopo aver sciolto i costituenti in acqua distillata, sterilizzare per 15 min a 121°C in autoclave e raffreddare a circa 50°C. Successivamente aggiungere sterilmente: Emina allo 0,1% 10 mL (7.1.4.) Carbonato di sodio 1 M 25 mL (7.1.5.) Aggiustare sterilmente il pH a 7,0±0,2 con HCl 35% (circa 2-3mL/L) Il terreno, senza emina, può essere conservato a circa +4°C per non più di una settimana in condizioni ottimali. E’ consigliabile preparare la quantità di terreno da usare per l’analisi giornaliera senza conservarlo successivamente. 7.1.7. Terreno di isolamento primo strato (Modified Blood Agar Base, MBAB). Composizione: Agar sangue base n° 2 40 g L-cisteina monoidrato 0,5 g Cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL 1 mL (7.1.2.) Solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL 1 mL (7.1.3.) Acqua distillata 1 L Sciogliere i costituenti in acqua distillata fino a completo scioglimento. Autoclavare per 15 min a 121°C. Distribuire in capsule Petri e lasciare solidificare. Il terreno può essere conservato a circa +4°C per non più di una settimana in condizioni ottimali. 7.1.8. Agar molle secondo strato (Bacteroides Phage Recovery Medium, BPRM - soft agar). Composizione: Caseitone 10 g Peptone di carne 10 g Estratto di lievito 2 g Cloruro di sodio 5 g L-cisteina monoidrato 0,5 g Glucosio 1,8 g Cloruro di calcio biidrato 0,05 g/mL 1 mL (7.1.4.) Solfato di magnesio eptaidrato 0,12 g/mL 1 mL (7.1.5.) Agar 7g Acqua distillata 1 L 299 Dopo aver sciolto i costituenti in acqua distillata sterilizzare per 15 min a 121°C in autoclave e raffreddare a circa 55±1°C. Successivamente aggiungere sterilmente: Emina allo 0,1% 10 mL (7.1.4.) Carbonato di sodio 1 M 25 mL (7.1.5.) Aggiustare sterilmente il pH a 7,0±0,2 con HCl 35% (circa 2-3 mL/L). Mantenere il terreno a 55°C±1 fino al momento dell’uso. E’ consigliabile preparare la quantità di terreno da usare per l’analisi giornaliera senza conservarlo successivamente. Per evitare contaminazioni è bene aggiungere al terreno 100 mg/mL di solfato di kanamicina (7.2.2.) e 7,5 mg/mL di vancomicina (7.2.1.). Il batterio rivelatore raccomandato è resistente ad entrambi gli antibiotici. 7.1.9. Soluzione tampone per fago. Composizione: Fosfato di sodio bibasico (Na2HPO4) 7 g Fosfato di potassio monobasico (K2HPO4) 3 g Cloruro di sodio 5 g Acqua distillata 1 L Sciogliere i costituenti in acqua distillata e autoclavare a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare e aggiungere: Solfato di magnesio eptaidrato 0,1M 10 mL (7.1.10.) Cloruro di calcio biidrato 0,01M 10 mL (7.1.11.) Queste soluzioni preparate separatamente vanno autoclavate a 121°C per 15 min e conservate a circa+4°C non oltre 6 mesi in condizioni ottimali. 7.1.10. Soluzione di solfato di magnesio 0,1M. Composizione: Solfato di magnesio eptaidrato (MgSO4 × 7H2O) 2,46 g Acqua distillata 100 mL Sciogliere la polvere in acqua fino alla completa dissoluzione, sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C e conservare a circa +4°C per non oltre 6 mesi in condizioni ottimali. 7.1.11. Soluzione di cloruro di calcio 0,01 M. Composizione: Cloruro di calcio biidrato (CaCl2 × 2 H2O) 0,15 mg Acqua distillata 100 mL Sciogliere la polvere in acqua fino alla completa dissoluzione, sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C e conservare a circa +4°C per non oltre 6 mesi in condizioni ottimali. 300 7.2. Supplementi selettivi: antibiotici Gli antibiotici sono disponibili in commercio in forma liofilizzata. Preparare uno stock iniziale per ogni antibiotico e conservarlo a -20°C. Lo stock si conserva non oltre i 6 mesi suddiviso in aliquote. 7.2.1. Vancomicina: stock iniziale. Composizione: Vancomicina 75 mg Acqua distillata 10 mL Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione. Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C. 7.2.2. Kanamicina: stock iniziale. Composizione: Kanamicina 1 g Acqua distillata 10 mL Sciogliere l’antibiotico fino alla completa dissoluzione; sterilizzare per filtrazione. Dividere in aliquote da 1 mL. Conservare a -20°C. 7.3. Procedura In una bottiglia sterile di adeguata capacità, mescolare il volume del campione di acqua concentrata da analizzare (a) con un egual volume di terreno liquido doppio concentrato (b) (7.1.1.) e una coltura in fase esponenziale di crescita del batterio rivelatore (4.1.) in ragione del 12% della somma dei volumi suddetti (a+b). Incubare in anaerobiosi a 37±1°C per 18±2ore in termostato. Dopo incubazione, una piccola quantità della coltura, preventivamente decontaminata, viene sottoposta al test di conferma (spot test) (7.3.1.). 7.3.1. Spot test: conferma di positività. Preparare una capsula di Petri sterile da 90 mm di diametro con uno strato di terreno di isolamento primo strato (7.1.7.) e lasciare solidificare. Mescolare 3 mL di agar molle (7.1.8.) mantenuto a 45±1°C in bagno termostatato, con 0,2 mL di una brodocoltura del batterio rivelatore (4.1.) in fase esponenziale di crescita (D.O. = 0,3 a 620 nm) e, dopo lieve agitazione, versarlo velocemente sul primo strato agarizzato della capsula di Petri. Lasciare solidificare in piano. Prelevare una aliquota (circa 1 mL) della coltura ottenuta (7.3.) e procedere alla decontaminazione, per inattivare totalmente i batteri presenti, aggiungendo cloroformio pari ad 1/3 del volume dell’aliquota. Agitare vigorosamente per 5 min e centrifugare a 6000 rpm per 3 min. Raccogliere sterilmente il supernatante e deporre una goccia (50 µL) sulla superficie dell’agar. Lasciare asciugare e incubare in anaerobiosi per almeno 20±2 ore a 37±1°C. 301 In caso di presenza di fago si osserverà un’area di lisi intorno alla goccia depositata. E’ consigliabile affiancare sempre un controllo positivo utilizzando uno stock del fago precedentemente titolato alla concentrazione 105 Unità Formanti Placca/mL (UFP/mL) (11.). 7.4. Espressione dei risultati Esprimere il risultato come Presenza/Assenza del fago B40-8 in un volume di campione concentrato. 7.5. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. 8. Rilevazione del fago: metodo quantitativo (placche di lisi) Il metodo consiste nel mescolare un adeguato volume del campione da analizzare con un volume di agar molle (7.1.8.) mantenuto nella fase liquida (45±1°C), a cui viene aggiunta un’aliquota della sospensione batterica rivelatrice (4.1.). Dopo leggera agitazione la miscela ottenuta viene versata delicatamente su uno strato di terreno di isolamento agarizzato (7.1.7.) precedentemente fatto solidificare in capsule Petri. Dopo incubazione in anaerobiosi vengono osservate e quantizzate le placche di lisi: ognuna di queste corrisponde ad una particella di fago infettivo. 8.1. Terreni 8.1.1. Brodo di crescita (7.1.6.). 8.1.2. Terreno di isolamento primo strato (7.1.7.). 8.1.3. Agar molle secondo strato (7.1.8.). 8.2. Procedura In un tubo sterile mescolare: agar molle (7.1.8.) completo di antibiotici (7.2.), mantenuto in bagno termostatato a 45±1°C coltura in fase esponenziale del batterio rivelatore (D.O. = 0,3 a 620 nm) (4.1.) campione da analizzare precedentemente concentrato (volume massimo da seminare per piastra) 2,5 0,5 1 mL mL mL 302 Mescolare delicatamente e versare su un primo strato di terreno di crescita agarizzato (7.1.7.) fatto solidificare in capsula Petri. Lasciare solidificare ed incubare in anaerobiosi a 37±1°C. Le placche di lisi sono visibili già dopo 6-8 ore di permanenza a 37±1°C consentendo di effettuare una quantizzazione prima delle 24 ore. La lettura, comunque, può anche essere effettuata dopo 18-24 ore. 8.3. Espressione dei risultati Esprimere il risultato come fago B40-8 UFP/ volume di campione concentrato. 8.4. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. 8.5. Controllo positivo: stock del fago Per preparare uno stock del fago è necessario disporre di almeno 5 piastre con lisi totale della crescita batterica ottenuta con il metodo delle placche di lisi (8.2.). Versare 3 mL di soluzione tampone del fago (7.1.9.) in ogni piastra coprendo tutta la superficie. Porre a circa +4°C per 1 ora le piastre e staccare l’agar molle utilizzando una spatola sterile. Con una pipetta raccogliere, in una o più provette, la soluzione tampone da ogni piastra e centrifugare a 3000-4000 rpm per 10 min. Recuperare il supernatante e filtrarlo sterilmente con filtri a basso adsorbimento proteico (low binding protein). Procedere alla titolazione del supernatante ottenuto e conservare a circa +4°C lo stock. E’ consigliabile una titolazione mensile dello stock del fago (8.5.1.). 8.5.1. Titolazione dello stock del fago. Data l’alta concentrazione dello stock è necessario diluire la brodocoltura. Allestire una serie di diluizioni in provette eppendorf partendo da 10-1 fino a 10-9 dello stock usando la soluzione tampone del fago (7.1.9.) come diluente. Effettuare il test dalla diluizione 10-6 fino a 10-9 su piastre con il metodo delle placche di lisi (8.2.). E’ necessario affiancare un controllo della soluzione tampone ed uno della crescita batterica: controllo soluzione tampone: agar molle (7.1.8.) 2,5 mL crescita batterica (D.O. = 0,3) (4.1.) 0,5 mL soluzione tampone del fago (7.1.9.) 1 mL controllo batterio: agar molle (7.1.8.) 2,5 mL crescita batterica D.O. = 0,3 (4.1.) 0,5 mL Da ogni diluizione seminare due piastre secondo il metodo descritto (8.2.) ed effettuare la conta delle placche di lisi dopo 20±2 ore di incubazione in anaerobiosi a 37±1°C. Calcolare il titolo per mL. 303 BIBLIOGRAFIA DIVIZIA M., DONIA D., GABRIELI R., RUSCIO V., PANA’ A. Valutazioni relative ad un nuovo sistema di ultrafiltrazione per la concentrazione di enterovirus e batteriofagi. Igiene e Sanita’ Pubblica, 1997, 53:315. DONIA D., DIVIZIA M., PANA’ A. Analysis of concentration methods for bacteriophages. Moderna, 1998, 109: 1. TARTERA C., ARAUJO R., MICHEL T., JOFRE J. Culture and decontamination methods affecting enumeration of phages infecting Bacteroides fragilis in sewage. Applied and Environmental Microbiology, 1992, 58, 2670. TARTERA C., JOFRE J. Bacteriophages active against Bacteroides fragilis in sewage-polluted waters. Applied and Environmental Microbiology, 1987, 53, 1632. 305 DETERMINAZIONE DEGLI ELMINTI 0. Generalità e definizioni In passato, nel termine Elminti, che non ha un preciso significato tassonomico, venivano compresi vari animali o stadi di animali vermiformi che non sembravano possedere caratteri distintivi tali da farli comprendere in altri gruppi zoologici. Così come citato nella nota 2 del Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991, tra i parametri del controllo occasionale C4, gli Elminti sono da ricercare in quanto organismi indicatori di qualità che, come tali, solo in particolari circostanze possono rendere pericolosa l’assunzione di acqua. A differenza di altri parametri del controllo occasionale di cui è prescritta l’assenza obbligatoria, di questo parametro se ne auspica l'assenza nelle acque potabili. Questa specificazione, escludendo che gli organismi indicati nel DPR 236/88 con il termine Elminti appartengano a specie parassite patogene per l’uomo, chiarisce che il termine si riferisce a organismi che conducono vita libera. Il metodo proposto si riferisce in modo particolare alla ricerca di Nematodi a vita libera. I Nematodi a vita libera sono animali microscopici, invertebrati senza appendici, con corpo cilindrico, arrotondato, fusiforme, posteriormente allungato in una coda. Sono provvisti di una cuticola, per lo più liscia e trasparente. I sessi sono separati, in molti generi; alcuni sono ermafroditi o partenogenetici. Il loro ciclo vitale comprende lo stadio di uovo, 4 stadi larvali ed uno stadio adulto. Morfologicamente gli stadi larvali sono simili a quello degli adulti, ma di dimensioni più piccole. Hanno diffusione cosmopolita, vivono nelle acque dolci, nel mare, nel suolo. I Nematodi d’acqua dolce vivono sul fondo dei laghi, degli stagni, dei fiumi e dei ruscelli. Sono animali strettamente bentonici e mancano nel plancton; tuttavia possono trovarsi temporaneamente sospesi nelle acque correnti dei fiumi e dei laghi e quindi anche in acque grezze da utilizzarsi a scopo potabile. A causa della attività motoria e per la loro nota resistenza alla clorazione, non sono, infatti, sensibili ai trattamenti convenzionali di potabilizzazione, possono entrare nei sistemi di distribuzione. Inoltre è possibile trovarli anche in acque di rete provenienti da captazioni profonde perché in grado di vivere anche nelle acque sotterranee, nelle grotte e nelle sorgenti. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di elminti nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 306 2. Principio del metodo Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza degli organismi indicati con il termine di Elminti, per quanto sopra detto, con il metodo di seguito presentato viene data la possibilità di quantificare, se presenti, il numero dei Nematodi nelle acque destinate al consumo umano. La procedura analitica si basa sulla concentrazione del campione mediante filtrazione su membrana e successivo conteggio degli organismi al microscopio. 3. Strumentazione e vetreria Oltre alla comune attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1), per la conduzione dell’analisi sono necessari: -dispositivo di filtrazione in linea; -membrane di esteri di cellulosa di diametro 47-50 mm e porosità nominale di 3 mm; -microscopio invertito; -pozzetti da plancton o piastre Petri; -recipienti di plastica da 25 L. 4. Reagenti 4.1. Acido acetico o propionico Usare, con le dovute precauzioni, sotto cappa chimica. 4.2. Formaldeide Usare, con le dovute precauzioni, sotto cappa chimica. 5. Procedura 5.1. Campionamento Prelevare un volume di acqua di almeno 20 L nel caso di acque destinate al consumo umano e di almeno 3 L nel caso di acque superficiali da inviare alla potabilizzazione utilizzando taniche di plastica o bottiglie di vetro. I contenitori devono essere puliti, ma non necessariamente sterili; è sufficiente che siano lavati con acqua corrente e sciacquati con acqua distillata. Per acque destinate al consumo umano da tenere sotto controllo in maniera routinaria, dopo la fase iniziale di studio che serve per individuare la concentrazione dei Nematodi, si possono ridurre progressivamente i volumi, fino ad arrivare a misure standard, sulla base del numero degli organismi riscontrati. 307 Trasportare il campione in laboratorio e procedere all’analisi che dovrà essere svolta nel più breve tempo possibile e terminata entro 2 giorni dal prelievo. Se questo non fosse possibile, procedere al più presto quantomeno a concentrare il campione e a fissarlo con i liquidi conservanti (4.1. e 4.2.). 5.2. Concentrazione Filtrare il campione a bassa pressione attraverso una membrana di esteri di cellulosa con porosità nominale di 3 mm. Prima della filtrazione agitare il campione in maniera ondulatoria per evitare che organismi possano rimanere sul fondo del recipiente e lavare le pareti dell’imbuto con acqua distillata dopo la filtrazione, per raccogliere ogni eventuale residuo. Fare aderire la membrana alla parete di un pozzetto da plancton riempito a metà con acqua del campione in esame, sottratta al volume iniziale prima della filtrazione. Lavare ripetutamente la membrana con l’acqua del pozzetto tramite un sottile getto ottenuto mediante spruzzetta o pipetta capillare per rimuovere i Nematodi, eventualmente presenti, e risospenderli nel campione. Nella necessità di analizzare un volume di acqua particolarmente elevato, per evitare difficoltà di lettura dovute all’eventuale presenza di particolato, il campione può essere filtrato in più frazioni. Lasciare sedimentare il preparato per circa 12 ore prima di procedere all’osservazione microscopica. In alternativa ai pozzetti si possono utilizzare piastre Petri. Nel caso che non si possa procedere all’osservazione microscopica nei tempi stabiliti, occorre fissare il campione con i liquidi conservanti. In tal caso, addizionare al campione concentrato, nel pozzetto, acido acetico o propionico e formaldeide (4.1. e 4.2.) in modo che i Nematodi vengano a trovarsi in una soluzione di acido al 5-15% e di formaldeide al 2-5%; l’acido acetico fa morire i vermi distesi e li rende più trasparenti, la formaldeide rende i loro tessuti un po’ granulosi e opachi correggendo l’effetto dell’acido. Il campione fissato si mantiene per un tempo indefinito a circa +4°C. In alternativa e/o in casi particolari, possono essere utilizzati dispositivi di filtrazione in linea che permettono di concentrare il campione direttamente in loco, al momento del prelievo. Tali dispositivi (ad esempio ne esistono in commercio in policarbonato) sono particolarmente utili per esaminare volumi piuttosto elevati di acqua ed evitare problemi connessi al trasporto di grossi quantitativi. In tal caso, adottare la seguente procedura. Inserire la membrana filtrante fra le due parti del dispositivo che viene montato al rubinetto del prelievo, tramite un tubo in gomma, seguendo le istruzioni della ditta produttrice. Dalla parte opposta inserire un secondo tubo di gomma per fare defluire l’acqua in una tanica di capacità nota, onde potere quantificare il volume filtrato (in alternativa utilizzare un contalitri). Aprire il rubinetto in modo che l’acqua scorra a una pressione non troppo elevata e aspettare il tempo necessario a concentrare il volume prefissato. Dopo il prelievo, smontare il dispositivo e metterlo in una busta di plastica pulita; trasportarlo in laboratorio in condizioni refrigerate. In laboratorio è preferibile smontare immediatamente la membrana filtrante e procedere subito alla preparazione del pozzetto per la osservazione microscopica. 308 5.3. Osservazione microscopica Procedere all’osservazione al microscopio invertito a 100 ingrandimenti di tutti i campi e di ogni frazione filtrata; contare i Nematodi presenti. I valori ottenuti sono riferiti al volume iniziale di acqua. Per un’indagine più approfondita distinguere i Nematodi in vivi e morti ed esaminarli ad ingrandimento maggiore. 5.4. Identificazione tassonomica Nel caso si voglia procedere all’identificazione tassonomica si può inviare il campione presso un centro specializzato, in quanto è necessario l’intervento di un esperto tassonomo per il riconoscimento delle specie. Il campione concentrato va fissato prima dell’invio (5.1.). 6. Espressione dei risultati Riportare il risultato ottenuto come N° di individui/L. BIBLIOGRAFIA APHA, AWWA, WPCE. Standard methods for the examination of water and wastewater 17th Edition, 1989. ZULLINI. Guide per il riconoscimento delle specie animali delle acque interne Italiane: Nematodi. CNR AQ/1/190, 1982. 309 DETERMINAZIONE DEGLI ENTEROVIRUS 0. Generalità e definizioni I virus sono parassiti endocellulari obbligati e necessitano, quindi, di una cellula suscettibile all’infezione di cui utilizzano le risorse energetiche, enzimatiche e strutturali per riprodursi. Sono provvisti di un involucro proteico o lipoproteico che circonda un acido nucleico. Quest’ultimo è di un solo tipo: RNA (acido ribonucleico) o DNA (acido desossiribonucleico). Le proteine di rivestimento (capside) sono responsabili sia dell’attacco alla cellula suscettibile che dell’induzione di anticorpi specifici da parte del soggetto infettato. La morfologia dei virus è estremamente variabile e dipende dal modo di assemblarsi delle varie subunità proteiche che costituiscono il capside. Gli enterovirus, e cioè tutti quelli che riconoscono la classica trasmissione oro-fecale, reperibili nell’ambiente appartengono a 6-7 famiglie e sono suddivisi in altrettanti generi; diversamente i sierotipi sono più di 100. Nel complesso le malattie causate dagli enterovirus sono diverse e dipendono strettamente dall’organo o apparato bersaglio colpito: gastroenteriti (Coronavirus, Astrovirus, Adenovirus, Rotavirus); paralisi (Poliovirus); meningiti (Coxsackievirus tipo A); miocarditi (Coxsackievirus tipo B); epatiti (virus dell’epatite A, virus dell’epatite E). L’analisi virologica delle acque destinate ad uso umano o potabilizzate pone dei problemi nettamente differenti rispetto alle classiche analisi batteriologiche. Tali problemi sono legati ai volumi da analizzare e, di conseguenza, alla metodologia da adottare, alla mancanza di una metodica universalmente valida per tutti gli enterovirus ed ai mezzi di identificazione dei virus isolati. I volumi da analizzare sono nettamente superiori a quelli determinati per le analisi batteriologiche partendo da un minimo di 100 sino a 1000 L. Inevitabilmente, la prima fase della concentrazione del campione da analizzare deve essere svolta su campo e poi proseguire in laboratorio. La stessa metodologia da adottare, sia su campo che in laboratorio, presenta numerose variabili e variazioni adottate dai singoli ricercatori. In ultimo, merita particolare attenzione il problema legato all’isolamento ed identificazione dei virus eventualmente presenti. Le metodiche classiche di sieroneutralizzazione con antisieri specifici, test di immunoenzimatica per la ricerca di antigeni virali (enzyme-linked immunosorbent assay, ELISA) o test di immunofluorescenza sia diretta che indiretta sono stati in parte superati dai più rapidi e moderni test di biologia molecolare, quali il test di ibridazione molecolare e il test di reazione a catena della polimerasi (Polymerase Chain Reaction, PCR). Nel DPR 236/88 per questo parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua potabile, come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento degli enterovirus nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 310 2. Principio del metodo Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza di enterovirus, i metodi di seguito descritti permettono di effettuare determinazioni qualitative e quantitative degli enterovirus nelle acque destinate al consumo umano. Come prima detto, l’analisi virologica delle acque potabili richiede il trattamento di grandi volumi di acque, difficili da trasportare in laboratorio. E’ quindi evidente che la metodica dovrà prevedere una fase di concentrazione su campo, al fine di ridurre il volume del campione, ed una fase di concentrazione in laboratorio, al fine di ridurre ulteriormente il campione fino ad un volume adatto per l’infezione di colture cellulari. 2.1. Metodi di indagine In letteratura sono riportati numerosi metodi di concentrazione da diverse matrici ambientali. Tutti questi metodi sono altrettanto validi quanto difficilmente riproducibili e non applicabili a tutti gli enterovirus reperibili nell’ambiente. In effetti, la matrice ambientale così come il comportamento degli enterovirus può influenzare positivamente o negativamente un metodo o l’altro. Nel complesso i metodi più comunemente utilizzati sono: a) metodi di adsorbimento su flocculati o precipitati che comprendono l’uso del solfato di alluminio, solfato di ammonio, cloruro ferrico. Si tratta di metodi semplici ma di efficacia estremamente variabile; b) ultrafiltrazione che si basa sull’utilizzo di membrane la cui porosità è inferiore alla taglia dei virus, tale metodo non necessita di pretrattamento o condizionamento delle acque prima della concentrazione; c) adsorbimento-eluizione su supporti solidi che si basa sulla capacità dei virus di adsorbirsi su supporti ed in seguito di staccarsi utilizzando condizioni differenti di pH o in presenza di soluzione organica. A tal fine si utilizzano membrane piane o a cartuccia a carica superficiale elettronegativa od elettropositiva, polvere di vetro, lana di vetro, polielettroliti insolubili, silicati minerali, carbone attivo. Il metodo di seguito descritto, è stato elaborato dalla letteratura internazionale disponibile e sulla base di personali esperienze. Niente vieta che il metodo possa essere modificato ed adattato alle personali esigenze; è possibile anche utilizzare uno dei metodi di seguito descritti. 3. Strumentazione di laboratorio Per lo svolgimento dell’analisi, oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1) sono necessario specifiche attrezzature. Di seguito saranno descritte solo le attrezzature principali che debbono essere presenti in un laboratorio di virologia ambientale, alcune delle quali di uso anche più comune. 311 3.1. Termostati I termostati presenti in un laboratorio di virologia vengono utilizzati alla temperatura di 37±1°C, a meno che diversamente indicato per particolari condizioni di crescita cellulare e/o virale. E’ da tenere presente che le cellule, che servono al mantenimento delle linee cellulari, devono essere incubate in termostati separati e non devono mai entrare in contatto con le cellule infettate o seminate con campioni ambientali potenzialmente infetti. E’ consigliabile predisporre ambienti separati e sprovvisti di climatizzazione forzata al fine di evitare una disseminazione nell’ambiente dei virus. 3.2. Cappe a flusso laminare Anche in questo caso devono essere accuratamente separate le cappe per il mantenimento delle cellule sane da quelle delle cellule infette. Le cappe devono inoltre essere di tipo Biohazard per evitare una possibile trasmissione di patogeni virali all’operatore. A tal fine sono anche da preferire le cappe che offrano la possibilità all’operatore di introdurre solo le mani, proteggendo con un vetro il viso. Le cappe a flusso laminare devono inoltre essere pulite routinariamente. La superficie di lavoro deve essere detersa ogni giorno pulendola con alcool, con una soluzione di ipoclorito 0,1-0,2% o con altri detergenti presenti in commercio e preparati allo scopo. Una pulizia più energica può essere attuata mediante vapori di formaldeide, ottenuti utilizzando una piastra riscaldante e tenendo in funzione il flusso della cappa. E’ bene ricordare che i vapori di formaldeide sono estremamente tossici ed è quindi indispensabile che l’operatore si allontani durante la fase di disinfezione e che questa stessa sia attuata al termine della settimana lavorativa al fine di permettere l’evaporazione del disinfettate. Si attua periodicamente una volta ogni 2 mesi e comunque ogniqualvolta si verifichi una contaminazione batterica delle colture cellulari. 3.3. Contenitori di azoto liquido Presso ogni laboratorio di virologia devono essere sempre disponibili più linee cellulari, in considerazione del fatto che non tutti gli enterovirus crescono su un’unica linea cellulare. Linee cellulari che non sono in uso in un dato momento possono essere congelate e conservate in azoto liquido per diversi anni. Per brevi periodi di tempo (6 mesi) è possibile conservare le cellule a circa -80°C. 3.4. Apparecchi per la produzione di acqua ultrapura L’acqua per colture cellulari può essere prodotta sia per bidistillazione, mediante ebollizione, partendo da un’acqua preventivamente deionizzata o, meglio ancora, mediante apparati per la produzione di acqua ultrapura in genere provvisti anche di un ultrafiltro e di un sistema di depirogenazione. A causa dell’aggressività di questo tipo d’acqua, è bene aggiungere immediatamente, all’acqua ultrapura sterile e raffreddata, il terreno 10x concentrato. 312 3.5. Pompa peristaltica E’ bene preferire, tra le diverse pompe in commercio, quelle a velocità e potenza regolabile. 3.6. Altre attrezzature Frigorifero a -20°C e -80°C, centrifuga refrigerata veloce a 20.000 rpm, centrifuga refrigerata a 6000 rpm, centrifuga per provetta eppendhorf, sistemi per la sterilizzazione a pressione positiva, ecc. 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Estratto di carne al 3%, pH 7,2 e pH 9,5 Composizione: Estratto di carne 3 g Acqua ultrapura 100 mL Agitare la soluzione con barretta magnetica. Portare il pH al valore desiderato con aggiunta di idrossido di sodio e sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min). La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 4.2. Estratto di carne allo 0,3% in glicina 0,05 M, pH 9,5 Composizione: Estratto di carne 0,3 g Glicina 0,38 g Acqua ultrapura 100 mL Agitare la soluzione con barretta magnetica e portare il pH a 9,5±0,2 con aggiunta di idrossido di sodio. Sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min). La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 4.3. Soluzione di formaldeide allo 0,1% Composizione: Formaldeide 13,5 mL Acqua distillata 500 mL Preparare al momento dell’uso, con le dovute cautele, sotto cappa chimica e scartarla 313 4.4. Soluzione di polietilenglicol 6000 (PEG 6000) al 50%p/v Composizione: Soluzione salina fosfatata senza calcio e magnesio (7.4.3.) Cloruro di sodio PEG 6000 90 mL 12 g 80 g Portare a 160 mL di volume totale con la soluzione salina fosfata (PBS) (7.4.3.) senza calcio e magnesio. Aggiungere un magnete alla soluzione di PEG al 50% (4.4.). Sterilizzare in autoclave (15 min a 121°C). Una volta prelevata la soluzione dall’autoclave, mettere ad agitare per diverse ore (anche per tutta la notte) finché la soluzione non diviene limpida. La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 4.5. Soluzione di fosfato di sodio bibasico anidro 0,15 M Composizione: Fosfato di sodio bibasico anidro (Na2HPO4) 2,4 g Acqua ultrapura 100 mL Sciogliere la soluzione utilizzando una barretta magnetica e sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min). La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 4.6. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N Composizione: Idrossido di sodio 4 g Acqua distillata 1 L Agitare vigorosamente con barretta magnetica fino a completa dissoluzione. Scartare dopo l’uso. 5. Campionamento e concentrazione primaria degli enterovirus La presenza di cloro nelle acque potabili non costituisce un problema nell’analisi virologica per via della maggiore resistenza acquisita dai virus all’inattivazione sia nei confronti dei disinfettanti naturali che artificiali. In considerazione poi dell’elevato volume da analizzare è praticamente impensabile qualsiasi trattamento contro il cloro residuo se non utilizzando dei sistemi ad iniezione, ormai non più praticabili. 5.1. Fase su campo Per questa fase possono essere utilizzati diversi sistemi, ma le membrane, così come le cartucce elettronegative che prevedono aggiunta di sali e acidificazione del campione mediante sistemi ad iniezione, non sono facilmente applicabili su campo. Tali 314 membrane prevedevano l’acidificazione del campione a pH 3,5-4,0 e l’aggiunta di cloruro di alluminio (AlCl3) o cloruro di magnesio (MgCl2) a differenti concentrazioni, determinando recuperi estremamente variabili a causa della obbligata manipolazione del campione stesso. Recentemente sono state prodotte membrane piane e cartucce a carica superficiale elettropositiva che operano in un campo di pH estremamente ampio, non necessitano di pre-acidificazione ed aggiunta di sali, e possono essere collegate direttamente al rubinetto dell’acqua potabile per il prelievo del campione. 5.2. Concentrazione primaria Montare la cartuccia a carica superficiale elettropositiva nell’apposito contenitore e collegare direttamente il contenitore al rubinetto di prelievo. Aprire il rubinetto e regolare il flusso in uscita dal contenitore a circa 15-17 L/min, applicando un regolatore del flusso idrico in entrata. In uscita è consigliabile applicare un contalitri. Il volume da filtrare é compreso tra 500 e 1000 L. Dopo il prelievo, mettere la cartuccia in una busta in plastica ed etichettarla indicando luogo, data del prelievo e il volume filtrato. Porre la cartuccia in una borsa termica sino al ritorno in laboratorio. In laboratorio è preferibile eluire la cartuccia immediatamente o comunque entro le 24 h conservandola a circa +4°C. 5.3. Fase in laboratorio Al fine di ridurre il volume da seminare su colture cellulari è necessario, soprattutto quando si concentrino grandi volumi di acqua, procedere ad una seconda fase di concentrazione che può differenziarsi a seconda dei virus che si intendono ricercare o dell’eluente utilizzato per eluire la cartuccia. 5.4. Eluizione del virus adsorbito dalla cartuccia Per eluire correttamente una cartuccia sono necessari 1,2-1,5 L di eluente (4.2.) fatto ricircolare di continuo con l’ausilio di una pompa da laboratorio. In breve: collegare l'uscita della pompa all'entrata del contenitore per cartucce mentre il tubo di entrata della pompa deve pescare nella beuta contenente l’eluente. A sua volta l’uscita del contenitore deve ritornare, mediante un tubo flessibile, alla beuta. Far fluire l’eluente per almeno 15 min e alla fine raccoglierlo svuotando completamente la cartuccia. Neutralizzare l’eluente con acido cloridrico facendo attenzione che il pH sia intorno a 7,0±0,2. L’acidificazione eccessiva dell’eluente, specie nel caso contenga estratto di carne, determinerebbe una precipitazione delle proteine ed un’inattivazione dei virus eventualmente presenti. 315 6. Concentrazione secondaria degli enterovirus La stessa metodica descritta nella prima fase di concentrazione (cartuccia elettropositiva) può essere anche utilizzata nella seconda fase utilizzando membrane, con diametro piuttosto piccolo (45 mm). Altri sistemi prevedono una precipitazione degli enterovirus eventualmente presenti: la flocculazione organica (nel caso di soluzioni di natura proteica), l’ultracentrifugazione, o la precipitazione con diversi agenti chimici quali il solfato di alluminio, il cloruro di alluminio o di ferro, l’idrossido di magnesio e il polietilenglicol 6000. Verranno descritte le tre metodiche più comunemente utilizzate: l’ultrafiltrazione, la flocculazione organica e la precipitazione con polietilenglicol 6000. 6.1. Ultrafiltrazione a flusso tangenziale L’ultrafiltrazione è un processo di separazione delle particelle in funzione del solo peso molecolare; esistono diverse membrane con tagli molecolari (nominal molecular weight limit) da 1.000 sino a 1.000.000 di dalton. La funzione delle membrane è quella di porre una barriera tra le sostanze che riescono ad attraversare le membrane e le altre, a peso molecolare più elevato rispetto al taglio molecolare (cut-off), che sono ritenute, ad esempio, i virus. Nel caso specifico gli enterovirus vengono concentrati non per adsorbimento su membrane, ma per riduzione progressiva del volume del campione dovuto a perdita di acqua, sali e soluti in base al cut-off scelto. Le membrane attualmente in commercio sono di due tipi: cellulosa rigenerata e polisulfone, e possono essere a cartuccia (membrana avvolta a spirale) o a membrana piana. Si consiglia l’uso di membrane con taglio molecolare pari a 100.000 dalton. 6.1.1. Preparazione del campione. Il campione non necessita di pretrattamenti sebbene, per migliorare il rendimento della membrana, è preferibile pretrattarla con estratto di carne al 3%, pH 7,2±0,2 (4.1.) prevenendo così l’adsorbimento aspecifico dei virus. 6.1.2. Concentrazione. -Montare la membrana secondo le istruzioni della casa produttrice; -Lavare la membrana con 5-10 L di acqua distillata al fine di allontanare il liquido conservante; -Pretrattare il sistema con estratto di carne a pH 7,2±0,2 (4.1.) facendolo ricircolare per 5 min; -Far circolare il campione alle seguenti condizioni operative: 10-12 psi in entrata; rapporto ritenuto/filtrato (ultraconcentrato/scarto) 1:5-7; -Fermare l’apparecchio quando il recipiente del campione è quasi vuoto. In questo caso il volume del campione è rappresentato dal solo volume di riempimento dei tubi e di imbibizione della membrana. Svuotare il sistema completamente e raccogliere il campione; -Lavare la membrana con una soluzione di estratto di carne al 3%, pH 9,5±0,2 (4.1.) utilizzando un volume pari a 3/4 dell’ultraconcentrato; 316 -Riunire l’ultraconcentrato con la soluzione di lavaggio; -Neutralizzare il pH del campione-concentrato finale. Il campione può essere ulteriormente concentrato se necessario, utilizzando sistemi di ultrafiltrazione in grado di trattare volumi minori di acqua, oppure mediante flocculazione organica (6.2.) o precipitazione con polietilenglicol 6000 (6.3.). A fine campionamento: -Lavare la membrana con 1-2 L di acqua distillata; -Far circolare in continuo per almeno 15 min una soluzione di NaOH 0,1 N (4.6.); -Lavare la membrana con 2-3 L di acqua distillata. A questo punto la membrana può essere utilizzata per un nuovo campione (6.1.2.) o conservata per successive analisi, facendo circolare in continuo una soluzione di formaldeide allo 0,1% (4.3.) per almeno 5-10 min. Spegnere la pompa ed estrarre la membrana cercando di conservare quanta più formaldeide possibile all’interno della membrana, al fine di evitare l’essiccamento della stessa. Riporre in idoneo contenitore aggiungendo formaldeide come liquido conservante. 6.2. Flocculazione organica Questa tecnica si basa sulla capacità delle proteine di precipitare a pH acido e comunque inferiore al loro punto isoelettrico. I virus presenti nel campione sono imprigionati nei flocculati e raccolti per semplice centrifugazione. Questa metodica è applicabile solo a soluzioni proteiche o comunque rese tali per semplice aggiunta di estratto di carne. La flocculazione organica va attentamente controllata per impedire una caduta eccessiva del pH che inattiverebbe i virus presenti (ad esempio, i Rotavirus). Esistono in commercio estratti di carne purificati che migliorano il rendimento della flocculazione organica. 6.2.1. Concentrazione. Portare la soluzione proteica lentamente a pH 3,5±0,2 e mantenere costantemente in agitazione lenta per 30 min. Recuperare il flocculato per semplice centrifugazione a 3500 g per 30 min a circa +4°C. Risospendere il pellet in una soluzione sterile di Na2HPO4 0,15 M, pH 7,2 (4.5.). Dopo dissoluzione del pellet riportare il pH a 7,2±0,2 con l’aggiunta di idrossido di sodio. 6.3. Polietileglicol 6000 (PEG 6000) Il PEG è un polimero sintetico solubile in acqua ed atossico su colture cellulari. Il PEG determina una clusterizzazione delle molecole di acqua intorno alle proteine, e quindi ai virus, causandone una precipitazione Può essere utilizzato sia con soluzioni proteiche che saline. 317 6.3.1. Concentrazione. Porre il campione, addizionato con una soluzione di polietilenglicol 6000 al 50% (4.4.), in rapporto di 1:4 vol/vol (concentrazione finale 10%), a circa +4°C, in agitazione lenta per una notte. Risospendere il precipitato, spesso invisibile, raccolto per centrifugazione a 10.000g per 45 min a circa +4°C, nel minor volume possibile (2-3 mL) di PBS sterile pH 7,2±0,2 (7.4.3.). I tempi di centrifugazione sono proporzionali ai volumi da centrifugare, in genere per volumi da 50 a 100 mL sono necessari 45-60 min. Per volumi superiori (200-250 mL) si può arrivare anche alle 2 h. La precipitazione con PEG, che richiede l’utilizzo di una centrifuga ad alta velocità, è un processo meno drastico rispetto alla flocculazione organica. 7. Isolamento ed identificazione di enterovirus I metodi per la ricerca degli enterovirus da campioni ambientali comprendono diversi sistemi: sistemi biologici (inoculazione su colture cellulari), sistemi immunologici (immunofluorescenza diretta ed indiretta, test immunoenzimatici, test radioimmunologici) e sistemi molecolari (sonde molecolari o probes, test di reazione a catena della polimerasi). Molti di questi test sono già commercializzati ma, in alcuni casi, richiedono una certa esperienza da parte dell’operatore. Tutti i test immunologici si basano sull’utilizzo di un anticorpo marcato con radioattivo, fluoresceina o con un enzima. Altri test immunoenzimatici, come ad esempio il test di immunomicroscopia elettronica, difficilmente possono essere applicabili all’ambiente in quanto la loro bassa sensibilità richiede un’elevata concentrazione virale, necessaria per una risposta positiva, difficilmente raggiungibile in campioni ambientali. 7.1. Colture cellulari I virus umani sono parassiti strettamente endocellulari, quindi necessitano di cellule su cui moltiplicarsi. Alcuni virus, come i Poliovirus, possono moltiplicarsi su diverse linee cellulari, mentre altri virus presentano una specificità cellulare stretta. Infine, per un terzo gruppo di enterovirus, non esiste al momento una linea cellulare adatta e non sono quindi evidenziabili se non con altri sistemi più sofisticati delle colture cellulari. Alcuni virus, capaci di moltiplicarsi su sistemi cellulari, sono in grado di indurre un tipico effetto citopatico (Poliovirus, Echovirus, Coxsackievirus), altri (Epatite A, Rotavirus) possono moltiplicarsi senza indurre alcuna alterazione evidente. In quest’ultimo caso la loro presenza può essere svelata solo con test immunologici (immunofluorescenza diretta o indiretta, test immunoenzimatici, test radioimmunologici) o di biologia molecolare (ibridazione, reazione a catena della polimerasi). E’ buona norma, che tutti i laboratori di virologia ambientale, abbiano a disposizione più di una linea cellulare a seconda del virus che si intende ricercare. Le linee cellulari 318 sono classificabili in tre gruppi: cellule di primo espianto, linee cellulari continue (le più utilizzate) e cellule diploidi. Le modalità di coltivazione, di subcoltivazione, di congelamento in azoto liquido per il mantenimento a lungo termine delle linee cellulari sono estremamente complesse e prima di avventurarsi al mantenimento e all’uso di cellule per l’isolamento da campioni ambientali, è assolutamente indispensabile un approfondito training in laboratori specializzati. Le cellule vengono fatte crescere su supporti solidi (fiasche) in plastica speciale per colture cellulari di dimensioni variabili da 12,5 cm2 sino a 175 cm2, o in roller (fiasche tonde in rotazione continua) da 500 cm2. Le cellule possono essere anche coltivate in tubi, in piastre da 2 a 96 pozzetti o in capsule di Petri in genere da 45 a 90 mm di diametro. I monostrati cellulari ad intervalli regolari e variabili, a seconda delle diverse linee cellulari, devono essere separati nelle loro singole cellule da utilizzare per la preparazione di altri monostrati cellulari. Qui di seguito verrà dato, a titolo di esempio, la produzione di nuovi monostrati cellulari a partire da monostrati di 25 cm2. 7.2. Reagenti e terreni di coltura 7.2.1. Stock 10x. In commercio sono disponibili sia terreni già pronti che in polvere. Questi ultimi richiedono la reidratazione della polvere in acqua ultrapura, utilizzando 1/10 del volume indicato al fine di ottenere una soluzione 10x. Aggiungere 1 mL dello stock di antibiotici (7.2.3.) e mettere ad agitare per almeno 2 ore al fine di favorire la completa dissoluzione della polvere. Sterilizzare per filtrazione a pressione positiva utilizzando un gas inerte come l’azoto. La composizione del terreno può variare a seconda delle esigenze nutrizionali delle cellule o a seconda del loro utilizzo (con o senza rosso neutro). Il terreno così preparato può essere conservato a circa +4°C per non più di 6 mesi in condizioni ottimali. 7.2.2. Siero vitello fetale. Trattare i flaconi di siero di vitello a 56±1°C per 45 min. 7.2.3. Pool di antibiotici. La composizione che viene indicata è una miscela ricca che può essere variata a seconda delle necessità, ad esempio aggiungendo antimicoplasmi in caso di presente o accertata contaminazione delle linee cellulari. Composizione: Kanamicina 0,5 g Streptomicina 6 g Penicillina 5.000.000 unità Micostatin 160.000 unità Acqua ultrapura 50 mL Agitare la miscela con barretta magnetica per diverse ore e sterilizzare per filtrazione a pressione positiva. Distribuire la miscela in aliquote di 3-5 mL, congelare a -20±1°C ed utilizzare per non oltre 6 mesi. 319 7.2.4. Soluzione di bicarbonato di sodio all’8%. Composizione: Bicarbonato di sodio 32 g Acqua ultrapura 400 mL Agitare con barretta magnetica per 30 min e sterilizzare per filtrazione positiva. Il bicarbonato deve essere conservato a circa +4°C, in flacone chiuso ed al riparo dalla luce. Non può essere conservato a lungo (massimo 3-4 settimane). Al momento dell’aggiunta al terreno di coltura si deve notare un viraggio di colore che può andare dal rosso pallido al rosso più intenso (dipende dalla costituzione del terreno); un viraggio verso il viola depone per uno scarto immediato sia dello stock di bicarbonato che del flacone di terreno al quale il bicarbonato stesso è stato aggiunto. 7.2.5. Soluzione di glutamina al 3%. Composizione: Glutamina 12 g Acqua ultrapura 400 mL Agitare con barretta magnetica per almeno 30 min e sterilizzare per filtrazione positiva. Distribuire in aliquote e congelare a becco di clarino a -20±1°C. Può essere conservata per non più di 6 mesi in condizioni ottimali. 7.2.6. Miscela di tripsina - EDTA Composizione: Soluzione salina fosfatata (phosphate buffered salts, calcio e magnesio (7.4.3.) Tripsina Acido etilendiaminotetracetico (EDTA) PBS) senza 1 L 2,5 g 0,2 g La soluzione salina è disponibile in commercio in polvere o pastiglie da sciogliere in acqua ultrapura. Agitare con barretta magnetica per almeno 2 h e sterilizzare per filtrazione positiva. Distribuire in aliquote da 100 mL e congelare a -20±1°C. Può essere conservata per non di 3 mesi in condizioni ottimali. Prima dell’uso la tripsina deve essere riscaldata a 37±1°C in bagno termostatato. Nel caso in cui i 100 mL di soluzione non siano utilizzati completamente, il flacone può essere conservato per non più di 2 settimane a circ 7.3. Terreni di crescita e di mantenimento I terreni di crescita sono utilizzati per la moltiplicazione delle cellule, diversamente i terreni di mantenimento sono utilizzati su monostrati cellulari già formati. 320 7.3.1. Terreno di crescita al 10% di siero di vitello fetale. Composizione: Acqua ultrapura preventivamente sterilizzata in autoclave (121°C 400 mL per 15 min) Terreno 10x specifico per la linea cellulare utilizzata (7.2.1.) 50 mL Siero di vitello fetale inattivato (7.2.2.) 50 mL Antibiotici (7.2.3.) 0,5 mL Bicarbonato di sodio all’8% (7.2.4.) 7 mL Glutamina al 3% (7.2.5.) 5 mL Etichettare accuratamente la bottiglia di terreno indicando: tipo di terreno, percentuale di siero di vitello fetale, linea cellulare e data di preparazione. Il terreno 10x può variare a seconda delle esigenze nutrizionali delle diverse linee cellulari; alcune richiedono terreni particolarmente arricchiti, ad esempio zuccheri, aminoacidi non-essenziali. Può essere conservato a circa +4°C per non più di 6 mesi. E bene comunque prima del suo utilizzo controllare l’assenza di crescita batterica che si evidenzia con un precipitato sul fondo della bottiglia. 7.3.2. Terreno di mantenimento al 2% di siero di vitello fetale. Composizione: Acqua ultrapura preventivamente sterilizzata in autoclave 420 mL (121°C per 15 min) Terreno 10x specifico per la linea cellulare utilizzata (7.2.1.) 50mL Siero di vitello fetale inattivato (7.2.2.) 10mL Antibiotici (7.2.3.) 0,5 mL Bicarbonato sodico all’8% (7.2.4.) 14mL Glutamina al 3% (7.2.5.) 5mL Etichettare la bottiglia come per il terreno di crescita. I terreni sia di crescita che di mantenimento vanno utilizzati entro 2 mesi dalla data di preparazione. 7.3.3. Terreno di mantenimento doppio concentrato (2x). Composizione: Acqua ultrapura preventivamente sterilizzata in autoclave (121°C 340 mL per 15 min) Terreno 10x (7.2.1.) specifico per la linea cellulare utilizzata e 100 mL privo di rosso neutro Siero di vitello fetale inattivato (7.2.2.) 20mL Antibiotici (7.2.3.) 1mL Bicarbonato di sodio all’8% (7.2.4.) 28mL Glutamina al 3% (7.2.5.) 10mL Etichettare la bottiglia come per il terreno di crescita. Il terreno va utilizzato entro 2 mesi dalla data di preparazione. 321 7.4. Altri reagenti 7.4.1. Agar per colture cellulari all’1,8%. Composizione: Agar per colture cellulari 1,8 g Acqua ultrapura 100 mL Sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min). Può essere conservato a circa +4°C per non più di 6 mesi. Se l’agar è troppo vecchio si può notare una certa difficoltà a solidificare. 7.4.2. Rosso neutro all’1%. Composizione: Rosso neutro 1 g Cloruro di sodio 8,5 g Acqua ultrapura 100 mL Sciogliere la soluzione utilizzando una barretta magnetica e sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min). Distribuire sterilmente in aliquote. Può essere conservato a temperatura ambiente per non più di 6 mesi. Non agitare mai prima dell’uso al fine di evitare la risospensione di eventuali cristalli di colore che potrebbero interferire con la lettura. 7.4.3. Soluzione salina fosfatata (PBS) con o senza calcio e magnesio. In commercio esistono polveri e/o pastiglie da sciogliere direttamente in acqua ultrapura. Sciogliere la polvere o le pastiglie nella quantità di acqua ultrapura indicata in confezione. Dopo agitazione con barretta magnetica, sterilizzare in autoclave il PBS senza calcio e magnesio (121°C per 15 min) e per pressione positiva il PBS con calcio e magnesio. La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 7.4.4. Soluzione di cristal violetto allo 0,15%. Composizione: Cristal violetto 0,15 g Acqua ultrapura 100 mL Sciogliere la soluzione utilizzando una barretta magnetica e sterilizzare in autoclave (121°C per 15 min). La soluzione, se conservata sterilmente, può essere mantenuta per diversi mesi a temperatura ambiente. 7.5. Preparazione di monostrati cellulari partendo da una fiasca da 25 cm2 -Eliminare il terreno di mantenimento (7.3.2.); -Lavare il monostrato cellulare con PBS sterile senza calcio e magnesio (7.4.3.); 322 -Aggiungere 5-7 mL di Tripsina-EDTA (7.2.6.) preriscaldata a 37±1°C in bagno termostatato; -Controllare al microscopio rovesciato il momento in cui le cellule iniziano a separarsi le une dalle altre assumendo una forma tondeggiante; -Eliminare la soluzione Tripsina-EDTA; -Sbattere vigorosamente la fiasca sul palmo della mano controllando visivamente, in controluce, il distacco del tappeto dal supporto; -Aggiungere immediatamente 5-6 mL di terreno di crescita (7.3.1.) e con l’ausilio di una pipettatrice automatica risospendere le cellule; -Distribuire, in parti uguali, il terreno contenente le cellule in 3 o più fiasche a seconda delle linee cellulari utilizzate; -Aggiungere altro terreno di crescita (7.3.1.) a finale 7-8 mL per fiasca. L’area di crescita cellulare deve essere coperta dal terreno; -Incubare le cellule a 37±1°C; il nuovo monostrato cellulare sarà completo nell’arco di 36-48 h; -Al monostrato formato, eliminare il terreno di crescita ed aggiungere 7-8 mL di terreno di mantenimento (7.3.2.). Quest’ultimo deve essere periodicamente cambiato quando il colore del terreno virerà verso il giallo. Particolare cura deve essere posta al momento della separazione delle cellule con Tripsina-EDTA (7.2.6.), il tempo di contatto è estremamente variabile e dipende dalle diverse linee cellulari. Nel caso in cui le cellule si disperdano nella soluzione Tripsina- EDTA (7.2.6.) deve essere immediatamente aggiunto terreno di crescita (7.3.1.). Nel siero è presente un inibitore della Tripsina che, se fosse lasciata agire troppo a lungo, porterebbe ad una digestione della stessa parete cellulare e alla morte delle cellule. Nel caso in cui le cellule siano sospese in Tripsina-EDTA, possono essere raccolte per semplice centrifugazione (3500 rpm per 15 min, a temperatura ambiente) e il pellet risospeso in terreno di crescita (7.3.1.). 7.6. Inoculo di colture cellulari La ricerca di enterovirus può effettuarsi per isolamento su colture cellulari in vitro, per tecniche immunologiche e per test di biologia molecolare. I campioni comunque concentrati presentano una notevole quantità di batteri che vanno eliminati prima dell’inoculo sulle cellule. Inoculare 0,5 mL di campione per fiasche da 25 cm2 ed aggiungere un uguale volume di terreno di mantenimento (diluizione finale1:2). La quantità di campione che può essere inoculata su monostrati cellulari dipende strettamente dalla tossicità del campione (in alcuni casi è consigliabile ricorrere a diluizioni superiori (1:7-1:10) come nel caso di omogenati di mitili o fanghi). 7.6.1. Decontaminazione per filtrazione. Esistono in commercio filtri già pre-assemblati ed a basso adsorbimento proteico. -Pretrattare il filtro, utilizzando una siringa sterile, da 0,22 mm e di 12 mm di diametro con 4-5 mL di estratto di carne (4.1.) a pH 7,2±0,2 o con terreno di crescita (7.3.1.) al fine di prevenire l’adsorbimento aspecifico dei virus; 323 -Filtrare il campione e raccoglierlo in un contenitore sterile; -Aggiungere un pool di antibiotici (7.2.3.) in rapporto 1:50 ed incubare per 2 h a 37±1°C. Il diametro del filtro può variare in base alla torbidità ed al volume del campione. 7.6.2. Decontaminazione con cloroformio. -Aggiungere al campione cloroformio a concentrazione finale pari al 30%; -Agitare vigorosamente per 15-20 min; -Centrifugare a 3500 rpm per 15 min a temperatura ambiente; -Prelevare accuratamente e sterilmente la fase acquosa; -Aggiungere alla fase acquosa un pool di antibiotici (7.2.3.), in rapporto 1:50; -Mettere il campione per 2 h a 37±1°C. 7.7. Isolamento di virus citopatici L’isolamento su monostrato cellulare può essere effettuato in due modi. Dopo inoculo del campione sul monostrato cellulare e successivo adsorbimento del virus si può aggiungere: terreno liquido (metodo qualitativo: presenza/assenza, per volume di inoculo) o addizionato con agar (metodo quantitativo: Unità Formanti Placche, per volume di inoculo). 7.7.1. Inoculazione su monostrati in terreno liquido. -Preparare monostrati cellulari in fiaschette da 25 cm2 o superiori; -Eliminare il terreno di crescita; -Inoculare il campione precedentemente trattato; -Lasciare a contatto il campione (adsorbimento) per 1-2 h a 37±1°C in agitazione lenta, ma continua utilizzando un agitatore basculante; -Osservare al microscopio invertito l’eventuale effetto tossico del campione (distruzione del monostrato non imputabile a virus). In caso di elevata tossicità, l’inoculo del campione va ripetuto, su nuovo monostrato, a diluizione maggiore; -In caso di assenza di tossicità, eliminare l’inoculo e lavare il monostrato cellulare con terreno di mantenimento (7.3.2.) o soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.); -Aggiungere 6-7 mL di terreno di mantenimento (7.3.2.) per fiasche da 25 cm2; -Incubare a 37±1°C ed osservare le cellule giornalmente al fine di evidenziare un effetto citopatico da virus. Dopo una notte di incubazione si può presentare un effetto tossico ritardato, seppur minimo. E’ necessario affiancare alle analisi in corso, almeno 2 fiaschette di cellule non infettate e trattate allo stesso modo delle cellule infette (controllo cellule). Le colture debbono essere osservate per almeno 2 settimane. L’effetto citopatico da virus deve essere confermato con un secondo passaggio, inoculando un’aliquota del lisato cellulare del primo passaggio (previo congelamento e scongelamento per almeno tre volte) su un nuovo monostrato cellulare. 324 7.7.2. Inoculazione su monostrati mantenuti in terreni agarizzati. Questa tecnica può essere applicata solo per quei virus che provocano placche visibili di lisi. • Metodo delle placche in presenza di colorante vitale. -Preparare monostrati cellulari su capsule di Petri da 100 mm di diametro; -Trattare il campione ed inoculare come sopra (7.6.) incubando le capsule di Petri per colture cellulari in atmosfera di 5% di CO2; -Eliminare l’inoculo e lavare il tappeto con una soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.); -Aggiungere 10 mL di terreno di mantenimento doppio concentrato (7.3.3.) addizionato con agar (7.4.1.) (50% - 50%); -Dopo solidificazione, aggiungere un secondo strato di terreno doppio concentrato (7.3.3.) agarizzato (7.4.1.) contenente rosso neutro (7.4.2.) allo 0,1%; - Dopo solidificazione del secondo strato incubare le piastre a 37±1°C in atmosfera di 5% CO2. Il colorante vitale determina una colorazione rosso pallido del monostrato integro, mentre le placche di lisi sono visibili come foci rotondi non colorati. • Metodo delle placche in assenza di colorante vitale. -Trattamento, inoculo e aggiunta del terreno agarizzato (7.3.3.; 7.4.1.) senza colorante vitale ed incubazione sono eseguiti come precedentemente detto; -Dopo 3-5 giorni le cellule sono fissate per aggiunta di 3 mL di 10% acidotricloroacetico; -Dopo 20 min di contatto, l’agar è eliminato e le cellule colorate con 1-2 mL di una soluzione di cristal violetto (7.4.4.); -Dopo 10 min le capsule sono lavate con soluzione salina (7.4.3.) ed asciugate. Il tappeto intatto si presenta colorato in viola, mentre le placche di lisi sono trasparenti. 7.8. Isolamento di virus che non provocano effetto citopatico Alcuni virus possono moltiplicarsi senza indurre un’alterazione visibile del tappeto cellulare (Rotavirus), altri virus crescono con estrema difficoltà e con tempi di incubazione lunghi anche diverse settimane, ad esempio Epatite A. Tutti questi virus possono essere messi in evidenza con tecniche immunologiche di immunofluorescenza diretta o indiretta e di radio-immuno focus assay (RIFA). Verrà descritto solo il metodo dell’immunofluorescenza in quanto il metodo RIFA è simile al primo con la differenza della marcatura radioattiva dell’anticorpo; nell’immunofluorescenza l’anticorpo è marcato con fluoresceina (sostanza fluorescente). Ogni test deve sempre comprendere dei controlli negativi (cellule non infettate) e controlli positivi (cellule infettate con ceppi virali noti di laboratorio). 325 7.8.1. Metodo dell’immunofluorescenza diretta. -Preparare il monostrato cellulare su vetrini per immunofluorescenza; -Il campione è inoculato come nell’inoculo su monostrati con terreno liquido (7.7.1.); -Incubare i vetrini in atmosfera di 5% CO2 per un tempo variabile dipendente dal periodo di replicazione del virus; -Lavare il monostrato cellulare con soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.); -Fissare il vetrino per 10-15min in acetone a freddo (-20±1°C); -Lavare con una soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.) e asciugare all’aria; -Aggiungere un anticorpo fluoresceinato e specifico contro l’antigene virale che si intende ricercare (45 min a +37±1°C ed in camera umida); -Lavare il vetrino con una soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.) ed esaminarlo con un microscopio a fluorescenza. La positività è data dall’evidenziazione di punti verdi fluorescenti in genere intracitoplasmatici. La positività può essere espressa come percentuale di cellule infette o numero di foci fluorescenti. 7.8.2. Metodo dell’immunofluorescenza indiretta. Il metodo prevede l’utilizzo di due anticorpi: il primo anticorpo è un’immunoglobulina non marcata e specifica verso un determinato virus; il secondo anticorpo è un’anti immunoglobulina marcata con fluoresceina. In commercio sono reperibili entrambi i tipi di anticorpi. -La preparazione del tappeto cellulare, l’infezione e il fissaggio viene eseguita come nel test precedente (7.7.1.); -Aggiungere il primo anticorpo ed incubare per 45 min a 37±1°C in camera umida; -Lavare 2 volte con soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.); -Aggiungere il secondo anticorpo marcato con fluoresceina (45 min a 37±1°C in camera umida); -Lavare con soluzione salina sterile completa di calcio e magnesio (7.4.3.) ed osservare al microscopio a fluorescenza. La positività viene espressa come nel caso dell’immunofluorescenza diretta. 7.8.3. Metodo immunoenzimatico. Nel metodo immunoenzimatico (ELISA) l’anticorpo specifico verso un determinato antigene è adeso alla fase solida (piastre per test ELISA a 96 pozzetti). Esistono oramai in commercio numerosi test enzimatici per la ricerca dei virus isolabili dall’ambiente. Viene descritto un metodo standard di tipo diretto per la ricerca del virus dell’epatite A. In ogni test vanno sempre inclusi almeno due controlli positivi e due negativi forniti nel kit commerciale insieme alle soluzioni specifiche da utilizzare nel test. -Lavare il pozzetto con la soluzione di lavaggio; -Mettere 100 mL del campione in esame; 326 -Incubare per 16±2 h a temperatura ambiente in camera umida; -Lavare i pozzetti per almeno 3 volte con 300 mL di soluzione di lavaggio; -Mettere 100 ml dell’anticorpo marcato; -Incubare a 37±1°C per 1 h in camera umida; -Lavare almeno 3 volte con 300 mL della soluzione di lavaggio; -Aggiungere 100 mL di una soluzione contenente un appropriato substrato specifico per l’enzima legato all’anticorpo; -Lasciare 30 min a temperatura ambiente in camera umida; -Bloccare la reazione con 100 mL di una soluzione di acido cloridrico 0,1 N. L’avvenuto legame anticorpo-antigene (positività) è evidenziato dallo sviluppo di una reazione cromatica tra substrato ed enzima. I campioni sono considerati positivi sulla base delle indicazioni fornite dalla casa produttrice. 7.8.4. Test di biologia molecolare. Tali test possono essere applicati sia al campione concentrato (senza passaggio su monostrati cellulari) che dopo passaggio su cellule. Negli anni più recenti accanto ai tradizionali test si sono sviluppati metodi di analisi biologico-molecolari. Tali sistemi comprendono le sonde molecolari o probes sia a DNA, acido deossiribonucleico, che RNA, acido ribonucleico, (test di ibridazione) e più recentemente la reazione a catena della polimerasi (Polymerase Chain Reaction, PCR). Tali tecniche hanno ricevuto un notevole sviluppo, sebbene entrambe non siano in grado di discriminare tra particelle virali infettive e non. Le sonde molecolari sono costituite da RNA o DNA complementare ad una sequenza specifica ed unica del genoma virale. Tali sonde, come nel caso degli anticorpi, sono marcate con enzimi o con isotopi radioattivi. L’uso delle sonde molecolari per la ricerca degli enterovirus ha avuto il merito di avere introdotto tecniche di biologia molecolare nel campo ambientale, ma presenta un unico limite legato alla loro sensibilità che le rende applicabili solo ad acque con alto titolo virale (limite di sensibilità: 103 particelle virali infettive). Il test di reazione a catena della polimerasi (PCR) consiste in un’amplificazione selettiva di una porzione unica e specifica del genoma secondo una relazione del tipo 2n, con un uguale al numero di cicli di amplificazione. Alla fine del test la sequenza risulta copiata da appositi enzimi fino ad un massimo di 106 copie. L’amplificato può essere successivamente risolto ed identificato sia su gel di agarosio, in quanto, essendo nota la sequenza, se ne conosce anche dimensione e peso molecolare, sia mediante test di ibridazione molecolare su supporto solido utilizzando apposite sonde marcate (test di ibridazione). Il limite di sensibilità del test è compreso tra 3-30 particelle virali infettive, sebbene, in teoria, anche una singola particella virale può essere rivelata con il test di reazione a catena della polimerasi. Sebbene tale test è oramai largamente accettato esistono anche in questo caso diversi problemi legati soprattutto alla presenza di inibitori aspecifici e non delle reazioni enzimatiche. Diverse procedure sono state adottate al fine di eliminare tali inibitori dal campione ambientale; è bene comunque considerare che ogni tecnica deve essere sempre attentamente valutata in laboratorio ed adattata alle personali esigenze. 327 8. Espressione dei risultati Riportare il risultato ottenuto come Enterovirus: Assente o Presente per volume analizzato (metodo qualitativo) o numero in UFP per volume analizzato (metodo quantitativo). BIBLIOGRAFIA DIVIZIA M., RUSCIO V., DEGENER A.M., PANÀ A. Hepatitis A virus identification in wastewater by PCR and hybridization. Microbiologica 1998, 21: 161-167. DIVIZIA M., SANTI A.L., PANÀ A. Ultrafiltration an efficient second step for hepatitis A virus and poliovirus concentration. Journal of virological methods 1998, 23, 55-62, 1989. SOBSEY M.D., GLASS, J.S. Poliovirus concentration from tap water with electropositive adsorbent filters Applied and environmental microbiology 40, 201-205, 1980. SCHWARTZBROD, L. Virologie des milieux hydriques. Tec & Doc-Lavoisier, Paris. ISBN 2-85206753- 6, 1991. PAYMENT P., TRUDEL, M. Manuel de tecniques virologiques. Universiteés francophones du Québec, ISB2-7605-0509-x, 1989 DIVIZIA M., DE FILIPPIS P., DI NAPOLI A., GABRIELI A., SANTI L., PANÀ A. HAV recovery from tap water evaluation of different types of membranes. Annali di Igiene 1, 57-64, 1989. 329 DETERMINAZIONE DEI FUNGHI 0. Generalità e definizioni I funghi sono organismi eucarioti immobili, chemiosintetici ed eterotrofi, unicellulari o più spesso organizzati in strutture pluricellulari, che possono raggiungere dimensioni notevoli; possiedono parete cellulare rigida e si riproducono con produzione di spore (riproduzione sessuale) e di conidiospore (riproduzione asessuale). Nel gruppo sono compresi, oltre ai funghi, il cui sviluppo si verifica per mezzo di ife con produzione di micelio, anche i lieviti, la cui crescita si attua per gemmazione con produzione di blastoconidi che, in alcune specie, si staccano dalla cellula madre, mentre in altre rimangono attaccati gli uni agli altri a formare lo pseudomicelio. I funghi sono largamente diffusi in natura e ubiquitari in tutte le matrici ambientali (acqua, aria e suolo). In base al loro metabolismo si distinguono in saprofiti, parassiti e simbionti. In particolare i saprofiti sono responsabili della degradazione della sostanza organica e possono vivere negli strati superficiali del suolo e negli ambienti acquatici (fiumi, laghi, mare, acque contaminate da liquami) ed essere presenti anche nelle acque potabili in rete dove possono anche partecipare alla formazione di biofilm . Alcune specie fungine possono produrre allergie, asma, polmoniti (per inalazione), altri producono effetti tossigeni (per ingestione di alimenti contaminati) o patogeni (per inalazione); altre specie per contatto possono provocare micosi. La maggior parte dei funghi isolati sia da acque trattate che da acque non trattate appartiene alla classe dei Deuteromiceti. Le loro concentrazioni nelle acque sono variabili e possono presentare ampie oscillazioni (da 0 ad alcune migliaia UFC/100 mL, Unità Formanti Colonia) in relazione alle caratteristiche dell’acqua. La ricerca di questo parametro nelle acque potabili e negli impianti di distribuzione può essere utile a verificare l’efficienza del trattamento di potabilizzazione ed esso può essere considerato un indice della qualità dell’acqua erogata. La normativa ne auspica l’assenza nell’acqua potabile in quanto solo in particolari circostanze può renderne pericolosa l’assunzione, come anche ribadito dal Decreto del Ministro della Sanità del 26 marzo 1991. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di funghi nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza di Funghi, con i metodi di seguito presentati viene data la possibilità di quantificarne, se presenti, il numero nelle acque destinate al consumo umano. 330 La procedura analitica si basa sulla semina diretta di un aliquota del campione su piastra e sul successivo conteggio delle colonie sviluppate; in alternativa può essere utilizzata la filtrazione su membrana con conteggio delle colonie. Vengono di seguito proposti due metodi: -metodo a: metodo della semina diretta su piastra. Con questo metodo viene verificata la presenza di funghi in campioni di acqua tramite la messa in evidenza di colonie su terreno colturale agarizzato. -metodo b: metodo della filtrazione su membrana (MF). Questo metodo permette di verificare la presenza di funghi in campioni di acqua tramite la messa in evidenza di colonie cresciute su membrana posta su terreno colturale agarizzato. Di seguito vengono proposti substrati di isolamento diversi, tutti altrettanto validi per la determinazione dei funghi. Comunque esistono in commercio diversi substrati usati per l’isolamento dei Funghi che garantiscono buoni risultati in fase analitica anche se non esiste un unico substrato in grado di far crescere tutte le specie presenti. E’ necessario in ogni caso tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività. 3. Strumentazione e vetreria Oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1) è necessario disporre di membrane di acetato di cellulosa di diametro 47 mm con porosità nominale 0,45 mm, di colore nero. 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Agar di Czapek Dox (Czapek Dox Agar, CDA) Composizione: Saccarosio 30 g Nitrato di sodio 3 g Fosfato bipotassico 1 g Solfato di magnesio 0,5 g Cloruro di potassio 0,5 g Solfato ferroso 0,01 g Agar 15 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,3+0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. 331 Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino a ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Sterilizzare a 121°C per 15 min. Distribuire in capsule Petri e lasciare solidificare. Lasciare asciugare molto bene la superficie del terreno. Conservare il terreno sterilizzato, pronto per l’uso, a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.2. Agar di Sabouraud (Sabouraud Dextrose Agar, SDA) Composizione: Peptone Destrosio Agar Acqua distillata pH 4,5+0,2 10 40 15 100 g g g mL Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino all’ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Dopo aver sciolto la polvere sterilizzare a 121°C per 15 min. Dopo la sterilizzazione si consiglia di modificare il pH, nel terreno ancora liquido, con una soluzione di acido lattico sterile al 10% (4.3.) in modo da ottenere un valore di pH 4,5+0,2. Ciò riduce la crescita batterica la cui preponderanza potrebbe disturbare quella fungina. Distribuire in capsule Petri e lasciare solidificare. Lasciare asciugare molto bene la superficie del terreno. Conservare il terreno sterilizzato, pronto per l’uso, a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.3. Soluzione di acido lattico al 10% Composizione: Acido lattico 10 mL Acqua distillata Mettere in un pallone tarato 10 mL di acido lattico e portare a 100 mL con acqua distillata. Sono reperibili in commercio soluzioni a titolo noto. 4.4. Agar all’estratto di malto (Malt Agar, MA) Composizione: Estratto di malto 30 g Agar 1g Acqua distillata 1000 mL pH 5,4+0,2 332 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino all’ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Distribuire in capsule Petri e lasciare solidificare. Lasciare asciugare molto bene la superficie del terreno. Conservare il terreno sterilizzato, pronto per l’uso, a circa +4°C per non più di 2 settimane in condizioni ottimali. 4.5. Soluzione di blu lattofenolo Colorante per microscopia disponibile in commercio. 5. Procedura 5.1. Metodo a: semina diretta su piastra 5.1.1. Volume da analizzare. Il volume da analizzare con questo metodo è pari a 1 mL; per analizzare volumi maggiori distribuire il campione in più piastre e procedere per tutte allo stesso modo. 5.1.2. Semina diretta e incubazione. Per lo svolgimento dell’analisi può essere utilizzato uno o più dei terreni colturali sopra proposti. Trasferire sterilmente 1 mL di campione sulla superficie, ben asciutta, del terreno colturale solidificato in capsula Petri. Distribuire uniformemente sull’intera superficie usando un’ansa sterile di vetro oppure un sistema a piastra rotante che assicuri una distribuzione uniforme del campione. Coprire la capsula, lasciare asciugare a temperatura ambiente, ed incubare a 22°-25°C per 3–5 giorni. 5.2. Metodo b: filtrazione su membrana 5.2.1. Volume da analizzare. Il volume da analizzare è pari a 100 mL per le acque in rete; per altri tipi di acqua, in relazione alla qualità possono essere analizzate aliquote diverse. 5.2.2. Filtrazione e incubazione. Per lo svolgimento dell’analisi può essere utilizzato uno o più dei terreni colturali sopra proposti. Filtrare 100 mL di campione attraverso una membrana di acetato di cellulosa, preferibilmente di colore nero, di 0,45 mm di porosità nominale, posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, rispettando le comuni norme di asepsi. Trasferire sterilmente la membrana in piastre contenenti il terreno colturale di isolamento evitando la formazione di bolle d’aria tra la membrana stessa e la superficie del terreno agarizzato. Incubare alla temperatura di 22°-25°C in frigo-termostato per 3–5 giorni. 333 6. Identificazione e conteggio delle colonie I lieviti sviluppano colonie dall’aspetto cremoso, bianche nella prima fase di crescita e che, dopo la formazione di blastoconidi, possono assumere colorazioni diverse. Nei funghi la struttura filamentosa del micelio vegetativo può essere nascosta da una copertura piumosa o cotonosa, polverulenta, formata da miceli aerei e dalle spore disposte a volte in anelli concentrici. Contare tutte le colonie tipiche. 7. Espressione dei risultati Riportare il risultato ottenuto come numero di Funghi UFC/1 mL se si applica il metodo a o come Funghi UFC/100 mL se si applica il metodo b. 8. Osservazione microscopica Qualora si volesse procedere all’osservazione microscopica degli organismi cresciuti, effettuare isolamenti delle colonie da saggiare. Per i lieviti è consigliabile procedere all’isolamento delle colonie su piastra di SDA (4.2.). Incubare a 22°–25°C per 3–5 giorni. Con un’ansa sterile procedere al prelievo di una parte della colonia (al centro) da esaminare e strisciare su un vetrino stemperando con una goccia di acqua distillata sterile. Osservare al microscopio, preferibilmente a contrasto di fase (20x o 40x), per l’evidenziazione di pseudomicelio e spore. Eventualmente procedere alla identificazione dei lieviti con microkit di prove biochimiche. Volendo procedere alla osservazione microscopica dei funghi, usare la tecnica della osservazione diretta. Fare aderire delicatamente una striscia di nastro adesivo trasparente sulla superficie della colonia da verificare al microscopio. Trasferire il nastro su un vetrino portaoggetti sul quale è stata posta una goccia di soluzione di blu lattofenolo (4.5.), con la parte adesiva rivolta verso il basso. Porre un vetrino coprioggetti e osservare all’ingrandimento 100x per distinguere spore e conidi. BIBLIOGRAFIA APHA. Standards Methods for Examination of Water and Wastewater. APHA, AWWA, WPCF. 18th Ed. Washington D.C. , 1992. BARRON G.L. Genera of Hyphomycetes from soil. Lubrecht L. and Cramer B.J. Ldt, 1977. LA PLACA M. Caratteri generali dei miceti in: Principi Di Microbiologia Medica. Esculapio Editrice, 6th Ed. Bologna, 40, 379-401, 1991 ORSI A. Generalità sui miceti in: Pasquinelli F. Diagnostica e tecniche di laboratorio. Rosini Editrice, Firenze, vol. II, 461-507, 1989 335 DETERMINAZIONE DEI PROTOZOI: CISTI DI GIARDIA ED OOCISTI DI CRYPTOSPORIDIUM 0. Generalità e definizioni Il DPR 236/88 e la nota 2 del Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991 includono i Protozoi tra gli organismi di cui se ne auspica l’assenza nelle acque potabili. Questo parametro è pertanto da interpretare come indice di qualità di un’acqua di cui, solo in particolari circostanze, può essere pericolosa l’assunzione. Tuttavia di seguito verranno descritti i metodi per la ricerca di cisti ed oocisti di protozoi patogeni, considerando che, negli anni più recenti, alcuni protozoi, ritenuti inizialmente agenti di zoonosi, acquistando capacità infettanti più ampie, sono stati anche riconosciuti come patogeni umani diretti e che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito, tra i patogeni emergenti di interesse prioritario, i protozoi patogeni Giardia e Cryptosporidium. Giardia lamblia (o intestinalis) è un protozoo flagellato, riconosciuto come patogeno per l’uomo dalla metà degli anni ‘60. Ha un ciclo monoxeno che comprende lo stadio di trofozoite e quello di cisti. Cryptosporidium parvum è un protozoo coccide, riconosciuto come patogeno per l’uomo dal 1976. Anch’esso ha un ciclo monoxeno, nel quale la riproduzione sessuata ed asessuata si compiono nello stesso ospite e che attraverso una serie di stadi portano alla formazione di una oociste. Le cisti di Giardia e le oocisti di Cryptosporidium sono le forme infettanti e vengono introdotte nell’ambiente con le feci dai serbatoi di infezione che possono essere rappresentati dall’uomo, ma anche da numerosi animali sia selvatici, sia di allevamento o domestici. La diffusione delle cisti e delle oocisti nell’ambiente è favorita dalla scarsa specificità d’ospite di questi parassiti, nonché dalla notevole resistenza di queste strutture agli stress ambientali. Giardiasi e criptosporidiosi sono patologie a trasmissione fecale-orale, che possono trascorrere in forma asintomatica o determinare una gastroenterite autorisolvente nei soggetti immunocompetenti. Negli immunodepressi, in modo particolare nei malati di AIDS, invece, soprattutto l’infezione da Cryptosporidium, può cronicizzare, provocando una diarrea persistente, con conseguenze gravi, che possono arrivare sino alla morte. Le modalità d’infezione, per entrambi i parassiti, sono rappresentate dal consumo di acqua o di alimenti contaminati, dal contatto interpersonale e con animali che fungono da serbatoi. Tuttavia, l’acqua è stata riconosciuta come il principale veicolo di trasmissione per questi parassiti, la cui presenza è stata rilevata sia nelle acque grezze, soprattutto di origine superficiale, sia nelle acque potabilizzate. Infatti, le acque superficiali possono subire facilmente contaminazione attraverso gli scarichi di reflui civili o di allevamenti, il dilavamento del terreno e la fertirrigazione; d’altra parte la resistenza delle cisti e oocisti non permette ai trattamenti chimico-fisici attuati nei processi di potabilizzazione di garantire l’eliminazione di questi parassiti. 336 1. Campo di applicazione Le procedure analitiche vengono utilizzate per le acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate da destinare al consumo. Possono essere utilizzate per valutare la eventuale presenza e distribuzione di protozoi nelle riserve idriche, per individuare la sorgente di contaminazione e per analizzare l’efficienza del trattamento di potabilizzazione. Di seguito vengono descritti tre metodi idonei alla ricerca di cisti e oocisti in acque destinate al consumo umano che contengano basse concentrazioni di solidi sospesi. Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza degli organismi indicati con il termine di Protozoi, per quanto sopra detto, con i metodi di seguito presentati viene data la possibilità di quantificare, se presenti, il numero delle cisti ed oocisti di Protozoi patogeni nelle acque destinate al consumo umano. 2. Metodo 1 2.1. Principio del metodo Prevede la filtrazione su cartuccia di polipropilene, porosità nominale 1 µm, di campioni d'acqua, l’eluizione delle cisti ed oocisti mediante lavaggio delle fibre della cartuccia, la concentrazione e purificazione dell’eluato per centrifugazione e flottazione, la determinazione ed il conteggio al microscopio delle cisti ed oocisti mediante immunofluorescenza diretta. 2.2. Strumentazione e vetreria Per lo svolgimento dell’analisi, oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio (v. Appendice 1), è necessario disporre di: -apparato di filtrazione per filtri a membrana da 25 mm ; -cartucce in polipropilene con porosità nominale 1 µm, lunghezza 25 cm, (con portacartuccia in polipropilene); -centrifuga a rotore basculante per contenitori a fondo conico da 15 mL; -centrifuga refrigerata (+4°C) a rotore basculante per contenitori da 50-500 mL; -contalitri; -contenitori da centrifuga da 500 mL con fondo conico o del tipo a bottiglia; -contenitori da centrifuga da 50 e 15 mL con fondo conico; -idrometro per liquidi con range di densità 1,000-1,225; -membrane di policarbonato, 1,2 µm di porosità, 25 mm di diametro; -microscopio a epifluorescenza con filtri di eccitazione 450-490 nm, filtro barriera 515-520 nm, obiettivi 20, 40 e 100x e oculare con micrometro lineare. E’ necessario disporre del contrasto di fase o, meglio, del contrasto ad interferenza differenziale (DIC) per l’obiettivo 100x; -pompa aspirante con portata intorno ai 14 L/min; -regolatore di flusso; 337 -sacchi di plastica da 4 L resistenti, da chiudere per il trasporto della cartuccia; -Stomacher (facoltativo); -tubi semirigidi di connessione con relativi raccordi e fascette; -vaschette di plastica da 2 L di capienza; -vetrini a pozzetto. 2.3. Reagenti 2.3.1. Soluzione di tiosolfato di sodio al 2%. Composizione: Tiosolfato di sodio pentaidrato 2 g Acqua distillata 100 mL Sciogliere la polvere in 100 mL di acqua distillata. Sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C. 2.3.2. Soluzione tamponata di formaldeide al 10%. Composizione: Fosfato di sodio bibasico (Na2HPO4) 0,76 g Fosfato di sodio monobasico (NaH2PO4) 0,02 g Formaldeide 100 mL Acqua distillata Portare a volume finale di 1 L con acqua distillata adottando dovute precauzioni ed operando sotto cappa chimica. 2.3.3. Soluzione di PBS (Phosphatase Buffer Saline) 10x. Composizione: Cloruro di sodio Posfato di potassio Fosfato di (Na2HPO4 · 12H2O Cloruro di potassio Acqua distillata sodio monobasibibasico dodeco (KH2PO4) 80 2 caidrato 29 2 g g g g Portare a volume finale di 1 L con acqua distillata. Aggiustare il pH a 7,2±0,2 con NaOH 0,1 N o HCl 0,1 N. Sterilizzare in autoclave per 15 min a 121°C. La soluzione è anche disponibile in commercio pronta per l’uso. 2.3.4. Soluzione di PBS 1x. Composizione: PBS 10x (2.3.3.) 100 mL Acqua distillata 900 mL Mescolare i due componenti. 338 2.3.5. Soluzione di lavaggio A. Composizione: PBS 10x (2.3.3.) Tween-80 100 mL 1 mL Sodio Dodecil Solfato (SDS ) Antischiuma B Acqua distillata 1 g 500 µL Portare a volume finale di 1 L con acqua distillata. 2.3.6. Soluzione di lavaggio B. Composizione: PBS 10 x (2.3.3.) 100 mL Tween 20 0,5 mL Acqua distillata Portare a volume finale di 1 L con acqua distillata. 2.3.7. Soluzione idrossido di sodio 0,1 N. Composizione: Idrossido di sodio 0,4 g Acqua distillata 100 mL Sciogliere su agitatore magnetico. 2.3.8. Soluzione di acido cloridrico 0,1 N. Composizione: Acido cloridrico al 37% 0,82 mL Acqua distillata 100 mL Preparare la soluzione con acqua distillata. 2.3.9. Soluzione di Percoll-saccarosio 1 (100 mL). Composizione: Percoll (densità=1,13) 45 mL Saccarosio 2,5 M 10 mL Acqua distillata 45 mL Mescolare i componenti e controllare che la densità sia tra 1,09-1,1 con un idrometro. Tutta la procedura deve essere svolta mantenendo i reattivi a circa +4°C. 339 2.3.10. Soluzione di Percoll-saccarosio 2 (30 mL). Composizione: Percoll (d=1,13) 15,9 mL Saccarosio 2,5 M 14,1 mL Tutta la procedura deve essere svolta mantenendo i reattivi a circa +4°C. 2.3.11. Soluzione di saccarosio 2,5 M. Composizione: Saccarosio 855,8 g Acqua distillata 400 mL Far sciogliere il saccarosio nell’acqua distillata preriscaldata. Raffreddare e portare a volume finale di 1 L con acqua distillata. 2.3.12. Soluzione di montaggio DABCO (1,4-diazodiciclo[2.2.2]ottano) e glicerolo. Composizione: Glicerolo 95 mL DABCO 2 g Riscaldare su piastra 95 mL di glicerolo e aggiungere 2 g di DABCO mescolando, quindi aggiustare il volume a 100 mL con glicerolo. L’operazione deve essere condotta sotto cappa. 2.3.13. Kit per la determinazione di oocisti e di cisti mediante immunofluorescenza diretta. Componenti: Anticorpi monoclonali diretti contro le oocisti di Cryptosporidium e le cisti di Giardia coniugati con isotiocianato di fluoresceina (FITC). Controllo positivo; Controllo negativo; Tampone di lavaggio; Soluzione di montaggio (Mounting Medium). Conservare tra 0-8°C protetti dalla luce. 2.4. Procedura La procedura di seguito descritta è tratta dal metodo accettato dall’EPA modificata in base alla personale esperienza. 2.4.1. Campionamento. Acque grezze. Nel caso di un corso d’acqua superficiale effettuare il prelievo in un punto 340 rappresentativo. E’ possibile effettuare il prelievo sia in pressione (con la pompa a monte), come nello schema 1a, Figura 1), sia in aspirazione (con la pompa a valle). Si consiglia di utilizzare il metodo in pressione per il prelievo di acque con materiale in sospensione. In tutti gli altri casi si consiglia l’uso del metodo in aspirazione per evitare l’eventuale contaminazione della pompa. Acque potabili. Non è necessario l’uso di pompe per prelevare da rubinetti con sufficiente pressione. In questo caso seguire lo schema 1b della Figura 1. Nel caso in cui l’acqua sia clorata aggiungere tiosolfato di sodio (2.3.1.) (aggiungere 250 mL di tiosolfato di sodio al 2% ogni 100 L di campione). Tutto l’apparato per il prelievo deve essere pulito, anche se non necessariamente sterile. Lasciare scorrere l’acqua per 2-3 min, quindi connettere tutto l’apparato, senza cartuccia e lasciare scorrere circa 100 litri d’acqua. Inserire la cartuccia, aggiustare il flusso a circa 4 L/min ed effettuare il prelievo ponendo attenzione a non superare i 10 L/min. Effettuato il campionamento rimuovere la cartuccia dal portacartuccia e trasferirla in sacchetti da 4 L, mantenendola immersa nell’acqua del campione. I campioni devono essere trasportati in condizioni refrigerate e conservati a circa +4°C. Non congelare mai i campioni perché le cisti e le oocisti potrebbero danneggiarsi. Si consiglia di trattare il campione entro 24-48 ore dal prelievo. Se non può essere trattato entro questo limite di tempo aggiungere formaldeide al 10% (2.3.2.) in relazione al volume del campione. 2.4.2. Volume da campionare. Per le acque grezze si consiglia di concentrare un campione di 50-500 L. Se la cartuccia tende ad intasarsi il volume del campione può essere ridotto in relazione alle condizioni di torbidità ed alla quantità del particolato in sospensione. Per le acque potabilizzate si consiglia di concentrare un campione di 250-1000 L. 2.4.3. Eluizione della cartuccia. Utilizzare materiale diverso dal vetro onde evitare problemi di adesione delle cisti ed oocisti. Porre la cartuccia in un contenitore adatto ai lavaggi successivi (vaschetta). Conservare l’acqua del campione nella quale è stata immersa la cartuccia. Tagliare con un bisturi la cartuccia sul lato lungo, aprirla e dividere le fibre in tre strati: strato esterno, strato intermedio e strato interno. Il lavaggio della cartuccia può essere effettuato manualmente o in alternativa con l’ausilio di uno Stomacher: -Eluizione manuale della cartuccia. Lavare energicamente i tre strati in sequenza (interno, intermedio ed esterno) in una vaschetta contenente la soluzione di lavaggio A (2.3.5.) fino a chiarificazione delle fibre (tale operazione deve essere condotta utilizzando guanti). Strizzare ed eliminare le fibre. 341 Schema - 1 a prefiltro grossolano pompa cartuccia filtrante contalitri IN OUT Schema - 1 b cartuccia filtrante contalitri rubinetto IN OUT Figura 1. Schema del metodo di campionamento. 342 -Eluizione della cartuccia con Stomacher. Porre tutte le fibre in un sacco per Stomacher da 3,5 L. Aggiungere 1,75 L di soluzione di lavaggio A (2.3.5.) alle fibre e omogeneizzare con lo Stomacher per due cicli da 5 min ciascuno. Nell’intervallo tra i due cicli mescolare manualmente le fibre nel sacco per ridistribuirle. Raccogliere l’eluato in un beaker da 4 L e strizzare le fibre. Procedere quindi con un secondo lavaggio analogo al precedente (due cicli da 5 min ciascuno) con 1 L di soluzione di lavaggio A (2.3.5.). Dopo un’accurata strizzatura eliminare le fibre. Unire l’eluato ottenuto nel secondo lavaggio a quello del primo e sciacquare con il resto della soluzione di lavaggio il sacco utilizzato. 2.4.4. Concentrazione dell’eluato. Unire e mescolare l’eluato (circa 3 L) ed aggiungere l’acqua nella quale è stato conservato il campione. Centrifugare il campione (provettoni da 1 L) per 15 min a 1050 x g a circa +4°C, eliminare il supernatante e trasferire il pellet in provette da 50 mL, lasciandone una quantità sufficiente per poterlo risospendere utilizzando un vortex. Attraverso ulteriori centrifugazioni (1050 x g per 15 min a circa +4°C) concentrare tutto l’eluato in un’unica provetta da 50 mL. Misurare il volume del campione concentrato (150 mL). Dovendo sospendere il trattamento del campione in questa fase, aggiungere un volume uguale al campione di soluzione di formaldeide al 10% (2.3.2.) e conservare a circa +4°C. 2.4.5. Chiarificazione del campione. Preparare 30 mL di soluzione Percoll-Saccarosio per ogni campione. Questa soluzione può essere preparata secondo due metodi diversi: -Chiarificazione mediante soluzione di Percoll Saccarosio 1. Utilizzare la soluzione di Percoll-Saccarosio 1 (2.3.9.) e procedere nel seguente modo. Prendere 0,5 mL di campione concentrato (dal volume totale di 1-50 mL) e aggiungere 19,5 mL di soluzione di lavaggio A (2.3.5.) utilizzata per eluire la cartuccia. Mettere, in una provetta da 50 mL, 20 mL di campione e iniettare sul fondo 30 mL di soluzione di Percoll-Saccarosio 1, facendo attenzione a non rompere l’interfaccia tra le due componenti. -Chiarificazione mediante soluzione di Percoll Saccarosio 2. Utilizzare la soluzione di Percoll-Saccarosio 2 (2.3.10.) e procedere nel seguente modo. Prendere 1 mL di campione concentrato dal volume finale (1-50 mL) e aggiungere 19 mL di soluzione di lavaggio A (2.3.5.) utilizzata inizialmente per eluire la cartuccia. Mettere la soluzione di Percoll-Saccarosio 2 (30 mL) in una provetta da 50 mL e stratificare sulla superficie 20 mL di campione. In entrambi i casi centrifugare a 1050 x g per 10 min a circa +4°C accelerando lentamente e senza usare il freno alla fine della centrifugazione. 343 Prelevare con cura il supernatante, l’interfaccia e circa 5 mL di Percoll-Saccarosio (per un totale di circa 25 mL) e raccoglierlo in una provetta da 50 mL. Introdurre nella provetta contenente il campione chiarificato la soluzione di lavaggio B (2.3.6.) fino a raggiungere il volume di 50 mL, mescolare con vortex e centrifugare a 1050 x g per 15 min. Aspirare il supernatante e raccogliere il pellet (1-5 mL). 2.4.6. Determinazione mediante immunofluorescenza diretta. Principio: si usano anticorpi monoclonali di topo anti-cisti di Giardia e anti-oocisti di Cryptosporidium coniugati con FITC, che si legano ad antigeni presenti sulle pareti. -Procedimento su vetrino a pozzetto. Portare i reattivi del kit (2.3.13.) a temperatura ambiente. Trasferire 10-30 µL di campione in un pozzetto, distribuire con una bacchetta di plastica su tutta la superficie disponibile. Trasferire 10 µL del controllo positivo in un pozzetto e 10 µL del controllo negativo in un altro; distribuire con una bacchetta di plastica su tutta la superficie disponibile. Asciugare a temperatura ambiente o più rapidamente in stufa a circa 37°C. Fissare ciascun campione secondo le modalità indicate dalla ditta produttrice del kit. Mettere 20-50 µL di anticorpo su ciascun pozzetto ed incubare il vetrino in camera umida, al buio, a temperatura ambiente per 30 min. Aspirare l’eccesso di anticorpo con una pompa Venturi usando una pipetta con punta molto fine. Lavare il vetrino con molta cautela usando il tampone di lavaggio fornito dal kit o PBS 1x (2.3.4.). Asciugare i vetrini all’aria. Montare il vetrino coprioggetto con una goccia di soluzione di montaggio (2.3.12.) (o con il Mounting medium fornito nel kit), facendo attenzione a non formare bolle. - Procedimento su filtro. Portare tutti i reattivi del kit (2.3.13.) a temperatura ambiente. Preparare la membrana (porosità 1,2 µm, in policarbonato, di diametro 25 mm) bagnandola con PBS 1x (2.3.4.); porre la membrana sul supporto di filtrazione. Filtrare 1 mL di campione. Evitare che il campione posto sulla membrana vada a secco durante tutti i passaggi. Aggiungere una goccia di anticorpi fluoresceinati. Incubare per 30 min a temperatura ambiente. Filtrare, quindi lavare per tre volte la membrana con PBS 1X (2.3.4.) aggiungendone 3 mL e filtrando di volta in volta. Eliminare ogni traccia di liquido mediante filtrazione. Porre una goccia di liquido di montaggio (2.3.12.) (o di Mounting medium fornito nel kit) su un vetrino, farvi aderire la membrana, quindi montare il vetrino coprioggetto con il liquido di montaggio stesso. 2.4.7. Esame microscopico. Osservare al microscopio tutto il vetrino a 200 o 400 ingrandimenti con il microscopio ad epifluorescenza ed individuare le strutture fluorescenti verde mela con forma e dimensioni caratteristiche delle cisti di Giardia (lunghezza 8-12 µm e larghezza 7-10 344 µm) e oocisti di Cryptosporidium (3,5-6,5 µm), utilizzando un micrometro lineare ed effettuando dei confronti con un controllo positivo. Segnare le coordinate del vetrino dove sono state rinvenute le cisti e le oocisti. Questa valutazione consente di fornire una determinazione presuntiva delle cisti ed oocisti. Effettuare l’osservazione delle stesse strutture in epifluorescenza a 1000 ingrandimenti in immersione, quindi passare sull’obiettivo con il contrasto di fase o con il contrasto ad interferenza differenziale (DIC). Con il contrasto di fase è possibile distinguere le cisti ed oocisti piene da quelle vuote e, quindi, dare un’ulteriore indicazione sulla presunta vitalità delle cisti ed oocisti piene. Con il microscopio a contrasto interferenziale è invece possibile valutare la presenza di strutture interne (nuclei, corpi mediani, spazio peritrofico nella Giardia; sporozoiti e granuli residui nel Cryptosporidium), valutazioni che consentono sia di confermare la determinazione, sia di dare una ulteriore indicazione in merito alla condizione delle cisti ed oocisti: si possono distingure, infatti, cisti ed oocisti vuote, contenenti strutture amorfe oppure contenenti strutture caratteristiche ben conservate. Effettuata questa valutazione, registrare il conteggio totale di cisti di Giardia e di oocisti di Cryptosporidium. Se è stata effettuata anche la valutazione con il contrasto di fase annotare il numero di cisti ed oocisti che risultano piene o vuote. Se è stata effettuata anche la valutazione con il DIC annotare il numero di cisti ed oocisti vuote, con contenuto amorfo o con strutture interne. Per effettuare le valutazioni al contrasto di fase o con il DIC è consigliabile utilizzare la tecnica di immunofluorescenza su vetrino a pozzetto perché questa condizione consente una maggiore trasparenza. 2.4.8. Interpretazione dei risultati. Ogni campione che presenta una o più strutture tipiche assimilabili a cisti di Giardia o oocisti di Cryptosporidium per fluorescenza, forma e dimensioni può essere considerato presuntivamente un campione positivo. La torbidità, il particolato organico ed inorganico del campione d’acqua possono interferire con il recupero delle cisti ed oocisti nella fase di concentrazione e purificazione e con la determinazione delle strutture al microscopio. Organismi (alghe e lieviti) e detriti autofluorescenti possono interferire durante la determinazione al microscopio a epifluorescenza e causare la registrazione di falsi positivi. Le sostanze utilizzate nella disinfezione possono determinare delle interferenze nella individuazione delle strutture interne alle cisti ed oocisti perché possono causarne la parziale distruzione o trasformazione in strutture amorfe e pertanto irriconoscibili. 2.4.9. Espressione dei risultati. Il numero di cisti ed oocisti contate si riferisce al volume analizzato sul vetrino stesso; tale numero viene quindi rapportato a 0,5 mL o ad 1 mL in relazione al volume di pellet purificato (2.4.5.) e moltiplicato per il volume dell’eluato (1-50 mL). Il risultato viene infine rapportato al numero di litri di campione filtrati. 345 3. Metodo 2 3.1. Principio del metodo Prevede la filtrazione su capsula, porosità nominale 1 mm, di campioni d’acqua, l’eluizione delle cisti ed oocisti con una soluzione di lavaggio utilizzando uno shaker, la concentrazione e purificazione dell’eluato tramite centrifugazione e flottazione, la determinazione e il conteggio al microscopio delle cisti ed oocisti mediante immunofluorescenza diretta. L’efficienza di recupero del metodo prima della fase di flottazione varia da 20 a 35% per Cryptosporidium e da 45 a 95% per Giardia. 3.2. Strumentazione e vetreria Per lo svolgimento dell’analisi, oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio (v. Appendice 1), è necessario disporre di: -agitatore con braccetti; -apparato di filtrazione per filtri a membrana da 25 mm di diametro; -centrifuga a rotore basculante per contenitori a fondo conico da 15 mL; -centrifuga refrigerata (+4°C) a rotore basculante per contenitori da 50-1000 mL; -contalitri; -contenitori da centrifuga da 250 mL con fondo conico o tipo bottiglia; -contenitori da centrifuga da 50 e 15 mL con fondo conico; -filtro a capsula in polietersulfone, (1 µm di porosità, 6 cm di diametro, 12 cm di lunghezza, 1300 cm 2 di superficie); -membrane di policarbonato, 1,2 µm di porosità, 25 mm di diametro; -microscopio a epifluorescenza con filtri di eccitazione 450-490 nm, filtro barriera 515-520 nm, obiettivi 20, 40 e 100x ed oculare con micrometro lineare. E’ necessario disporre del contrasto di fase o, meglio del contrasto ad interferenza differenziale (DIC) per l’obiettivo 100x; -regolatore di flusso ; -tubi semirigidi di connessione con relativi raccordi e fascette; -vetrini a pozzetto. 3.3. Reagenti 3.3.1. Soluzione di tiosolfato di sodio al 2 % (2.3.1.). 3.3.2. Soluzione di PBS (Phosphatase Buffer Saline) 10x (2.3.3.). 3.3.3. Soluzione di PBS 1x (2.3.4.). 3.3.4. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N (2.3.7.). 346 3.3.5. Soluzione di acido cloridrico 0,1 N (2.3.8.). 3.3.6. Tampone per eluizione. Composizione: Laureth 12 Tris 1M a pH 7,4 EDTANa2 · 2H2O 0,5 M a pH 8 1 g 10 mL 2 mL Antischiuma A 150 mL Acqua distillata Pesare il Laureth-12 in un beaker di vetro pirex e aggiungere 100 mL di acqua distillata. Scaldare su una piastra o in un forno a microonde per consentire al Laureth-12 di sciogliersi. Trasferire la soluzione in un matraccio da 1 L. Sciacquare il beaker numerose volte e mettere l’acqua di risciacquo nel matraccio. Aggiungere gli altri reattivi. Portare ad 1 L con acqua distillata. 3.3.7. Tris 1 M a pH 7,4. Composizione: Tris 121,1 g Acqua distillata Sciogliere il Tris nell’acqua e portare a pH 7,4±0,2 con HCl o NaOH 0,1 N. Portare a 1 L con acqua distillata. Sterilizzare con un filtro a membrana da 0,22 µm; conservare in un contenitore di plastica a temperatura ambiente. 3.3.8. EDTANa2 0,5 M a pH 8. Composizione: EDTANa2· 2H2 186,1 g O Acqua distillata Sciogliere l’EDTA nell’acqua e portare a pH 8±0,2 con HCl o NaOH 0,1 N. Portare a 1 L con acqua distillata. 3.3.9. Soluzione di montaggio DABCO (1,4-diazodiciclo[2.2.2]ottano) e glicerolo (2.3.12.). 3.3.10. Kit per la determinazione di cisti e oocisti mediante immunofluorescenza diretta. Componenti: Anticorpi monoclonali diretti contro le oocisti di Cryptosporidium e le cisti di 347 Giardia coniugati con isotiocianato di fluoresceina (FITC); Controllo positivo; Controllo negativo; Tampone di lavaggio; Soluzione di montaggio (Mounting Medium). Conservare tra 0-8°C. 3.4. Procedura 3.4.1. Campionamento e volume da analizzare. Questo metodo consente di campionare volumi variabili d’acqua (10-700 L) in relazione alla sua torbidità, usando eventualmente più cartucce per filtrare il volume appropriato. Nel caso che l’acqua sia clorata aggiungere tiosolfato di sodio (3.3.1.) (aggiungere 250 mL di tiosolfato di sodio al 2% ogni 100 L di campione). Il campionamento può essere effettuato secondo lo schema riportato in Figura 2 ponendo la pompa e gli altri accessori a valle della capsula oppure ponendo la pompa a monte oppure utilizzando un sistema in pressione (rubinetto). Il flusso deve essere intorno a 2 L/min. Prima di iniziare il campionamento e montare quindi la capsula, è importante far passare attraverso il sistema da 100 a 200 L di acqua. Inserire poi la capsula dopo aver rimosso e tenuto da parte i tappi che proteggono le due estremità della capsula. Dopo aver avviato la pompa aprire la valvola di sfiato della capsula girandola in senso orario, permettendo così all’aria di uscire dalla capsula. Effettuare il campionamento. Quando tutto il campione è stato raccolto rimuovere l’entrata del tubo dalla fonte d’acqua e consentire alla pompa di pompare il resto dell’acqua rimasta nel tubo dentro la capsula. Staccare il tubo di uscita e tappare l’estremità di uscita della capsula, quindi staccare l’altra estremità facendo attenzione a non perdere l’acqua rimasta nella capsula e tapparla. In ogni caso, il campionamento deve considerarsi concluso quando il flusso viene ridotto in conseguenza dell’intasamento della capsula. Trasportare la capsula in condizioni refrigerate in laboratorio. 348 capsula pompa contalitri regolatore di flusso IN OUT Figura 2. Schema del metodo di campionamento. 349 3.4.2. Eluizione della capsula. Per ogni capsula sono necessari 240 mL di soluzione tampone di eluizione (3.3.6.). Se l’acqua rimasta nella capsula riempie meno della metà della cartuccia, mantenerla nella cartuccia e procedere con l’eluizione. Se l’acqua rimasta nella capsula riempie più della metà della cartuccia, svuotarla in un contenitore e tenerla da parte come parte del campione. Aggiungere 120 mL di soluzione eluente con un cilindro graduato attraverso l’estremità di entrata della capsula. Inserire la capsula nell’agitatore con il lato di ingresso posto in modo che la valvola di sfiato sia posizionata a ore 12 e procedere all’agitazione per 5 min a 600 rpm. Versare l’eluato in un tubo da centrifuga. Aggiungere gli altri 120 mL di soluzione eluente con un cilindro graduato attraverso l’estremità di entrata della capsula. Inserire la capsule nell’agitatore con il lato di ingresso posto in modo che la valvola di sfiato sia posizionata a ore 9 e procedere all’agitazione per 5 min a 600 rpm. Miscelare l’eluato con il precedente ed aggiungere l’eventuale residuo d’acqua tenuto da parte. Centrifugare a 1100 x g per 10 min, decelerare lentamente senza usare il freno. Eliminare con delicatezza il surnatante. Misurare il volume del campione concentrato. Qualora il procedimento di concentrazione avesse portato ad un campione finale di eccessiva torbidità per un’analisi diretta al microscopio a fluorescenza, si procede alla chiarificazione del campione (2.4.5.). 3.4.3. Determinazione mediante immunofluorescenza diretta (2.4.6.). 3.4.4. Esame microscopico (2.4.7.). 3.4.5. Interpretazione dei risultati (2.4.8.). 3.5. Espressione dei risultati (2.4.9.) 4. Metodo 3 4.1. Principio del metodo Prevede la filtrazione di campioni di acqua su membrana di porosità nominale 1,2 mm, la dissoluzione della membrana in un solvente, la concentrazione dell’emulsione mediante centrifugazione, il lavaggio del pellet con solventi, la determinazione ed il conteggio al microscopio delle cisti ed oocisti mediante immunofluorescenza diretta. L’efficienza di recupero del metodo prima della flottazione varia da 25 a 40% per Cryptosporidium e da 50 a 60% per Giardia. 350 4.2. Strumentazione e vetreria Per lo svolgimento dell’analisi, oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio, è necessario disporre di: -apparato di filtrazione per filtri a membrana da 25 mm di diametro; -camera umida; -centrifuga refrigerata (+4°C) a rotore basculante per contenitori da 50-500 mL; -contalitri; -contenitori da centrifuga in polipropilene (PP) o in etilene propilene fluorato (teflon- FEP), da 50 mL con fondo conico; -filtro a membrana in acetato di cellulosa con porosità nominale 1,2 µm, diametro 142 mm; -membrane in policarbonato, di porosità 1,2 µm e di diametro 25 mm; -microscopio a epifluorescenza con filtri di eccitazione 450-490 nm, filtro barriera 515-520, obiettivi 20, 40 e 100x ed oculare con micrometro lineare. E’ necessario disporre del contrasto di fase o, meglio del contrasto ad interferenza differenziale (DIC) per l’obiettivo 100x; -regolatore di flusso; -supporto per filtro a membrana da 142 mm; -tubi semirigidi di connessione con relativi raccordi e fascette; -vetrini a pozzetto. 4.3. Reagenti 4.3.1. Soluzione di tiosolfato di sodio al 2% (2.3.1.). 4.3.2. Acetone. 4.3.3. Etanolo. 4.3.4. Etanolo al 70%. Composizione: Etanolo 700 mL Acqua distillata 300 mL Mescolare i due componenti. 4.3.5. Soluzione di PBS (Phosphatase Buffer Saline) 10x (2.3.3.). 4.3.6. Soluzione di PBS 1x (2.3.4.). 4.3.7. Soluzione di lavaggio A (2.3.5.). 4.3.8. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N (2.3.7.). 351 4.3.9. Soluzione di acido cloridrico 0,1 N (2.3.8.). 4.3.10. Soluzione di montaggio DABCO (1,4-diazodiciclo[2.2.2]ottano) e glicerolo (2.3.12.). 4.3.11. Kit per la determinazione di cisti e oocisti mediante immunofluorescenza diretta. Componenti: Anticorpi monoclonali diretti contro le oocisti di Cryptosporidium e le cisti di Giardia coniugati con isotiocianato di fluoresceina (FITC). Controllo positivo; Controllo negativo; Tampone di lavaggio; Soluzione di montaggio (Mounting Medium). Conservare tra 0-8°C. 4.4. Procedura 4.4.1. Campionamento e volume di acqua da campionare. Questo metodo consente di campionare volumi variabili d’acqua (5-400 L) in relazione alla sua torbidità, usando eventualmente più membrane per filtrare il volume appropriato. Acque grezze. Il supporto per filtro a membrana è connesso mediante tubo semirigido alla pompa aspirante; un prefiltro (porosità 100-300 mm) è interposto tra pompa e supporto. Nella filtrazione si consiglia di non superare la pressione di circa 2 bar. Acque potabili. Il supporto per filtro a membrana è connesso mediante tubo semirigido di connessione direttamente al rubinetto erogatore. Se l’acqua è neutralizzare il disinfettante residuo con aggiunta di tiosolfato (4.3.1.). Si consiglia di mantenere un flusso di 3 L/min. Con l’ausilio di pinzette rimuovere la membrana dal supporto e porla in una provetta da centrifuga da 50 mL. Durante il trasporto mantenere le provette alla temperatura di circa +4°C. Conservare a circa +4°C se non si procede subito alla dissoluzione. Si consiglia di trattare il campione entro 24-48 ore dal prelievo. 4.4.2. Dissoluzione della membrana. Riempire la provetta con acetone (4.3.2.) fino a portarlo a 50 mL. Agitare mediante vortex per 2-3 min, fino alla completa dissoluzione della membrana. Centrifugare a 7000 x g per 15 min e lasciare che il rotore si fermi senza usare il freno. Eliminare il supernatante arrivando fino a 2 cm dal fondo, con l’accortezza di non disturbare il pellet. Portare a 50 mL con acetone, risospendere il pellet agitando mediante vortex o eventualmente con l’aiuto di una pipetta. Centrifugare a 7000 x g per 15 min. Eliminare il supernatante come sopra indicato. 352 4.4.3. Lavaggi del pellet. Portare il pellet a 50 mL con etanolo (4.3.3.) e risospenderlo mediante vortex. Centrifugare a 7000 x g per 15 min, aspirare il supernatante e sospendere nuovamente il pellet portandolo a 50 mL con etanolo al 70% (4.3.4.) ed agitando. Centrifugare a 7000 x g per 15 min, scartare il supernatante e risospendere il pellet con la soluzione di lavaggio A (4.3.7.), sempre portandolo a 50 mL. Agitare mediante vortex. Centrifugare a 7000 x g per 15 min, scartare il supernatante e risospendere il pellet in PBS 1x (4.3.6.) (volume finale del campione circa 1-5 mL). Misurare il volume. Qualora il procedimento di concentrazione avesse portato ad un campione finale di eccessiva torbidità per un’analisi diretta al microscopio a fluorescenza, si procede alla chiarificazione del campione (2.4.5.). 4.4.4. Determinazione mediante immunofluorescenza diretta (2.4.6.). 4.4.5. Esame microscopico (2.4.7.). 4.4.6. Interpretazione dei risultati (2.4.8.). 4.5. Espressione dei risultati (2.4.9.) BIBLIOGRAFIA EPA ICR Protozoan method for detecting Giardia cysts and Cryptosporidium oocysts in water by a fluorescent antibody procedure, US-EPA, EPA/814-B-95-003, 1995. EPA, 821R. Method 1622: Cryptosporidium in water by filtration/IMS/FA, 1999. EPA, 821R.. Method 1623:Cryptosporidium and Giardia in water by filtration/IMS/FA, 1999. T.K. GRACZYK, M.R. CRANFIELD AND R. FAYER. Recovery of waterborne oocysts of Cryptosporidium from water samples by the membrane-filter dissolution method. Parasitol. Res., 83: 121-125, 1997. T.K.GRACZYK, R. FAYER, M.R. CRANFIELD AND R.OWENS. Cryptosporidium parvum oocysts recovered from water by the membrane dissolution method retain their infectivity. J. Parasitol. 83 (1): 111-114, 1997. J.E. ALDOM AND A.H. CHAGLA. Recovery of Cryptosporidium oocysts from water by a membrane filter dissolution method. Appl. Environ. Microbiol. 20: 186-187, 1995. 353 DETERMINAZIONE DI PSEUDOMONAS AERUGINOSA 0. Generalità e definizioni I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa sono batteri a forma di bastoncello diritto o leggermente ricurvo, con lunghezza compresa tra 1,5 e 3 mm e larghezza compresa tra 0,5 e 0,7 mm, mobili tramite uno o più flagelli polari, Gram negativi, aerobi, con metabolismo respiratorio ma in grado anche di utilizzare i nitrati come accettori di elettroni alternativi all’ossigeno. Sono ossidasi positivi, catalasi positivi e produttori di due pigmenti idrosolubili: piocianina, di colore verde-blu, e pioverdina, di colore giallo-verde, che emette fluorescenza in seguito ad eccitazione con radiazione ultravioletta. Si trovano nel suolo, nell’acqua, nell’aria, nei liquami, nelle feci animali e umane, possono far parte anche della flora intestinale dell’uomo (10% dei casi) e occasionalmente possono riscontrarsi sulla cute e nella saliva. Sono in grado di aderire e mantenersi sui più diversi substrati e, avendo esigenze nutritive piuttosto modeste, possono moltiplicarsi in qualsiasi ambiente che contenga tracce anche minime di composti organici. Sono patogeni opportunisti per l’uomo e occasionalmente patogeni per le piante. L’attività patogena di Pseudomonas aeruginosa si esplica sia per contatto che per ingestione (dose infettante 109 nei soggetti immunocompetenti) ed è dovuta alla sua capacità invasiva e alla produzione di sostanze extracellulari, quali alcune proteasi, tossine emolitiche, enterotossine e la tossina letale, esotossina A. Pseudomonas aeruginosa può provocare infezioni delle vie urinarie, delle ustioni e delle ferite, ulcere corneali e cheratiti, setticemie, gastroenteriti nei neonati, ascessi, broncopolmoniti e meningiti. Negli anni recenti, a causa dell’utilizzo diffuso di antibiotici e di altri agenti battericidi, ai quali tale organismo è notoriamente resistente, è diventato un importante agente di infezioni animali ed umane, in particolare per individui immunodepressi. E’ noto come uno dei più comuni agenti di infezioni ospedaliere. Pseudomonas aeruginosa si può rinvenire, oltre che nelle acque superficiali, anche nelle sorgenti e nelle acque sotterranee. Presenta un’elevata resistenza ai trattamenti di potabilizzazione e una notevole capacità di ricrescita nella rete di distribuzione, rappresentando una possibile causa di sviluppo di biofilm e di fenomeni di corrosione. La ricerca di questo organismo nelle acque potabili è, quindi, importante in quanto è un indicatore dell’efficacia del trattamento e del grado di p dell’acqua nella rete di distribuzione. Inoltre, se le acque potabili vengono utilizzate per essere confezionate, la presenza di Pseudomonas aeruginosa può anche indicare scadenti condizioni igieniche dell’ambiente di produzione e degli impianti. Nel DPR 236/88 di questo parametro se ne auspica l’assenza nell’acqua potabile, in quanto solo in particolari circostanze può renderne pericolosa l’assunzione, come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991. 354 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di Pseudomonas aeruginosa nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza di Pseudomonas aeruginosa, con il metodo di seguito presentato viene data la possibilità di quantificarne, se presente, il numero nelle acque destinate al consumo umano. Il metodo analitico si basa sulla filtrazione di un volume noto di acqua e sul conteggio delle colonie sviluppatesi su membrana posta su terreno agarizzato. Vengono di seguito proposti due substrati di isolamento, entrambi validi per l’isolamento di Pseudomonas aeruginosa, da scegliere in alternativa uno all’altro. 3. Strumentazione e vetreria Oltre alla normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1) è necessario avere a disposizione una lampada UV con lunghezza d’onda di 256 nm. 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Substrati di isolamento 4.1.1. Agar alla Cetrimide (Cetrimide Agar Base, CAB). Composizione: Peptone 20 g Cloruro di magnesio 1,4 g Solfato di potassio 10 g Cetrimide (Cetiltrimetilammonio bromuro) 0,3 g Agar 13,6 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,2±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Aggiungere per ogni litro di terreno 10 mL di glicerolo (4.1.3.). Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare fino a circa 50°C. Distribuire in piastre Petri. Il terreno pronto all’uso può essere conservato 1 mese in condizioni ottimali. 355 Esistono in commercio diversi substrati usati per l’isolamento di Pseudomonas aeruginosa che garantiscono buoni risultati in fase analitica. In alternativa al terreno proposto è possibile utilizzare il substrato Pseudomonas Agar Base/CN; è necessario comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività. 4.1.2. Pseudomonas CN Agar (Pseudomonas Agar Base/CN , PAB/CN). Composizione: Peptone gelatina 16 g Caseina idrolisata 10 g Solfato di potassio 10 g Cloruro di magnesio 1,4 g Agar 11 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,1±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice aggiungere per ogni litro di terreno 10 mL di glicerolo (4.1.3.). Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare fino a circa 50°C. Aggiungere asetticamente in 1 L di terreno il supplemento CN (4.1.4.), mescolare e distribuire in piastre Petri. Il terreno pronto all’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 4.1.3. Glicerolo. E’ disponibile in commercio pronto all’uso. 4.1.4. Supplemento CN (CN Supplement, CNS). Composizione: Cetrimide (cetiltrimetilammonio bromuro) 0,2 g Acido nalidixico 0,015 g Il supplemento da ricostruire è disponibile in commercio. Ricostruire in 2 mL di acqua distillata sterile. Aggiungere asetticamente il supplemento ad 1 L di terreno Pseudomonas CN Agar (4.1.2.). 4.2. Substrato di crescita 4.2.1. Agar Nutritivo (Nutrient Agar, NA). Composizione: Estratto di carne 3 g Peptone 5 g 356 Agar 15 g Acqua distillata 1000 mL pH 6,8±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Raffreddare fino a circa 50°C e distribuire in piastre Petri. Il terreno pronto all’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 4.3. Reattivo alla tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 4.3.1. Soluzione di tetrametilparafenilendiamina dicloridrato all’1%. Composizione: N,N,N’,N’-tetrametilparafenildiamina dicloridrato 1 g Acqua distillata 100 mL Dischetti o tamponi adatti all’uopo sono anche disponibili in commercio; in alternativa sciogliere N,N,N',N'-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato in acqua distillata, preparando la soluzione al momento dell’uso. Tuttavia è da segnalare che tale prodotto viene classificato come sostanza pericolosa per la salute ai sensi della direttiva 67/548/CEE e successivi adeguamenti. 4.4. Substrato per la prova dell’ossidazione e fermentazione degli zuccheri 4.4.1. Medium Ossidativo/Fermentativo (Oxidative/Fermentative Medium, O/F Medium). Composizione: Triptone 2 g Cloruro di sodio 5 g Fosfato di potassio bidasico (K2HPO4) 0,3 g Blu di bromotimolo 0,08 g Agar 2g Acqua distillata 1000 mL pH 6,8±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Distribuire aliquote da 100 mL in flaconi e sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Raffreddare a circa 50°C. Aggiungere sterilmente a ciascun flacone di terreno sterile 10 mL di soluzione al 10% del carboidrato desiderato, destrosio, lattosio o saccarosio (4.4.2.). 357 Mescolare con cura e distribuire volumi di 5 mL in provette sterili. Il terreno pronto all’uso può essere conservato a circa +4°C per non condizioni ottimali. 4.4.2. Soluzioni di carboidrati al 10%. Sciogliere 10 g del carboidrato desiderato, destrosio, lattosio o saccarosio, in 100 mL di acqua distillata. Sterilizzare per filtrazione su membrana di porosità nominale 0,22 mm. 4.4.3. Olio minerale. E’ disponibile in commercio pronto all’uso. Sterilizzare in una stufa ad aria calda alla temperatura di 160–180°C per 60 min. 5. Procedura 5.1. Volume da analizzare Il volume da analizzare è di 250 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate aliquote diverse. 5.2. Filtrazione ed incubazione Filtrare 250 mL di campione attraverso una membrana sterile di 47 mm di diametro e di porosità nominale di 0,45 mm, posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, seguendo scrupolosamente le norme di asepsi. Trasferire la membrana su piastre contenenti il substrato di isolamento (4.1.1. o 4.1.2.). Incubare a 36±1°C per 24±2 ore. In caso di risultato negativo protrarre l’incubazione per altre 24±2 ore e ripetere la lettura. 5.3. Identificazione delle colonie I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa sviluppano sul substrato di isolamento Agar alla Cetrimide (4.1.1.) colonie piatte, con margine liscio, di 0,8-2,2 mm di diametro, pigmentate di blu-verde, giallo-verde, con pigmento diffuso nel terreno o non pigmentate (circa il 10% dei biotipi non produce pigmento); sul substrato di isolamento Pseudomonas CN Agar (4.1.2.) sviluppano colonie pigmentate di colore blu, verde, marrone-rossastro. Le colonie che presentino le suddette caratteristiche e/o emettano fluorescenza in seguito ad eccitazione con radiazione ultravioletta sono da considerarsi sospette e possono essere sottoposte a successive prove di conferma. Infatti, l’evidenziazione della fluorescenza (con lampada UV alla lunghezza d’onda di 256 nm) è prova presuntiva di presenza di Pseudomonas aeruginosa. La mancanza di fluorescenza non esclude tuttavia la presenza di Pseudomonas aeruginosa. 358 6. Conferma Per la verifica dell’appartenenza alla specie Pseudomonas aeruginosa è possibile procedere allo svolgimento delle seguenti prove di conferma: colorazione di gram (v. Appendice 2), prova dell’ossidazione e fermentazione degli zuccheri (6.1.); prova della crescita a 42±1°C (6.2.); prova della citocromossidasi (6.3.). Per l’accertamento dell’appartenenza alla specie Pseudomonas aeruginosa l’identificazione biochimica può essere completata con i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio. Prima di effettuare ciascuna prova si suggerisce, onde verificarne la purezza, di subcoltivare le colonie sospette sul substrato di isolamento (4.1.1. o 4.1.2.), isolandole per striscio sulla superficie di piastre contenenti Agar Nutritivo (4.2.1.) ed incubando a 36±1°C per 24±2 ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo. 6.1. Prova dell’ossidazione e fermentazione degli zuccheri Seminare per infissione, con un ago sterile, la colonia sospetta cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.1.) in 2 provette di Medium Ossidativo/Fermentativo (4.4.1.), ricoprire una delle provette con 2 mL di olio minerale (4.4.3.) e incubare a 35°C±1°C per 48–72 ore. I microrganismi ossidanti gli zuccheri producono un abbassamento del pH che determina il viraggio del colore del terreno da blu–verde al giallo. Il viraggio del colore solo del terreno nella provetta non coperta dall’olio indica l’ossidazione degli zuccheri, mentre il viraggio dei terreni in entrambe le provette ne indica anche la fermentazione. I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa non sono in grado di fermentare gli zuccheri. 6.2. Prova della crescita a 42±1°C Prelevare con un’ansa sterile la colonia sospetta, strisciarla su Agar Nutritivo (4.2.1.) e incubare a 42±1°C per 48±2 ore. Il risultato è positivo quando si ha crescita. I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa sono in grado di svilupparsi a 42±1°C. 6.3. Prova della citocromossidasi Strisciare la colonia, cresciuta sul terreno Agar Nutritivo (4.2.1.), su una carta da filtro imbibita del reattivo alla tetrametilparafenilendiamina dicloridrato (4.3.1.) o direttamente saggiare sui dischetti o con i tamponi disponibili in commercio. Una reazione positiva si evidenzia quando una colorazione blu-viola si sviluppa entro 10 sec. I microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa sono ossidasi positivi. 359 7. Espressione dei risultati Riportare il numero di Pseudomonas aeruginosa come UFC/ 250 mL (Unità Formanti Colonia). Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di microrganismi appartenenti alla specie Pseudomonas aeruginosa si calcola in base al numero di colonie contate e sottoposte a conferma riportando il valore come Unità Formanti Colonia per 250 mL di campione. Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di microrganismi presenti in 100 mL del campione in base alla seguente formula: A × N ×Vs × F C = B ×Vt dove: C = numero di colonie che sono state confermate per 250 mL A = numero di colonie confermate B = numero di colonie da sottoporre a conferma N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana Vt = volume di campione analizzato Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (250 mL) F = eventuale fattore di diluizione 8. Prestazione del metodo Le prestazioni dei metodi proposti verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. BIBLIOGRAFIA DAVIS B.D., DULBECCO R., EISEN H.N., GINSBERG H.S., WOOD W.B., MCCARTY M., 1981: Trattato di Microbiologia, Piccin Editore, Padova: 900 - 902. EUROPEAN STANDARD, “Water quality – Detenction and enumeration of Pseudomonas aeruginosa in bottled water”. Draft prEN 12780. March 1997. MURRAY R.G.E. et al., Bergey’s Manual of Systematic Bacteriology. William and Wilkins ED., Vol.1: 141 - 155. 1995. POZZOLI R., CHIODO F. Laboratorio clinico di analisi microbiologiche. S.E.F. ED., Milano: 111 – 114, 1981. TIECCO G., “Microbiologia degli alimenti di origine animale.“ Quarta edizione, Edagricole: 136 – 142, 1987. 361 DETERMINAZIONE DEGLI ENTEROBATTERI PATOGENI: SALMONELLA 0. Generalità e definizioni Il genere Salmonella comprende microrganismi bastoncellari appartenenti alla famiglia delle Enterobatteriacee, gram negativi, generalmente mobili con flagelli peritrichi, anaerobi facoltativi. Le salmonelle sono classificate in base ai caratteri sierologici che differenziano circa 2.000 tra tipi e sierotipi. Sono prevalentemente caratterizzate dalla presenza di due tipi di antigeni: antigeni somatici (O), termostabili e resistenti all’azione di acidi e alcooli, e antigeni ciliari (H), termolabili. Salmonella typhi ed altre salmonelle possiedono anche un antigene denominato Vi, strettamente correlato all’antigene somatico, ma diverso da questo in quanto termolabile. Sono microrganismi patogeni e possono essere strettamente adattati ad un particolare ospite o essere ubiquitari e ritrovarsi in ospiti diversi. L’infezione è a trasmissione fecale-orale o associata alla contaminazione di alimenti e di acqua. Nell’uomo può manifestarsi con febbri enteriche, gastroenteriti, setticemia e tifo. La dose infettante è variabile in funzione del sierotipo (107-109). Salmonella è ampiamente diffusa nell’ambiente dove può anche sopravvivere. La sua presenza nell’ambiente idrico rappresenta inequivocabilmente l’esistenza di una contaminazione fecale primaria (immissione diretta di scarichi fognari) o secondaria (ad es. dilavamento di suoli contaminati). Il trattamento di disinfezione delle acque ne riduce generalmente le concentrazioni (99% di rimozione) e, se non si verificano condizioni favorevoli alla sua introduzione o al suo mantenimento in rete, è rilevata raramente, mentre può essere più facilmente isolata dalle acque grezze. I microrganismi appartenenti al genere Salmonella possono essere ricercati nelle acque destinate al consumo umano nell’ambito della verifica per il parametro Enterobatteri patogeni inserito tra quelli del controllo occasionale C4 del DPR 236/88. Di questo parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua potabile come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di Salmonella nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Il metodo consente di valutare la Presenza/Assenza di Salmonella in un determinato volume di acqua. La procedura analitica consiste in una serie di fasi successive che possono comprendere Prearricchimento, Arricchimento, Isolamento ed eventualmente, Conferma biochimica e Conferma sierologica. 362 3. Strumentazione e vetreria Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1). 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Substrato di prearricchimento 4.1.1. Acqua Peptonata Tamponata Composizione: Peptone Cloruro di sodio Fosfato di sodio bibasico dodecaidrato (Na2HPO4· H2O) Fosfato di potassio monobasico (KH2PO4) Acqua distillata pH 7,2±0,2 10 5 9 1,5 1000 g g g g mL Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Dopo avere sciolto la polvere distribuire in beute e sterilizzare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.2. Substrato di arricchimento 4.2.1. Brodo di arricchimento di Rappaport Vassiliadis (Rappaport Vassiliadis Enrichment Broth, RV). Composizione: Peptone di soia 5 g Cloruro di sodio 8 g Fosfato di potassio monobasico (KH2PO4) 1,6 g Cloruro di magnesio esaidrato 40 g Verde malachite 40 mg Acqua distillata 1000 mL pH 5,2±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in tubi e sterilizzare a 115°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non più di una settimana in condizioni ottimali. L’aggiunta al brodo di arricchimento di 10 mg/mL di sodio novobiocina può migliorare il recupero di Salmonella. 363 4.3. Substrati di isolamento 4.3.1. Hektoen Enteric Agar (HEA). Composizione: Peptone 12 g Estratto di lievito 3 g Sali biliari 9 g Lattosio 12 g Saccarosio 12 g Salicina 2 g Cloruro di sodio 5 g Iposolfito di sodio 5 g Citrato ferrico ammoniacale 1,5 g Agar 13,5 g Blu di bromotimolo 64 mg Fucsina acida 40 mg Acqua distillata 1000 mL pH 7,6±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Non sterilizzare. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. Esistono in commercio diversi substrati usati per l’isolamento di Salmonella che garantiscono buoni risultati in fase analitica anche se non esiste un unico substrato in grado di far crescere tutti i sierotipi di Salmonella presenti. In aggiunta o in alternativa al terreno proposto, è possibile utilizzare l’XLD; è necessario comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività. 4.3.2. Xilosio Lisina Desossicolato (Xylose Lysine Desoxycholato, XLD). Composizione: Xilosio 3,5 g L-Lisina 5 g Lattosio 7,5 g Saccarosio 7,5 g Cloruro di sodio 5 g Estratto di lievito 3 g Rosso fenolo 0,08 g Desossicolato di sodio 2,5 g Tiosolfato di sodio 6,8 g Citrato di ferro ammoniacale 0,8 g Agar 13,5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,4±0,2 364 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Non sterilizzare. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.4. Substrato di crescita 4.4.1. Triptone Soia Agar (Tryptic Soy Agar, TSA). Composizione: Triptone 15 g Peptone di soia 5 g Cloruro di sodio 5 g Agar 20 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,3±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Sterilizzare a 121°C per 15 min. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.5. Reattivo alla tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 4.5.1. Soluzione di tetrametilparafenilendiamina dicloridrato all’1%. Composizione: N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 1 g Acqua distillata 100 mL Dischetti o tamponi adatti all’uopo sono anche disponibili in commercio; in alternativa sciogliere N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato in acqua distillata, preparando la soluzione al momento dell’uso. Tuttavia è da segnalare che tale prodotto viene classificato come sostanza pericolosa per la salute ai sensi della direttiva 67/548/CEE e successivi adeguamenti. 4.6. Substrato per la prova della fermentazione dei carboidrati 4.6.1. Agar al ferro di Kliger (Kliger Iron Agar, KIA). Composizione: Estratto di carne 3 g Estratto di lievito 3 g Peptone 20 g 365 Cloruro di sodio 5 g Lattosio 10 g Glucosio 1 g Ferro citrato 0,3 g Tiosolfato di sodio 0,3 g Agar 12 g Rosso fenolo 50 mg Acqua distillata 1000 mL pH 7,4±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in provette e, dopo sterilizzazione a 121°C per 15 min, lasciare solidificare in posizione inclinata per ottenere una superficie a becco di clarino. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.7. Substrato per la prova della decarbossilazione della lisina 4.7.1. Agar al ferro e lisina (Lysine Iron Agar, LIA). Composizione: Casitone 5 g Estratto di lievito 3 g Destrosio 1 g L-lisina 10 g Ferro ammonio citrato 0,5 g Agar 13,5 g Tiosolfato di sodio 40 mg Porpora bromocresolo 20 mg Acqua distillata 1000 mL pH 6,2±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in provette e dopo sterilizzazione a 121°C per 12 min lasciare solidificare in posizione inclinata per ottenere una superficie a becco di clarino. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 5. Procedura 5.1. Volume da analizzare Il volume da analizzare è pari a 1000 mL per l’analisi delle acque in rete; per acque grezze, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse. 366 5.2. Fase di prearricchimento Consiste in una fase di rivitalizzazione dei microrganismi in idoneo brodo di coltura non selettivo; è una fase che può essere omessa sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti modifiche dei risultati ottenuti. La procedura di seguito riportata tuttavia propone lo svolgimento di tutte le fasi. Filtrare 1000 mL di campione attraverso una membrana di 47 mm di diametro (porosità nominale 0,45 mm) posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, rispettando le comuni norme di asepsi. Se è necessario per presenza di particolato in sospensione, la filtrazione può essere eseguita su più membrane. Trasferire sterilmente la membrana/e in 100 mL di Acqua Peptonata Tamponata (4.1.1.) contenuta in beuta e incubare a 36±1°C per 18-24 ore. 5.3. Fase di arricchimento Dal brodo di prearricchimento (4.1.1.) eseguire l’inoculo, in rapporto di 1:100, di un’aliquota della brodocoltura in Brodo di arricchimento di Rappaport Vassiliadis (4.2.1.). Incubare a 42±0,5°C per 24+24 ore. A questa temperatura e per la presenza in questo terreno di verde malachite tuttavia S. typhi non cresce. La sua ricerca attualmente viene ancora effettuata in brodi alla selenite, il cui uso tuttavia richiede precauzioni particolari e l’applicazione di speciali procedure da parte degli operatori sia nella fase di manipolazione sia in quella di smaltimento. 5.4. Fase di isolamento ed identificazione delle colonie Dal brodo di arricchimento (4.2.1.) eseguire, prelevando un’ansata, 2 subcolture per strisci multipli sui terreni di isolamento (4.3.1. -4.3.2.): la prima dopo 24 ore di incubazione del brodo, la seconda dopo 48 ore. Incubare le piastre a 36±1°C per 24 ore. Su Hektoen Enteric Agar le colonie sospette di Salmonella si presentano verdi con margini netti con o senza centro nero. Su Xilosio Lisina Desossicolato le colonie sospette di Salmonella si presentano rosse con centro nero, lucide, convesse e con margini netti. 6. Conferma biochimica E’ necessario procedere all’esecuzione di prove di conferma per l’accertamento dell'appartenenza al genere Salmonella delle colonie sospette eseguendo la colorazione di gram (v. Appendice 2), la prova della citocromossidasi (6.1.), della fermentazione dei carboidrati (6.2.) e della decarbossilazione della lisina (6.3.). Successivamente l’identificazione biochimica può essere completata con i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio. Prima di effettuare ciascuna prova si suggerisce, onde verificarne la purezza, di subcoltivare le colonie sospette su Triptone Soia Agar (4.4.1.) e incubare a 36±1°C per 24 ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo. 367 6.1. Prova della citocromossidasi La prova permette di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Salmonella da quelli appartenenti al genere Pseudomonas che possono produrre colonie simili sul terreno di isolamento. Le salmonelle sono ossidasi-negative. Dal terreno Triptone Soia Agar (4.4.1.) prelevare, con le usuali regole di asepsi, con un’ansa sterile, la colonia cresciuta e strisciare su una carta da filtro imbibita del reattivo (4.5.1.) preparato al momento dell’uso o saggiare sui dischetti o con i tamponi adatti all’uopo distribuiti in commercio. Una reazione negativa si evidenzia quando non si produce alcuna colorazione; se positiva si sviluppa entro 10 s una colorazione blu- violetto. 6.2. Prova della fermentazione dei carboidrati Dal terreno Triptone Soia Agar (4.4.1.) prelevare con un’ansa sterile la colonia sospetta e trasferire, per infissione e successivo strisciamento sulla superficie inclinata del terreno Agar al ferro di Kliger (4.6.1.). Incubare a 36±1°C per 18-24 ore. E’ essenziale che i risultati vengano registrati dopo 18-24 ore di incubazione. Sebbene Citrobacter possa dare le stesse reazioni di Salmonella, per l’interpretazione dei risultati si devono annotare le reazioni elencate in Tabella 1. Le reazioni dopo 18-24 ore di incubazione a 36±1°C per alcune delle specie di Salmonella sono elencate in Tabella 2. Tabella 1. Utilizzazione dei carboidrati su Kliger Iron Agar. Reazione sulla superficie inclinata Acidità: Alcalinità: colore giallo colore rosso Reazione di profondità Acidità: Alcalinità: colore giallo colore rosso Produzione di gas Presente: Assente bolle o rottura Agar Produzione di H2S Presente: Assente annerimento del terreno 368 Tabella 2. Reazioni per alcune specie di Salmonella. Microrganismo Superficie Profondità Gas H2S Salmonella spp. Rosso Giallo ++ S. typhi Rosso Giallo + S. paratyphi Rosso Giallo 6.3. Prova della decarbossilazione della lisina Dal terreno Triptone Soia Agar (4.4.1.) prelevare con un’ansa sterile la colonia sospetta e trasferire, per infissione e successivo strisciamento sulla superficie inclinata del terreno Agar al ferro e lisina (4.7.1.). Incubare a 36±1°C per 18-24 ore. I microrganismi appartenenti al genere Salmonella producono una reazione alcalina (violetta) sia del becco, sia del cilindro; una colorazione gialla (acida) indica una reazione negativa. Gli stipiti che producono idrogeno solforato determinano un annerimento del terreno. 7. Conferma sierologica Qualora si ritenga opportuno si può procedere alla tipizzazione delle colonie mediante conferma sierologica. Gli stipiti selezionati in base alle caratteristiche colturali e biochimiche proprie di Salmonella possono essere tipizzati in base alla classificazione di Kauffmann-White utilizzando sieri polivalenti. L’ulteriore tipizzazione sierologica può essere effettuata con sieri monovalenti anti-O e anti-H oppure inviando gli stipiti ai centri di riferimento per la Salmonella. Per lo svolgimento della procedura si rimanda ai testi specifici. 8. Espressione dei risultati Riportare il risultato ottenuto come Salmonella: Assente o Presente in 1 L e, se del caso, il sierotipo individuato. 9. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. 369 BIBLIOGRAFIA AMERICAN PUBLIC HEALTH ASSOCIATION. Standard methods for the Examination of Water and Wastewater. A.P.H.A., A.W.W.A. (Ed.), 18th ed. Washington D.C.: APHA, 1992. 1200 p. IRSA-CNR Metodi analitici per i fanghi. Quaderno 64, CNR-ISTITUTO DI RICERCA SULLE ACQUE, Roma: 1983. 371 DETERMINAZIONE DEGLI ENTEROBATTERI PATOGENI: SHIGELLA 0. Generalità e definizioni Sono microrganismi bastoncellari, di dimensione 0,7-1,5 ´ 2-5 mm, appartenenti alla famiglia delle Enterobatteriacee, gram negativi, non mobili, anaerobi facoltativi, con metabolismo sia respiratorio che fermentativo. Comprendono 4 specie nell’ambito delle quali sono distinguibili uno o più sierotipi. Sono tutte patogene intestinali per l’uomo e gli altri primati e sono gli agenti eziologici della dissenteria bacillare. La dose minima infettante è molto bassa (101-102) e la presenza del microrganismo negli alimenti, nel latte e nelle acque può essere significativa anche quando un numero molto ridotto di organismi è presente. La classificazione si basa su caratteristiche biochimiche e sierologiche e nell’ambito del genere vengono distinti 4 gruppi: gruppo A (con Sh. dysenteriae che comprende 10 sierotipi); gruppo B (con Sh. flexneri che comprende 6 sierotipi; gruppo C (con Sh. boydii che comprende 15 sierotipi); gruppo D (con Sh. sonnei non distinguibile in sierotipi). Le shigelle fermentano solo pochi carboidrati (non fermentano il lattosio, tranne Sh. sonnei che lo fermenta lentamente) e senza produzione di gas e idrogeno solforato. Posseggono antigeni somatici (O) di natura polisaccaridica. Essendo immobili sono sprovviste di cilia, e pertanto non sono dotate di antigene ciliare, ma possono presentare, nonostante la mancanza della capsula, un antigene K termolabile, che può inibire l’agglutinazione con antisieri per l’antigene somatico. Oltre alla endotossina di natura polipeptido-lipido-polisaccaridica, Shigella dysenteriae produce una potente esotossina: è l’unico caso tra le Enterobatteriacee. L’isolamento di Shigella da acque superficiali e potabili non è frequente; i membri del gruppo non si riscontrano frequentemente neanche in scarichi ed acque contaminate. Infatti, il microrganismo risulta essere molto sensibile alle condizioni ostili del mezzo e all’antagonismo di microrganismi interferenti e presenta una particolare fragilità e sensibilità ai trattamenti di disinfezione. Qualora venga rilevato nelle acque potabili, la sua presenza può essere messa in relazione ad inadeguati trattamenti dell’acqua e a carenze del sistema di distribuzione. I microrganismi appartenenti al genere Shigella possono essere ricercati nelle acque destinate al consumo umano nell’ambito della verifica per il parametro Enterobatteri patogeni inserito tra quelli del controllo occasionale C4 del DPR 236/88. Di questo parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua potabile come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento diShigella nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 372 2. Principio del metodo Il metodo consente di valutare la presenza/assenza di Shigella in un determinato volume di acqua, considerando che la normativa ne richiede l’assenza. La procedura analitica consiste in una serie di fasi successive che possono comprendere Arricchimento, Isolamento ed eventualmente, Conferma biochimica e Conferma sierologica. 3. Strumentazione e vetreria Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1). 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Substrati di arricchimento 4.1.1. Brodo nutritivo (Nutrient Broth, NB). Composizione: Estratto di carne Digerito pancreatico di gelatina Acqua distillata pH 7,9±0,2 3 g 5 g 1000 mL Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Dopo avere sciolto la polvere distribuire in beute e sterilizzare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. Esistono in commercio diversi substrati usati per l’arricchimento di Shigella che garantiscono buoni risultati in fase analitica. Qui viene riportata la composizione del Brodo nutritivo; in alternativa è possibile utilizzare il Brodo GN Hajna. E’ necessario comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizi alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività. 4.1.2. Brodo GN Hajna (GN Broth Hajna, GN). Composizione: Triptosio 20 g Destrosio 1 g D-mannitolo 2 g Citrato di sodio 5 g 373 Desossicolato di sodio 0,5 g Fosfato di potassio bibasico (K2HPO4) 4 g Fosfato di potassio monobasico (KH2PO4) 1,5 g Cloruro di sodio 5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,0±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Dopo avere sciolto la polvere distribuire in beute e sterilizzare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.2. Substrati di isolamento 4.2.1. Xilosio Lisina Desossicolato Agar (Xylose Lysine Desoxycholate Medium, XLD). Composizione: Xilosio 3,5 g L-Lisina 5 g Lattosio 7,5 g Saccarosio 7,5 g Cloruro di sodio 5 g Estratto di lievito 3 g Rosso fenolo 0,08 g Desossicolato di sodio 2,5 g Tiosolfato di sodio 6,8 g Citrato di ferro ammoniacale 0,8 g Agar 13,5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,4±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Non surriscaldare e non sterilizzare. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. Esistono in commercio diversi substrati usati per l’isolamento di Shigella che garantiscono buoni risultati in fase analitica anche se non esiste un unico substrato in grado di far crescere tutti i sierotipi di Shigella presenti. In aggiunta, o in alternativa al terreno proposto, è possibile utilizzare l’SS Agar; è necessario comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività. 374 4.2.2. Salmonella Shigella Agar (SS Agar, SS). Composizione: Estratto di carne 5 g Proteose Peptone 5 g Lattosio 10 g Sali di bile n° 3 8,5 g Citrato di sodio 8,5 g Tiosolfato di sodio 8,5 g Citrato ferrico 1 g Agar 13,5 g Verde brillante 0,33 g Rosso neutro 0,025 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,0±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Non surriscaldare e non sterilizzare. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.3. Substrato di crescita 4.3.1. Agar Nutritivo (Nutrient Agar, NA). Composizione: Estratto di carne 3 g Peptone 5 g Agar 15 g Acqua distillata 1000 mL pH 6,8±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Sterilizzare a 121°C per 15 min. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.4. Substrato per la prova della fermentazione dei carboidrati 4.4.1. Agar al ferro di Kliger (Kliger Iron Agar). Composizione: Estratto di carne 3 g 375 Estratto di lievito 3 g Peptone 20 g Cloruro di sodio 5 g Lattosio 10 g Glucosio 1 g Citrato di ferro 0,3 g Tiosolfato di sodio 0,3 g Agar 12 g Rosso fenolo 50 mg Acqua distillata 1000 mL pH 7,4±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in provette e dopo sterilizzazione a 121°C per 15 min lasciare solidificare in posizione inclinata per ottenere una superficie a becco di clarino. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 5. Procedura 5.1. Volume da analizzare Il volume da analizzare è pari a 1000 mL per l’analisi delle acque in rete; per acque grezze, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse. 5.2. Fase di arricchimento Consiste in una fase di rivitalizzazione in idoneo brodo di coltura non selettivo. Filtrare 1000 mL di campione attraverso una membrana di 47 mm di diametro (porosità nominale 0,45 mm) posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, rispettando le comuni norme di asepsi. Se è necessario, per presenza di particolato in sospensione, la filtrazione può essere eseguita su più membrane. Trasferire sterilmente la membrana/e in 100 mL del brodo di arricchimento (4.1.1. o 4.1.2.) e incubare a 36±1°C per 6-18 ore. 5.3. Fase di isolamento Dal brodo di arricchimento eseguire, prelevando un’ansata, 2 subcolture per strisci multipli sul terreno di isolamento (4.2.1. -4.2.2.): la prima dopo 6 ore di incubazione del brodo, la seconda dopo 18 ore. Incubare le piastre a 36±1°C per 24 ore. Su Xilosio Lisina Desossicolato le colonie sospette di Shigella si presentano rosse. Su SS Agar le colonie sospette si presentano incolori, generalmente con margini netti, anche se spesso Sh. sonnei si presenta con margini irregolari. 376 6. Conferma biochimica E’ necessario procedere all’esecuzione di prove di conferma per l’accertamento dell'appartenenza al genere Shigella delle colonie sospette eseguendo la colorazione di gram (v. Appendice 2), la prova della fermentazione dei carboidrati (6.1.). Successivamente l’identificazione biochimica può essere completata con i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio. Prima di effettuare ciascuna prova si suggerisce, onde verificarne la purezza, di subcoltivare le colonie sospette su Agar Nutritivo (4.3.1.) e incubare a 36±1°C per 24 ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo. 6.1. Prova della fermentazione dei carboidrati Dall’Agar Nutritivo (4.3.1.) prelevare con un’ansa sterile la colonia sospetta e trasferire, per infissione e successivo strisciamento sulla superficie inclinata del terreno Agar al ferro di Kliger (4.4.1.) Incubare a 36±1°C per 18-24 ore. E’ essenziale che i risultati vengano registrati dopo 18-24 ore di incubazione. L’utilizzazione dei carboidrati su Agar al ferro di Kliger, dopo 18-24 ore di incubazione a 36±1°C, fornisce le reazioni elencate in Tabella 1. 7. Conferma sierologica Qualora si ritenga opportuno si può procedere alla tipizzazione delle colonie mediante conferma sierologica. E’ necessario segnalare che molti sierotipi di Shigella possono essere confusi con quelli di Escherichia coli. Pertanto prima di procedere alla conferma sierologica è necessario verificare con attenzione che le caratteristiche biochimiche siano tipiche del genere Shigella. La tipizzazione può essere eseguita utilizzando sieri polivalenti e sieri monovalenti anti-O oppure inviando gli stipiti ai centri di riferimento per la Shigella. Per lo svolgimento della procedura si rimanda ai testi specifici. Tabella 1. Microrganismo Superficie Profondità Gas H2S Shigella spp. Rosso Giallo ± ¾ Sh. flexneri Rosso Giallo ¾ ¾ 377 8. Espressione dei risultati Riportare il risultato ottenuto come Shigella: Assente o Presente in 1 L e, se del caso, il sierotipo individuato. 9. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. BIBLIOGRAFIA AMERICAN PUBLIC HEALTH ASSOCIATION. Standard methods for the Examination of Water and Wastewater. A.P.H.A., A.W.W.A. (Ed.), 18th ed. Washington D.C.: APHA, 1992. 1200 p. IRSA-CNR Metodi analitici per i fanghi. Quaderno 64, CNR-ISTITUTO DI RICERCA SULLE ACQUE, Roma: 1983. 379 DETERMINAZIONE DELLE SPORE DI CLOSTRIDI SOLFITO RIDUTTORI 0. Generalità e definizioni I clostridi sono microrganismi anaerobi obbligati; bacilli gram-positivi; producono ATP esclusivamente tramite fosforilazione a livello del substrato (che può essere costituito da aminoacidi, cellulosa, zuccheri semplici). Riducono il solfito con produzione di solfuri e producono spore termoresistenti. Sono normalmente saprofiti e vivono negli strati superficiali del terreno o nell’intestino di alcuni animali, compreso l’uomo. Il loro numero nelle feci, rispetto ai coliformi e agli streptococchi, è inferiore, in rapporto rispettivamente di circa 1/100 e 1/10. Alcune specie producono potenti esotossine (Clostridium tetani e Clostridium botulinum) che causano sindromi particolarmente gravi. Le specie di interesse per le indagini sulle acque potabili sono generalmente Clostridium perfringens, Clostridium novji, Clostridium welchii, Clostridium histolyticum e Clostridium sporegenens. Il loro rilevamento, nelle acque destinate al consumo umano, dove vengono ricercati nella forma sporale, può essere indice sia di inquinamento fecale anche pregresso, sia, soprattutto se accompagnato da valori elevati della conta batterica, di carenze imputabili al trattamento di potabilizzazione o alla contaminazione dell’acqua a livello di stoccaggio e di distribuzione. Infatti, per la loro capacità di produrre forme di resistenza (spore), sono in grado di sopravvivere più a lungo nell’ambiente e di resistere ai trattamenti di potabilizzazione e clorazione delle acque. La loro presenza in acque trattate a scopo potabile potrebbe comportare la necessità di fare ricorso a trattamenti di disinfezione più spinti. Il valore limite stabilito nel DPR 236/88 per il parametro spore di clostridi solfito- riduttori è 0/100 mL. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento delle spore di clostridi solfito riduttori nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Il metodo consente di valutare la concentrazione delle spore dei microrganismi appartenenti al genere Clostridium presenti in un volume d’acqua preventivamente trattato al calore per distruggere le forme microbiche vegetative, favorendo contemporaneamente la germinazione delle forme sporali. Vengono di seguito proposti due metodi: -metodo a: metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (Most Probable Number, MPN). Con questo metodo viene calcolata la densità delle spore dei 380 clostridi solfito-riduttori in campioni di acqua tramite una stima statistica calcolata sulla base della combinazione di tubi positivi e negativi ottenuti inoculando aliquote del campione in terreno colturale liquido. Il risultato può essere ricavato, in base alle diverse combinazioni, dall’apposita tabella già predisposta (Tabella 1). -metodo b: metodo della filtrazione su membrana (MF). Questo metodo permette di contare il numero delle colonie cresciute su una membrana posta sul terreno colturale agarizzato. 3. Strumentazione e vetreria Oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio (v. Appendice 1), per lo svolgimento dell’analisi, è necessario avere a disposizione giara per anaerobiosi Tabella 1. le. Quantità di acqua seminata Quantità di acqua seminata Numero più probabile per ogni beuta: 50 mL per ogni tubo: 10 mL MPN / 100 mL campione N° di beute positive N° di tubi positivi 0 0 0 0 1 1 0 2 2 0 3 4 0 4 5 0 5 7 1 0 2 1 1 3 1 2 6 1 3 9 1 4 16 1 5 > 16 381 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Agar al Triptone Solfito e Neomicina (Trypticase Sulfite Neomycin Agar, TSN) Composizione: Peptone o Triptone 15 g Solfito di sodio 1 g Solfato di neomicina 0,02 g Solfato di polimixina 0,05 g Estratto di lievito 10 g Citrato ferrico 0,5 g Agar 13,5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,0±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in tubi nella misura di 50 mL e 10 mL di terreno a doppia concentrazione (2x). Autoclavare i tubi a 118 °C per 20 min e conservare a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 4.2. Olio di vaselina sterile 4.3. Agar nutritivo al sangue di coniglio (Nutrient Agar, NA) Composizione: Estratto di carne 3 g Peptone 5 g Agar 15 g Acqua distillata 1000 mL pH 6,8±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in tubi o beute, sterilizzare a 121°C per 15 min. Dopo sterilizzazione, preparare, con le normali procedure, alcune piastre di terreno senza aggiunta di sangue; in altre piastre, in condizioni di asepsi, trasferire 0,5 mL di sangue defibrinato di coniglio (4.4.) e aggiungere circa 12-13 mL di Agar nutritivo preventivamente sciolto e portato a 50-60 °C in bagno termostatato, miscelare e lasciar solidificare a temperatura ambiente. Il terreno colturale al sangue ha tempi di conservazione molto brevi; si consiglia pertanto di prepararlo al momento dell’uso. 382 4.4. Sangue defibrinato di coniglio Il sangue defibrinato di coniglio è reperibile in commercio e si può conservare per circa n condizioni ottimali. 4.5. Agar Columbia con 5% di sangue di montone Composizione: Bio-polyptone 10 g Idrolizzato di proteine animali e vegetali 10 g Bio-miotone 3 g Amido di mais 1 g Cloruro di sodio 5 g Sangue di montone 50 mL Agar 3,5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,3±0,2 Esistono in commercio diversi substrati per la crescita dei microrganismi appartenenti al genere Clostridium. In alternativa all’Agar nutritivo al sangue di coniglio (4.3.) qui viene anche riportata la composizione dell’Agar Columbia con 5% di sangue di montone. Il terreno si trova in commercio già pronto per l’uso e preparato in piastre Petri. Ha tempi di conservazione molto brevi; si consiglia pertanto di comprarne a piccoli lotti. E’ necessario comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività. 4.6. Perossido di idrogeno al 3% Conservare al riparo della luce diretta e a circa +4°C in condizioni ottimali. 4.7. Agar al Solfito Polimixina Solfadiazina (Sulfite Polymyxin Sulfadiazine Agar, SPS) Composizione: Solfito di sodio 0,5 g Solfato di polimixina 0,01 g Sulfodiazina 0,12 g Triptone o peptone 15 g Estratto di lievito 10 g Citrato di ferro 0,5 g Sodio tioglicollato 0,1 g Sorbitan monooleato 0,05 g 383 Agar 15 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,0±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in tubi o beute. Sterilizzare a 118°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 5. Procedura 5.1. Metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN) 5.1.1. Volume da analizzare. Il volume da analizzare è pari a 100 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse. 5.1.2. Pretrattamento del campione. Mantenere il campione per 15 min a 75±5°C in bagno termostatato per l’inattivazione delle forme vegetative. Raffreddare il campione sotto acqua fredda prima di sottoporlo ad analisi. 5.1.3. Prova analitica. Inoculare una beuta contenente 50 mL e 5 tubi contenenti 10 mL di terreno TSN Agar 2x (4.1.) con rispettivamente 50 mL e 10 mL di campione pretrattato. Effettuare l’inoculo nei tubi con il terreno disciolto e mantenuto tale alla temperatura di circa 45°C avendo cura di distribuire bene il campione nel terreno evitando la formazione di bolle d’aria. Lasciar raffreddare ed aggiungere in ogni tubo alcuni millilitri di olio di vaselina (4.2.). Incubare a 46±1°C per 24±2 ore. 5.1.4. Identificazione e conteggio delle colonie. Considerare positivi i tubi con crescita di colonie nere nello spessore Agar che provocano annerimento del terreno. 5.2. Metodo della filtrazione su membrana (MF) 5.2.1. Volume da analizzare (5.1.1.). 5.2.2. Pretrattamento del campione (5.1.2.). 5.2.3. Filtrazione e incubazione. Sciogliere il terreno SPS Agar (4.7.) e versarne un’aliquota in una piastra Petri, lasciare solidificare a temperatura ambiente. Mantenere il rimanente terreno allo stato liquido alla temperatura di 50-60°C. 384 Filtrare 100 mL di campione pretrattato utilizzando una membrana di acetato di cellulosa con porosità nominale di 0,45 mm. Trasferire la membrana su terreno SPS Agar (4.7.) facendola aderire perfettamente. Versare su di essa, con cautela, un’aliquota dello stesso terreno (4.7.) mantenuto allo stato liquido in modo da ricoprirla interamente e lasciare solidificare a temperatura ambiente. Incubare a 36±1°C per 48±2 ore in condizioni anaerobie in giara o con apposito kit per anaerobiosi. 5.2.4. Identificazione e conteggio delle colonie. La presenza di anaerobi solfito-riduttori è evidenziata dalla comparsa di colonie di colore nero con alone nerastro. 6. Conferma Qualora si ritenga opportuno procedere all’esecuzione di prove di conferma per l’accertamento dell’appartenenza al genere Clostridium, è necessario eseguire, sulle colonie rilevate, la colorazione di gram (v. Appendice 2) e la prova della catalasi (6.1.). Per una identificazione, a livello di specie, dei microrganismi isolati si possono utilizzare i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio. Trasferire la colonia da saggiare, mediante semina per strisciamento in superficie in due piastre contenenti Agar nutritivo con sangue di coniglio (4.3.) o in alternativa in due piastre di Agar Columbia con 5% di sangue di montone (4.5.). Incubare una piastra a 36±1°C per 24 ore, l’altra alla stessa temperatura per 24 ore, ma in anaerobiosi. I microrganismi appartenenti al genere Clostridium cresceranno unicamente sul terreno incubato in anaerobiosi. Procedere allo svolgimento della prova della catalasi. 6.1. Prova della catalasi La prova della catalasi serve per differenziare i batteri solfito-riduttori appartenenti al genere Clostridium (catalasi negativi) da quelli appartenenti al genere Bacillus (catalasi positivi). Seminare la colonie da saggiare su Agar nutritivo senza sangue di coniglio (4.3.) e incubare a 36±1°C per 24±2 ore in anaerobiosi. Strisciare su un vetrino da microscopio una colonia in esame quindi ricoprire con una goccia di perossido d’idrogeno (4.6.). La reazione negativa, tipica del genere Clostridium, è evidenziata dalla mancata formazione di bolle (liberazione di gas). 7. Espressione dei risultati 7.1. Metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN) Sulla base delle positività ottenute consultare la Tabella 1 ed esprimere il risultato come MPN/100 mL. 385 7.2. Metodo della filtrazione su membrana (MF) Riportare il numero di spore di clostridi solfito riduttori come UFC/100 mL. Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di spore di clostridi solfito riduttori si calcola in base al numero di colonie contate e sottoposte a conferma riportando il valore come Unità Formanti Colonia per 100 mL di campione (UFC/100 mL) Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di spore presenti in 100 mL del campione in base alla seguente formula: A × N ×Vc × F C = B ×Vt dove: C = numero di colonie che sono state confermate per 100 mL A = numero di colonie confermate B = numero di colonie da sottoporre a conferma N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana Vt = volume di campione analizzato Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (100 mL) F = eventuale fattore di diluizione 8. Prestazioni dei metodi Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. BIBLIOGRAFIA APHA, AWWA, WPCE -Standard methods for the examination of water and wastewater - 18th edition APHA, Washington, D.C.1992. METODI ANALITICI PER LE ACQUE -Volume terzo, Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ed. La Pergamena, Roma, 1973. METODI ANALITICI PER LE ACQUE. Quaderno 100, n. 2. Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio Nazionale delle Ricerche Ed. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1994. KONEMAN, S.D.ALLEN, V.R.DOWELL JR., W.M.JANDA, P.C. SCHRECKENBERGER, W.C. WINN JR. -Testo atlante di microbiologia diagnostica. II Ed. Delfino editore, Roma, 1995. 379 DETERMINAZIONE DELLE SPORE DI CLOSTRIDI SOLFITO RIDUTTORI 0. Generalità e definizioni I clostridi sono microrganismi anaerobi obbligati; bacilli gram-positivi; producono ATP esclusivamente tramite fosforilazione a livello del substrato (che può essere costituito da aminoacidi, cellulosa, zuccheri semplici). Riducono il solfito con produzione di solfuri e producono spore termoresistenti. Sono normalmente saprofiti e vivono negli strati superficiali del terreno o nell’intestino di alcuni animali, compreso l’uomo. Il loro numero nelle feci, rispetto ai coliformi e agli streptococchi, è inferiore, in rapporto rispettivamente di circa 1/100 e 1/10. Alcune specie producono potenti esotossine (Clostridium tetani e Clostridium botulinum) che causano sindromi particolarmente gravi. Le specie di interesse per le indagini sulle acque potabili sono generalmente Clostridium perfringens, Clostridium novji, Clostridium welchii, Clostridium histolyticum e Clostridium sporegenens. Il loro rilevamento, nelle acque destinate al consumo umano, dove vengono ricercati nella forma sporale, può essere indice sia di inquinamento fecale anche pregresso, sia, soprattutto se accompagnato da valori elevati della conta batterica, di carenze imputabili al trattamento di potabilizzazione o alla contaminazione dell’acqua a livello di stoccaggio e di distribuzione. Infatti, per la loro capacità di produrre forme di resistenza (spore), sono in grado di sopravvivere più a lungo nell’ambiente e di resistere ai trattamenti di potabilizzazione e clorazione delle acque. La loro presenza in acque trattate a scopo potabile potrebbe comportare la necessità di fare ricorso a trattamenti di disinfezione più spinti. Il valore limite stabilito nel DPR 236/88 per il parametro spore di clostridi solfito- riduttori è 0/100 mL. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento delle spore di clostridi solfito riduttori nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Il metodo consente di valutare la concentrazione delle spore dei microrganismi appartenenti al genere Clostridium presenti in un volume d’acqua preventivamente trattato al calore per distruggere le forme microbiche vegetative, favorendo contemporaneamente la germinazione delle forme sporali. Vengono di seguito proposti due metodi: -metodo a: metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (Most Probable Number, MPN). Con questo metodo viene calcolata la densità delle spore dei 380 clostridi solfito-riduttori in campioni di acqua tramite una stima statistica calcolata sulla base della combinazione di tubi positivi e negativi ottenuti inoculando aliquote del campione in terreno colturale liquido. Il risultato può essere ricavato, in base alle diverse combinazioni, dall’apposita tabella già predisposta (Tabella 1). -metodo b: metodo della filtrazione su membrana (MF). Questo metodo permette di contare il numero delle colonie cresciute su una membrana posta sul terreno colturale agarizzato. 3. Strumentazione e vetreria Oltre alla normale attrezzatura di base di laboratorio (v. Appendice 1), per lo svolgimento dell’analisi, è necessario avere a disposizione giara per anaerobiosi Tabella 1. le. Quantità di acqua seminata Quantità di acqua seminata Numero più probabile per ogni beuta: 50 mL per ogni tubo: 10 mL MPN / 100 mL campione N° di beute positive N° di tubi positivi 0 0 0 0 1 1 0 2 2 0 3 4 0 4 5 0 5 7 1 0 2 1 1 3 1 2 6 1 3 9 1 4 16 1 5 > 16 381 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Agar al Triptone Solfito e Neomicina (Trypticase Sulfite Neomycin Agar, TSN) Composizione: Peptone o Triptone 15 g Solfito di sodio 1 g Solfato di neomicina 0,02 g Solfato di polimixina 0,05 g Estratto di lievito 10 g Citrato ferrico 0,5 g Agar 13,5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,0±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in tubi nella misura di 50 mL e 10 mL di terreno a doppia concentrazione (2x). Autoclavare i tubi a 118 °C per 20 min e conservare a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 4.2. Olio di vaselina sterile 4.3. Agar nutritivo al sangue di coniglio (Nutrient Agar, NA) Composizione: Estratto di carne 3 g Peptone 5 g Agar 15 g Acqua distillata 1000 mL pH 6,8±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in tubi o beute, sterilizzare a 121°C per 15 min. Dopo sterilizzazione, preparare, con le normali procedure, alcune piastre di terreno senza aggiunta di sangue; in altre piastre, in condizioni di asepsi, trasferire 0,5 mL di sangue defibrinato di coniglio (4.4.) e aggiungere circa 12-13 mL di Agar nutritivo preventivamente sciolto e portato a 50-60 °C in bagno termostatato, miscelare e lasciar solidificare a temperatura ambiente. Il terreno colturale al sangue ha tempi di conservazione molto brevi; si consiglia pertanto di prepararlo al momento dell’uso. 382 4.4. Sangue defibrinato di coniglio Il sangue defibrinato di coniglio è reperibile in commercio e si può conservare per circa n condizioni ottimali. 4.5. Agar Columbia con 5% di sangue di montone Composizione: Bio-polyptone 10 g Idrolizzato di proteine animali e vegetali 10 g Bio-miotone 3 g Amido di mais 1 g Cloruro di sodio 5 g Sangue di montone 50 mL Agar 3,5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,3±0,2 Esistono in commercio diversi substrati per la crescita dei microrganismi appartenenti al genere Clostridium. In alternativa all’Agar nutritivo al sangue di coniglio (4.3.) qui viene anche riportata la composizione dell’Agar Columbia con 5% di sangue di montone. Il terreno si trova in commercio già pronto per l’uso e preparato in piastre Petri. Ha tempi di conservazione molto brevi; si consiglia pertanto di comprarne a piccoli lotti. E’ necessario comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento delle caratteristiche di produttività. 4.6. Perossido di idrogeno al 3% Conservare al riparo della luce diretta e a circa +4°C in condizioni ottimali. 4.7. Agar al Solfito Polimixina Solfadiazina (Sulfite Polymyxin Sulfadiazine Agar, SPS) Composizione: Solfito di sodio 0,5 g Solfato di polimixina 0,01 g Sulfodiazina 0,12 g Triptone o peptone 15 g Estratto di lievito 10 g Citrato di ferro 0,5 g Sodio tioglicollato 0,1 g Sorbitan monooleato 0,05 g 383 Agar 15 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,0±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Distribuire in tubi o beute. Sterilizzare a 118°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 5. Procedura 5.1. Metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN) 5.1.1. Volume da analizzare. Il volume da analizzare è pari a 100 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse. 5.1.2. Pretrattamento del campione. Mantenere il campione per 15 min a 75±5°C in bagno termostatato per l’inattivazione delle forme vegetative. Raffreddare il campione sotto acqua fredda prima di sottoporlo ad analisi. 5.1.3. Prova analitica. Inoculare una beuta contenente 50 mL e 5 tubi contenenti 10 mL di terreno TSN Agar 2x (4.1.) con rispettivamente 50 mL e 10 mL di campione pretrattato. Effettuare l’inoculo nei tubi con il terreno disciolto e mantenuto tale alla temperatura di circa 45°C avendo cura di distribuire bene il campione nel terreno evitando la formazione di bolle d’aria. Lasciar raffreddare ed aggiungere in ogni tubo alcuni millilitri di olio di vaselina (4.2.). Incubare a 46±1°C per 24±2 ore. 5.1.4. Identificazione e conteggio delle colonie. Considerare positivi i tubi con crescita di colonie nere nello spessore Agar che provocano annerimento del terreno. 5.2. Metodo della filtrazione su membrana (MF) 5.2.1. Volume da analizzare (5.1.1.). 5.2.2. Pretrattamento del campione (5.1.2.). 5.2.3. Filtrazione e incubazione. Sciogliere il terreno SPS Agar (4.7.) e versarne un’aliquota in una piastra Petri, lasciare solidificare a temperatura ambiente. Mantenere il rimanente terreno allo stato liquido alla temperatura di 50-60°C. 384 Filtrare 100 mL di campione pretrattato utilizzando una membrana di acetato di cellulosa con porosità nominale di 0,45 mm. Trasferire la membrana su terreno SPS Agar (4.7.) facendola aderire perfettamente. Versare su di essa, con cautela, un’aliquota dello stesso terreno (4.7.) mantenuto allo stato liquido in modo da ricoprirla interamente e lasciare solidificare a temperatura ambiente. Incubare a 36±1°C per 48±2 ore in condizioni anaerobie in giara o con apposito kit per anaerobiosi. 5.2.4. Identificazione e conteggio delle colonie. La presenza di anaerobi solfito-riduttori è evidenziata dalla comparsa di colonie di colore nero con alone nerastro. 6. Conferma Qualora si ritenga opportuno procedere all’esecuzione di prove di conferma per l’accertamento dell’appartenenza al genere Clostridium, è necessario eseguire, sulle colonie rilevate, la colorazione di gram (v. Appendice 2) e la prova della catalasi (6.1.). Per una identificazione, a livello di specie, dei microrganismi isolati si possono utilizzare i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio. Trasferire la colonia da saggiare, mediante semina per strisciamento in superficie in due piastre contenenti Agar nutritivo con sangue di coniglio (4.3.) o in alternativa in due piastre di Agar Columbia con 5% di sangue di montone (4.5.). Incubare una piastra a 36±1°C per 24 ore, l’altra alla stessa temperatura per 24 ore, ma in anaerobiosi. I microrganismi appartenenti al genere Clostridium cresceranno unicamente sul terreno incubato in anaerobiosi. Procedere allo svolgimento della prova della catalasi. 6.1. Prova della catalasi La prova della catalasi serve per differenziare i batteri solfito-riduttori appartenenti al genere Clostridium (catalasi negativi) da quelli appartenenti al genere Bacillus (catalasi positivi). Seminare la colonie da saggiare su Agar nutritivo senza sangue di coniglio (4.3.) e incubare a 36±1°C per 24±2 ore in anaerobiosi. Strisciare su un vetrino da microscopio una colonia in esame quindi ricoprire con una goccia di perossido d’idrogeno (4.6.). La reazione negativa, tipica del genere Clostridium, è evidenziata dalla mancata formazione di bolle (liberazione di gas). 7. Espressione dei risultati 7.1. Metodo del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN) Sulla base delle positività ottenute consultare la Tabella 1 ed esprimere il risultato come MPN/100 mL. 385 7.2. Metodo della filtrazione su membrana (MF) Riportare il numero di spore di clostridi solfito riduttori come UFC/100 mL. Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di spore di clostridi solfito riduttori si calcola in base al numero di colonie contate e sottoposte a conferma riportando il valore come Unità Formanti Colonia per 100 mL di campione (UFC/100 mL) Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di spore presenti in 100 mL del campione in base alla seguente formula: A × N ×Vc × F C = B ×Vt dove: C = numero di colonie che sono state confermate per 100 mL A = numero di colonie confermate B = numero di colonie da sottoporre a conferma N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana Vt = volume di campione analizzato Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (100 mL) F = eventuale fattore di diluizione 8. Prestazioni dei metodi Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. BIBLIOGRAFIA APHA, AWWA, WPCE -Standard methods for the examination of water and wastewater - 18th edition APHA, Washington, D.C.1992. METODI ANALITICI PER LE ACQUE -Volume terzo, Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ed. La Pergamena, Roma, 1973. METODI ANALITICI PER LE ACQUE. Quaderno 100, n. 2. Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio Nazionale delle Ricerche Ed. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1994. KONEMAN, S.D.ALLEN, V.R.DOWELL JR., W.M.JANDA, P.C. SCHRECKENBERGER, W.C. WINN JR. -Testo atlante di microbiologia diagnostica. II Ed. Delfino editore, Roma, 1995. 387 DETERMINAZIONE DEGLI STAFILOCOCCHI PATOGENI 0. Generalità e definizioni I microrganismi compresi nel genere Staphylococcus appartengono alla famiglia delle Micrococcaceae, suddivisa in 4 generi: Micrococcus, Staphylococcus, Stomatococcus e Planococcus. Al genere Staphylococcus appartengono microrganismi di forma sferica di circa 0,5-1 mm di diametro, che possono presentarsi isolati, doppi, in tetradi e che sono in grado di dividersi, in modo caratteristico, secondo più piani a formare ammassi irregolari a grappolo. Sono Gram positivi, immobili, generalmente acapsulati, asporigeni, con molte specie cromogene, anaerobi facoltativi, generalmente catalasi positivi, chemorganotrofi. La maggior parte dei ceppi è in grado di crescere in presenza di una concentrazione di 10% di NaCl e ad una temperatura compresa tra i 18 e i 40°C. Possono produrre numerose sostanze extracellulari quali coagulasi, emolisine, tossine, come le leucocidine, la tossina esfoliativa e le enterotossine, nucleasi, con proprietà endo e esonucleolitiche, ialuronidasi e fibrinolisina. Le specie riconosciute appartenenti a questo genere sono 19 ed alcune altre sono oggetto tuttora di studi tassonomici. Le popolazioni naturali di tali organismi sono associate soprattutto alla pelle, alle ghiandole della pelle e alle mucose di animali a sangue caldo. Sono state isolate da una varietà di prodotti animali, quali carne, latte e formaggio, e di fonti ambientali, suolo, sabbia, polvere, aria e acque naturali. Alcune specie sono saprofite, altre commensali, ed altre ancora opportuniste patogene per l’uomo e/o per gli animali. Gli Stafilococchi intervengono in patologia umana, essenzialmente Staphylococcus aureus, quali agenti eziologici di numerose infezioni a carattere prevalentemente suppurativo della cute e di molti altri organi determinando, in alcuni casi, anche setticemie molto gravi. Alcuni biotipi appartenenti sempre alla specie Staphylococcus aureus sono, in particolare, responsabili di gravi infezioni alimentari per la capacità di produrre enterotossine termoresistenti e attive per ingestione. La ricerca degli Stafilococchi patogeni nelle acque potabili è significativa in quanto tali organismi sono in grado di sopravvivere nell’ambiente esterno e rappresentano, quindi, nel controllo delle acque, un importante indice di contaminazione ambientale oltre che di efficienza di trattamento essendo resistenti all’azione del cloro. In particolare, se lo stafilococco colonizza la rete di distribuzione, è in grado di installarsi nei serbatoi, nei rompigetto e nei potabilizzatori domestici e può raggiungere titoli batterici elevati con possibilità di produzione significativa di enterotossine. Tali sostanze possono essere formate anche quando acque potabili, contaminate dai suddetti organismi, vengano utilizzate per la produzione di alimenti che ne favoriscano la moltiplicazione. Nel DPR 236/88 per questo parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua potabile immessa nella rete di distribuzione come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991. 388 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento degli stafilococchi patogeni nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Nonostante la normativa richieda soltanto una determinazione qualitativa della presenza degli Stafilococchi patogeni, con il metodo di seguito presentato viene data la possibilità di quantificare, se presenti, il loro numero nelle acque destinate al consumo umano. Il metodo analitico si basa sulla filtrazione di un volume noto di acqua e sul conteggio delle colonie sviluppate su membrana posta su terreno agarizzato. 3. Strumentazione e vetreria Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1). 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Substrato di isolamento Composizione: Triptone 10 g Estratto di carne di bue 5 g Estratto di lievito 1 g Glicina 12 g Piruvato di sodio 10 g Cloruro di litio 5 g Agar 20 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,0±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare fino a circa 50°C, aggiungere ad 1 L di terreno di coltura 10 mL di una soluzione al tellurito di potassio all'1% (4.1.2.) e 50 mL di emulsione di tuorlo d’uovo al 50% (4.1.3.). Mescolare completamente e distribuire in piastre Petri. Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 7 giorni in condizioni ottimali. . 4.1.1.Agar Baird Parker (Baird Parker Agar, BPA) 389 4.1.2. Soluzione di tellurito di potassio all’1% (Potassium Tellurite Solution). La soluzione già pronta è disponibile in commercio. Seguire le istruzioni della ditta produttrice. 4.1.3. Emulsione di tuorlo d’uovo (Egg Yolk Emulsion). L’emulsione già pronta è disponibile in commercio anche combinata con la soluzione di tellurito di potassio. Seguire le istruzioni della ditta produttrice. 4.2. Substrati di crescita 4.2.1. Brodo Nutritivo (Nutrient Broth, NB). Composizione: Estratto di carne Peptone Acqua distillata pH 6,8±0,2 3 g 5 g 1000 mL Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Distribuire in tubi. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min . Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 4.2.2. Agar Nutritivo (Nutrient Agar, NA). Composizione: Estratto di carne 3 g Peptone 5 g Agar 15 g Acqua distillata 1000 mL pH 6,8±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Raffreddare fino a circa 50°C e distribuire in piastre Petri. Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 4.2.3. Infuso di cuore e cervello (Brain Heart Infusion, BHI). Composizione: Infuso di cervello di vitello 200 g Infuso di cuore di bue 250 g 390 Peptone 10 g Destrosio 2 g Cloruro di sodio 5 g Fosfato di sodio bibasico (Na2HPO4) 2,5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,4±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Distribuire in tubi. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Il terreno pronto all’uso può essere conservato nei tubi tappati e sterilizzati per non più di 3 mesi a circa 20°C al buio in condizioni ottimali. Esistono in commercio diversi substrati non selettivi per la crescita di microrganismi: qui viene riportata la composizione dell’Infuso di cuore e cervello. comunque, tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti un cambiamento delle caratteristiche di produttività. 4.3. Reattivo per la prova della catalasi 4.3.1. Acqua ossigenata al 3%. La soluzione è disponibile in commercio pronta all’uso alla concentrazione indicata. Conservare al riparo dalla luce diretta e ad una temperatura di circa +4°C. 4.4. Substrato per la prova della fermentazione del glucosio 4.4.1. Agar Triptone Cistina (Cystine Tryptic Agar, CTA). Composizione: Cistina 0,5 g Triptosio 20 g Cloruro di sodio 5 g Solfito di sodio 0,5 g Rosso fenolo 0,017 g Agar 2,5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,3±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Aggiungere 0,5 mL di una soluzione di glucosio all’1% (4.4.2.). Distribuire in tubi e sterilizzare a 121°C per 15 min. Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 391 . 4.6.1.Agar Desossiribonucleasi (Desossiribonuclease Agar, DNase Agar) 4.4.2. Soluzione di glucosio all’1% . Composizione: Glucosio 1 g Acqua distillata 100 mL Pesare il glucosio e solubilizzare con acqua distillata. 4.5. Reattivo per prova della coagulasi 4.5.1. Plasma EDTA o ossalato di coniglio (Coagulase Plasma, CP) . Si trova anche in commercio in forma liofilizzata. Reidratare il contenuto del flacone con acqua distillata sterile secondo le indicazioni della ditta produttrice. Il plasma reidratato può essere conservato a 2°-8°C per 5 giorni e fino a 30 giorni a circa -20°C. Ogni partita di plasma va saggiata con un ceppo di controllo coagulasi positivo e un ceppo di controllo coagulasi negativo. E’ possibile utilizzare test di agglutinazione al lattice, disponibili in commercio, che possono sostituire i test per la prova della coagulasi utilizzanti il plasma di coniglio o umano. 4.6. Substrato per la prova della desossiribonucleasi Composizione: Triptosio 20 g Acido desossiribonucleico 2 g Cloruro di sodio 5 g Agar 15 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,3±0,2 Il terreno di base si trova anche in commercio in forma disidratata. Reidratare il terreno in acqua distillata secondo le istruzioni della ditta produttrice. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente fino ad ottenere la completa dissoluzione degli ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Raffreddare a circa 50°C e distribuire in piastre Petri. Il terreno pronto per l’uso può essere conservato a circa +4°C per non più di 1 mese in condizioni ottimali. 4.6.2. Soluzione di acido cloridrico 1 N . Composizione: Acido cloridrico al 37% 8 mL Acqua distillata 100 mL Diluire l’acido cloridrico in acqua distillata. E’ disponibile in commercio la soluzione pronta all'uso alla centrazione indicata. 392 4.7. Substrato per la prova della termonucleasi 4.7.1. Agar Blu Toluidina DNA (Toluidine Blue DNA Agar, TBDA). Composizione: Acido desossiribonucleico 0,3 g Cloruro di calcio 0,01 M 1 mL Cloruro di sodio 10 g Agar 10 g Tampone Tris 0,05 M a pH 9 1000 mL pH 9±0,2 Reidratare in tampone Tris (4.7.3.) e scaldare fino a completa dissoluzione. Raffreddare a circa 50°C e aggiungere per ogni litro di terreno 3 mL di soluzione di Blu di toluidina 0,1 M (4.7.4.). Suddividere la miscela in piccoli volumi e conservare a circa +4°C. Sciogliere al momento dell’uso e distribuire in piastre Petri. Preparare nello spessore Agar del terreno solidificato 10-12 pozzetti del diametro di 2 mm usando un capillare sterile ed asportando i cilindri di Agar tramite aspirazione con una pompa per vuoto. Il terreno è disponibile in commercio pronto all’uso in piastre. Il terreno è molto stabile e può essere conservato fino a 4 mesi a circa +4°C in condizioni ottimali. 4.7.2. Soluzione di cloruro di calcio 0,01 M. Composizione: Cloruro di calcio 0,11 g Acqua distillata 100 mL Pesare il cloruro di calcio e solubilizzare con acqua distillata. 4.7.3. Soluzione tampone Tris 0,05 M. Composizione: Tris 6g Acqua distillata 1000 mL Pesare il Tris in un matraccio tarato da 1000 mL e solubilizzare con acqua distillata. Diluire a volume con acqua distillata ed omogeneizzare. Il pH della soluzione deve essere 9±0,2, correggere eventualmente il pH con l’aggiunta di poche gocce di una soluzione di HCl 1 N (4.6.2.). 4.7.4. Soluzione di blu di toluidina 0,1 M (Toluidine Blue O, TBO). Composizione: Blu di toluidina 3 g Acqua distillata 100 mL Pesare il blu di toluidina e solubilizzare con acqua distillata. Sterilizzare per filtrazione su membrana di porosità nominale 0,22 mm. 393 5. Procedura 5.1. Volume da analizzare Il volume da analizzare è di 250 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate aliquote diverse. 5.2. Filtrazione ed incubazione Filtrare 250 mL di campione attraverso una membrana sterile di 47 mm di diametro e di porosità nominale di 0,45 mm, posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, seguendo scrupolosamente le norme di asepsi. Trasferire la membrana su piastre contenenti il substrato di isolamento (4.1.1.). Incubare a 36±1°C per 24+24 ore. 5.3. Identificazione delle colonie I microrganismi appartenenti al genere Staphylococcus coagulasi positivi sviluppano su Agar Baird Parker (4.1.1.) colonie nere per la riduzione del tellurito a tellurio metallico, brillanti, lisce, con margini netti, convesse, con diametro di 1-3 mm, circondate da un alone chiaro dovuto ad attività proteolitica. Le specie appartenenti al genere Staphylococcus coagulasi negative sviluppano, invece, colonie nere, con margini irregolari, non circondate da alone trasparente. Possono crescere sullo stesso terreno organismi delle specie appartenenti ai generi Proteus e Bacillus, ma sviluppano colonie di colore marrone. Le colonie nere con alone sono da considerarsi sospette e da sottoporre a successive prove di conferma. 6. Conferma Per l’accertamento dell’appartenenza dei microrganismi in esame alle specie patogene del genere Staphylococcus procedere all’esecuzione delle seguenti prove di conferma: colorazione di gram (v. Appendice 2), prova della catalasi (6.1.); prova della fermentazione del glucosio (6.2.); prova della coagulasi (6.3.); prova della Desossiribonucleasi (6.4.); prova della termonucleasi (6.5.). Successivamente l’identificazione biochimica può essere completata con i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio. Prima di effettuare ciascuna prova è necessario prelevare con un’ansa sterile le colonie sospette sviluppate sul substrato di isolamento (4.1.1.) isolandole per striscio sulla superficie delle piastre contenenti Agar Nutritivo (4.2.2.) e incubare a 36 ±1°C per 24±2 ore. Eseguire tutte le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo. 394 6.1. Prova dell’enzima catalasi Differenzia i microrganismi appartenenti alla famiglia delle Micrococcaceae da quelli appartenenti alla famiglia delle Streptococcaceae. Strisciare su un vetrino portaoggetti una colonia cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.2.) e ricoprirla con alcune gocce di acqua ossigenata al 3% (4.3.1.). La presenza dell’enzima catalasi è rilevata dallo sviluppo di bollicine di gas. I microrganismi appartenenti alla famiglia delle Micrococcaceae a cui appartiene il genere Staphylococcus, sono catalasi positivi. 6.2. Prova della fermentazione del glucosio Differenzia gli organismi appartenenti al genere Micrococcus da quelli appartenenti al genere Staphylococcus. Effettuare la prova per infissione di una colonia, con un ago sterile, cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.2.), in tubi contenenti il terreno Agar Triptone Cistina (4.4.1.). Incubare a 36±1°C per 18-24 ore. La reazione è positiva se il terreno vira al giallo. I microrganismi appartenenti al genere Staphylococcus risultano positivi alla prova della fermentazione del glucosio. 6.3. Prova della coagulasi Evidenzia l’attività coagulante sul plasma esercitata da stafilococchi potenzialmente patogeni. Tale attività è dovuta ad almeno due fattori detti coagulasi libera (enzima extracellulare) e coagulasi legata o clumping factor (antigene della parete cellulare). E’ presente nella maggior parte dei biotipi appartenenti alla specie Staphylococcus aureus e in biotipi appartenenti alle specie Staphylococcus intermedius e hyicus, opportunisti patogeni per gli animali. E’ sempre assente nelle specie saprofite e commensali. 6.3.1. Prova in provetta per la ricerca della coagulasi libera. Prelevare con un’ansa sterile una colonia cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.2.), stemperarla in Infuso di Cuore Cervello (4.2.3.) o Brodo Nutritivo (4.2.1.) e incubare a 36±1°C per 24±2 ore. Dosare in una provetta sterile 0,5 mL di plasma EDTA o ossalato di coniglio (4.5.1.) e 0,5 mL della coltura sviluppatasi in Infuso di Cuore Cervello o Brodo Nutritivo, utilizzando pipette sterili. In alternativa, emulsionare direttamente nella provetta, contenente il plasma EDTA o ossalato di coniglio, 2–4 colonie cresciute su Agar Nutritivo (4.2.2.). Mescolare con cautela e incubare a 36±1°C, preferibilmente in bagno termostatato. Effettuare la lettura ogni ora durante le prime 4 ore di incubazione inclinando la provetta da un lato con cautela, senza agitare. La presenza dell’enzima coagulasi è rivelata da un coagulo ben gelificato in due terzi o in tutto il mezzo colturale. Se la prova risulta negativa, incubare ancora la provetta e ripetere la lettura dopo 24±2 ore. Il test in provetta accerta sia la coagulasi libera che la coagulasi legata. 395 6.3.2. Prova su vetrino per la ricerca della coagulasi legata. Prelevare con un’ansa sterile una colonia cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.2.), stemperarla in una goccia d’acqua su un vetrino portaoggetti. Mescolare la sospensione ottenuta con un’ansata di plasma EDTA o ossalato di coniglio (4.5.1.). Gli Stafilococchi coagulasi legata-positivi producono ammassi macroscopici entro 5–15 sec. Se un biotipo è coagulasi legata-positivo è sicuramente anche coagulasi libera- positivo, se è coagulasi legata-negativo può essere sia negativo che positivo alla coagulasi libera ed è quindi necessario confermare la prova su vetrino con quella in provetta. Il test è indicato come tecnica di screening in presenza di numerosi campioni. I test per la prova della coagulasi sia in provetta che su vetrino possono essere sostituiti con test di agglutinazione al lattice da utilizzarsi secondo le indicazioni della ditta produttrice. 6.4. Prova della desossiribonucleasi Evidenzia la capacità di idrolizzare l’acido desossiribonucleico. La produzione di questo enzima è strettamente legata a quella dell’enzima coagulasi ma è considerato un carattere più stabile di quest’ultimo per i biotipi appartenenti alla specie Staphylococcus aureus. Il test ha scarso potere discriminante in quanto alcuni biotipi del genere Staphylococcus, non appartenenti alla specie Staphylococcus aureus, ed alcuni micrococchi, sono positivi alla prova. Effettuare su terreno Agar Desossiribonucleasi (4.6.1.) uno striscio con un’ansa sterile delle colonie cresciute su Agar Nutritivo (4.2.2.) ed incubare a 36±1°C per 48 ore. Versare sulla piastra 5 mL di acido cloridrico 1N (4.6.2.). La presenza dell’enzima Desossiribonucleasi è rilevata dalla formazione di una zona trasparente in corrispondenza della stria di semina dovuta all’idrolisi del DNA. 6.5. Prova della termonucleasi Evidenzia la presenza dell’enzima extracellulare termonucleasi, endonucleasi termostabile in grado di resistere a 100°C per 15-20 min. E’ un enzima prodotto da tutti i biotipi appartenenti alla specie Staphylococcus aureus. La ricerca della termonucleasi rappresenta anche un metodo indiretto per valutare la possibile presenza di enterotossina, perché tale enzima reagisce in modo analogo ai trattamenti chimici e fisici. Prelevare con un’ansa sterile una colonia cresciuta su Agar Nutritivo (4.2.2.), stemperarla in Infuso Cuore Cervello (4.2.3.) ed incubare a 36±1°C per 24±2 ore. Dosare 2 mL della coltura sviluppatasi in Infuso di Cuore e Cervello in una provetta sterile e trasferirla in bagno termostatato a 100°C per 15 min. Dopo raffreddamento trasferire 10 mL della brodocoltura in un pozzetto della piastra di Agar Blu Toluidina DNA (4.7.1.) utilizzando una pipetta Pasteur sterile. Trasferire in un altro pozzetto 10 mL di una coltura standard positiva di riferimento. Incubare in termostato a 36±1°C per 4–6 ore. La reazione è positiva quando si ha la comparsa di un alone rosa che si estenda per almeno 1 mm intorno alla periferia del pozzetto del campione e di quello dello standard positivo. La formazione dell’alone rosa è dovuto all’idrolisi del DNA e alle proprietà metacromatiche del Blu di Toluidina. 396 7. Identificazione biochimica Per l’identificazione delle specie seminare le colonie sospette cresciute su Agar Nutritivo (4.2.2.) in sistemi miniaturizzati di identificazione biochimica secondo le indicazioni della ditta produttrice. L’identificazione biochimica è essenziale per la determinazione delle specie patogene di Staphylococcus. Tuttavia sono molto spesso utilizzate la prova della coagulasi e/o della termonucleasi che, se negative, vanno, comunque, confermate dalla prova di identificazione biochimica. 8. Espressione dei risultati Riportare il numero di Stafilococchi patogeni come UFC/250 mL (Unità Formanti Colonia). Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di microrganismi appartenenti al gruppo degli stafilococchi patogeni si calcola in base al numero di colonie contate e sottoposte a conferma riportando il valore come Unità Formanti Colonia per 250 mL di campione. Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di microrganismi presenti in 100 mL del campione in base alla seguente formula: A × N ×Vc × F C = B ×Vt dove: C = numero di colonie che sono state confermate per 250 mL A = numero di colonie confermate B = numero di colonie da sottoporre a conferma N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana Vt = volume di campione analizzato Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (250 mL) F = eventuale fattore di diluizione 9. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. 397 BIBLIOGRAFIA DAVIS B.D., DULBECCO R., EISEN H.N., GINSBERG H.S., WOOD W.B., MCCARTY M.. "Trattato di Microbiologia", Piccin Editore, Padova: 1981. 836 - 849. FRANZIN L. "Gli Stafilococchi negli alimenti". Centro Didattico Difco: 1987. 1 - 43. POZZOLI R. AND CHIODO F. "Laboratorio clinico di analisi microbiologiche". S.E.F. ED., Milano: 1981. 51 - 53. LACHICA R.V.F., GENIGEORGIS C., HOEPRICH P.D. “Metacromatic Agar diffusion methods for detecting staphylococcal nuclease activity. Appl. Microbial. 1971, 21: 585 - 587. SNEATH P.H.A.(Ed.) "Bergey’s Manual of Systematic Bacteriology". William and Wilkins Co., Baltimore, Md, Vol. 2: 1996. 1003 - 1019. 399 DETERMINAZIONE DEGLI ENTEROBATTERI PATOGENI: VIBRIO 0. Generalità e definizioni I microrganismi appartenenti al genere Vibrio sono ampiamente distribuiti nell’ambiente acquatico. A differenza della maggior parte dei patogeni enterici che vengono veicolati nell’ambiente idrico attraverso gli scarichi, i microrganismi compresi in questo genere sono stati isolati, oltre che da acque reflue e acque estuariali, anche da acque dolci superficiali non contaminate da scarichi fecali. Vibrio cholerae è la specie più importante del gruppo che fa parte della famiglia delle Vibrionaceae. Al genere appartengono microrganismi motili, bastoncelli gram-negativi, asporigeni e anaerobi facoltativi. Diverse sono le specie, alcune delle quali alofile. Di V. cholerae sono stati individuati più di 130 sierogruppi e prima del 1992 solo il sierogruppo O1 era stato associato a epidemie e casi di colera. Dal 1993 tuttavia il sierogruppo O139 (non-O1) è ritenuto responsabile delle epidemie registrate nei Paesi dell’area orientale. I biotipi non-O1, ampiamente diffusi nell’ambiente acquatico, possono essere responsabili di sindromi simili al colera e causa di epidemie circoscritte e le manifestazioni cliniche, in generale, possono essere riconducibili a infezioni localizzate dei tessuti molli e delle mucose, infezioni sistemiche e gastroenteriti acute. La presenza di Vibrio nelle acque potabili è rara e comunque segnalata in zone dove il colera è endemico. La clorazione delle acque è tuttora considerata una efficace misura di prevenzione per il controllo del colera. Tuttavia è stato osservato che fenotipi rugosi sono in grado di sopravvivere in presenza di 2 mg/L di cloro residuo libero con un tempo di contatto di 30 min. I microrganismi appartenenti al genere Vibrio possono essere ricercati nelle acque destinate al consumo umano nell’ambito della verifica per il parametro Enterobatteri patogeni inserito tra quelli del controllo occasionale C4 del DPR 236/88. Di questo parametro è prescritta l’assenza obbligatoria nell’acqua potabile come ribadito anche dal Decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di Vibrio nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 2. Principio del metodo Il metodo consente di valutare la Presenza/Assenza di Vibrio in un determinato volume di acqua. La procedura analitica consiste in due fasi successive che comprendono Arricchimento, Isolamento ed eventualmente, Conferma biochimica e Conferma sierologica. 400 3. Strumentazione e vetreria Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1). 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Brodo di arricchimento 4.1.1. Acqua Peptonata Alcalina (APA). Composizione: Peptone Cloruro di sodio Acqua distillata pH 8,5±0,2 10 g 10 g 1000 mL Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione, ma evitando il surriscaldamento. Agitare frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Raffreddare e modificare il pH con l’aggiunta di un'aliquota di NaOH 0,1 N (4.2.). Distribuire in beute in ragione di 100 mL/beuta e sterilizzare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per non più di quattro settimane in condizioni ottimali. 4.2. Soluzione di idrossido di sodio 0,1 N Composizione: Idrossido di sodio 4 g Acqua distillata 1000 mL Agitare vigorosamente con barretta magnetica fino a completa dissoluzione. 4.3. Substrato di isolamento 4.3.1. Agar al Tiosolfato Citrato Bile e Saccarosio (Thiosulfate Citrate Bile salts Sucrose Agar, TCBS). Composizione: Estratto di lievito 5 g Peptone 10 g Tiosolfato di sodio 10 g Citrato di sodio 10 g Sali di bile 8 g Saccarosio 20 g Cloruro di sodio 10 g 401 Citrato ferrico 1 g Agar 14 g Blu di bromotimolo 40 mg Blu timolo 40 mg Acqua distillata 1000 mL pH 8,6±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione, ma evitando il surriscaldamento. Agitare frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti, raffreddare. Se necessario modificare il pH con l’aggiunta di un’aliquota di NaOH 0,1 N (4.2.). Non sterilizzare. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di quattro settimane in condizioni ottimali. E’ stato osservato che la selettività dei diversi terreni TCBS presenti sul mercato può essere diversa: ciò può portare a risultati diversi nella crescita del microrganismo ricercato. Con prove di controllo di qualità verificare le rese quali-quantitative dei substrati. 4.4. Substrati di crescita 4.4.1. Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (Tryptic Soy Agar, TSA). Composizione: Triptone 15 g Peptone di soia 5 g Cloruro di sodio 5 g Agar 20 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,3±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Aggiungere 1 mL di una soluzione di NaCl per ogni 100 mL di terreno preparato. Sterilizzare a 121°C per 15 min. Distribuire in piastre di Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di due settimane in condizioni ottimali. 4.4.2. Brodo al Triptone di Soia con NaCl all’1% (Tryptic Soy Broth, TSB). Composizione: Digerito pancreatico di caseina 17 g Digerito papainico di farina di soia 3 g Cloruro di sodio 5 g Fosfato di potassio dibasico (K2HPO4) 2,5 g 402 Destrosio 2,5 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,3±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata. Riscaldare e agitare frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Aggiungere 1 mL di una soluzione di NaCl per ogni 100 mL di terreno preparato. Distribuire in tubi aliquote di circa 10 mL. Sterilizzare a 121°C per 15 min. Conservare a circa +4°C per 4.5. Reattivo alla tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 4.5.1. Soluzione di tetrametilparafenilendiamina dicloridrato all’1%. Composizione: N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 1 g Acqua distillata 100 mL Dischetti o tamponi adatti all’uopo sono anche disponibili in commercio; in alternativa sciogliere N,N,N’,N’-tetrametil-parafenilendiamina dicloridrato in acqua distillata, preparando la soluzione al momento dell’uso. Tuttavia è da segnalare che tale prodotto viene classificato come sostanza pericolosa per la salute ai sensi della direttiva 67/548/CEE e successivi adeguamenti. 4.6. Vibriostatico In commercio esistono dischetti da 10 mg e da 150 mg di vibriostatico 0/129 (2,4diamino- 6,7-diisopropil-pteridina fosfato). 4.7. Reattivo per String test 4.7.1. Soluzione al desossicolato. Composizione: Sodio desossicolato 0,5 g Acqua distillata 100 mL Sciogliere il sodio desossicolato in acqua distillata. 5. Procedura 5.1. Volume da analizzare Il volume da analizzare è pari a 1000 mL per l’analisi delle acque in rete; per acque grezze, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse. 403 5.2. Fase di arricchimento Consiste in una fase di rivitalizzazione dei microrganismi in idoneo brodo di coltura non selettivo. Filtrare 1000 mL di campione attraverso una membrana di 47 mm di diametro (porosità nominale 0,45 mm) posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, rispettando le comuni norme di asepsi. Se è necessario per presenza di particolato in sospensione, la filtrazione può essere eseguita su più membrane. Trasferire sterilmente la membrana/e in 100 mL di Acqua Peptonata Alcalina (4.1.1.). Incubare a 36±1°C per 6-8 ore, fino a un massimo di 18 ore. Per i campioni ambientali sono anche stati ottenuti buoni risultati con incubazione a 42°C. 5.3. Fase di isolamento ed identificazione delle colonie Dal brodo di arricchimento (4.1.1.) prelevare un’ansata dalla pellicola formata sulla superficie del brodo ed effettuare uno striscio sul terreno di isolamento (4.3.1.). Incubare a 36±1°C per 18-20 ore. E’ consigliabile contemporaneamente prelevare 10 mL di brodocoltura dal brodo di arricchimento (4.1.1.) e inoculare in un’altra beuta contenente 100 mL di Acqua Peptonata Alcalina (4.1.1.). Incubare a 36±1°C per 6-8 ore, fino a un massimo di 18 ore. Dopo incubazione prelevare un’ansata dalla pellicola formata sulla superficie del brodo ed effettuare uno striscio su un’altra piastra Petri contenente TCBS (4.3.1.). Incubare a 36±1°C per 18-20 ore. I microrganismi appartenenti al genere Vibrio sviluppano sul substrato di isolamento (4.3.1.) colonie gialle con centro opaco e margini traslucidi, piatte, con diametro di 2-4 mm e colonie verdi, piatte, con diametro di 1-3 mm. 6. Conferma biochimica Per l’accertamento dell’appartenenza al genere Vibrio delle colonie sospette procedere all’esecuzione delle seguenti prove di conferma: colorazione di gram (v. Appendice 2), prova della citocromossidasi (6.2.), prova della suscettibilità al vibriostatico (6.3.). Successivamente l’identificazione biochimica può essere completata con i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio. Prima di effettuare ciascuna prova si suggerisce, onde verificarne la purezza, di subcoltivare le colonie sospette su Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (4.4.1.) e incubare a 36±1°C per 24 ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo. 6.1. Colorazione di Gram Eseguire sulle colonie da verificare la colorazione di Gram (v. Appendice 2). I microrganismi appartenenti al genere Vibrio si presentano come bastoncelli Gram negativi, in alcuni casi ricurvi. 404 6.2. Prova della citocromossidasi La prova permette di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Vibrio in base alla presenza dell’enzima citocromossidasi. Vibrio spp è ossidasi-positivo ad eccezione di V. metschnichovii che è ossidasi negativo. Dal terreno Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (4.4.1.) prelevare, con le usuali regole di asepsi, con un’ansa sterile, la colonia cresciuta e strisciare su una carta da filtro imbibita del reattivo (4.5.1.) preparato al momento dell’uso o saggiare sui dischetti o con i tamponi adatti all’uopo distribuiti in commercio. Una reazione positiva si evidenzia quando si produce, entro 10 s, una colorazione blu-violetto. 6.3. Prova della suscettibilità al vibriostatico La prova può permettere di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Vibrio da quelli appartenenti al genere Aeromonas. Vibrio spp è in genere suscettibile al vibriostatico. Dal terreno Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (4.4.1.) prelevare, seguendo le usuali regole di asepsi, con un’ansa sterile, la colonia da saggiare e inoculare in Brodo al Triptone di Soia con NaCl all’1% (4.4.2.). Incubare a 36±1°C per 18-24 ore. La crescita è evidenziata dalla torbidità del terreno. Imbibire un tampone sterile nella brodocoltura e strisciare abbondantemente sul terreno Triptone Soia Agar con NaCl all’1% (4.4.1.). Sulla superficie dell’Agar applicare, ad adeguata distanza, un dischetto da 10 mg e uno da 150 mg di vibriostatico O/129 (4.6.). Incubare a 36±1°C per 18-24 ore. Dopo incubazione verificare l’eventuale presenza o assenza di aloni di inibizione intorno ai dischetti. Vibrio spp. è generalmente sensibile al vibriostatico, mentre Aeromonas è resistente. Recentemente sono stati riportati casi in cui biotipi di V. cholerae sono risultati resistenti al vibriostatico. 6.4. String test La prova può permettere di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Vibrio da quelli appartenenti al genere Aeromonas. Stemperare un’ansata della colonia da saggiare in poche gocce di soluzione di sodio desossicolato (4.7.1.) poste su un vetrino portaoggetti. Una reazione positiva per Vibrio cholerae si evidenzia quando si produce, dopo circa 60 s, una miscela mucosa e vischiosa. Altri vibrioni possono dare una iniziale reazione positiva che può diminuire o scomparire dopo 45-60 sec. Il test risulta negativo per Aeromonas spp. 7. Conferma sierologica Qualora si ritenga opportuno si può procedere alla tipizzazione delle colonie mediante conferma sierologica. Gli stipiti selezionati in base alle caratteristiche colturali e biochimiche proprie di Vibrio possono essere tipizzati utilizzando sieri polivalenti. 405 L’ulteriore tipizzazione sierologica può essere effettuata con sieri monovalenti oppure inviando gli stipiti ai centri di riferimento per la tipizzazione di Vibrio. Per lo svolgimento della procedura si rimanda ai testi specifici. 8. Espressione dei risultati Riportare il risultato ottenuto come Vibrio: Assente o Presente in 1 L e, se del caso, il sierogruppo individuato. 9. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. BIBLIOGRAFIA KAY, B.A., C.A. BOPP, J.G. WELLS. Isolation and identification of Vibrio cholerae O1 from fecal specimens. In: Vibrio cholerae and cholera: molecular to global perspectives. I.K. Wachsmuth, P.A. Blake and O. Olsvik (Ed.) Washington D.C.: American Society for Microbiology, 1994. KAYSNER, C. A., W. E., HILL. Toxigen Vibrio cholerae O1 in food and water. In Vibrio cholerae and cholera: molecular to global perspectives. I.K. Wachsmuth, P.A. Blake and O. Olsvik (Ed.) Washington D.C.: American Society for Microbiology, 1994, p. 210-260. 407 DETERMINAZIONE DI AEROMONAS SPP. 0. Generalità e definizioni La ricerca dei microrganismi appartenenti a questo genere non è prevista dalla normativa italiana riguardante la determinazione della qualità delle acque destinate al consumo umano. Tuttavia, a causa del gran numero di segnalazioni relative alla presenza di Aeromonas nelle reti acquedottistiche e della sua potenzialità di patogeno, si ritiene opportuno fornire il metodo di analisi che ne permette la determinazione quantitativa. I microrganismi appartenenti al genere Aeromonas sono bastoncelli motili e non motili, gram-negativi, ossidasi positivi, aerobi facoltativi o anaerobi; il metabolismo del glucosio è sia respiratorio che fermentativo. Attualmente la tassonomia del genere è in fase di revisione per quanto riguarda il rilievo delle caratteristiche fenotipiche e delle proprietà genetiche. Al momento è stata accertata l’esistenza di 15 gruppi di ibridizzazione non tutti distinguibili su base biochimica. La classificazione tradizionale riporta la distinzione tra Aeromonas salmonicida, specie psicrofila, e A. hydrophila, A. sobria e A. caviae, specie mesofile motili. Tuttavia, in attesa di una definitiva classificazione del genere, è stato suggerito di riportare le specie di Aeromonas sotto l’unico termine generico di “gruppo o complesso degli A. hydrophila", anche in attesa di risolvere le problematiche inerenti il ruolo che le diverse specie possono svolgere come patogeni. Alcuni genotipi sono infatti considerati responsabili di patologie (infezioni sistemiche e cutanee) per l’uomo e di recente l’OMS ha inserito Aeromonas nell’elenco dei potenziali agenti di gastroenteriti. Il microrganismo è isolato, a concentrazioni variabili, molto frequentemente nelle acque superficiali e nelle acque in rete. In queste ultime un aumento delle sue densità generalmente è stato messo in relazione ad una diminuzione della concentrazione di cloro residuo libero in rete, sebbene sia stato evidenziato che più alte densità possono essere rilevate in acque clorate, soprattutto nel periodo estivo. Infatti, il suo rilevamento sembra seguire un andamento stagionale: analisi di regressione multipla sembrano indicare che la crescita di Aeromonas in acque clorate sia in rapporto alla temperatura dell’acqua e alla concentrazione di cloro. La sua presenza viene rilevata anche in assenza di Escherichia coli e difficile risulta stabilire un rapporto tra le sue densità e quelle degli indici di contaminazione fecale, soprattutto in acque poco inquinate e in acque potabili trattate e non trattate. Sebbene non siano stabiliti valori limite per le concentrazioni di Aeromonas nelle acque potabili, dalle autorità sanitarie olandesi sono stati proposti valori massimi indicativi pari a 200 UFC/100 mL (Unità Formanti Colonia) nelle acque durante la distribuzione e 20 UFC/100 mL nelle acque all’impianto di trattamento. 1. Campo di applicazione La procedura analitica viene utilizzata per il rilevamento di Aeromonas nelle acque sorgive, sotterranee e superficiali, destinate o da destinare al consumo umano. 408 2. Principio del metodo Il metodo consente di valutare la concentrazione di Aeromonas in un determinato volume di acqua. La procedura analitica si basa sulla filtrazione su membrana e sul successivo conteggio delle colonie. 3. Strumentazione e vetreria Normale attrezzatura di laboratorio (v. Appendice 1). 4. Reagenti e terreni di coltura 4.1. Substrato di isolamento 4.1.1. m-Aeromonas Selective Agar Base (m-Aeromonas Selective Agar Base, ASA). Composizione: Triptosio 5 g Estratto di lievito 2 g Destrina 11,4 g Cloruro di sodio 3 g Cloruro di potassio 2 g Solfato di magnesio 0,1 g Cloruro ferrico 0,06 g Desossicolato di sodio 0,1 g Blu di bromotimolo 0,08 g Agar 13 g Acqua distillata 1000 mL pH 8,0±0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata e riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Sterilizzare in autoclave a 121°C per 15 min. Lasciare raffreddare fino a circa 50°C ed aggiungere sterilmente 1% di Ampicillina (4.1.2.). Mescolare e distribuire in piastre Petri. Conservare il terreno sterilizzato, pronto per l’uso, a circa +4°C per non più di una settimana in condizioni ottimali. Esistono in commercio diversi substrati usati per la crescita di Aeromonas che garantiscono buoni risultati in fase analitica. Qui viene riportata la composizione del m- Aeromonas Selective Agar Base. E’ necessario comunque tenere in considerazione che la scelta di un substrato o dell’altro può essere effettuata sulla base dell’esperienza dell’operatore a condizione che ciò non comporti alcun cambiamento delle 409 4.1.2. Soluzione di ampicillina. Composizione: Ampicillina 5 mg Acqua distillata 5 mL L’antibiotico è anche disponibile in commercio in forma disidratata in fiale; in alternativa sciogliere l’ampicillina in acqua distillata e sterilizzare per filtrazione. Aggiungere al substrato di isolamento (4.1.1.) già sterilizzato in ragione di 1 mL/100 mL di terreno. 4.2. Substrato di crescita 4.2.1. Triptone Soia Agar (Tryptic Soy Agar, TSA). Composizione: Triptone 15 g Peptone di soia 5 g Cloruro di sodio 5 g Agar 20 g Acqua distillata 1000 mL pH 7,2± 0,2 Il terreno si trova anche in commercio in forma disidratata e si prepara secondo le istruzioni della ditta produttrice. Reidratare il terreno in acqua distillata, riscaldare fino ad ebollizione agitando frequentemente per ottenere la completa soluzione degli ingredienti. Dopo avere sciolto la polvere sterilizzare a 121°C per 15 min. Distribuire in capsule Petri e lasciare solidificare. Conservare a circa +4°C per non più di una settimana in condizioni ottimali. 4.3. Reattivo alla N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 4.3.1. Soluzione di N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato all’1%. Composizione: N,N,N’,N’-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato 1 g Acqua distillata 100 mL Dischetti o tamponi adatti all’uopo sono anche disponibili in commercio; in alternativa sciogliere N,N,N',N'-tetrametilparafenilendiamina dicloridrato in acqua distillata, preparando la soluzione al momento dell’uso. Tuttavia è da segnalare che tale prodotto viene classificato come sostanza pericolosa per la salute ai sensi della direttiva 67/548/CEE e successivi adeguamenti. 410 5. Procedura 5.1. Volume da analizzare Il volume da analizzare è pari a 100 mL per l’analisi delle acque in rete; per altri tipi di acqua, in relazione alla qualità, possono essere analizzate anche aliquote diverse. 5.2. Filtrazione ed incubazione Filtrare 100 mL di campione attraverso una membrana di 47 mm di diametro (porosità nominale 0,45 mm) posta sul supporto dell’apparecchiatura di filtrazione, rispettando le comuni norme di asepsi. Trasferire sterilmente la membrana in piastre contenenti il substrato di isolamento (4.1.1.) addizionato con ampicillina (4.1.2.), evitando la formazione di bolle d’aria tra la membrana stessa e la superficie del terreno agarizzato. Incubare alla temperatura di 28±1°C per 24±2 ore. 5.3. Identificazione e conteggio delle colonie Sul substrato di isolamento (4.1.1.) i microrganismi appartenenti al genere Aeromonas sviluppano, con viraggio del terreno, colonie di colore giallo, caratteristica dovuta alla fermentazione della destrina, ben distinguibili da colonie di altri microrganismi che possono crescere sullo stesso terreno. In alcuni casi sono infatti state individuate colonie bianche (Alcaligenes sp.), rosse (Serratia sp.) e verdi (Pseudomonas sp.). Contare tutte le colonie gialle tipiche. 6. Conferma Qualora si ritenga opportuno procedere all’esecuzione di prove di conferma per l’accertamento dell’appartenenza al genere Aeromonas, è necessario eseguire, sulle colonie rilevate, la colorazione di gram (v. Appendice 2) e la prova della citocromossidasi (6.1.). Per una identificazione a livello di specie si possono utilizzare i kit miniaturizzati di prove biochimiche disponibili in commercio che, tuttavia, attualmente permettono di identificare solo alcune specie. Isolare le colonie da sottoporre a conferma sul terreno Triptone Soia Agar (4.2.1.) e incubare a 28±1°C per 24±2 ore. Eseguire le prove su colonie con non più di 24 ore di sviluppo. 6.1. Prova della citocromossidasi La prova permette di differenziare i microrganismi appartenenti al genere Aeromonas in base alla presenza dell’enzima citocromossidasi: Aeromonas è ossidasi-positivo. Dal terreno Triptone Soia Agar (4.2.1.) prelevare, con le usuali regole di asepsi, con un’ansa sterile la colonia cresciuta sul terreno e strisciare su una carta da filtro imbibita 411 del reattivo (4.3.1.) preparato al momento dell’uso o saggiare sui dischetti o con i tamponi adatti all’uopo distribuiti in commercio. Una reazione positiva si evidenzia quando una colorazione blu-violetto si sviluppa entro 10 s. 7. Espressione dei risultati Riportare il numero di Aeromonas come UFC/100 mL. Qualora si sia proceduto allo svolgimento di prove di conferma, il numero di microrganismi appartenenti al genere Aeromonas si calcola in base al numero di colonie contate e sottoposte a conferma riportando il valore come Unità Formanti Colonia per 100 mL di campione (UFC/100 mL) Dal numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana e tenendo conto dei risultati delle prove di conferma, calcolare il numero di microrganismi presenti in 100 mL del campione in base alla seguente formula: A × N ×Vs × F C = B ×Vt dove: C = numero di colonie che sono state confermate per 100 mL A = numero di colonie confermate B = numero di colonie da sottoporre a conferma N = numero di colonie caratteristiche contate sulla membrana Vt = volume di campione analizzato Vs = volume di riferimento per l’espressione dei risultati (100 mL) F = eventuale fattore di diluizione 8. Prestazioni del metodo Le prestazioni del metodo proposto verranno stabilite al termine di prove di intercalibrazione. BIBLIOGRAFIA HAVELAAR A.H., M. DURING, J.F.M. VERSTEEGH. Ampicillin-dextrin agar medium for the enumeration of Aeromonas species in water by membrane filtration. Journal Applied Bacteriology 1987, 62: 279-287. HAVELAAR A.H., AND M. VONK. The preparation of Ampicillin dextrin agar for the enumeration of Aeromonas in water. Letters in Applied. Microbioogy. 1988, 7: 169-171. SEMPRONI M. E L. BONADONNA. Metodo per la ricerca e l’isolamento di Aeromonas sp in acque destinate al consumo umano. Notiziario dei Metodi Analitici, IRSA-CNR, luglio 1997: 11-15. 413 APPENDICE 1 ATTREZZATURE DI BASE PER LE ANALISI MICROBIOLOGICHE DELLE ACQUE 0. Introduzione Le indagini microbiologiche presuppongono l’uso di specifiche attrezzature di laboratorio. Di seguito vengono indicate e descritte alcune attrezzature di uso più microbiologica delle acque. Per l’organizzazione di un laboratorio di microbiologia è comunque necessario attenersi a quanto definito, in relazione all’uso delle attrezzature di laboratorio, dal D.Lgs. 626/94 che così scelta delle attrezzature, il datore di lavoro prende in considerazione: le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse”. Ciò implica pertanto che prima dell’acquisto di qualsiasi apparecchiatura debba essere definito il posizionamento, all’interno del laboratorio, della strumentazione da acquistare. Dovrà essere pertanto valutato che lo spazio e la collocazione assegnati allo strumento siano idonei per l’esecuzione delle Procedure Operative Standard; le condizioni ambientali (temperatura, umidità, insolazione) e al contorno (es. presenza di vibrazioni) siano adeguate e siano rispettate le norme di sicurezza sia in rapporto ad eventuali rischi ambientali (diffusione di bioaerosol e polveri, di sostanze tossiche), sia in relazione alle strutture e agli impianti. Per quanto riguarda le procedure per il controllo, la manutenzione e la taratura di alcune apparecchiature considerate di base, si rimanda al capitolo specifico (Linee guida per le Buone Pratiche di Laboratorio). 1. Apparecchiature per la misura del pH Il pH dei terreni di coltura e delle soluzioni può essere determinato per via colorimetrica con l’uso di appropriati indicatori (quando non vi siano interferenze provocate dal colore del terreno) effettuando la lettura con l’impiego di comparatori muniti degli appositi dischi o con altro dispositivo appropriato. Tuttavia, le determinazioni possono essere effettuate con più precisione e speditamente per via potenziometrica con l’uso di piaccametri che devono avere una precisione di misura di ±0,1 unità di pH a 20°C. 2. Apparecchi per la sterilizzazione 2.1. Autoclavi La sterilizzazione a vapore saturo sotto pressione (per terreni di coltura, bottiglie da prelievo, attrezzature filtranti, ecc.) richiede l’impiego di autoclavi di capacità adeguate al materiale da sterilizzare che non dovrà essere eccessivamente ammassato. La sterilizzazione di norma si effettua alla temperatura di 121°C con una atmosfera di pressione per un tempo di 15 min. Per il corretto uso dell’autoclave attenersi scrupolosamente alle indicazioni del costruttore. 2.2. Stufe a secco Le stufe devono consentire il raggiungimento della temperatura di +170 ±10°C per circa 2 ore. E’ necessario che siano corredate di un termometro a gambo lungo, di precisione accettabile nell’intervallo fra 160° e 180°C e di un idoneo sistema di termoregolazione. E’ altresì opportuno che siano fornite di un sistema di interruttore a tempo che consenta di programmare il tempo di sterilizzazione. 414 2.3. Lampade a raggi UV I sistemi di sterilizzazione con raggi ultravioletti (UV) sono particolarmente idonei per la sterilizzazione dell’ambiente sotto cappa o per piccoli locali. E’ da tenere presente che la vita media di una lampada a UV è di circa 5000 ore e che comunque è necessario effettuare, per mantenerne l’efficacia, una sua manutenzione periodica. L’uso richiede precauzioni per evitare danni agli occhi e alla pelle degli operatori. 3. Attrezzature per l’incubazione 3.1. Armadi termostatici, camere termostatiche e termostati Dovranno garantire la stabilità della temperatura d’incubazione prefissata e assicurare nei vari scomparti una temperatura costante, entro limiti di variazione non eccedenti ±1°C. Sono preferibili gli armadi termostatici a camicia d’acqua. Sia gli armadi termostatici che le camere termostatiche e i termostati dovranno essere muniti di un doppio sistema di termoregolazione, uno per il mantenimento della temperatura di esercizio e l’altro regolato ad una temperatura lievemente superiore (temperatura massima di sicurezza) che non dovrà mai essere superata. Di norma vengono utilizzati incubatori regolabili da temperatura ambiente a 80°C. Per temperature intorno ai 20°C sono comunque da utilizzare frigotermostati. Essi devono garantire la temperatura di incubazione prevista dal metodo analitico. E’ opportuno che queste apparecchiature siano provviste inoltre di termometri per il controllo visivo della temperatura, con una scala che consenta la lettura di 1°C, o di un display e, possibilmente, di un sistema termometrico di registrazione. Gli armadi termostatici di notevoli dimensioni e le camere termostatiche dovranno essere muniti di un idoneo sistema di circolazione dell’aria che consenta il mantenimento della temperatura richiesta in tutti i punti del vano. E’ altresì opportuno che queste apparecchiature siano dotate di un sistema che consenta il mantenimento di un livello di umidità compreso fra il 75 e l’80%. Ciò può essere ottenuto anche con un recipiente contenente acqua, collocato sul fondo. Il materiale posto ad incubare dovrà essere disposto in modo da consentire la circolazione del calore e non essere eccessivamente ammassato. 3.2. Bagni termostatici Dovranno garantire la stabilità della temperatura d’incubazione prefissata ed essere provvisti di un doppio sistema di controllo della temperatura costituito da un sistema di esercizio e l’altro regolato ad una temperatura superiore (temperatura di sicurezza) che non dovrà mai essere superata. Dovranno inoltre essere provvisti di termometri per il controllo visivo della temperatura e possibilmente di un sistema termometrico di registrazione ed eventualmente di un idoneo sistema di agitazione dell’acqua. Per il loro riempimento è necessario utilizzare acqua distillata che deve essere comunque rinnovata regolarmente. Per evitare fenomeni di corrosione è opportuno utilizzare filiere o idonei cestelli di acciaio inossidabile o di materiale plastico idoneo. L’eventuale sviluppo di alghe o di funghi nell’acqua deve essere eliminato mediante l’uso di composti ammonici quaternari da fare agire per circa 24 ore, provvedendo poi allo svuotamento, risciacquo e successivo riempimento con acqua distillata. 4. Bilance In laboratori attrezzati per l’esecuzione di indagini microbiologiche può essere sufficiente disporre di bilance che permettono di pesare quantità intorno a 150 g con sensibilità di 0,1 g. Per la pesata di additivi, reagenti, coloranti ecc., è necessario disporre di una bilancia analitica con una sensibilità di 0,1 mg. 415 5. Cappe a flusso laminare Per garantire la qualità del dato analitico e la protezione dell’operatore devono essere utilizzate cappe di sicurezza. Di norma, per eseguire analisi microbiologiche ambientali che prevedano la ricerca di microrganismi a rischio basso o moderato (gruppi 2 e 3 del D.Lgs. 626/94) vengono utilizzate cappe a flusso laminare di classe IIA. Sono cappe a flusso verticale, aperte frontalmente e progettate per la protezione dell’operatore, del prodotto al suo interno e dell’ambiente circostante. Le cappe biologiche devono essere collocate in locali esenti da correnti d’aria e lontane da impianti di condizionamento e finestre. 6. Centrifughe Possono essere utilizzate centrifughe da banco e da terra con rotori ad inclinazione fissa o variabile. Possono essere refrigerate o meno in base alle necessità. E’ necessario utilizzare centrifughe realizzate secondo le norme di sicurezza internazionali. 7. Frigoriferi e congelatori Frigoriferi e congelatori devono avere un dispositivo di rilevazione della temperatura e impiegare per il controllo interno un termometro a minima e a massima oppure un termometro con bulbo immerso in glicerolo. I frigoriferi devono assicurare una temperatura di +4°C ed i congelatori da utilizzare possono essere quelli che raggiungono temperature di -20°C e -70°C. 8. Membrane filtranti e apparecchiature per la filtrazione 8.1. Membrane filtranti Le membrane filtranti per uso batteriologico sono costituite da dischi di esteri di cellulosa con pori uniformemente distribuiti. Generalmente per le analisi microbiologiche si utilizzano membrane con pori aventi un diametro di 0,45 µm (±0,02 µm). A causa della loro porosità hanno la capacità di trattenere sulla loro superficie, all’atto della filtrazione, i batteri contenuti nell’acqua che svilupperanno colonie sulla superficie della membrana, dopo un idoneo periodo di incubazione, per passaggio per capillarità dei principi del terreno colturale. Esistono in commercio membrane filtranti di vario diametro. Per l’esame batteriologico delle acque vengono normalmente utilizzate membrane del diametro di 47-50 mm. In commercio si trovano confezioni già sterili pronte per l’uso, in genere sterilizzate con raggi gamma o con ossido di etilene. Le membrane si differenziano a seconda della ditta di produzione. Problemi si possono verificare in relazione al tipo di membrane utilizzate: inibizione batterica in corrispondenza della linea del reticolo, sciamamento delle colonie, crescita lungo la linea del reticolo, presenza di zone idrofobiche. Per evitare, pertanto, l’uso di membrane non idonee, sarebbe consigliabile verificarne l’efficienza prima delle analisi. 8.2. Apparecchiature per la filtrazione Nel caso dell’esame batteriologico delle acque, vengono di norma utilizzate apparecchiature idonee per la filtrazione di piccoli volumi per i controlli di routine. Dette apparecchiature devono essere adatte per l’impiego di membrane filtranti del diametro di 47-50 mm. Sono costituite da una rampa con supporti e contenitori che possono essere in acciaio inossidabile, vetro, policarbonato o polipropilene. Possono essere impiegate apparecchiature singole o in serie, utilizzando, come sistema aspirante, una pompa da vuoto azionata elettricamente o una pompa ad acqua. E’ essenziale che fra sistema filtrante e sistema aspirante sia interposto un idoneo sistema per la raccolta dell’acqua filtrata. 416 I supporti e i contenitori devono essere sterilizzati in autoclave a 121°C per 15 min, dopo accurato lavaggio ed asciugatura e prima della sterilizzazione devono essere avvolti in carta idonea per mantenere la sterilità durante la conservazione prima dell’uso. Possono essere utilizzati entro due settimane dalla sterilizzazione, se conservati in condizioni ottimali. Apparecchiature per il supporto di membrane di diametro più grande (ad esempio, 120 mm), in genere di acciaio inossidabile, sono utilizzate per filtrazioni di volumi maggiori di acqua. 9. Microscopio ottico Per le normali procedure di analisi microbiologica (es. colorazione di Gram) è sufficiente disporre di un microscopio ottico con obiettivi 10, 40 e 100x, vetrini portaoggetti e coprioggetti e olio ad immersione. Dopo ogni utilizzo rimuovere il residuo di olio sulle lenti con carta ottica. 10. Sistemi per anaerobiosi Consistono in giare, incubatori o altri sistemi a tenuta, idonei a creare aree a composizione gassosa controllata. Le condizioni di anaerobiosi devono essere verificate con appositi dispositivi. Per il loro corretto uso attenersi scrupolosamente alle indicazioni della ditta produttrice. 11. Vetreria e materiale monouso E’ da preferire la vetreria fabbricata con vetro neutro, resistente alle temperature di sterilizzazione. Prima della sterilizzazione (da effettuare in stufa a secco alla temperatura di 180°C per 1 ora e mezzo o in autoclave a 121°C per 15 min) la vetreria deve essere accuratamente lavata in modo da assicurare la completa eliminazione di residui organici o di sostanze che possono esplicare azione antibatterica. Dopo lavaggio e asciugatura la vetreria, per essere sterilizzata deve essere confezionata in modo idoneo a consentire il mantenimento della sterilità durante la conservazione. Negli ultimi anni si è andato sempre più diffondendo l’uso di materiali plastici monouso, forniti in confezioni già sterili. Il vantaggio di usare questi materiali è legato soprattutto al risparmio di manodopera impiegata nelle lunghe procedure di lavaggio, confezionamento e sterilizzazione dei materiali in vetro. I materiali plastici da usare nel laboratorio batteriologico devono però essere esenti da residui tossici della lavorazione, essere trasparenti ed avere segni di calibrazione che corrispondano a precise indicazioni volumetriche. Esistono in commercio anche articoli in materiale plastico che possono essere utilizzati e sottoposti a ripetute sterilizzazioni in autoclave. 11.1. Bottiglie per il prelievo Possono essere di vetro neutro, resistenti alla sterilizzazione, da chiudere con tappo smerigliato o con idoneo tappo a vite. Prima della sterilizzazione, le bottiglie con tappo smerigliato debbono essere provviste di un cappuccio di copertura in carta resistente ed impermeabile o in foglio di alluminio. Tale tipo di protezione non è richiesto per le bottiglie munite di tappo a vite. Per il campionamento possono essere anche utilizzate bottiglie monouso in materiale plastico, disponibili in commercio già sterili, in genere in confezioni multiple. 11.2. Bottiglie e tubi per diluizione, beute, cilindri tarati E’ da utilizzare preferibilmente materiale in vetro, resistente alla sterilizzazione. Le bottiglie e i tubi per diluizione dovranno essere provvisti di tappo smerigliato, a scatto, di gomma o a vite. Possono essere impiegate anche bottiglie (o tubi) di plastica, fabbricate con materiale idoneo e non tossico e resistenti alla sterilizzazione in autoclave. 417 11.3. Pipette e micropipette Per le varie operazioni di analisi occorrono pipette di varia capacità (da 1, da 5 e da 10 mL) graduate fino alla punta, con suddivisione a 0,1 mL. Sono disponibili in commercio confezioni di pipette monouso in materiale plastico, di varia misura, già sterili. Per piccoli volumi possono essere comunque utilizzate micropipette manuali, elettroniche, monocanale o multicanale da utilizzarsi con appositi puntali monouso. Nell’eventualità si utilizzino pipette di vetro riutilizzabili, prima della sterilizzazione, esse dovranno essere munite di filtro di cotone grezzo all’estremità superiore. Le pipette vanno sterilizzate in confezione singola o multipla (in apposite custodie in metallo, preferibilmente acciaio inossidabile, o in vetro). Non pipettare con la bocca, ma utilizzare sempre sistemi di aspirazione tipo pompette aspiranti a bulbo di gomma o pipettatrici automatiche. 11.4. Tubi per coltura I tubi vengono usati per la tecnica dei tubi multipli, per l’esecuzione di test biochimici, per la conservazione di colture batteriche, ecc. Si utilizzano tubi di diverse dimensioni in relazione all’utilizzo. I tubi devono essere chiusi utilizzando preferibilmente tappi in metallo, in materiale plastico o in cotone grezzo. Sono decisamente da preferire i tubi in vetro resistente alla corrosione ed alla sterilizzazione, mentre i tubi monouso sono da evitare. 11.5. Piastre di Petri L’uso delle piastre di Petri è indispensabile per l’isolamento di colture batteriche e per l’analisi effettuata con la tecnica della filtrazione su membrana. Vengono utilizzate piastre di Petri di varie dimensioni. Il tipo più diffuso ha un diametro di circa 100 mm ed un’altezza di 15 mm. Per la filtrazione dell’acqua, poiché la tecnica standardizzata prevede l’utilizzo di membrane di 47 mm di diametro, si possono usare piastre di diametro anche di 50 mm e dello spessore di 12 mm. Piastre di Petri in vetro sono state usate per lungo tempo in batteriologia. Negli ultimi anni esse sono state quasi totalmente sostituite da piastre monouso, in materiale plastico che si trovano in commercio già sterili in confezioni sigillate. Indipendentemente dal materiale (vetro o plastica) le piastre di Petri devono essere con il fondo perfettamente piano e perfettamente trasparenti al fine di rendere ottimale il riconoscimento delle colonie. BIBLIOGRAFIA APHA. Standard Methods for Examination of Water and Wastewater. APHA, AWWA, WPCF, 18th Ed. Washington D.C., 1992. METODI ANALITICI PER LE ACQUE. Quaderno 100, n. 2. Istituto Ricerca Sulle Acque, Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ed.). Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1994. 419 APPENDICE 2 COLORAZIONE DI GRAM 0. Introduzione Le soluzioni per la colorazione di Gram sono disponibili anche in commercio; in alternativa prepararle secondo il procedimento di seguito descritto. 1. Reattivi per la colorazione di Gram 1.1. Soluzione di colorante 1.1.1. Soluzione A: Soluzione di cristal-violetto all’1%. Composizione: Cristal violetto 2 g Etanolo 20 mL Sciogliere con cura il cristal violetto in etanolo; l’operazione va svolta preferibilmente sotto cappa. 1.1.2. Soluzione B: soluzione di ammonio ossalato. Composizione: Ossalato di ammonio 0,8 g Acqua distillata 80 mL Sciogliere l’ammonio ossalato in acqua distillata. Mescolare la soluzione A (1.1.1.) alla soluzione B (1.1.2.). Lasciare a riposo per 24 ore e poi filtrare attraverso carta da filtro. Conservare al riparo dalla luce in bottiglie scure. 1.2. Soluzione C: soluzione di Lugol Composizione: Ioduro di potassio 2 g Iodio 1 g Acqua distillata Sciogliere KI e I2 in acqua distillata e portare a volume in 300 mL. Conservare al riparo dalla luce in bottiglie scure. 1.3. Etanolo 1.4. Soluzione D: soluzione di safranina Composizione: Safranina 0,25 g Etanolo 10 mL Acqua distillata Sciogliere la safranina in un mortaio con etanolo e portare a volume in 100 mL di acqua distillata; l’operazione va svolta preferibilmente sotto cappa. Conservare al riparo dalla luce in bottiglie scure. 420 2. Procedura Utilizzare vetrini portaoggetto puliti. Depositare al centro del vetrino una goccia di acqua e, con un ago sterile, prelevare dal centro, parte di una colonia, o con un’ansa sterile, qualche goccia di una brodocoltura. Stemperare con cura. Asciugare e fissare al calore (passaggio rapido sopra la fiamma). Ricoprire il vetrino con la soluzione di colorante (1.1.). Lasciare a contatto per 1 min. Lavare delicatamente con acqua. Ricoprire con la soluzione C (1.2.). Lasciare a contatto per 1 min. Lavare delicatamente con acqua. Decolorare con etanolo (1.3.) per circa 15-30 s e comunque con attenzione fino a decolorazione. Lavare delicatamente con acqua. Ricoprire il vetrino con la soluzione D (1.4.). Lasciare a contatto per 20 s. Lavare delicatamente con acqua. Asciugare. Osservare al microscopio a ingrandimento 40x e 100x con olio ad immersione. Le cellule che si decolorano e accettano la colorazione prodotta dalla safranina (Soluzione D, 1.4.) sono colorate di rosa e caratterizzano i batteri gram-negativi; le cellule che non si decolorano e mantengono la colorazione del cristal-violetto (Soluzione di colorante, 1.1.) sono colorate di blu-violetto e caratterizzano i batteri gram-positivi. Direttore dell’Istituto Superiore di Sanità e Responsabile scientifico: Giuseppe Benagiano Direttore responsabile: Vilma Alberani Stampato dal Servizio per le attività editoriali dell’Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena, 299 - 00161 ROMA La riproduzione parziale o totale dei Rapporti e Congressi ISTISAN deve essere preventivamente autorizzata. Reg. Stampa - Tribunale di Roma n. 131/88 del 1° marzo 1988 Roma, giugno 2000 (n. 2) 3° Suppl. La responsabilità dei dati scientifici e tecnici pubblicati nei Rapporti e Congressi ISTISAN è dei singoli autori

LACERC